Civile Ord. Sez. U Num. 7035 Anno 2023
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: GIUSTI ALBERTO
Data pubblicazione: 09/03/2023
O R D I N A N Z A
sul ricorso iscritto al NRG 15196 del 2022 promosso da:
COMUNE DI TRECASTAGNI, rappresentato e difeso dagli Avvocati Andrea Scuderi e Giovanni Mandolfo;
– ricorrente –
contro
A.E. s.p.a., rappresentato e difeso dall’Avvocato Claudio Fiume;
– controricorrente –
per regolamento preventivo di giurisdizione nel giudizio pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Catania, iscritto al numero 236/2022 di ruolo generale.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2023 dal Consigliere Alberto Giusti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Giovanni Battista Nardecchia, che ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
FATTI DI CAUSA
1. – Con ricorso notificato l’11 febbraio 2022, la società A.E. s.p.a. ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Catania, la risoluzione della concessione del 16 giugno 2005, rep. 877, stipulata mediante scrittura privata, con la quale il Comune di Trecastagni ha concesso alla società ricorrente, allora denominata Medi-Etna Service s.p.a., i locali di proprietà comunale (un ex convento dei francescani), siti in piazza Vecchio Municipio, al fine di realizzarvi un centro museale, nonché dei successivi accordi del 30 giugno 2008 e del 4 gennaio 2016, con i quali sono state apportate modifiche alla concessione. La ricorrente ha domandato, inoltre, la condanna del Comune al risarcimento del danno, sia da perdita del finanziamento a valere sul P.O.R. 2000-2006, cui la società era stata ammessa, sia da lucro cessante per il mancato utilizzo dell’immobile, essendosi la società trovata nell’impossibilità di aprire il museo.
A fondamento della domanda, la società ha dedotto che la responsabilità della mancata apertura del centro museale è da ascrivere al Comune di Trecastagni, il quale avrebbe concesso in uso una struttura di fatto inagibile, priva dei necessari requisiti di sicurezza e, da ultimo, nemmeno ristrutturata dopo il sisma del 2018. In particolare, la struttura, da adibire a centro museale, non sarebbe dotata del certificato di agibilità, continuerebbe ad essere classificata come B/4 (ufficio) anziché B/6 (museo) e sarebbe dotata di impianto fognario ubicato in luogo diverso rispetto a quello indicato nel progetto presentato al Comune. La società concessionaria ha rappresentato di essersi dovuta far carico, nel corso del rapporto, di ingenti spese per lavori di vario genere senza per contro poter incassare i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti d’ingresso al museo.
Nel giudizio dinanzi al TAR si è costituito il Comune di Trecastagni, resistendo ed eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario.
2. – Nella pendenza del giudizio dinanzi al TAR, il Comune di Trecastagni ha sollevato, con atto notificato il 21 giugno 2022, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Ad avviso del ricorrente, la controversia sarebbe ricompresa nell’ambito della competenza giurisdizionale del giudice ordinario perché: non attiene alla fase pubblicistica di individuazione del concessionario, che inizia con la pubblicazione del bando di gara e si conclude con l’affidamento della concessione al soggetto vincitore dell’apposita sequenza ad evidenza pubblica; riguarda la fase di natura privatistica, meramente esecutiva del rapporto; ha ad oggetto l’asserito mancato adempimento, da parte del Comune, delle obbligazioni previste dalla convenzione sottoscritta dalle parti; la posizione giuridica della parte ricorrente nel giudizio a quo, qualificabile come diritto soggettivo, non afferisce all’esercizio di potestà amministrative discrezionali.
Il Comune osserva, inoltre, che l’immobile oggetto del rapporto non avrebbe una destinazione di pubblico generale interesse e non vi sarebbe alcuna previsione che imponga o contempli l’istituzione di un pubblico servizio gestito dall’amministrazione con vincoli istituzionali ed esercizio di potestà pubbliche.
3. – Si è costituita nel giudizio per regolamento preventivo, con controricorso, la società A.E., ricorrente nel giudizio a quo, concludendo per la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.
La controversia avrebbe ad oggetto atti relativi ad un rapporto di concessione di beni pubblici, sicché vi sarebbe la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 cod. proc. amm. La risoluzione della concessione amministrativa per inadempimento del concedente sarebbe riconducibile all’ambito pubblicistico. La controversia comporterebbe decisioni sulla durata o efficacia del rapporto concessorio.
Ad avviso della società controricorrente, sarebbe indifferente l’appartenenza del bene al patrimonio disponibile ovvero indisponibile. In ogni caso, l’immobile sarebbe da ricomprendere tra i beni del patrimonio indisponibile, essendo stato destinato a centro culturale museale.
Secondo la società, la controversia non riguarderebbe semplicemente la fase esecutiva del rapporto, bensì atterrebbe alla fase pubblicistica che inizia con la pubblicazione del bando e si conclude con l’affidamento della concessione.
