LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CREDITO EMILIANO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato MARIO BUSSOLETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO ABBADESSA, giusta procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
DOLEI PASQUALE, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36/A, presso lo studio dell’avvocato FABIO PISANI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE ZANGARA, giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonchè contro
DOLEI DOMENICO;
– intimato –
avverso l’ordinanza del Tribunale di CATANIA, depositata il 26/09/00;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 04/12/03 dal Consigliere Dott. Roberto PREDEN;
lette le conlusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto Russo, il quale chiede che le Sezioni Unite, della Corte di cassazione, decidendo con ordinanza in camera di consiglio, accolgano nel merito, il ricorso, annullando l’ordinanza di cui in premessa.
Ritenuto in fatto
Con atto notificato il 7.3.1994 il Credito Emiliano S.p.a., quale società incorporante la Banca popolare commerciale di Paternò S.r.l., conveniva davanti al Tribunale di Catania, unitamente ad altri ex amministratori e sindaci della società incorporata, Pasquale Dolei, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni arrecati alla società.
Con atto notificato il 17.3.1999, il Credito Emiliano, sulla base del vantato credito risarcitorio, proponeva azione revocatoria ex art. 2901 c.c. chiedendo dichiararsi inefficace nei suoi confronti l’atto dell’1.6.1994, con il quale il Dolei aveva donato al figlio Domenico la metà indivisa di alcuni immobili, e citava i predetti davanti allo stesso tribunale.
Il giudice istruttore, con ordinanza del 26.9.2000, accogliendo l’istanza del Dolei, ritenuta la pendenza, davanti ad altra sezione, del primo processo, sospendeva quello in corso davanti a lui “in quanto avente ad oggetto proprio l’accertamento del credito tutelando nella presente sede, contestato nella sua stessa esistenza”.
Avverso l’ordinanza il Credito Emiliano ha proposto regolamento di competenza, al quale ha resistito il Dolei.
Il ricorso è stato assegnato alla prima sezione della Corte di Cassazione, che, con ordinanza del 9.3.2002, ha rilevato che vi è contrasto, nella giurisprudenza della Corte, sulla questione concernente la sussistenza o meno del rapporto di pregiudizialità necessaria, tale da comportare la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., tra il giudizio promosso con l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. e quello avente ad oggetto l’accertamento del credito invocato ai fini della tutela revocatoria, atteso che, secondo l’indirizzo prevalente, non sussistono i presupposti per la sospensione necessaria, non costituendo la definizione della seconda controversia l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria (sent. n. 45178/77; n. 2104/00; n. 14166/01; n. 971/98, quest’ultima in materia di revocatoria fallimentare), mentre altre sentenze hanno affermato, al contrario, che il giudizio promosso con l’azione revocatoria è soggetto
alla sospensione necessaria ove sia pendente la controversia relativa all’esistenza del credito dedotto, costituendo l’esito di tale accertamento con efficacia di giudicato l’antecedente logicogiuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria (sent. n. 960/96; n. 10414/01). Ha quindi
trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni unite.
In tal senso ha disposto il Primo Presidente.
Il P.G., con requisitoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il quadro normativo al quale occorre far riferimento nel definire 1 termini del contrasto è dato dall’art. 2901 c.c., secondo cui, ove ricorrano alcune determinate condizioni, “Il creditore, anche se il credito è soggetto a condiziona o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni“, dall’art. 2902 c.c., in virtù del quale “Il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservativa sul beni che formano oggetto dell’atto impugnato” (norma che a sua volta si coordina con l’art. 2910, comma 2^, c.c. e con gli artt. 602 e 603 c.p.c.), e dall’art. 295 c.p.c., nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990, secondo cui; “Il giudice dispone che il processo aia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.”
2. L’ordinanza che sollecita la composizione del conflitto riferisce dell’esistenza di due contrastanti indirizzi nella giurisprudenza di questa Corte.
2.1. La tesi che nega la necessità della sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del processo nel quale sia proposta l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. in attesa della definizione del distinto giudizio avente ad oggetto l’accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta le domanda revocatoria è affermata dalle sentenze n. 5178/77, n. 2104/00 e n. 14166/01.
