Civile Sent. Sez. U Num. 17244 Anno 2022
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: CARRATO ALDO
Data pubblicazione: 27/05/2022
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OFFICINE RONCAGLIA S.R.L. (già s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CINZIA VALENTE e ROLANDINO GUIDOTTI;
– ricorrente –
contro
MOULINS EL AMINE ETS DJERAD KHELIL;
– intimata –
nonché contro
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., iscritta all’Albo delle Banche e Capogruppo del Gruppo Bancario BNL, quale mandataria con rappresentanza di BUSINESS PARTNER ITALIA SOCIETA’ CONSORTILE PER AZIONI, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DI VAL GARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e sul ricorso proposto da:
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., iscritta all’Albo delle Banche e Capogruppo del Gruppo Bancario BNL, quale mandataria con rappresentanza di BUSINESS PARTNER ITALIA SOCIETA’ CONSORTILE PER AZIONI, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DI VAL GARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
OFFICINE RONCAGLIA S.R.L. (già s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CAVASOLA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CINZIA VALENTE e ROLANDINO GUIDOTTI;
– controricorrente all’incidentale –
nonchè contro
MOULINS EL AMINE ETS DJERAD KHELIL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1413/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 13/06/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/03/2022 dal Consigliere ALDO CARRATO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale MAURO VITIELLO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale nei suoi primi due motivi, assorbiti il terzo, il quarto ed il quinto e nel suo settimo motivo; dichiarare inammissibili il sesto e l’ottavo motivo del ricorso principale, dichiarare inammissibile il ricorso incidentale;
uditi gli avvocati Pietro Cavasola e Lucio De Angelis.
FATTI DI CAUSA
1. Il 26 marzo 2002 la società Officine Roncaglia, ora s.r.l. e già s.p.a., e la società algerina Moulins El Amine Ets Djerad Kheliil stipularono un contratto con cui la prima si impegnava a vendere alla seconda un impianto per la macinazione del grano duro, con montaggio e messa in opera dello stesso, nonché addestramento dei tecnici addetti.
Dopo la sottoscrizione del contratto, l’acquirente chiese il rilascio di apposita garanzia di buona esecuzione in misura corrispondente al 10% del valore complessivo del prezzo, garanzia che venne rilasciata dalla venditrice in forma bancaria presso la Banca algerina BDAR, controgarantita dalla Banca Nazionale del Lavoro filiale di Modena.
Successivamente alla consegna dell’impianto e alla sua messa in opera, in data 18 novembre 2003, la società acquirente segnalò la presenza di guasti all’impianto stesso; la venditrice rispose imputando il guasto ad erronea manutenzione e inviando, comunque, alcun pezzi di ricambio. Senonché, a fronte della necessità di trasferire l’impianto in Italia per le eventuali trasformazioni, la società algerina sospese le trattative ed attivò la garanzia di buona esecuzione. Pertanto, in data 2 aprile 2004, la BNL invitò la società venditrice a provvedere alla copertura finanziaria della garanzia posta in esecuzione dalla società algerina e, per essa, dalla banca algerina di riferimento.
Dopo il vano tentativo della Officine Roncaglia di ottenere l’inibitoria ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. nei confronti della BNL (inibitoria inizialmente concessa dal Tribunale di Modena, ma poi revocata in sede di reclamo), quest’ultima procedette al versamento in favore della società acquirente, presso la banca BDAR, della somma garantita, che addebitò quindi nel conto corrente della società venditrice.
La Officine Roncaglia, pertanto, con atto di citazione notificato nel giugno 2006, convenne dinanzi al Tribunale di Modena la società algerina acquirente e la BNL, affinché venissero accertati il corretto funzionamento dell’impianto oggetto di vendita e l’illegittimità dell’escussione della garanzia, con conseguente inibizione alla BNL di provvedere al suo pagamento e/o negazione dell’azione di regresso della banca e condanna della stessa alla restituzione di quanto pagato, nonché condanna dell’acquirente al risarcimento dei danni causati dalla abusiva escussione della garanzia.
