Civile Ord. Sez. U Num. 17245 Anno 2022
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA
Data pubblicazione: 27/05/2022
ORDINANZA
sul ricorso 25050-2021 proposto da:
UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ZANETTI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ARPINO;
– intimato –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 656/2011 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO – SEZIONE DISTACCATA di LATINA.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/05/2022 dal Consigliere LOREDANA NAZZICONE;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CARDINO, il quale chiede che la Corte voglia dichiarare la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, assumendo i provvedimenti di cui all’art. 382 cod. proc. civ.
FATTI DI CAUSA
Unicredit s.p.a. ha proposto ricorso innanzi al T.a.r. per il Lazio, Sezione distaccata di Latina, chiedendo l’annullamento della determinazione in data 13 maggio 2011 del Responsabile del Servizio economico finanziario del Comune di Arpino e della nota del segretario generale del medesimo in data 16 maggio 1011, di comunicazione della prima, mediante cui l’ente ha dichiarato nullo in autotutela il contratto di collar swap concluso tra le parti il 28 luglio 2006.
Quindi, la banca ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 cod. proc. civ., chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo.
Non si costituisce l’ente.
Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte, chiedendo affermarsi la giurisdizione ordinaria.
Parte ricorrente ha depositato la memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – La ricorrente, nel ricorso per regolamento, evidenzia che il giudizio ha come oggetto l’illegittimo esercizio del potere amministrativo di autotutela e di avere proposto innanzi al T.a.r. un ricorso giurisdizionale fondato su tre motivi, ivi denunziando:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 cod. civ., 21- quinquies, 21-novies I. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 121, 122, 133, comma 1, lett. e), n. 1, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, eccesso di potere per sviamento, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà, oltre a violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.: infatti, trattandosi di un contratto privatistico, la p.a. non aveva il potere di revocarlo in autotutela, come un qualsiasi provvedimento amministrativo, mentre gli atti amministrativi prodromici al contratto non sono mai stati caducati e sono ancora validi ed efficaci, spettando esclusivamente al g.a. di decidere sulla sorte del contratto in caso di annullamento del provvedimento amministrativo sulla cui base fu sottoscritto;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 I. n. 241, non essendo stato comunicato l’avvio del procedimento;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 21 t.u.f., 26 ss. e 31 Reg. Consob n. 11522 del 1998, avendo il responsabile del servizio finanziario del Comune sottoscritto la dichiarazione di operatore qualificato, ex art. 31 cit., e godendo comunque egli di specifica competenza nel settore finanziario, tanto da non poter pretendere l’adempimento degli obblighi informativi dalla banca.
Nell’istanza di regolamento, la ricorrente insta per la declaratoria della giurisdizione amministrativa.
2. – Deve premettersi che l’istanza di regolamento è ammissibile, non essendo stata decisa la causa nel merito.
Va, inoltre, rammentato che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto anche dall’attore, sussistendo, in presenza di ragionevoli dubbi al riguardo, un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione da parte delle Sezioni unite della Corte di cassazione, in via definitiva, per evitare che vi possano essere successive modifiche della giurisdizione nel corso del giudizio così ritardando la definizione della causa, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole (Cass. 28 febbraio 2020, n. 5597, non mass.; Cass., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32727).
Nel caso di specie, dunque, sebbene non risulti che la p.a. resistente abbia eccepito in ordine al difetto di giurisdizione del giudice adito, il ricorso è ammissibile.
3. – La giurisdizione si determina alla luce del petitum sostanziale fatto valere in giudizio: che, nella specie, è costituito dalla domanda di accertamento della illegittimità di un atto amministrativo, con il quale il Comune di Arpino ha dichiarato nullo “in autotutela” un contratto di collar swap concluso tra le parti, a séguito di una precedente deliberazione, con cui l’ente aveva accettato la proposta della banca: controversia che, come palesano gli argomenti spesi nei motivi del ricorso innanzi al T.a.r., negano proprio l’esistenza di un potere autoritativo di dichiarare unilateralmente nullo il contratto, per reputarlo radicalmente inefficace tra le parti; avendo, inoltre, la stessa ricorrente precisato che gli atti amministrativi prodromici al contratto, con i quali la p.a. deliberò di porlo in essere, non sono neppure stati annullati in autotutela, per quanto li riguarda.
Si applicano, di conseguenza, i principi costituzionali che presiedono al riparto fra giudice ordinario e giudice amministrativo: per i quali rileva la natura della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, sulla base del ricorrere di una situazione di interesse legittimo a fondamento della giurisdizione amministrativa generale di legittimità, o di diritto soggettivo, dovendosi individuare quindi se le domande proposte siano volte a tutelare una posizione dell’una o dell’altra natura. Invero, rileva il petitum sostanziale, che va identificato in forza della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura giuridica della posizione dedotta in giudizio (e plurimis, Cass., sez. un., 25 giugno 2010, n. 15323; 11 ottobre 2011, n. 20902; 15 settembre 2017, n. 21522; 26 ottobre 2017, n. 25456; 31 luglio 2018, n. 20350; 19 novembre 2019, n. 30009; 8 luglio 2020, n. 14231; 28 ottobre 2021, n. 30580).