Si tratta di decisioni tutte relative a fattispecie di azioni revocatorie proposte per la tutela conservativa di “crediti litigiosi”, e cioè di crediti allegati dall’attore che esperisce l’azione revocatori” in relazione ai quali è pendente separato giudizio per il loro accertamento. Venivano in considerazione: l’affermato credito derivante da prestazioni di attività lavorative soggetto ad accertamento giudiziale (sent. n. 5178/77); l’affermato credito di somme dovute in base ad un contratto, contestato con azione di accertamento negativo (sent. n. 2104/00); l’affermato credito per risarcimento danni per mala gestio fatto valere in giudizio nei confronti di amministratori di società (sent. n. 14166/01).
Le menzionate pronunce, premesso che la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. deriva, secondo
la giurisprudenza di questa Corte, soltanto dalla presenza di un rapporto di pregiudizialità tra giudizi diversi, operante quando la definizione di una controversia costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della decisione dell’altra, hanno concordemente ritenuto che ciò non accadeva nelle fattispecie decise, poiché l’azione revocatoria può essere proposta (come riconosce una consistente giurisprudenza, della quale si darà conto più avanti) anche a tutela di crediti eventuali, o anche di semplici ragioni di credito, anche se oggetto di contestazione in giudizio, delle quali non è necessario il preventivo accertamento giudiziale.
Al suindicato principio si è anche uniformata la sentenza n. 11471/03, dalla quale non risulta tuttavia quale fosse l’oggetto del distinto giudizio.
2.2. La tesi contraria, che afferma la necessità della sospensione del processo avente ad oggetto la domanda revocatoria, è sostenuta dalle sentenze n. 960/96 e n. 10414/01. Anche tali pronunce riguardano fattispecie di “crediti litigiosi”, con conseguente contemporanea pendenza di due giudizi, quello revocatorio e quello avente ad oggetto l’accertamento del diritto di credito posto a fondamento della domanda revocatoria. La prima sentenza riguarda un caso di azione revocatoria promossa da un soggetto quale cessionario di un credito, la cui esistenza era oggetto di contestazione in separato giudizio. La seconda l’ipotesi del credito risarcitorio per mala gestio fatto valere in giudizio nei confronti di amministratori di società ed allegato quale fatto costitutivo della pretesa revocatoria (ipotesi identica a quella presa in esame dalla sentenza n. 140166/91 e che forma oggetto anche del ricorso di cui all’ordinanza che ha segnalato il contrasto).
La sentenza n. 960/96 ha affermato che la qualità di creditore rappresenta la premessa ed il presupposto processuale dell’esercizio dell’azione revocatoria, con la conseguenza che la mancanza del credito incide negativamente sulla proponibilità dell’azione revocatoria, e che nei casi in cui occorre procedere alla verifica dell’esistenza del credito è necessario anteporre questa verifica all’esperimento dell’azione revocatoria; ha quindi ritenuto non applicabile il difforme principio di cui alla precedente sentenza n. 5178/77, in quanto fondato sul presupposto che il credito fosse esistente, benché non accertato giudizialmente, mentre nel caso in esame il credito era contestato nella sua esistenza.
La sentenza n. 10414/01 ha espressamente negato che la tutela conservativa apprestata dall’art. 2901 c.c. possa essere conseguita dall’attore che alleghi l’esistenza di un credito
litigioso. La decisione ritiene che, avuto riguardo alla lettera ed alla ratio dell’ art. 2901 c.c. nel quale l’estensione della legittimazione anche ai soggetti titolari di credito soggetto a condizione o a termine era diretta a risolvere un problema dibattuto nel vigore dell’art. 1235 del codice previgente, la nozione di credito soggetto a condizione va ristretta alle sole ipotesi di crediti che trovino comunque originario fondamento in un negozio, siano essi soggetti a condizione pattizia o destinati ad evolversi, ex lege, a seguito dell’evento normativamente previsto e del pari incertus an, in una pretesa creditoria in via di regresso, e non può essere estensivamente intesa sino a ricomprendere la semplice aspettativa di fatto nella quale si concretizza il “credito litigioso”, nel quale è in contestazione lo stesso fatto genetico della pretesa. Afferma quindi che, non potendo essere elevata a condizione dell’azione revocatoria la pretesa risarcitoria della cui fondatezza sia ancora in corso l’accertamento giudiziale, consegue che l’esito di tale accertamento con efficacia di giudicato costituisce antecedente logico-giuridico necessario della pronunzia sull’azione revocatoria, e che pertanto il giudizio relativo a quest’ultima, se pendente davanti ad altro giudice, deve essere sospeso.