La convenuta società algerina rimase contumace, mentre la BNL, costituendosi in giudizio, eccepì la presenza di clausola compromissoria, nonché la rinuncia dell’attrice a qualsiasi eccezione relativa al rapporto fondamentale.
Il Tribunale, con sentenza del 22 febbraio 2011, statuì quanto segue: a) con riferimento alla questioni riguardanti il rapporto di vendita tra Officine Roncaglia e Moulins El Amine Ets Djerad Kheliil, dichiarò d’ufficio, ai sensi dell’art. 11 della legge 31 maggio 1995, n. 218, stante la contumacia della società algerina, il difetto di giurisdizione del giudice italiano per effetto della previsione, contenuta nella clausola n. 25 del contratto di compravendita, che tutte le controversie derivanti o relative al contratto dovessero essere risolte, in difetto di accordo, a mezzo di un arbitrato estero applicando il regolamento arbitrale della Camera di commercio internazionale di Parigi e secondo il diritto algerino; b) quanto alle questioni riguardanti il rapporto di garanzia prestata nell’interesse della società venditrice dalla BNL, rigettava le domande attoree per avere la Officine Roncaglia rinunciato al diritto di formulare eccezioni e contestazioni in ordine alla fondatezza della richiesta del creditore garantito.
2. La Corte d’appello di Bologna ha respinto il gravame della soccombente. Ha ritenuto, per un verso, rilevabile d’ufficio, nella contumacia della società algerina convenuta, ai sensi dell’art. 11 legge n. 218 del 1995, il difetto di giurisdizione del giudice italiano in virtù della già richiamata clausola compromissoria di cui all’art. 25 del contratto di compravendita, e, per altro verso, che la società appellante aveva rinunciato – mediante la sottoscrizione della clausola n. 2) del modulo-richiesta del 25 giugno 2002 — al suo diritto a sollevare eccezioni e contestazioni nei confronti della BNL.
3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, articolato in otto motivi, la Officine Roncaglia s.r.l. Ha resistito con controricorso, contenente anche ricorso incidentale per un solo motivo, l’intimata BNL, mentre la Moulins El Amine Ets Djerad Kheliil non ha svolto attività difensiva in questa sede. La ricorrente principale ha altresì resistito con controricorso al ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I primi cinque motivi del ricorso principale riguardano la questione di giurisdizione, risolta dai giudici di merito nel senso della sottrazione al giudice italiano del rapporto tra Officine Romanazzi e Moulins El Amine Ets Djerad Kheliil, per essere la relativa controversia oggetto di clausola compromissoria per arbitrato estero, ai sensi dell’art. 25 del contratto di compravendita.
1.1. Con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo la Corte di appello considerato valida ed efficace l’eccezione di arbitrato contenuta nel contratto di vendita, omettendo di considerare che oggetto del giudizio non era quel contratto, bensì la garanzia autonoma, la cui fraudolenta escussione era a base dalla exceptio doli sollevata dall’attrice. L’accertamento del buon funzionamento dell’impianto era meramente strumentale rispetto a tale eccezione, costituente invece l’oggetto principale del giudizio, che riguardava dunque l’accertamento di una responsabilità extracontrattuale.
1.2. Con la seconda censura viene dedotto omesso esame di fatto decisivo, relativo alla questione della giurisdizione, per non avere la Corte di appello proceduto a una corretta interpretazione degli atti processuali e individuazione delle norme rilevanti nel caso di specie, che erano stati oggetto di discussione e riguardanti specificamente l’aspetto dell’efficacia della clausola compromissoria e della sua rilevabilità d’ufficio.
1.3. Con la terza doglianza viene prospettata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 e/o dell’art. 816-ter cod. proc. civ. per avere la Corte di appello ritenuto l’eccezione di arbitrato una questione di giurisdizione, e non semmai di competenza, come tale rilevabile solo a istanza di parte e con le preclusioni stabilite dalla legge processuale.
