Civile Ord. Sez. U Num. 21514 Anno 2022
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA
Data pubblicazione: 07/07/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Oggetto
PASQUALE D’ASCOLA – Primo Presidente f.f. – RESPONSABILITA’
CIRCOLAZIONE
STRADALE
GIACOMO TRAVAGLINO – Presidente di Sezione – Ud. 25/01/2022 –
ALBERTO GIUSTI – Consigliere – PU
ANTONIETTA SCRIMA – Rel. Consigliere – R.G.N. 28292/2018
FRANCESCO TERRUSI – Consigliere – Rep.
ROBERTA CRUCITTI – Consigliere –
CATERINA MAROTTA – Consigliere –
LOREDANA NAZZICONE – Consigliere –
ROBERTO GIOVANNI CONTI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 28292-2018 proposto da:
MARTINELLI MAURO, FERRANDI SIMONETTA, elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ALESSANDRO GRIFONI;
– ricorrenti –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., soggetta all’attività di direzione e di coordinamento di UNIPOL GRUPPO S.P.A., Capogruppo del Gruppo Assicurativo Unipol (già FONDIARIA-SAI S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA GRAZIOSI;
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 1878/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata in data 8/08/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/01/2022 dal Consigliere ANTONIETTA SCRIMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CARDINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Alessandro Grifoni ed Andrea Graziosi.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso per decreto ingiuntivo, depositato presso il Tribunale di Firenze, Fondiaria Sai-S.p.a. (ora UnipolSai Assicurazioni S.p.a.), quale impresa designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, dedusse che, in conseguenza del sinistro verificatosi il 30 gennaio 2004 a Siena, tra l’autovettura Peugeot condotta da Thomas Frederich Konigshofer e l’autovettura Land Rover, di proprietà di Simonetta Ferrandi, condotta da Mauro Martinelli e priva di assicurazione, aveva corrisposto l’importo di euro 5.293,00 in virtù di una transazione; aggiunse che il sinistro era da addebitare al conducente dell’autovettura Land Rover, in base alle dichiarazioni rese da due persone informate sui fatti e riportate nel verbale dei vigili urbani intervenuti sul posto, e che agiva per il recupero di tali somme nei confronti della proprietaria e del conducente dell’auto non assicurata, ai sensi dell’art. 292 del codice delle assicurazioni.
Avverso il decreto ingiuntivo richiesto, emesso dal giudice e depositato il 16 febbraio 2009, proposero opposizione il Martinelli e la Ferrandi, con atto di citazione notificato il 17 aprile 2009, contestando la competenza territoriale, per materia e per valore del giudice adito nonché i presupposti per il ricorso alla procedura monitoria, oltre che la fondatezza della pretesa.
Si costituì l’opposta insistendo nella domanda.
Con sentenza n. 98/2011, pubblicata il 17 gennaio 2011, il Tribunale di Firenze rigettò l’opposizione.
Avverso tale decisione il Martinelli e la Ferrandi proposero gravame, denunciando l’erronea applicazione della legge, l’errata valutazione dei fatti di causa, oltre che la carenza di motivazione.
Si costituì la società appellata resistendo all’impugnazione.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza pubblicata in data 8 agosto 2017, rigettò il gravame rilevando che l’azione promossa dell’impresa designata dal FGVS trovava fondamento nella legge, quale azione di regresso in presenza di determinati presupposti fattuali fra cui la mancanza di copertura assicurativa e l’avvenuto pagamento del danno nei confronti del danneggiato da parte dell’impresa predetta. Precisò la Corte territoriale che trattavasi di obbligazione risarcitoria autonoma e distinta rispetto a quella sorta dal sinistro fra danneggiante e danneggiato, che si trasformava in obbligazione di valuta a seguito del pagamento di una somma determinata e specifica, accertata giudizialmente o accettata dal danneggiato in via transattiva. Inoltre, quella medesima Corte ritenne sussistente la competenza del Tribunale di Firenze, giudice del luogo del domicilio del creditore che agiva in regresso e quindi luogo di adempimento dell’obbligazione ex art. 1182, terzo comma, c.c.; ritenne, altresì, infondata la censura proposta in ordine alla competenza per materia, trattandosi di debito di valuta sorto a seguito della transazione, sicché non era configurabile la competenza ex art. 7 c.p.c. del Giudice di pace, in quanto il sinistro stradale costituiva non l’oggetto dell’azione ma il fatto dal quale sorgeva il diritto di credito dell’impresa designata, ai sensi dell’art. 292 d.lgs. 209/2005. Sulla base della documentazione prodotta dalla compagnia, la Corte di appello affermò la responsabilità di Martinelli nella causazione del sinistro, aggiungendo che la transazione e la relativa quietanza non erano state specificamente contestate né erano state offerte prove contrarie.
Avverso tale sentenza Mauro Martinelli e Simonetta Ferrandi hanno proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi.
La parte intimata non si è costituita in questa sede.
La causa è stata rimessa, con ordinanza interlocutoria n. 18802/2021 del 2 luglio 2021, al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, avendo la Terza Sezione riscontrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione relativa alla natura giuridica dell’azione di cui all’art. 292 del codice delle assicurazioni, quale azione esercitata nei confronti del danneggiante dall’impresa designata che ha pagato il danneggiato nell’ipotesi b) dell’art. 283 del predetto codice, ovvero perché il veicolo danneggiante era privo di copertura assicurativa, evidenziando che la soluzione di tale questione avrà rilevanti ricadute in relazione al termine di prescrizione e alla sua decorrenza, oltre che sulla necessità o meno del previo accertamento della responsabilità dell’autore dell’illecito e sull’applicabilità dell’art. 2055 c.c.
Il Primo Presidente ha disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni unite.
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta.
In prossimità dell’udienza pubblica i ricorrenti hanno depositato memoria, mentre UnipolSai s.p.a. ha depositato procura speciale al fine di partecipare a tale udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo Mauro Martinelli e Simonetta Ferrandi denunciano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 292 del d.lgs. n. 209 del 2005.
Ad avviso dei ricorrenti la Corte di merito avrebbe errato nel qualificare l’azione concessa all’impresa designata come azione di regresso nascente dalla legge, anziché quale surrogazione nei diritti del danneggiato, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nonostante il tenore letterale della legge, che si esprime in termini di regresso, definisce l’azione come ipotesi di surrogazione legale nel medesimo diritto vantato dal danneggiato.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 292 del d.lgs. 209 del 2005 oltre che degli artt. 99 c.p.c. e 2054 e 2055 c.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale, escludendo l’ipotesi di surrogazione nella cessione del danneggiato, non ha ritenuto necessario alcun accertamento sulla dinamica del sinistro, ma in tal modo quella Corte avrebbe mancato di dare corretta applicazione al principio della domanda e/o, comunque, ai principi regolatori della solidarietà da fatto illecito. A parere di Mauro Martinelli e di Simonetta Ferrandi, infatti, la richiesta di condanna in solido potrebbe trovare spiegazione soltanto qualificando la pretesa come azione di surrogazione nei diritti del danneggiato, unico soggetto legittimato ad invocare la solidarietà. Infatti, l’obbligazione solidale, tra proprietario e conducente, sorge, ai sensi degli artt. 2054 e 2055 c.c., dal fatto illecito e non dalla legge. Pertanto, poiché la compagnia ha chiesto la condanna in solido, evidentemente non si è limitata ad agire sulla base dell’azione di rivalsa prevista dalla legge, ma è subentrata nella medesima posizione del danneggiato. Sulla scorta di tali premesse sarebbe stato necessario accertare compiutamente la verificazione del sinistro, delle relative modalità e delle connesse responsabilità.