3. Ai fini della composizione del contrasto, che trae origine da una diversa interpretazione della norma sostanziale dettata dall’art. 2901 c.c, occorre prendere posizione circa la risposta che deve esser data al quesito se la formula ivi adottata, secondo cui può agire in revocatoria “il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine possa essere estensivamente interpretata sino a ricomprendervi la fattispecie del credito eventuale anche nella veste di “credito litigioso”, in modo da elevarla a condizione dell’azione, a fatto costitutivo della fondatezza della domanda revocatoria.
4. Nella giurisprudenza di questa Corte si è progressivamente formato un orientamento che, anche a prescindere dalle tematiche della sospensione, ha fornito una lettura evolutiva ed espansiva dell’art. 2901 c.c., in virtù della quale al credito sottoposto a condizione sospensiva è stata equiparata la situazione del credito potenziale o eventuale, figura della quale è stata progressivamente dilatata l’estensione, fino a ricomprendervi anche il “credito litigioso”.
Una risalente pronuncia (sent. n. 1688/73), ha rilevato che il riferimento normativo al credito condizionato o a termine consente di ritenere che il legislatore non abbia inteso tutelare soltanto la posizione di chi sia in atto titolare di un diritto di credito attuale, la cui fattispecie costitutiva si sia già compiutamente perfezionata, ma si sia ispirato ad una ratio più ampia, rispondente alla fondamentale esigenza di offrire tutela al soggetto rispetto al quale si sia realizzata una situazione di fatto in presenza della quale la concreta ed effettiva rilevanza, come fonte di garanzia patrimoniale, del patrimonio di altro soggetto, dipenda ormai soltanto dal sopravvenire di ulteriori vicende, estranee alla sua sfera di controllo e di ingerenza. Ha quindi, in relazione ad azione revocatoria esperita dalla banca accreditante nei confronti dell’accreditato, affermato che l’accreditante deve ritenersi creditore (eventuale) anche prima del prelievo delle somme da parte dell’accreditato.
La sentenza n. 1220/85 ha considerato la posizione del coobligato solidale per oneri tributari, destinato a divenire creditore del convenuto, ex art. 1203, n. 3, c.c., solo ove egli stesso, quale obbligato solidalmente, avesse pagato l’imposta, risultando titolare in precedenza di un credito eventuale, di una mera aspettativa.
Altre decisioni hanno qualificato come creditore eventuale, legittimato ad agire ex 2901 c.c., il garantito nei confronti del fideiussore, sebbene quella di quest’ultimo sia una responsabilità senza debito, eventuale o potenziale e comunque non attuale, per non essere ancora divenuto inadempiente il debitore principale (sent. n. 2400/90; n. 591/99).
Si è ancora affermato che il promissario acquirente, che ha agito nei confronti del promittente venditore per l’adempimento in forma specifica, può esperire l’azione revocatoria avverso la donazione del medesimo bene avvenuta durante il giudizio per l’acquisto coattivo di esso, per tutelarsi non già a tal fine, bensì per il credito risarcitorio, ancorché eventuale e non ancora esigibile (sent. n. 5863/98).
Nel solco del richiamato indirizzo si pongono altre sentenze, secondo cui la nozione di credito accolta dall’art. 2901 c.c. è nozione lata comprensiva della ragione di credito o della aspettativa di credito, con conseguente irrilevanza delle relative fonti di acquisizione (sent. n. 1242/78; n. 1388/81; n. 6475/82; n. 12144/99).