Pertanto, occorre sia intrapresa una controversia sulla procedura di affidamento, perché l’oggetto della controversia inerisca all’esercizio di un potere autoritativo della pubblica amministrazione.
Al di fuori di queste ipotesi, le questioni sugli atti e comportamenti del privato e dell’amministrazione restano soggette alla giurisdizione del giudice ordinario.
Una volta concluso il contratto e fondati sul medesimo diritti ed obblighi reciproci delle parti, la situazione resta soggetta alle regole del diritto comune: l’accertamento del significato e degli effetti di tale contenuto, inerendo alla valutazione della posizione contrattuale delle parti, attiene ad una situazione paritetica fra le medesime spettante alla cognizione dell’a.g.o.
Ciò, in quanto il contratto, concluso tra pubblica amministrazione e privato, resta un atto tipico di espressione della autonomia privata (art. 1322 cod. civ.), che ha forza di legge tra le parti (art. 1372 cod. civ.), dunque idoneo a spiegare effetti nelle reciproche sfere soggettive e per entrambe, quale autoregolamento degli interessi vincolante.
4. – Come le S.U. hanno già ritenuto, persino la declaratoria, in via di autotutela, della nullità di un atto amministrativo potrebbe, al più, consistere in un’operazione di accertamento della radicale patologia di quell’atto, e, pertanto, dell’impossibilità che esso produca validamente effetti, con la conseguente affermazione della medesima amministrazione di non essere vincolata da essi (cfr. Cass., sez. un., 17 maggio 2013, n. 12110).
Si è del pari osservato che, in tema di appalti pubblici, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando la domanda attenga alla fase esecutiva del rapporto contrattuale, come quando l’amministrazione aveva inteso unilateralmente risolvere il rapporto contrattuale instaurato con la controparte privata per l’asserito inadempimento di quest’ultima, o quando la p.a., dietro lo schermo dell’annullamento in autotutela, intervenga direttamente sul contratto per vizi suoi propri, anziché sulle determinazioni prodromiche in sé considerate (Cass., sez. un., 14 maggio 2015, n. 9861; v. pure Cass., sez. un., 15 giugno 2017, n. 14859; 9 ottobre 2017, n. 23600).
Tanto più palese, dunque, in una situazione come quella attuale, in cui la p.a. ha agito in “autotutela” non su di un atto amministrativo, ma su di un contratto di natura privatistica, che la controversia è devoluta al giudice ordinario.
Non si verte, invero, nel campo – come nel caso del c.d. annullamento in autotutela di un provvedimento amministrativo – dell’esercizio di una potestà discrezionale, come tale rimessa ad un’ampia valutazione di merito dell’amministrazione circa la sussistenza di ragioni d’interesse pubblico concreto ed attuale che eventualmente giustifichino la scelta.
Come, pertanto, si ritiene che la declaratoria con cui l’amministrazione affermi la radicale nullità di un proprio precedente atto amministrativo e l’inidoneità di questo a produrre effetti vincolanti per l’amministrazione medesima, pur se la si voglia considerare in via di principio ammissibile, non configura un atto autoritativo, tale da radicare la giurisdizione dell’a.g.o.: così, tanto più, essa non sussiste, se la p.a. pretenda di agire sul contratto a connotazione privatistica al di fuori dei suoi poteri.
Onde la vicenda si risolve – ad opera della p.a. – nella mera ricognizione di una situazione giuridica d’inidoneità del negozio a produrre ex se effetti di alcun genere, od a mantenerli: situazione in cui «l’amministrazione, al contrario di quel che accade per l’annullamento in autotutela (in cui essa, con il solo ausilio dei propri organi, soddisfa per le vie amministrative l’interesse pubblico), non dispone di alcun potere conformativo», ma semmai dei poteri e delle tutele civilistiche: «sicché deve necessariamente misurarsi con gli eventuali diritti soggettivi che i terzi possano aver acquisito in forza di quell’atto» (cfr. ancora Cass., sez. un., 17 maggio 2013, n. 12110).
L’accertare se un atto di manifestazione di volontà negoziale sia valido ed efficace, o anche fonte di diritti risarcitori, rientra nell’àmbito della giurisdizione ordinaria; né rileva, in contrario, la mera circostanza che la parte della cui manifestazione di volontà negoziale si sta discutendo sia una pubblica amministrazione.