4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., sulla base delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, che ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati a un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 826, terzo comma, cod. civ., deve sussistere – ha rilevato l’Ufficio del Procuratore Generale – il doppio requisito, soggettivo e oggettivo, della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (quindi, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel bene determinato a un pubblico servizio) e dell’effettiva, attuale destinazione del bene al pubblico servizio.
In difetto di tali concorrenti condizioni, e della conseguente ascrivibilità del bene al patrimonio indisponibile, la cessione in godimento
dell’immobile in favore di privati non può essere ricondotta, ad avviso del Pubblico Ministero, a un rapporto di concessione amministrativa, ma, inerendo a un bene facente parte del patrimonio disponibile, al di là del nomen iuris che le parti contraenti abbiano inteso dare al rapporto, essa viene a inquadrarsi nello schema privatistico della locazione, con la conseguente devoluzione della cognizione della relativa controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Nel caso di specie, la pariteticità del rapporto, la rilevanza puramente patrimoniale dei beni interessati, la circostanza, pacifica, che l’immobile non è attualmente destinato al pubblico servizio, sarebbero tutti elementi deponenti per la non riconducibilità del bene al patrimonio indisponibile.
5. – In prossimità della camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Le Sezioni Unite sono investite del compito di stabilire a quale plesso giurisdizionale spetta conoscere della controversia promossa da un privato per ottenere la risoluzione, per responsabilità del Comune concedente, della convenzione con la quale l’Amministrazione ha concesso ad un privato l’uso e il godimento di un immobile di sua proprietà per adibirlo a centro museale, oltre al risarcimento del danno.
2. – La controversia ricade nella giurisdizione del giudice ordinario.
3. – La controversia attiene alla fase meramente esecutiva del rapporto. Si verte nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti che si colloca a valle della procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente. La società ricorrente non chiede l’annullamento di un provvedimento amministrativo emesso dal Comune.
La domanda azionata, infatti, mira ad addebitare la mancata apertura del centro museale a “colpa grave, negligenza e malafede del Comune”; ad accertare e dichiarare “l’inadempimento del Comune resistente nell’aver dato in concessione un immobile privo del certificato di agibilità”, con destinazione d’uso “diversa da quella idonea alla realizzazione di una struttura museale”, privo del certificato di prevenzione incendi e con vizi che hanno comportato l’esecuzione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; ad accertare e dichiarare “l’inadempimento del Comune … per non aver ottenuto il certificato di prevenzione incendi”; a “dichiarare la risoluzione della concessione del 2005 … e dei successivi accordi integrativi … per inadempimento imputabile in via esclusiva al Comune”.
La domanda proposta è di “risoluzione” “per inadempimento imputabile in via esclusiva al Comune” e, su questa base, di condanna al risarcimento del danno.
La domanda riguarda la risoluzione per l’inadempimento delle obbligazioni assunte dal Comune, come risultanti dalle condizioni concordate nella convenzione stipulata in posizione di pariteticità, senza che venga in considerazione il potere autoritativo dell’Amministrazione comunale.
Tale potere non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del contraente, sia sorto il “vincolo” contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o, comunque, nella fase esecutiva mediante altri poteri riconosciuti dalla legge.
Nel settore dell’attività negoziale della P.A., mentre appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica al contratto, inerenti alla formazione della volontà e alla scelta del contraente privato in base alle regole della evidenza pubblica, quelle che invece radicano le loro ragioni, come nella specie, nella serie negoziale successiva, che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti scaturenti dal contratto, sono devolute al giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 13 marzo 2020, n. 7219).
La controversia nella quale il petitum sostanziale è l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento del Comune alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto convenzionale, non coinvolge sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale (Cass., Sez. Un., 24 maggio 2022, n. 16763).
Al giudice di merito è chiesto di valutare la corrispondenza al vero dei fatti di inadempimento dedotti a fondamento delle pretese e di qualificarli giuridicamente, per trarne le conseguenze sul piano privatistico, vertendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell’ente pubblico (Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2023, n. 5971).
Si è, pertanto, al di fuori dell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di concessione di beni pubblici, ai sensi dell’art. 133, lettera b), cod. proc. amm.
Queste Sezioni Unite hanno affermato che, affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati a un pubblico servizio ai sensi dell’art. 826, terzo comma, cod. civ., deve sussistere il doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio) e dell’effettiva, concreta e attuale destinazione del bene al pubblico servizio. In difetto di tali condizioni e della conseguente ascrivibilità del bene al patrimonio indisponibile, la cessione in godimento del bene medesimo in favore di privati non può essere ricondotta a un rapporto di concessione amministrativa, ma, inerendo a un bene facente parte del patrimonio disponibile, al di là del nomen iuris che le parti contraenti hanno inteso dare al rapporto, essa viene a inquadrarsi nello schema privatistico della locazione (o del comodato), con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 21 maggio 2019, n. 13664; Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2020, n. 21991).