E vanno infine ricordate le decisioni, che più interessano ai fini in esame, nelle quali è riconosciuta l’idoneità del “credito litigioso” a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita a proporre l’azione revocatoria, sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio (sent. n. 5178/77: nella specie si trattava di crediti da prestazione d’opera fatti valere in separato giudizio; sent. n. 2104/00; nella specie si trattava di credito di somma di denaro dovuta in base a contratto di leasing contestato in separato giudizio), sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito (sent. n. 1712/98; n. 14166/01).
5. Questo il quadro di sintesi della giurisprudenza della Corte in tema di lettura estensiva dell’art. 2901 c.c. circa la nozione di creditore legittimato ad agire con l’azione revocatoria. Giurisprudenza che offre nella sentenza n. 2400/90 la più compiuta argomentazione della tesi estensiva. Ivi si osserva che la diversa disciplina che il codice del 1942 ha assegnato all’azione revocatoria con l’art. 2901 c.c., rispetto alla formulazione dell’art. 1235 del codice del 1865, ben si inquadra nell’indirizzo normativo del legislatore del 1942, che volle rafforzare la posizione del creditore, intervenendo sulla responsabilità per inadempimento (art. 1218 c.c.), sulla solidarietà passiva presunta per legge (art. 1294 c.c.) ed infine proprio sulla revocatoria ordinaria, modificando la precedente disciplina in due punti fondamentali: sia ritenendo, da un lato condizione necessaria e sufficiente, per l’esercizio dell’azione revocatoria, la mera scientia fraudis, e non più la prava intenzione in frode del creditore, sia legittimando, da altro lato, anche i creditori meramente eventuali come quelli titolari di un credito soggetto a condizione. Si rileva ancora, nella pronuncia, che da quest’ultimo riconoscimento discende che la tutela ordinamentale è diretta a favore non solo del titolari di crediti certi, liquidi ed esigibili, ma anche dei creditori potenziali o eventuali, che egualmente hanno interesse a vedere non intaccata la garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c..
Quanto al credito litigioso da fatto illecito, l’apertura è argomentata dalla sentenza n. 1712/98, nella quale si è rilevato che l’art. 2901 c.c. non distingue tra le varie categorie di crediti, in relazione alle loro fonti, poiché, in realtà, l’art. 2901 c.c. accoglie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, il che è coerente con la pacifica funzione dell’azione revocatoria, che non ha scopi restauratori, ne’ nei confronti del debitore ne’ del creditore istante, ma tende unicamente a restituire la garanzia generica assicurata a tutti i creditori, e quindi anche a quelli meramente eventuali, si è quindi affermato, nella decisione citata, che questi principi valgono anche per i crediti nascenti da fatti illeciti, che possono non essere certi, in quanto ne sia contestata la sussistenza o siano comunque litigiosi, ma che senza dubbio rientrano nel novero delle ragioni di credito eventuale, la cui consistenza deve essere vagliata dal giudice di merito nel quadro della nozione ampia accolta dalla citata norma, senza pretendere che l’illecito sia accertato con sentenza passata in giudicato, e salva la valutazione circa la ricorrenza di eventuali cause di pregiudizlalità (sul punto la sentenza sembra quindi propendere per la tesi della possibilità della sospensione).
6. In senso critico nei confronti della progressiva estensione da parte della richiamata giurisprudenza della nozione di credito eventuale, sino a ricomprendervi anche il credito litigioso, si è espressa la sentenza n. 10414/01. Come già in precedenza riferito, la decisione ritiene: che l’intento del legislatore del 1942, nel procedere all’estensione della legittimazione ad agire con la revocatoria ex art. 2901 c.c. anche ai soggetti titolari di credito soggetto a condizione o a termine, era quello di risolvere un problema dibattuto nel vigore dell’art. 1235 del codice previgente; che avuto riguardo a quella che è la specifica ratio della norma, ed alla sua formulazione letterale, avendo il legislatore espressamente identificato nel “creditori” la categoria dei legittimati, ed al contempo previsto una deroga a tale identificazione primaria, consentendone una secondaria con l’estensione della legittimazione anche ai titolari di crediti eventuali in quanto soggetti a condizione o a termine, deroga siffatta deve intendersi come tassativa; che può ritenersi consentita l’interpretazione estensiva volta ad equiparare la posizione del titolare del credito sottoposto a condicio facti a quella dei titolari di situazioni attuali idonee ad evolversi, a seguito di eventi normativamente previsti ma al pari della condizione anch’essi incerti, in una pretesa creditoria di regresso o di rilievo, poiché si tratta di crediti che in entrambi i casi nascono da negozi dei quali non
viene in contestazione la validità, onde la ragione di credito è certa, sebbene risulti eventuale in quanto ne è sospesa l’efficacia; che ben diversa è l’ipotesi del credito litigioso, laddove, essendo in contestazione lo stesso fatto genetico della pretesa, non può legittimamente ravvisarsi un’aspettativa di diritto in ordine al vantato credito, neppure in fieri, sebbene, al più, un’aspettativa di fatto, risolventesi nella mera speranza d’un risultato positivo della controversia.