3. Con il terzo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 292 d.lgs. n. 209/2005, oltre che degli artt. 1299 e 2055 c.c.
Secondo i ricorrenti, la Corte di merito avrebbe errato nel considerare, da un lato, quello di cui all’art. 292 citato come un diritto di regresso nascente dalla legge e, dall’altro, pur in base a tale errato presupposto, nel ritenere sussistente l’imputabilità, in solido, dell’obbligazione alla proprietaria e al conducente del veicolo non assicurato. In particolare, ad avviso dei ricorrenti, accogliendo l’interpretazione suggerita dal giudice di appello, si prospetterebbero due soluzioni: secondo una prima impostazione, l’impresa designata sarebbe debitrice in solido, unitamente agli altri responsabili del sinistro, con la conseguenza che, trovando applicazione l’art. 1299 c.c., avrebbe diritto a ripetere le somme in proporzione alle rispettive responsabilità, previo accertamento della dinamica del sinistro; secondo una diversa ricostruzione, si tratterebbe di un credito sganciato dal fatto illecito, perché derivante non dalla responsabilità del sinistro ma dalla circostanza di avere omesso di adempiere all’obbligo di assicurazione contro la responsabilità civile. In base alla lettura da ultimo indicata, l’unica responsabile sarebbe la proprietaria del veicolo e non anche il conducente, senza che possa spiegare alcun effetto l’eventuale responsabilità, di natura solo amministrativa, del conducente che si sia posto alla guida del veicolo non assicurato, trattandosi di addebito diverso nei presupposti e nelle modalità, ma, soprattutto, del tutto sconnesso dal costituendo rapporto con il FGVS.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 633 e ss. c.p.c. e degli artt. 7, 18 e 20 c.p.c.
Sulla base delle considerazioni espresse nell’illustrazione dei motivi che precedono, risultando indispensabile l’accertamento della dinamica del sinistro e delle rispettive responsabilità, a parere dei ricorrenti, il credito non sarebbe liquido e, conseguentemente, non sussisterebbero i presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo. Inoltre, trattandosi di obbligazione da fatto illecito, il Tribunale di Firenze sarebbe incompetente per territorio, per materia e valore e i ricorrenti rappresentano di aver a tale riguardo proposto eccezioni davanti al giudice di primo grado e ribadito le stesse nei motivi di appello.
5. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 115 c.p.c., degli artt. 2702, 2729 e 2697 c.c. nonché dei principi sulla valutazione delle prove e dell’art. 1304 c.c.
Pur accedendo alla tesi della Corte territoriale, secondo cui non sarebbe necessario l’accertamento della dinamica e delle effettive responsabilità, ma solo la verifica dei due presupposti della mancanza di copertura assicurativa e dell’avvenuto pagamento, da parte della impresa designata, in favore del terzo danneggiato, l’argomentazione del giudice di appello in ordine alla dimostrazione di tali circostanze – a parere dei ricorrenti – sarebbe, comunque, errata.
Infatti, la Corte di merito ha ritenuto che la prova del pagamento in favore del danneggiato risiederebbe nella transazione e nella relativa quietanza e cioè in un documento proveniente da un terzo, non confermato da alcun testimone né da altro elemento, neppure indiziario. Sotto tale profilo, ad avviso dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto il pagamento e la relativa quietanza non contestati, laddove, invece, l’atto di transazione sarebbe stato contestato già in sede di opposizione a decreto ingiuntivo e l’onere della prova del pagamento gravava solo sulla compagnia.
Inoltre, l’opponibilità della transazione nei confronti degli odierni ricorrenti costituirebbe erronea applicazione dell’art. 1304 c.c.
Infine, dalle risultanze processuali non emergerebbe la responsabilità del conducente del veicolo Land Rover, in quanto, ad avviso dei ricorrenti, erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto dimostrata la responsabilità del Martinelli nella verificazione del sinistro sulla base delle dichiarazioni di soltanto due persone informate dei fatti riportate nel rapporto dei VV.UU., dichiarazioni neppure confermate da testimoni. Peraltro, in senso contrario alle modalità riferite del sinistro deporrebbe la sentenza del Giudice di pace di Siena n. 2498/2004 di annullamento della sanzione amministrativa comminata al Martinelli, sentenza il cui valore probatorio sarebbe stato escluso dalla Corte di merito con motivazione apodittica e/o con mero rinvio ad altra statuizione e, quindi, sostanzialmente senza alcuna motivazione.
6. Con il sesto motivo Mauro Martinelli e Simonetta Ferrandi denunciano la violazione e/o la falsa applicazione del già più volte citato art. 292, oltre che degli artt. 99 e 112 c.p.c.
Ad avviso dei ricorrenti, la Corte di appello avrebbe contraddittoriamente ritenuto il diritto azionato dalla compagnia quale forma autonoma di regresso, svincolata dall’accertamento del fatto illecito, ma, nello stesso tempo, avrebbe reputato necessario individuare il responsabile esclusivo del sinistro e ciò anche in violazione delle norme citate, non sussistendo sul punto alcuna domanda espressa, tesa ad individuare le rispettive responsabilità nella causazione del sinistro. Inoltre, sempre secondo i ricorrenti, il Tribunale di Firenze non avrebbe potuto accertare i fatti relativi alla responsabilità del sinistro, in quanto di competenza di altro giudice, ed avrebbe compiuto un accertamento pregiudizievole per i ricorrenti, suscettibile di valere, anche nel rapporto interno tra condebitori e per l’eventuale successiva azione di regresso, con forza di giudicato.
7. I primi quattro motivi ed il sesto vanno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, riguardando essi la questione centrale della natura giuridica dell’azione recuperatoria proposta dal Fondo di garanzia delle vittime della strada e i conseguenti effetti in termini di autonomia o meno dell’azione rispetto alla posizione del danneggiante, di solidarietà passiva, di liquidità del credito e di competenza del giudice adito.
8. Come evidenziato pure nell’O.I. n. 18802 del 2 luglio 2021, la Corte di merito sembra farsi carico dei presupposti dell’azione recuperatoria esercitata dal Fondo e, in particolare, del profilo della necessità o meno del previo accertamento della responsabilità del sinistro. Ed invero, il giudice di secondo grado, pur facendo propria la tesi della sufficienza dei due requisiti formali (scopertura assicurativa del veicolo e avvenuto pagamento), in concreto sostiene che l’azione recuperatoria prevista dall’art. 292, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2005 impone non solo la verifica della mancata copertura assicurativa del veicolo responsabile del sinistro e dell’avvenuto pagamento del danno da parte dell’impresa designata, ma anche l’accertamento effettivo della responsabilità per il sinistro stradale. Al riguardo la già richiamata O.I. precisa che il convenuto può contestare tale responsabilità formulando le medesime eccezioni opponibili al danneggiato e a tal fine richiama Cass., ord. 28 agosto 2012, n. 14681.