La richiesta del doppio requisito si giustifica in quanto soltanto così l’amministrazione può dimostrare la seria volontà e la necessità di destinare il bene ad un fine pubblico e di assoggettarlo ad un regime preferenziale rispetto a quello comune.
Esattamente il Pubblico Ministero evidenzia che il bene oggetto della scrittura privata, sicuramente non appartenente al demanio necessario, neppure riveste il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, non essendo destinato a un pubblico servizio ai sensi dell’art. 826, terzo comma, cod. civ.
Difettano, infatti, sia il profilo formale-soggettivo della preordinata destinazione alla salvaguardia di interessi pubblici, sia quello materiale-oggettivo della effettività della destinazione impressa, come si desume dalla circostanza, pacifica, che l’immobile non è, attualmente, destinato concretamente a pubblico servizio.
Risulta inoltre per tabulas dalla scrittura privata del 16 giugno 2005 che il contratto parla di “comodato” (là dove prevede che a titolo di corrispettivo per la concessione “in comodato” dei locali di sua proprietà il Comune avrà diritto ad una percentuale del 10% da calcolarsi sul totale dei biglietti di ingresso venduti e comunque degli utili complessivi ricavati dall’utilizzo della struttura) e ribadisce che la de-tenzione dei locali di proprietà comunale da parte del concessionario è “a titolo di comodato”. Lo stesso bando di gara si riferisce alla “con-cessione in comodato del bene”.
La terminologia adottata nella convenzione, con il riferimento reiterato al modello privatistico e paritetico del comodato, conferma che si è al di fuori dello schema concessorio e che i locali in questione (“consegnati nello stato di fatto in cui si trovano con obbligo del concessionario di adeguarli a propria cura e spese alle normative vigenti” per la realizzazione, l’allestimento e la gestione di un centro museale) non appartengono alla categoria dei beni del patrimonio indisponibile, difettando la loro destinazione a svolgere in via immediata e diretta un servizio pubblico in forza di un atto di volontà amministrativa concretamente attuato.
5. – E’ dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
La regolamentazione delle spese viene rimessa al giudice del merito.
P.Q.M.
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti, anche per le spese del regolamento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 marzo 2023.
Allegati:
SS.UU, 09 marzo 2023, n. 7035, in tema di appalti pubblici
Nota dell’Avv.ta Alina Di Gesù
Attività negoziale della p.a. e riparto di giurisdizione
1. Il principio di diritto
Mentre appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica al contratto, inerenti alla formazione della volontà ed alla scelta del contraente privato in base alle regole c.d. dell’evidenza pubblica, quelle che invece radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al giudice ordinario.
2. Le motivazioni
Le Sezioni Unite sono state investite del compito di stabilire a quale plesso giurisdizionale vada devoluta la controversia promossa da un privato per ottenere la risoluzione, per responsabilità del Comune, della convenzione con la quale l’Amministrazione ha concesso ad un privato il godimento di un immobile di sua proprietà per adibirlo a centro museale.
La Suprema Corte rileva come la controversia ricada nella giurisdizione del giudice ordinario, posto che il petitum sostanziale è rappresentato dall’adempimento del Comune alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto convenzionale, senza che venga in considerazione il potere autoritativo dell’Amministrazione.
Tale potere non è, infatti, ravvisabile allorquando sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto; vertendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell’ente pubblico, si è al di fuori dell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di concessione di beni pubblici, ai sensi dell’art. 133, lett. b), c.p.a..
3. Riflessioni conclusive
Concluso il procedimento a evidenza pubblica, esauriti i controlli sugli atti e stipulato il contratto, il rapporto tra amministrazione aggiudicatrice e soggetto aggiudicatario soggiace alla regolamentazione privatistica, ad esso applicandosi le norme codicistiche che disciplinano le relazioni tra contraenti.
L’esecuzione panprivatistica del contratto e lo svolgimento del rapporto negoziale involge situazioni soggettive, attratte alla giurisdizione del giudice ordinario.
L’interesse legittimo del soggetto aggiudicatario rimane, invece, relegato alla fase di evidenza pubblica, ossia alla fase in cui la situazione soggettiva del privato dialoga con il potere amministrativo autoritativo.
Il provvedimento si pone in continuità con numerosi precedenti delle Sezioni Unite, tra i quali si segnalano - anche perché oggetto di espresso richiamo - le pronunce nn. 7219/2020 (in GiurisprudenzaSuperiore.it, Decise, con nota dell’Avv. Alfonso Ciambrone) e 5971/2023 (in GiurisprudenzaSuperiore.it, Decise, con nota del Dott. Vito D’Alessio).