7. Ritengono queste Sezioni Unite che meriti adesione la lettura estensiva della nozione di credito eventuale fino alla ricomprensione, quale fatto costitutivo della pretesa revocatoria, del “credito litigioso”.
Non persuade, nella sentenza n. 10414/01, che avversa tale opinione, la riduttiva valutazione della ratio legis, come limitata a superare precedenti dubbi sulla legittimazione del titolare di crediti condizionati: si tratta di finalità che non esaurisce le ragioni ispiratrici dell’intervento del legislatore, ma si inserisce, restandone assorbita, nel più ampio quadro dell’intenzione del legislatore di rafforzare ed ampliare la tutela del creditore, che trova attuazione nell’ estensione della tutela conservativa ai titolari di crediti non attuali.
Ed inoltre, è ben vero che la norma è formulata con riferimento all’ipotesi di credito nascente da titolo negoziale, poiché è essenzialmente a questo che sono opponibili condizioni e termini (l’ordinamento non ignora peraltro l’ipotesi del titolo giudiziale sottoposto a condizione o a termine). Ma, proprio in ragione della finalità di rafforzamento della tutela del creditore perseguita dall’art. 2901 c.c., sul rilievo che il titolare di crediti soggetti a condizione sospensiva è un creditore eventuale, potenziale, titolare di una aspettativa, è apparsa legittima, mediante lettura estensiva della norma, l’equiparazione di tale situazione alla fattispecie nella quale la pretesa creditoria è destinata a concretizzarsi in dipendenza della evoluzione, secondo determinate previsioni normative, di una situazione, quale è, ad esempio, quella del fideiussore coobbligato in solido con il garantito per il credito da far valere in via di regresso, nel caso che il debitore principale non adempia ed il creditore abbia escusso il garante, o quella del garantito verso il fideiussore, che è solo eventuale sino a quando il debitore principale non è divenuto inadempiente.
E se è consentita siffatta lettura estensiva, come del resto riconosce la sentenza n. 10414/01, nel senso della legittimazione anche del creditore eventuale, nell’ambito di una fattispecie suscettiva di evoluzione secondo previsione normativa, non è scorretta, in quanto costituisce solo una ulteriore progressione della medesima linea interpretativa, la riconduzione nella figura del credito eventuale anche della ipotesi del “credito litigioso”, sia nel caso in cui questo trae origine da un negozio e sia controverso (come nel caso considerato dalla sentenza n. 5178/77), sia nel caso in cui tragga origine non da un negozio, ma da un fatto illecito (contrattuale o extracontrattuale) dedotto in giudizio a sostegno di una domanda risarcitoria (come nel caso considerato dalle sentenze n. 1712/98 e n. 14166/01).