Il Collegio rimettente, con l’O.I. in parola, dopo aver rimarcato quanto sopra riportato, premette in via generale che all’impresa designata dal F.G.V.S. viene assegnata la funzione di “garante ex lege del debito altrui” e che tale obbligazione, secondo un consolidato orientamento, ha natura risarcitoria e non indennitaria e si sostituisce a quella del responsabile del danno, salva la possibilità dell’impresa designata di rivalersi su questi per quanto corrisposto al danneggiato.
Passa poi ad esaminare le disposizioni previste nei commi 1 e 2 dell’art. 292 del d.lgs. n. 209 del 2005 (c.d. codice delle assicurazioni private) nonché la controversa questione affrontata dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla natura dell’azione (o delle azioni) di cui ai due commi della citata norma, evidenziando che si tratta di due azioni differenti, in quanto l’azione di regresso costituisce un diritto autonomo, laddove nell’ipotesi di azione surrogatoria la pretesa riguarda il medesimo diritto del danneggiato, e rimarca che il primo comma dell’art. 292 del d.lgs. 209 del 2005 (che ha sostituito l’art. 29 della l. n. 990 del 1969) prevede che il recupero possa avvenire mediante un’azione denominata espressamente “di regresso”, esperibile nei confronti del responsabile del sinistro causato da veicoli non identificati (nel caso che il responsabile sia stato successivamente identificato), privi di assicurazione o circolanti prohibente domino, mentre il secondo comma della norma in parola disciplina il diverso caso della surroga dell’impresa designata nei diritti dell’assicurato e del danneggiato verso l’impresa designata per l’ipotesi di pagamento effettuato anche in via transattiva.
Con riferimento alla qualificazione giuridica della “sostituzione” di cui all’art. 292, il Collegio rimettente, con l’O.I. in esame, rinviene almeno due differenti impostazioni ermeneutiche nell’ambito degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
Secondo la prima, con l’azione di regresso di cui al comma 1 dell’art. 292 citato l’impresa designata esercita un diritto di ripetizione nuovo e proprio, conferitole dal legislatore per il fatto di gestire pubblico denaro con destinazione mutualistica, mentre con quella di surrogazione, di cui al comma 2 del medesimo art. 292, esercita (nei confronti dell’impresa, in liquidazione coatta, presso la quale risulti assicurato il veicolo danneggiante) un diritto derivato da quello del danneggiato.
Secondo la seconda impostazione, sia le disposizioni di cui al comma 1 che quelle di cui al comma 2 dell’art. 292 citato regolano fattispecie di surrogazione riconducibili alla previsione normativa dell’art. 1203, n. 5, c.c.; pertanto, anche con l’azione di cui al comma 1, l’impresa designata subentra nella stessa posizione sostanziale e processuale del danneggiato, in quanto non adempie un debito proprio, ma è tenuta per legge a pagare un debito altrui.
Il Collegio rimettente evidenzia che la qualificazione dell’azione come regresso o come surrogazione rileva sul piano della prescrizione (dal giorno del pagamento, per il regresso, dal momento in cui poteva essere fatta valere, per la surrogazione), su quello delle prerogative che l’impresa designata ha nei confronti dei vari responsabili, sull’applicabilità degli artt. 1299 e 2055 c.c. riguardo ai limiti della sostituzione e sulla competenza del Giudice di pace in materia di circolazione stradale, questioni “in qualche modo affrontate nei motivi di ricorso”, e dà conto ampiamente dell’esistenza di un contrasto ermeneutico manifestatosi nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla individuazione della natura giuridica dell’azione di regresso prevista dall’art. 292, comma 1, citato e che ha dato vita a tre diversi orientamenti. Per il primo orientamento, sarebbe un’azione di regresso autonoma e specifica prevista dalla legge, per il secondo si tratterebbe di una ipotesi di surrogazione legale, per il terzo si tratterebbe di un’azione speciale.
Nell’O.I. 18802/2021 si dà pure conto di un arresto di legittimità (Cass. 17 gennaio 2017, n. 930) che si sarebbe fatto «carico dei differenti orientamenti esistenti cercando di riavvicinare le posizioni espresse in giurisprudenza»; con tale arresto questa Corte ha affermato che l’argomentazione secondo cui l’obbligazione prevista dall’art. 29, lett. a) e b), della l. n. 990 del 1969 (norma ora confluita, come già detto, nell’art. 292 del codice assicurazioni private) rappresenta una «obbligazione autonoma che trova la sua fonte direttamente nella legge» ed individua nell’impresa designata dal Fondo il soggetto sul quale allocare il rischio del risarcimento del danno a fronte di due situazioni (la mancata identificazione o la mancanza di copertura assicurativa del veicolo, nelle quali il danneggiato rischierebbe altrimenti di vedere sacrificato il suo diritto al risarcimento), non si porrebbe in contrasto con quanto affermato dalla Corte, a Sezioni unite, con la sentenza n. 8085 del 2 aprile 2007, riferendosi quest’ultima decisione alla diversa ipotesi prevista dalla lettera c) del medesimo art. 29, in cui l’azione di rivalsa viene proposta verso la società di assicurazioni posta in liquidazione coatta amministrativa, surrogandosi l’impresa designata nella posizione del soggetto in favore del quale ha pagato; in questo caso soltanto si verificherebbe, secondo le Sezioni unite, un’ipotesi di surrogazione legale, prevista dal secondo comma dell’art. 29 citato, che dà luogo ad una vicenda di tipo lato sensu successoria, riconducibile all’art. 1203, n. 5, c.c., in virtù della quale l’impresa designata che ha provveduto al risarcimento in favore del danneggiato o al pagamento dell’indennità in favore dell’assicurato, subentra nei diritti vantati da questi ultimi nei confronti dell’impresa assicuratrice posta in liquidazione coatta amministrativa.
Il Collegio rimettente, pur dando atto dello sforzo di armonizzazione compiuto dal richiamato precedente, rileva tuttavia la permanenza di un contrasto in merito alla qualificazione dell’azione esercitata dalla parte ricorrente nella giurisprudenza di legittimità meritevole di rimessione alle Sezioni unite ed evidenzia una serie di questioni che discendono dalla opzione qualificatoria eventualmente prescelta e che si riverberano sia sul termine di prescrizione (decennale o biennale) applicabile, sia sulla individuazione dei presupposti dell’azione fatta valere. In ordine a quest’ultimo profilo, osserva che l’individuazione dei presupposti dell’azione assume rilievo non solo in relazione alla necessità o meno del previo accertamento della responsabilità dell’autore dell’illecito o del sinistro ma anche in ordine all’applicabilità o meno dell’art. 2055 c.c. nel caso in cui il sinistro sia imputabile a più responsabili (come nella fattispecie in esame, in cui il sinistro, secondo la Corte di merito, è stato cagionato dal conducente, soggetto diverso dal proprietario del veicolo non assicurato).
9. Come pure posto in rilievo dal Collegio rimettente, si registrano nella giurisprudenza di legittimità tre orientamenti in tema di natura dell’azione recuperatoria proposta dall’impresa designata dal F.G.V.S. ai sensi del primo comma dell’art. 292 del d.lgs. 209 del 2005 testualmente denominata “azione di regresso”.