1.4. Con il quarto motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge 31 maggio 1995, n. 218, per avere la Corte di appello ritenuto di poter dichiarare d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice italiano sol perché la parte convenuta era contumace, sebbene non si trattasse di controversia riguardante beni immobili, né fosse stata dalla stessa Corte verificata la sussistenza di un difetto di giurisdizione scaturente da una norma di diritto internazionale.
1.5. Con la quinta censura si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 218 del 1995, dell’art. 6 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e dell’art. 3 della Convezione di New York del 10 giugno 1958, convenzioni entrambe sottoscritte anche dalla Repubblica d’Algeria. La giurisdizione, secondo la ricorrente, spettava al giudice italiano in forza dell’art. 6 della Convenzione di Bruxelles – richiamata dall’art. 3 della legge n. 218 del 1995 – a mente del quale, in caso di pluralità di convenuti, il convenuto domiciliato nel territorio di uno stato contraente può essere citato davanti al giudice di un altro stato contraente, nel cui territorio sia domiciliato uno dei gli altri convenuti, come nella specie la convenuta BNL, avente appunto sede in Italia. Inoltre, in materia di “delitti o quasi delitti”, vale a dire di responsabilità extracontrattuale come nel caso in esame, la giurisdizione è determinata, ai sensi dell’art. 5 della medesima Convenzione, in relazione al luogo in cui si è verificato l’evento dannoso: ancora una volta, dunque, in Italia, ove ha sede la società attrice che ha subìto l’impoverimento patrimoniale connesso all’illegittimo pagamento della garanzia con addebito nel conto corrente della società. Infine la Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, all’art. 3 (rectius, art. 2, comma 3), prevede che il giudice possa rinviare le parti in arbitrato soltanto su istanza di una di esse.
2. L’esame delle predette censure va condotto in maniera congiunta per l’evidente connessione delle stesse, tutte vertenti sulla questione di giurisdizione (che integri questione di giurisdizione, quella scaturente dalla presenza di una convenzione di arbitrato estero, è un dato ormai acquisito nella giurisprudenza di queste Sezioni unite, a partire dalla sentenza 25 ottobre 2013, n. 24153). Tale questione va risolta nel senso della spettanza della giurisdizione, per le assorbenti considerazioni che seguono, al giudice italiano anche con riferimento al rapporto, dedotto in giudizio, intercorrente tra la Officine Roncaglia e la società di diritto algerino Moulíns El Amine Ets Djerad Kheliil, che invece dai giudici di merito è stato riservato all’arbitrato estero previsto dall’art. 25 del contratto di compravendita, di cui si è detto.
Il giudice italiano, invero, era stato correttamente adito, anche nei confronti della società algerina, ai sensi del richiamato art. 6 della Convenzione di Bruxelles, avendo sede in Italia l’altra convenuta in causa connessa Banca Nazionale del Lavoro (cfr., in termini, Cass. Sez. un. 27 febbraio 2008, n. 5090; 12 aprile 2012, n. 5765).
La Corte d’appello, però, ha escluso la giurisdizione del giudice italiano in forza della richiamata clausola compromissoria per arbitrato estero, di cui all’art. 25 del contratto di compravendita, esplicitamente applicata d’ufficio, non rilevando la conforme eccezione sollevata dalla BNL, priva di legittimazione in quanto estranea alla convenzione arbitrale.
Il profilo sul quale le critiche della ricorrente colgono nel segno è appunto quello della illegittimità, viceversa, di tale rilievo officioso.
La Corte di merito ha ritenuto che a giustificare il rilievo d’ufficio della sussistenza della giurisdizione arbitrale estera sia sufficiente la contumacia della parte convenuta, legittimata a sollevare l’eccezione, perché tanto sarebbe previsto dall’art. 11 della legge di diritto internazionale privato n. 218 del 1998, a mente del quale: «Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, è rilevato dal giudice d’ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se ricorre l’ipotesi di cui all’art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale».
Tale tesi però non persuade.