In particolare, per quanto concerne la seconda eventualità, va rilevato che anche il fatto illecito è fonte di obbligazioni (art. 1173 c.c.) e qualora l’illecito sia posto a fondamento di una domanda giudiziale di risarcimento non può negarsi che la fattispecie costituita dalla deduzione in giudizio di un fatto illecito per conseguire il risarcimento del danno sia suscettiva di evolversi potenzialmente secondo previsione normativa, dovendo il giudice pronunciarsi sulla domanda, fino al riconoscimento di un credito a titolo di risarcimento che, in pendenza del giudizio, in quanto “credito litigioso”, è credito eventuale, o, in altri termini, ragione o aspettativa di credito; ragione o aspettativa che potrà o meno concretizzarsi a seconda dell’esito della lite, così determinandosi l’insorgere di una situazione non dissimile, se non nella fattispecie che ne determina l’insorgenza, da quella dei crediti eventuali (del fideiussore per il regresso e del garantito verso il fideiussore) dei quali si è prima discorso. E quanto detto vale, per analoga ragione, per il “credito litigioso” di origine contrattuale oggetto di contestazione giudiziale.
D’altra parte, non sembra che, come sostiene la sentenza n. 10414/01, la ricomprensione dei crediti litigiosi, con particolare riferimento a quelli da fatto illecito, tra 1 crediti eventuali legittimanti l’esercizio dell’azione revocatoria sia tale da determinare una ingiustificata compressione del diritto di proprietà (art. 42 Cost.) sotto il profilo della limitazione del potere del debitore di disporre dei propri beni, sicché una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2901 c.c. imporrebbe di adottare una inter- pretazione restrittiva. Occorre infatti considerare, al contrario, che la lettura estensiva della norma, in coerenza con il suo inquadramento tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito, trova giustificazione nelle esigenze di tutela del credito, che appaiono egualmente meritevoli di considerazione sia che il credito eventuale tragga origine da un negozio, sia che nasca da un fatto illecito, rivestendo eguale dignità le due posizioni creditorie, e meritando quindi entrambe l’accesso alla tutela conservativa somministrata dall’art. 2901 c.c., nel caso in cui il debitore, in pendenza del giudizio di accertamento del credito compia atti di disposizione del patrimonio suscettivi di pregiudicare le ragioni del creditore.
8. In conclusione, ritornando alla questione oggetto del conflitto, componendo il contrasto, va accolta la tesi che nega la necessità della sospensione, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., del processo nel quale sia proposta l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. in attesa della definizione del distinto giudizio avente ad oggetto l’accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta le domanda revocatoria.
9. Queste le ragioni.
9.1. Nella giurisprudenza di questa Corte è largamente prevalente, anche con riferimento al novellato art. 295 c.p.c. (dal quale il legislatore si è limitato ad espungere il riferimento al caso di sospensione previsto dall’art. 3 c.p.p.), l’affermazione secondo cui la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. deve essere disposta qualora i giudizi pendenti innanzi a giudici diversi siano legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, da intendere come pregiudizialità non meramente logica, ma giuridica, nel senso che la definizione della controversia pregiudiziale costituisca l’indispensabile antecedente logico-giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata, il cui accertamento debba avvenire con efficacia di giudicato, con conseguente eventualità di un conflitto di giudicati (tra le tante sent. n. 7355/97; n. 10576/98; n. 12198/98; n. 5083/99; n. 1230/00; n. 4977/01; n. 1593/02; n. 14670/03).
9.2. Nessuna delle menzionate condizioni è ravvisabile nel caso in esame.
9.2.1. Non la dipendenza logico-giuridica, poiché, essendo allegato (come deve ritenersi consentito per le già svolte considerazioni) quale titolo di legittimazione e fatto costitutivo della fondatezza della domanda revocatoria il “credito eventuale”, in veste di “credito litigioso”, la sussistenza (ed insieme la dimostrazione) di questo è data proprio dalla pendenza del giudizio di accertamento del credito, del quale non è quindi necessario attendere la definizione prima di pronunciare sulla domanda di revocatoria.
9.2.2. E neppure è ravvisabile l’eventualità di un conflitto pratico di giudicati, poiché per dare attuazione alla sentenza definitiva che dichiara l’inefficacia dell’atto di disposizione nei confronti del creditore e necessario procedere nelle forme previste dagli artt. 602 e 603 c.p.c., notificando al debitore ed al terzo acquirente il titolo esecutivo, costituito, nel caso del “credito litigioso”, dalla sentenza di condanna, con la conseguenza che, ove la domanda del creditore sia rigettata, la sentenza che accoglie la domanda revocatoria a tutela dell’allegato “credito litigioso” si rivelerà di nessuna utilità, ma non si porrà in contrasto, in quanto erogata a tutela di un credito “eventuale”, con la decisione negativa sull’esistenza del credito.