9.1. Secondo un primo orientamento l'”azione di regresso” in parola non trova titolo nel diritto del danneggiato al risarcimento dei danni (derivante da fatto illecito), ma sarebbe un’azione autonoma e specifica prevista dalla legge (Cass. 10 marzo 1997, n. 10176; Cass. 11 maggio 2007, n. 10827; Cass. 19 giugno 2013, n. 15303; Cass. 17 gennaio 2017, n. 930).
I caratteri di autonomia e specificità ex lege propri di tale azione comportano come conseguenza che l’illecito costituisce il “presupposto” e non il fatto costitutivo del regresso che può essere azionato ove ricorrano i seguenti elementi: la richiesta del danneggiato, la scopertura assicurativa e il pagamento dell’indennizzo, anche in via transattiva.
Poiché il diritto cui si ricollega l’azione in parola non è condizionato e non deriva dal diritto del danneggiato al risarcimento dei danni, ma trova il suo fondamento nella suddetta azione specifica, prevista dalla legge, tale azione è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale, applicabile all’azione risarcitoria spettante al danneggiato dalla circolazione stradale (su tale specifica questione v., sia pure con riferimento all’art. 20 e 29 della legge 1969, applicabile ratione temporis, Cass. 11 maggio 2007, n. 10827; Cass. 19 giugno 2013, n. 15303; e Cass. 17 gennaio 2017, n. 930, già citata).
Inoltre, si ritiene che, con riferimento alla posizione dell’impresa designata, non operino gli artt. 1299 e 2055 c.c. e, pertanto, nel caso di sinistro imputabile a più responsabili (come nel caso di incidente causato da un conducente diverso dal proprietario del veicolo), l’impresa designata può pretendere l’intero. A tale riguardo è stato affermato che l’obbligazione gravante sull’impresa assicurativa designata dal Fondo abbia natura sostitutiva e non solidale rispetto a quella dei responsabili (Cass. 1° febbraio 2011, n. 2347). In particolare, l’unicità del fatto dannoso richiesta dall’art. 2055 c.c. ai fini della configurabilità della responsabilità solidale degli autori dell’illecito si riferisce al fatto dannoso derivato da più azioni od omissioni costituenti fatti illeciti distinti, sempreché le singole azioni o omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del medesimo evento di danno; l’art. 2055 c.c. si riferisce, quindi, alla categoria dei “concorrenti nella produzione del medesimo evento dannoso” (fra i quali non può farsi rientrare la posizione del Fondo di garanzia) e non a quella, diversa, dei “coobbligati solidali” (nella quale potrebbe ben ricadere, a titolo legale, anche il Fondo).
Il carattere autonomo dell’azione di regresso, così come appena delineato, può essere meglio inteso alla luce di quanto affermato da questa Corte con la sentenza 12 settembre 2019, n. 22726, in relazione ad una particolare fattispecie in cui il danneggiato del sinistro aveva ceduto al responsabile civile il credito risarcitorio azionabile ai sensi dell’art. 149 del d.lgs. n. 209 del 2005 nei confronti della propria compagnia assicuratrice. In tale ipotesi questa Corte ha ritenuto che la riunione in capo al cessionario delle qualità di creditore e debitore in solido non determina l’estinzione per confusione della autonoma obbligazione gravante sull’assicuratore, non trovando in tal caso applicazione l’art. 1303, primo comma, c.c., attesa la peculiare forma di solidarietà passiva, atipica e ad interesse unisoggettivo, esistente, nel sistema dell’assicurazione obbligatoria, tra impresa assicuratrice e responsabile civile.
Nella sentenza appena richiamata quel Collegio è giunto alle richiamate conclusioni esaminando l’obbligazione gravante sull’assicuratore mediante l’enucleazione di una serie di indici, ivi dettagliatamente indicati, dai quali, nel loro complesso, emergono indubbi caratteri di specialità rispetto alla disciplina codicistica del contratto di assicurazione, che inevitabilmente si riflettono anche sul funzionamento del vincolo di solidarietà che lega le diverse obbligazioni e dai quali emerge, altresì, la natura meramente accessoria dell’obbligazione del danneggiante/responsabile civile.
Si legge nella sentenza in parola che «La tutela del danneggiato è infatti attuata dal legislatore tramite “un autonomo… complesso dl norme nell’ambito del quale il concetto di rischio assicurato è estraneo ed irrilevante, dato che la tutela del danneggiato deve operare… sempre e comunque” (Cass. n. 4798 del 1999, cit.).
Ciò che in definitiva lega le due obbligazioni, rendendole “solidali”, è esclusivamente la funzione di garanzia svolta dal debito del responsabile civile rispetto all’obbligazione dell’assicuratore, ben potendo affermarsi che, in base al sistema di cui alla legge n. 990 del 1969, poi sostanzialmente recepito nel codice delle assicurazioni, obbligato principale è l’assicuratore, e solo il patrimonio di questi dovrà sopportare la decurtazione corrispondente all’intero ammontare del danno risarcito (salva l’incapienza del massimale)».
Con riferimento proprio ad una domanda di risarcimento del danno causato da un veicolo non assicurato questa Corte, nel confermare la decisione del giudice di merito che aveva rigettato l’eccezione di prescrizione, pur rilevando che il termine di prescrizione non era decorso, ha corretto la motivazione della sentenza impugnata, affermando che tra impresa designata per conto del F.G.V.S. e responsabile del sinistro non c’è solidarietà passiva e quindi non è applicabile l’art. 1310 c.c. (Cass. 19 agosto 2009, n. 18401).
In relazione poi al termine di prescrizione applicabile, si segnala che, con sentenza del 13 giugno 2013, n. 15303, questa Corte ha affermato che «In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, l’impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada che agisca ai sensi dell’art. 29 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (applicabile ratione temporis) non è soggetta al termine di prescrizione biennale, applicabile all’azione risarcitoria spettante al danneggiato della circolazione stradale, perché il suo diritto non è condizionato e non deriva dal diritto del danneggiato al risarcimento dei danni, ma trova il suo fondamento nella suddetta azione specifica, prevista dalla legge, che è soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale» (in senso conforme si era già espressa Cass. 11 maggio 2007, n. 10827).
9.2. Secondo altro orientamento, l’azione recuperatoria ex art. 292 deve essere ricondotta all’ambito della surrogazione legale ex art. 1203, n. 5, c.c., attribuendosi all’impresa designata il medesimo diritto vantato dal danneggiato (v., con riferimento all’art. 29 della l. 24 dicembre 1969, n. 990, Cass., Sez. un., 11 novembre 1991, n. 12014; Cass. 15 gennaio 2002, n. 366; Cass. 17 settembre 2005, n. 18446; Cass. 6 luglio 2006, n. 15357).
In particolare, secondo l’indirizzo in parola, l’espressione usata dalla legge “azione di regresso” (art. 29, comma 1, l. n. 990 del 19699) è «atecnica e imprecisa» ed è riconducibile alla surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., n. 5); infatti, l’impresa designata che ha risarcito il danno si surroga al danneggiato nei confronti del responsabile del sinistro per il recupero di quanto pagato (art. 19, comma 1, lett. a) e b), della medesima legge) e in tale prospettiva «il diritto di regresso (meglio di rivalsa) spettante alla impresa designata nei confronti del responsabile dell’incidente» è soggetto al termine di prescrizione biennale, traducendosi nell’attribuzione del medesimo diritto del danneggiato risarcito (nella stessa posizione sostanziale e processuale), cui subentra l’impresa (v. in motivazione Cass. 15 gennaio 2002, n. 366).