La generica previsione della disposizione richiamata, secondo cui il difetto di giurisdizione del giudice nazionale «è rilevato dal giudice d’ufficio … se il convenuto è contumace» non contiene, invero, uno specifico riferimento all’ipotesi che a base del difetto di giurisdizione vi sia una convenzione di arbitrato estero tra le parti; onde resta aperta, sul piano della lettera normativa, la questione se tale previsione contenga o meno anche detta ipotesi, ovvero quest’ultima debba ritenersi esclusa per effetto di previsioni normative più specifiche.
Ritengono queste Sezioni unite che plurimi argomenti, testuali, logici e sistematici, militino nel senso appunto della esclusione di tale ipotesi dalla generica previsione di rilevabilità d’ufficio di cui trattasi.
L’art. 2, comma 3, della già richiamata Convenzione per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 19 gennaio 1968, n. 62, espressamente prevede che il rinvio delle parti davanti agli arbitri, per effetto di una convenzione arbitrale, possa essere disposto dal giudice solo a richiesta di una delle parti stesse: «Il tribunale di uno Stato contraente, cui sia sottoposta una controversia su una questione, per la quale le parti hanno conchiuso una convenzione secondo il presente articolo, rinvierà le medesime, a domanda d’una di esse, a un arbitrato…» (enfasi nostra).
Tale norma è espressamente riferita (cfr. art. 1, comma 1, della Convenzione) sia agli arbitrati nazionali che a quelli esteri. E si tratta di norma che risponde a un principio ben saldo nell’ordinamento italiano e ben chiaro alla giurisprudenza di questa Corte. La quale ha già avuto occasione di osservare, nell’ordinanza 6 novembre 2015, n. 22748 della Sesta Sezione, che
«il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta della parti, la quale soltanto consente di derogare al precetto contenuto nell’art. 102 Cost., costituendo uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all’art. 24, primo comma, Cost., con la conseguente esclusione della possibilità d’individuare la fonte dell’arbitrato in una volontà autoritativa, e la necessità di attribuire alla norma di cui all’art. 806 cod. proc. civ. il carattere di principio generale, costituzionalmente garantito, dell’intero ordinamento (cfr. Corte cost. sent. n. 127 del 1977). Ma se è la volontà delle parti a costituire l’unico fondamento della competenza degli arbitri, deve necessariamente riconoscersi che le parti, così come possono scegliere di sottoporre la controversia agli stessi, anziché al giudice ordinario, possono anche optare per una decisione da parte di quest’ultimo, non solo espressamente, mediante un accordo uguale e contrario a quello raggiunto con il compromesso, ma anche tacitamente, attraverso l’adozione di condotte processuali convergenti verso l’esclusione della competenza arbitrale, e segnatamente mediante l’introduzione del giudizio in via ordinaria, alla quale faccia riscontro la mancata proposizione dell’eccezione di arbitrato»; sicché non può giustificarsi l’affermazione «della rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza del giudice ordinario, la cui dichiarazione resta pertanto subordinata alla
proposizione della relativa eccezione da parte del convenuto».
La circostanza che il precedente sopra ampiamente richiamato sia riferito a una fattispecie di arbitrato nazionale e non estero, e dunque a una questione di competenza anziché di giurisdizione, non è evidentemente significativa, posto che le ragioni della affermata non rilevabilità d’ufficio della competenza arbitrale sono basate sull’imprescindibile carattere volontario dell’arbitrato in sé stesso – a prescindere dalla sua nazionalità – radicata nei principi di cui agli artt. 102 e 24 Cost.
3. In accoglimento, nei sensi di cui sopra, dei primi cinque motivi del ricorso principale, va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice italiano anche sul rapporto tra la società italiana attrice e la società algerina convenuta.
L’esame dei restanti motivi del ricorso principale, così come del ricorso incidentale, va rimesso alla sezione semplice tabellarmente incaricata.
P.Q.M.