11. Venendo all’esame del ricorso, va rilevato che il Tribunale di Catania ha sospeso il processo revocatorio in ragione della pendenza del processo relativo alla domanda avente ad oggetto il credito per risarcimento danni posto a fondamento della domanda revocatoria, ma la sospensione, per quanto detto, non poteva essere disposta. Il ricorso proposto ai sensi dell’art. 42 c.p.c. avverso detta ordinanza è accolto. L’ordinanza di sospensione va annullata. 12. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; annulla l’ordinanza di sospensione del processo; compensa le spese.
Roma 4.12.2003
IL CONSIGLIERE EST.
IL PRIMO PRESIDENTE F.F.
Allegati:
SS.UU, 18 maggio 2004, n. 9440, in tema di azione revocatoria
Nota del Dott. Vito D’Alessio
Sul rapporto fra azione revocatoria e azione di accertamento del (relativo) credito
1. Il principio di diritto
La sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. deve essere disposta qualora i giudizi pendenti innanzi a giudici diversi siano legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, da intendere come pregiudizialità non meramente logica, ma giuridica, nel senso che la definizione della controversia pregiudiziale costituisca l’indispensabile antecedente logico giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata, il cui accertamento debba avvenire con efficacia di giudicato, con conseguente eventualità di un conflitto di giudicati.
Non sussiste tale rapporto tra il giudizio promosso con l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. e il giudizio avente ad oggetto l’accertamento del credito invocato ai fini della tutela revocatoria, sicché non va ordinata la sospensione necessaria del processo avente ad oggetto la causa pregiudicata.
2. Il contrasto risolto
La decisione delle Sezioni Unite interviene a comporre un conflitto tra due orientamenti giurisprudenziali opposti.
La tesi prevalente ha negato la necessità della sospensione del processo in virtù dell’assenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra le due controversie, essendo l’azione revocatoria proponibile anche a tutela di crediti meramente eventuali ovvero oggetto di contestazione in giudizio (cfr., ex multis, Cass., n. 14166/2001).
Una diversa impostazione ha argomentato facendo leva sulla lettera e sulla ratio legis dell’art. 2901 c.c., che si riferisce ai soli crediti di fonte negoziale e non anche alle mere aspettative in cui si risolvono i crediti litigiosi; si imporrebbe, dunque, la sospensione del processo per accertare l’effettiva esistenza del credito e per legittimare il creditore all’esperimento dell’azione revocatoria (cfr., Cass., n. 10414/2001).
3. Riflessioni conclusive
La Cassazione risolve il conflitto sulla base di un’interpretazione della norma sostanziale ispirata alle intenzioni del legislatore.
L’art. 2901 c.c., precisa il Supremo Collegio, è guidato da un’esigenza di rafforzamento delle ragioni creditorie, che ha spinto il legislatore a superare l’art. 1235 del previgente codice civile, muovendosi su due fronti:
1) eleggendo a condizione necessaria e sufficiente la mera scientia fraudis del debitore e non più l’intenzione in frode del creditore;
2) legittimando non solo i soggetti titolari di crediti certi, liquidi ed esigibili, ma anche i creditori potenziali o eventuali, che hanno lo stesso diritto alla conservazione della garanzia generica patrimoniale ex art. 2740 c.c..
Sebbene la formulazione della norma si riferisca ai crediti di matrice negoziale (i soli sottoponibili a condizione o termine), la predetta ratio giustifica un’interpretazione estensiva rivolta alle ragioni o aspettative di credito discendenti da fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, la cui effettiva esistenza dipenda dell’esito della lite.
La Cassazione propende, quindi, per la tesi prevalente che nega la necessità della sospensione del processo, rilevando altresì che tale soluzione non determina un conflitto pratico di giudicati, poiché, in presenza di una sentenza che accerta l’inesistenza del credito, il provvedimento di accoglimento della domanda revocatoria semplicemente non produce alcuna utilità in favore del creditore.