La tesi secondo cui la giurisdizione apparterrebbe al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, lett. e), n. 1, c.p.a. e degli artt. 121-122 c.p.a., non è condivisibile: da un lato, neppure la ricorrente discorre di procedure pubbliche di affidamento, onde i contratti per operazioni su strumenti finanziari, di cui si discute, risultano stipulati tra il Comune e la banca in base a trattativa privata; e, dall’altro lato, gli artt. 121 e 122 c.p.a. disciplinano le conseguenze sul contratto dell’annullamento giudiziale di atti propedeutici alla stipulazione, ma non dell’accertamento della nullità proprio del contratto, in via di autotutela.
Quest’ultima vicenda, invece, è riconducibile, in definitiva, alla generale azione dichiarativa della nullità di un atto – o, viceversa, della sua validità ed efficacia, o di altre conseguenze privatistiche – dunque sempre ammissibile innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria.
È stato anche rilevato come la stessa inefficacia successiva, com’è oggi prevista dal diritto positivo, che può operare in via retroattiva, incontra però il limite della intangibilità delle situazioni soggettive già consolidatesi prima della proposizione della domanda volta a far dichiarare l’inefficacia ed in particolare, nei contratti di durata, della non ripetibilità delle prestazioni ormai eseguite in esecuzione dell’accordo (artt. 1458, 1467 cod. civ.; cfr. Cass. 21 maggio 2019, n. 13606; ciò è affermato dallo stesso giudice amministrativo, pur quando sosteneva la tesi della caducazione automatica, cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3465).
Allorché all’atto amministrativo sia seguìta la stipulazione di un contratto, e tale contratto la p.a. abbia “dichiarato nullo” d’ufficio, se le parti controvertano specificamente sull’idoneità del contratto a produrre effetti la controversia attiene, in modo immediato e decisivo, alla posizione di diritto soggettivo consequenzialmente acquisita dall’altro contraente, dal momento che la p.a. unilateralmente affermi di non più considerare vincolante il contratto medesimo, al fine di fondare i reciproci diritti ed obblighi.
Al giudice ordinario resta, altresì, la possibilità di conoscere ed interpretare incidentalmente l’atto amministrativo, ai sensi dell’art. 5, I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sussistendo, se del caso, il dirittodovere di disapplicazione dell’atto amministrativo non conforme a legge da parte del giudice chiamato a conoscere del diritto.
Onde il privato che intenda salvaguardare gli effetti del contratto può impugnare l’atto amministrativo di annullamento d’ufficio, innanzi al giudice amministrativo, oppure può agire innanzi al giudice ordinario per la tutela dei suoi diritti mediante le azioni civilistiche, in cui dunque si apre la possibilità di cognizione incidentale del provvedimento amministrativo in capo al giudice ordinario, ove occorra.
5. – Deve, dunque, essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al cui ufficio competente per materia e per territorio le parti riassumeranno la causa; allo stesso si demanda la liquidazione delle spese del regolamento.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti e cui demanda di provvedere sulle spese del presente regolamento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite.
Allegati:
SS.UU, 27 maggio 2022, n. 17245, in tema di annullamento in autotutela di un contratto
Nota dell'Avv. Alfonso Ciambrone
Sono devolute al giudice ordinario le controversie sulla illegittimità dell’annullamento in autotutela di un contratto
1. Il principio di diritto
Allorché ad un atto amministrativo sia seguita la stipulazione di un contratto, e tale contratto sia poi stato “dichiarato nullo” d'ufficio dalla p.a., e le parti controvertano specificamente sull’idoneità dell’accordo a produrre effetti, la relativa controversia attiene alla posizione di diritto soggettivo consequenzialmente acquisita dall’altro contraente.
L’accertare se un atto di manifestazione di volontà negoziale, quantunque della p.a., sia valido ed efficace, ovvero anche fonte di diritti risarcitori, rientra, dunque, nell’ambito della giurisdizione ordinaria.
2. La fattispecie
Il Comune di Arpino e Unicredit SpA hanno stipulato, in base a trattativa privata, un contratto per operazioni su strumenti finanziari; la banca ha proposto ricorso innanzi al T.A.R. competente per territorio, chiedendo l’annullamento della determinazione del Responsabile del Servizio economico finanziario dell’ente e della nota del suo Segretario generale, mediante cui il Comune ha dichiarato nullo in autotutela il contratto in questione (di collar swap).
L’Istituto di credito ha, poi, proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ex art. 41 c.p.c., chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo.
3. Conseguenze operative
Laddove il privato intenda salvaguardare gli effetti del contratto, può impugnare l’atto amministrativo di annullamento d’ufficio, innanzi al giudice amministrativo, oppure può agire innanzi al giudice ordinario per la tutela dei suoi diritti mediante le azioni civilistiche.
In tale ultimo caso, al giudice ordinario, chiamato a conoscere del diritto, resta, altresì, la possibilità di interpretare incidentalmente l’atto amministrativo, ai sensi dell’art. 5, All. E, della L. 2248/1865, sussistendo, ove occorra, il diritto-dovere di disapplicazione dell’atto non conforme alla legge.