Con specifico riferimento alla decorrenza del termine di prescrizione, l’orientamento in esame individua due diverse opzioni interpretative: secondo quanto affermato da Cass. 6 luglio 2006, n. 15357, il termine decorre dall’esecuzione del pagamento al danneggiato, atteso che «si traduce nella attribuzione del medesimo diritto del danneggiato risarcito, cui subentra l’impresa nella medesima posizione sostanziale e processuale»; secondo una successiva pronuncia (Cass. 17 maggio 2007, n. 11457, non relativa specificamente all’azione dell’impresa designata di cui si discute in causa ma alla surrogazione dell’assicuratore ai sensi dell’art. 1916 c.c., qualificata come “forma di successione a titolo particolare” nel credito risarcitorio), il termine decorre dalla comunicazione di surrogarsi nel credito trasmessa dall’impresa assicuratrice.
9.3. Secondo un terzo orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’azione dell’impresa designata è un’azione speciale non assimilabile né allo schema dell’azione di regresso tra coobbligati solidali né allo schema della surrogazione pura nel diritto del danneggiato.
Al riguardo si richiama la sentenza di questa Corte del 6 ottobre 2016, n. 20026, non massimata, che, esaminando l’ambito di applicabilità dell’art. 2055 c.c., ha escluso il frazionamento interno del regresso secondo le diverse incidenze delle responsabilità dei coobbligati ex art. 2055 c.c. (ovvero ex art. 1299, terzo comma, c.c.) sulla base delle considerazioni contenute in una precedente decisione (Cass. 1° febbraio 2011, n. 2347) e secondo cui (l’azienda designata per) il Fondo ha il diritto di agire in “regresso” per l’intero, proprio perché l’obbligazione ex lege gravante sul Fondo in favore del danneggiato è sostitutiva di quella dei responsabili civili e non solidale, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2055 c.c.
Alla luce del citato precedente, nella sentenza n. 20026 del 2016 sopra indicata si rammenta che «l’azione recuperatoria accordata all’impresa designata nei confronti del responsabile non assicurato, sebbene sia espressamente definita dalla legge come “regresso”, costituisce in realtà un’ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 c.c., n. 5: essa infatti consiste nell’attribuzione all’impresa designata dello stesso diritto vantato dal danneggiato risarcito, al quale l’impresa designata subentra nella medesima posizione sostanziale e processuale…
Ciò vuol dire che all’azione recuperatoria proposta dall’impresa designata nei confronti del responsabile non assicurato non si applicheranno gli artt. 1299 e 2055 c.c. (dettati per l’azione di regresso), con la conseguenza che, nel caso il sinistro sia imputabile a più responsabili (come nel caso di sinistro causato da conducente diverso dal proprietario del veicolo):
– (a) l’impresa designata potrà pretendere da uno qualsiasi dei responsabili l’intero importo pagato, e non solo la quota su questi gravante;
– (b) nel caso di insolvenza di uno dei corresponsabili, l’altro sarà tenuto per l’intero».
10. Va pure evidenziato che neppure in dottrina si registrano opinioni concordi.
10.1. Va premesso che, nell’ambito della struttura dell’obbligazione soggettivamente complessa ex latere debitoris, il regresso viene definito come schema tipico, con caratteristiche peculiari, al quale il legislatore fa ricorso in ipotesi di sussistenza di un vincolo di coobbligazione solidale ai sensi dell’art. 1299 c.c., con riferimento almeno al lato esterno e di adempimento di uno dei due o più coobbligati, anche per una quota a lui non spettante nei rapporti interni. Con l’adempimento dell’obbligazione solidale il solvens acquisisce un diritto nuovo che trova giustificazione nel particolare rapporto, contrattuale o legale, sottostante tra i vari condebitori solidali, al fine di assicurare il riequilibrio tra i medesimi.
Con la surrogazione, il surrogante si sostituisce nelle ragioni del creditore, come espressamente previsto nel caso di surrogazione legale, e, per quanto qui rileva, «a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri e per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo», come previsto nell’art. 1203, n. 3, c.c., e «negli altri casi previsti dalla legge», come previsto dall’art. 1203, n. 5, c.c.
Secondo autorevole dottrina, in linea meramente descrittiva, il regresso comprende tutti i casi in cui un soggetto, per il fatto di aver compiuto un pagamento che si risolve in tutto o in parte nell’interesse di un terzo, acquista il diritto a vedere rimborsata in tutto o in parte la somma pagata o in ogni caso il valore della prestazione eseguita. La stessa dottrina sostiene che, se si passa dal profilo descrittivo a quello giuridico, il regresso non può essere prospettato come categoria unitaria, tenuto conto che esso comprende una serie di ipotesi che difficilmente possono essere considerate in un àmbito unitario (si pensi, ad esempio, al regresso del terzo che ha pagato un debito altrui, al fideiussore nei confronti del debitore principale, al mandatario verso il mandante, al gestore di affari verso il dominus, al socio verso gli altri soci).
10.2. È stato osservato dalla dottrina che, nelle ipotesi in cui l’ordinamento disciplina un vincolo di coobbligazione solidale e di pagamento del debito da parte di chi, nei rapporti interni, figura come un condebitore nell’interesse altrui, la terminologia utilizzata non sia univoca essendo il fenomeno indicato talvolta come regresso, talaltra ancor più genericamente come rivalsa e altre volte ancora, infine, come surrogazione.
10.3. Risulta comunque prevalente in dottrina la tesi che distingue la surrogazione dal regresso, qualificando la prima quale vicenda traslativa del credito attraverso il subingresso di un terzo nei diritti che il creditore originario vantava nei confronti del debitore, in conseguenza del pagamento del debito, con il concorso delle altre condizioni di legge, e il secondo come diritto di credito autonomo e nuovo che sorge in capo al solvens sulla base dell’avvenuto pagamento.
10.4. La funzione cui sono preposte le due azioni in parola è la medesima, e cioè quella di assicurare il recupero della prestazione erogata ad un soggetto che ha soddisfatto l’interesse creditorio (art. 1201 c.c.) o ha reso possibile l’adempimento al debitore (art. 1202 c.c.) o aveva interesse normativamente tipizzato a soddisfare il precedente creditore (1203 c.c.) oppure come obbligato in solido ha pagato l’intero debito (art. 1299 c.c.).
Secondo alcuni, inoltre, entrambi i rimedi sembrerebbero supplire all’inesistenza di una ragione giustificatrice dell’attribuzione eseguita da un terzo e sarebbero esercitabili in rapporto di alternatività tra loro.
Secondo altri, regresso e surroga sarebbero rimedi tra loro concorrenti ovvero in rapporto di complementarità, potendo il terzo surrogato agire in regresso per ottenere quanto dovutogli «oltre il limite recuperatoria della surrogazione».