La Corte a Sezioni unite accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i primi cinque motivi del ricorso principale e dichiara pertanto la giurisdizione del giudice italiano anche in ordine al rapporto, dedotto in giudizio, intercorrente tra la Officine Roncaglia e la società di diritto algerino Moulins El Amine Ets Djerad Kheliil; rimette alla Seconda Sezione della Corte l’esame dei restanti motivi del ricorso principale, nonché del ricorso incidentale.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni unite in data 8 marzo 2022.
Allegati:
SS.UU, 27 maggio 2022, n. 17244, in tema di arbitrato estero
Nota dell'Avv. Valentina Petruzziello
Non è rilevabile d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in presenza di una convenzione di arbitrato estero
1. Il principio di diritto
Il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in conseguenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero, non è rilevabile d’ufficio, stante l’imprescindibile carattere volontario dell’arbitrato, in forza del quale le parti possono sempre concordemente optare per una decisione da parte del giudice ordinario, non solo espressamente, mediante un accordo uguale e contrario a quello raggiunto con il compromesso, ma anche tacitamente, attraverso l’adozione di condotte processuali convergenti verso l’esclusione della competenza arbitrale.
2. La fattispecie
Due società (una italiana, l’altra algerina) hanno stipulato un contratto di vendita, con cui la prima si è impegnata a vendere alla seconda un impianto di macinazione del grano duro, con montaggio e messa in opera dello stesso, nonché addestramento dei tecnici addetti.
Dopo la sottoscrizione dell’accordo, la società algerina ha chiesto il rilascio di apposita garanzia di buona esecuzione; garanzia rilasciata in forma bancaria.
A seguito di malfunzionamenti dell’impianto e della necessità di trasferire lo stesso in Italia per eventuali trasformazioni, la società acquirente ha attivato, ed escusso, la garanzia, dal che la società venditrice ha instaurato il giudizio di accertamento del corretto funzionamento dell’impianto oggetto di vendita e l’illegittimità dell’escussione della garanzia.
La convenuta società algerina è rimasta contumace, mentre l’istituto di credito, estraneo alla convenzione arbitrale, ha eccepito la presenza di clausola compromissoria.
Il giudice di prima istanza, al pari della Corte di Appello, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano per effetto della devoluzione, per contratto, di tutte le controversie da esso derivanti ovvero ad esso relative, ad un arbitrato estero, con applicazione del regolamento arbitrale della Camera di commercio internazionale di Parigi e del diritto algerino.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del giudice italiano in ragione dell’illegittimità del rilievo officioso del difetto di giurisdizione effettuato dai giudici di merito, ai sensi dell’art. 11 della L. 218/1995 ed in forza della clausola compromissoria per arbitrato estero contenuta nel contratto di compravendita.
La generica previsione della disposizione richiamata, secondo cui il difetto di giurisdizione del giudice nazionale “è rilevato dal giudice d'ufficio ... se il convenuto è contumace”, non contiene, invero, uno specifico riferimento all’ipotesi che, alla base del difetto di giurisdizione, vi sia una convenzione di arbitrato (estero) tra le parti.
Il Supremo Collegio ritiene che plurimi argomenti, testuali, logici e sistematici, militino in favore della giurisdizione del giudice italiano e sulla esclusione del caso dalla generica previsione di rilevabilità d’ufficio.
Nello specifico, l’art. 2, c. 3, della Convenzione del 1958 per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 19 gennaio 1968, n. 62, prevede espressamente che il rinvio delle parti davanti agli arbitri, per effetto di una convenzione arbitrale, possa essere disposto dal giudice solo “a domanda d’una di esse”.
Tale norma è espressamente riferita sia agli arbitrati nazionali che a quelli esteri (cfr., art. 1, c. 1, della Convenzione).
E’ la volontà delle parti, dunque, a costituire l’unico fondamento di qualsiasi arbitrato, a prescindere dalla sua nazionalità.
Ne consegue che l’introduzione di un giudizio in via ordinaria, alla quale faccia riscontro la mancata proposizione dell’eccezione di compromesso, anche per contumacia del convenuto, radichi la giurisdizione del giudice adito, non potendo trovare applicazione, in tal caso, l’art. 11 della L. 218/1995.