10.5. La non univocità delle posizioni in dottrina a tale ultimo riguardo va ricercata nel tratto caratterizzante del regresso rispetto alla surrogazione che è quello di costituire un diritto autonomo e nuovo rispetto a quello estinto con il pagamento, comportando tale carattere plurime differenze in ordine alla disciplina della prescrizione, del mancato subingresso nei diritti accessori di garanzia, nella possibilità di ripetere le spese sopportate a causa della preventiva escussione.
10.6. Tale differenza strutturale ha come conseguenza che con la surrogazione l’adempiente subentra anche nelle eventuali garanzie del credito, comprese fideiussioni e privilegi (art. 1204 c.c.), con il regresso, invece, inteso come diritto nuovo e autonomo, non gli si estendono. Altra differenza si registra in tema di interessi che soltanto nel regresso sorgono in capo all’adempiente nei confronti degli altri condebitori e con decorrenza dal giorno del pagamento, ai quali ha diritto anche se il credito originario, per apposita clausola contrattuale, non produceva interessi; per converso, in base all’azione di regresso, l’adempiente ha diritto agli interessi solo nel saggio legale, anche se, invece, per il credito originario erano pattuiti interessi convenzionali superiori ai legali, che può eventualmente pretendere avvalendosi della surrogazione. Infine, ulteriore differenza sussiste in materia di prescrizione, atteso che per la surrogazione la durata della prescrizione rimane quella del credito originario e ricomincia a decorrere ex novo dal momento del pagamento al creditore, mentre per il regresso, pur essendo un diritto nuovo, si è talvolta sostenuto che, inserendosi il pagamento nel rapporto originario, trova applicazione il termine breve di prescrizione ad esso eventualmente applicabile.
11. Le diverse opinioni che si registrano in dottrina e a cui si è fatto sinteticamente sopra cenno, con riferimento ai rapporti tra regresso e surrogazione sul piano sistematico generale, si ritrovano in ordine alla specifica qualificazione – e alla conseguente disciplina applicabile – delle azioni di recupero dell’impresa designata a risarcire i terzi per conto del Fondo ex art. 292 del codice delle assicurazioni private (e prima ex art. 29 della l. n. 990 del 1969). Si evidenzia inoltre che, a complicare ulteriormente la questione, contribuisce pure il rapporto tra la disciplina speciale dell’assicurazione privata obbligatoria e quella codicistica generale in tema di contratto di assicurazione di cui all’art. 1916 c.c.
12. Si è già anticipato che l’art. 292 del codice delle assicurazioni private contempla due distinte azioni recuperatorie a favore dell’impresa designata dal Fondo.
Nel primo comma è prevista l’azione di “regresso” nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato, nonché degli interessi e delle spese quando, anche in via di transazione, ha risarcito il danno nei casi previsti dall’art. 283, comma 1, lett. a), b) e d), cioè nei casi in cui il veicolo non sia stato identificato, sia privo di assicurazione e sia posto in circolazione prohibente domino.
Nel secondo comma è prevista la “surrogazione” dell’impresa designata per l’importo pagato nei diritti dell’assicurato e del danneggiato verso l’impresa posta in liquidazione coatta con gli stessi privilegi stabiliti dalla legge a favore dei predetti.
La fattispecie all’esame, relativa ad un sinistro cagionato da un veicolo privo di assicurazione, rientra nella previsione dell’art. 292, comma 1, ai sensi del quale l’azione denominata di regresso è attribuita ex lege all’impresa designata dal Fondo nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato, oltre interessi e spese.
Si è molto discusso e si discute ancora in relazione al significato da attribuire all’espressione “azione di regresso” di cui al primo comma del citato art. 292. In particolare, si controverte sul se la distinzione lessicale che caratterizza i due commi della norma in questione imponga effettivamente l’adozione dei due diversi modelli teorici cui si fa espresso riferimento – il regresso e la surrogazione – in relazione alle due diverse fattispecie contemplate ovvero se, nonostante l’utilizzo di differenti termini, le due azioni contemplate si inseriscano in una vicenda di successione dell’impresa designata nei medesimi diritti del danneggiato, secondo il modello della surrogazione legale.
Facendo riferimento agli orientamenti più seguiti, in un panorama di opinioni ben più ampio, si evidenzia che una parte della dottrina ritiene, invero, che l’espressione sia stata impiegata dal legislatore in senso improprio in quanto la vera funzione e natura dell’azione sarebbe quella di conferire all’impresa designata quegli stessi diritti che competono al danneggiato e che questi non può più esercitare contro “i responsabili del sinistro” in quanto è stato già risarcito. Pertanto, secondo tale orientamento, detta azione parteciperebbe degli stessi elementi tipici della surrogazione legale prevista dall’art. 1203, n. 5, c.c. ed infatti avrebbe come effetto la reintegrazione del patrimonio del solvens attraverso la sostituzione e il subingresso negli stessi diritti del creditore soddisfatto. Ne conseguirebbe che, allorché l’impresa designata esercita l’azione di regresso, dopo avere provveduto al pagamento del risarcimento del danno, la stessa non farebbe valere un diritto proprio nei confronti del responsabile, ma assumerebbe la medesima posizione processuale e sostanziale del creditore surrogato e le sarebbero, quindi, opponibili le stesse eccezioni opponibili al danneggiato risarcito. Inoltre, l’impresa designata vanterebbe, nei confronti del responsabile del sinistro, lo stesso diritto spettante al danneggiato soddisfatto, finalizzato al recupero dell’indennizzo corrisposto.
Secondo altra parte della dottrina l’espressione contenuta dall’art. 292 conferirebbe in capo all’impresa designata dal Fondo un’azione autonoma e un diritto di regresso in senso proprio che, pur determinando il subentro nel diritto di credito spettante al danneggiato, porrebbe un obbligo risarcitorio autonomo che sorgerebbe per effetto dell’inadempimento da parte del responsabile civile non dell’obbligazione di risarcimento bensì dell’obbligo di assicurarsi. Ne conseguirebbe che non verrebbe in rilievo l’istituto della surrogazione, proprio in quanto non vi sarebbe identità tra l’obbligazione adempiuta dall’impresa designata e quella del responsabile civile e, pertanto, non si verificherebbe un’ipotesi di pagamento del debito altrui e, quanto al regime della prescrizione, comporterebbe l’operatività del termine ordinario decennale di cui all’art. 2947 c.c.
13. Risulta del tutto evidente che rilevanti differenze derivano a seconda che l’azione di regresso dell’impresa designata venga intesa come sostitutiva di quella del responsabile del sinistro ovvero come autonoma rispetto all’azione da ultimo indicata.
14. Rileva il Collegio che non è del tutto infrequente che il legislatore utilizzi termini aventi un significato giuridico ben preciso in modo improprio ed atecnico, sicché l’argomento testuale non è di per sé particolarmente significativo, mentre risulta comunque evidente che la scelta del legislatore di qualificare diversamente le azioni previste nei due commi dell’art. 292 più volte citato sia indicativa di una chiara volontà di disciplinare e connotare in modo non identico le due innegabilmente diverse fattispecie disciplinate dai due richiamati commi.
15. Va considerato che, in adempimento dell’obbligo assunto in base all’art. 9 della Convenzione europea relativa all’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile in materia di autoveicoli, del 20 aprile 1959, con l’art. 19 della l. n. 990 del 1969, allo scopo di tutelare l’esigenza, considerata di pubblico interesse, del risarcimento dei danni alle vittime della strada nel caso di non operatività o di inesistenza di una polizza assicurativa stipulata dal danneggiante, fu istituito presso l’Istituto nazionale delle assicurazioni un Fondo di garanzia per le vittime della strada per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli o natanti assoggettati a obbligo di assicurazione: a) quando il sinistro fosse stato cagionato da veicolo o natante non identificato; b) quando il veicolo o natante fosse risultato non assicurato; c) quando l’impresa assicuratrice che aveva emesso la polizza si fosse trovata al momento del sinistro in stato di liquidazione coatta, o vi fosse stata posta successivamente.
Tale Fondo era alimentato prevalentemente da un contributo che le imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti erano tenute a versare all’Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del Fondo di garanzia per le vittime della strada.
La disciplina relativa della l. n. 990 del 1969, ora abrogata, è quindi confluita in una più ampia riscrittura nel codice delle assicurazioni private.
Attualmente il Fondo in parola è costituito presso la Consap – Concessionaria servizi pubblici s.p.a. e continua ad essere alimentato dai contributi versati dalle imprese autorizzate all’esercizio dell’assicurazione obbligatoria.
Risulta del tutto evidente il fine solidaristico della contribuzione della generalità degli assicurati alla alimentazione del Fondo, che si riverbera sul carattere delle erogazioni del medesimo, a rimborso delle somme anticipate – per la liquidazione dei danni derivanti dal sinistro – dalle imprese designate (v. Corte cost., 1° marzo 1973, n. 24, e 18 dicembre 1987, n. 560).
Va pure precisato, in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità e sostenuto dalla prevalente dottrina, che tale carattere solidaristico non esclude né limita in alcun modo la natura risarcitoria e non già indennitaria della prestazione garantita dall’intervento del Fondo (v., solo a tale specifico riguardo, Corte cost. n. 24 del 1973 e n. 560 del 1987, già cit.; Cass. 19 dicembre 1990, n. 12036; Cass. 25 settembre 2000, n. 12671; Cass. 7 febbraio 2006, n. 2596; Cass. 19 agosto 2009, n. 1840) e ciò, secondo l’opinione prevalente, tenuto conto dello stretto legame tra la prestazione del Fondo e l’accertamento della responsabilità civile in capo al soggetto danneggiante.
In questa prospettiva, l’istituzione del Fondo è stata intesa non come volta a riconoscere, in ogni caso, un’indennità ai danneggiati, come avviene negli ordinamenti in cui il sistema assicurativo è di tipo no fault insurance, prescindendo cioè dal profilo soggettivo del dolo o della colpa, ma come prestazione che, “sostituendosi” al risarcimento dovuto al responsabile civile del sinistro, presuppone che sia ascrivibile al dolo o alla colpa di questi la responsabilità del sinistro.
16. Il carattere solidaristico dell’obbligazione posta ex lege in capo all’impresa designata per il Fondo, ispirato – come già detto – da finalità pubblicistiche e sociali poste a presidio della disciplina di settore e a tutela delle vittime della circolazione stradale e accentuato dalle ricordate modalità di alimentazione, conforma nettamente la natura e la disciplina dell’azione prevista dal primo comma dell’art. 292 del d.lgs. n. 209/2005 (c.d. codice delle assicurazioni private), che risultano del tutto peculiari.
All’esigenza, considerata di pubblico interesse, di garantire il risarcimento dei danni alle vittime della strada nel caso di inoperatività o di inesistenza di una polizza assicurativa relativa al veicolo che ha causato il sinistro non può che accompagnarsi anche l’esigenza di assicurare un efficace recupero del sacrificio solidaristicamente imposto dalla legge all’impresa designata.
17. Ad avviso del Collegio, l’azione in parola va qualificata come azione autonoma e speciale ex lege, non assimilabile né allo schema tipico dell’azione di regresso tra coobbligati solidali né allo schema della surrogazione pura nel diritto del danneggiato. Trattasi, in particolare, di azione connotata dal carattere atipico del vincolo di solidarietà passiva assunto dall’impresa designata dal Fondo nell’interesse unisoggettivo di un terzo, in sostituzione del responsabile civile.
Le caratteristiche di specialità dell’azione di cui al primo comma dell’art. 292 del codice delle assicurazioni private non consentono di parificare tout court la posizione dell’impresa designata e il diritto da questa esercitato verso il danneggiante alla posizione del danneggiato e al diritto risarcitorio da questo vantato.
18. L’atipicità del vincolo solidale esistente tra l’obbligazione del o dei responsabili del sinistro stradale e quella ex lege del Fondo (e per esso dell’impresa designata), avente carattere sostitutivo della prima – in ragione della specialità del vigente sistema di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli (e dei natanti) caratterizzato dall’obbligatorietà dell’assicurazione, e nel rispetto dei precetti costituzionali e sovranazionali che impongono una peculiare attenzione ai fini solidaristici di cui si è già detto – comporta che l’impresa designata può agire per il recupero dell’intero importo corrisposto al danneggiato nei confronti del responsabile civile (o dei responsabili, conducente e proprietario) nelle ipotesi, tra cui rientra quella all’esame, di danno cagionato da veicolo non identificato o sprovvisto di copertura assicurativa (nonché negli altri casi previsti dal primo comma dell’art. 292 del d.lgs. n. 209 del 2005). Con la conseguenza che, in caso di sinistro imputabile a più responsabili (come nell’ipotesi di sinistro causato da conducente diverso dal proprietario del veicolo), l’impresa designata può pretendere da uno qualsiasi dei responsabili (e non soltanto dal proprietario inadempiente all’obbligo assicurativo) l’intero importo pagato e non solo la quota su questi gravante, non applicandosi né l’art. 1299 né l’art. 2055 c.c., e che, inoltre, in caso di insolvenza di uno dei corresponsabili, l’altro è tenuto per l’intero.
19. Pur dovendosi riconoscere alla prestazione garantita dall’intervento del Fondo natura risarcitoria, sempre tenuto conto dell’impronta solidaristica che caratterizza l’obbligazione del Fondo e che permea, inevitabilmente, anche l’azione in esame, l’accertamento della responsabilità del sinistro non costituisce l’oggetto di tale azione ma un presupposto, la cui sussistenza ben può essere contestata ex adverso negando ogni propria responsabilità, sicché non è al riguardo necessaria una specifica domanda, con la conseguenza che non sussiste, nel caso all’esame, la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c. né la competenza per materia, con il limite di valore, del Giudice di pace ex art. 7, comma secondo, c.p.c., relativa alle cause di risarcimento del danno da circolazione stradale, contrariamente all’assunto dei ricorrenti e diversamente da quanto affermato da questa Corte, in sede di regolamento di competenza, con l’ordinanza 23 luglio 2010, n. 17467. Tale pronuncia si colloca espressamente, infatti, nel filone interpretativo – non condiviso, come sopra evidenziato, da queste Sezioni unite – secondo cui l’azione di regresso in discorso si concreta nell’esercizio da parte dell’impresa designata dello stesso diritto al risarcimento del danno che sarebbe spettato verso il responsabile, diritto che risulta attribuito dalla legge a detta impresa sulla base di una surrogazione legale ai sensi dell’art. 1203 c.p.c., n. 5.
20. Inoltre, proprio per le ragioni già dette, la competenza territoriale non va individuata con riferimento al luogo di verificazione del sinistro o di residenza o domicilio degli attuali ricorrenti, come dai medesimi sostenuto, bensì, come già ritenuto dalla Corte di appello, ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, c.c., con riferimento al luogo del domicilio del creditore agente, che non risulta, dal ricorso, essere stato ritualmente, come tale, contestato.
21. Ben può, altresì, essere eventualmente eccepito dalla parte convenuta il cattivo pagamento effettuato dall’impresa designata, come fatto idoneo a paralizzare la pretesa azionata dall’impresa designata.
22. Inoltre, essendo espressamente previsto nel primo comma dell’art. 292 in questione che l’impresa designata possa esperire l’azione ivi prevista anche qualora abbia risarcito il danno in via di transazione ed avendo nella specie detta impresa fondato la sua domanda proprio sulla base dell’effettuata transazione, il credito vantato era liquido ed esigibile e ben poteva essere azionato in via monitoria.
23. Infine, trattandosi di azione speciale ed autonoma ex lege, il termine di prescrizione applicabile è quello ordinario decennale, che comincia a decorrere dalla data del pagamento effettuato.
24. Conclusivamente, alla luce di quanto evidenziato, vanno rigettati i motivi primo, secondo, terzo, quarto e sesto; la causa va rimessa alla Terza Sezione civile di questa Corte per l’esame del quinto motivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i motivi primo, secondo, terzo, quarto e sesto; rimette la causa alla Terza Sezione civile di questa Corte per l’esame del quinto motivo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 25 gennaio 2022.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 02 luglio 2021, n. 18802, per SS.UU, 07 luglio 2022, n. 21514, in tema di azione di regresso
SS.UU, 07 luglio 2022, n. 21514, in tema di azione di regresso
Nota dell'Avv. Alfonso Ciambrone
Le Sezioni Unite chiariscono la natura della azione “di regresso” del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada
1. Il principio di diritto
L’azione prevista dal c. 1 dell’art. 292 del Codice delle Assicurazioni private (D.Lgs. 209/2005) va qualificata come azione autonoma e speciale ex lege, non assimilabile né allo schema tipico dell’azione di regresso fra coobbligati solidali, né a quello della surrogazione pura nel diritto del danneggiato.
Trattasi, in particolare, di azione connotata dal carattere atipico del vincolo di solidarietà passiva assunto dall’impresa designata dal Fondo, nell’interesse unisoggettivo di un terzo, in sostituzione del responsabile civile.
2. Il contrasto risolto
L’ art. 292 del Codice delle Assicurazioni private contempla due distinte azioni recuperatorie:
a) la azione “di regresso” nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato, nonché degli interessi e delle spese, quando, anche in via di transazione, è stato risarcito il danno nei casi previsti dall’art. 283, c. 1, lett. a), b) e d), cioè nei casi in cui il veicolo non sia stato identificato, sia privo di assicurazione e sia posto in circolazione prohibente domino;
b) la azione “di surrogazione”, sempre dell’impresa designata dal Fondo e sempre per l’importo pagato, nei diritti dell’assicurato e del danneggiato verso la compagnia (del responsabile civile) posta in liquidazione coatta amministrativa, con gli stessi privilegi stabiliti dalla legge a favore dei predetti.
Si è molto discusso, in dottrina ed in giurisprudenza, sul se la distinzione lessicale, che caratterizza i due commi della norma in questione, imponga l’adozione dei due diversi modelli teorici (il regresso e la surrogazione) in relazione alle due diverse fattispecie contemplate ovvero se, nonostante l’utilizzo di differenti termini, entrambe le azioni disciplinate si inseriscano in una vicenda di successione dell’impresa designata nei diritti del danneggiato secondo il modello della surrogazione legale.
Come posto in rilievo dall’ordinanza interlocutoria, in tema di natura dell’azione recuperatoria “di regresso”, si sono registrati tre orientamenti giurisprudenziali di legittimità.
Secondo una prima tesi, si tratta di una azione autonoma e specifica prevista dalla legge, che non trova titolo nel diritto del danneggiato al risarcimento dei danni (da fatto illecito) (cfr., Cass., 17 gennaio 2017, n. 930; 19 giugno 2013, n. 15303).
Secondo altro filone, più risalente, l’azione in parola deve essere ricondotta nell’ambito della surrogazione legale ex art. 1203, n. 5, c.c., attribuendosi all’impresa designata lo stesso diritto vantato dal danneggiato (cfr., con riferimento all’art. 29 della L. 990/1969, confluito nell’attuale art. 292 citato: SS.UU, 11 novembre 1991, n. 12014; Cass., 06 luglio 2006, n. 15357).
Per un terzo indirizzo, infine, l’azione dell’impresa designata è un’azione speciale non assimilabile né allo schema dell’azione di regresso fra coobbligati solidali né allo schema della surrogazione pura nel diritto del danneggiato (cfr., Cass., 06 ottobre 2016, n. 20026; 01 febbraio 2011, n. 2347).
3. Conseguenze operative
Nel valorizzare l’ultimo dei riferiti orientamenti, le Sezioni Unite evidenziano come non sia possibile parificare tout court la posizione dell’impresa designata (ed il diritto da questa esercitato verso il danneggiante) alla posizione del danneggiato ed al diritto risarcitorio da questi vantato.
E così, dalla specialità del vigente sistema di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli (e dei natanti), caratterizzato dall’obbligatorietà dell’assicurazione e dal rispetto dei precetti costituzionali e sovranazionali che impongono una particolare attenzione ai fini solidaristici, discende che:
- nelle ipotesi di cui all’art. 292, c. 1, del Codice delle Assicurazioni private, l’impresa designata può agire per il recupero dell’intero importo corrisposto al danneggiato nei confronti del responsabile civile;
- in caso di sinistro causato da più responsabili civili (ad es., da conducente diverso dal proprietario del veicolo), l’impresa può pretendere l’intero da uno qualsiasi di essi, non trovando applicazione gli artt. 1299 e 2055 c.c.; ne consegue che, laddove uno dei corresponsabili sia insolvente, l’altro sia tenuto per l’intero;
- l’accertamento della responsabilità del sinistro non costituisce oggetto dell’azione, ma un suo presupposto, la cui sussistenza ben può essere contestata, senza che sia necessaria una specifica domanda;
- la controversia derivante dall’esercizio dell’azione “di regresso” non rientra nella competenza per materia del Giudice di Pace ex art. 7, c. 2, c.p.c., relativa alle cause di risarcimento del danno da circolazione stradale;
- la competenza territoriale non va individuata con riferimento al luogo di verificazione del sinistro o di residenza o domicilio del responsabile civile, bensì ex art. 1182, c. 3, c.c., con riferimento al domicilio del creditore;
- può essere eccepito dal responsabile civile il “cattivo” pagamento effettuato dall’impresa designata, quale fatto idoneo a paralizzare la pretesa azionata dalla stessa;
- se la domanda “di regresso” è fondata su di una transazione, come normativamente possibile, il relativo credito è liquido ed esigibile e, pertanto, può essere azionato in via monitoria;
- il termine di prescrizione applicabile è quello ordinario decennale, che comincia a decorrere dalla data del pagamento effettuato.