REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
ORDINANZA
sul ricorso 9945-2022 proposto da:
—, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, —, presso lo studio dell’avvocato —, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati —, — e —;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DELLA MOBILITA’ SOSTENIBILI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 65366/2020 del Tribunale di Roma.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/01/2023 dal Consigliere —;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale —, il quale chiede che le Sezioni Unite civili, in camera di consiglio, dichiarino la giurisdizione del giudice ordinario.
Svolgimento del processo
A seguito di ricorso monitorio proposto dalla società — (breviter, —), concessionaria della gestione delle autostrade — e —, il Tribunale di Roma ingiunse al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il pagamento della somma di 30.527.000,00 Euro, oltre accessori e spese, a titolo di incrementi tariffari maturati per il triennio 2015/2017;
importo che la — assumeva essere stato riconosciuto come dovuto con decreto del 27.12.2017 emesso dal Ministero ingiunto (di concerto col Ministero dell’Economia e delle Finanze), ma che non era stato versato;
il Ministero propose opposizione eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. in favore del giudice amministrativo e contestando, comunque, la pretesa creditoria;
l’opposta richiese la conferma del d.i. e, in ogni caso, la condanna del Ministero al pagamento della somma richiesta;
dopo il rigetto dell’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto, la — ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione articolato su due motivi;
ha resistito, con controricorso, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (nuova denominazione assunta dall’ingiunto);
il P.M. ha depositato conclusioni scritte chiedendo che venga dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
A sostegno della domanda, la — ha premesso di gestire le due autostrade in qualità di concessionaria, prima, dell’ANAS e, successivamente, del Ministero dei Trasporti e che il rapporto di concessione è disciplinato – attualmente – dalla Convenzione Unica del 18.11.2009;
ha aggiunto che, in base a detta Convenzione e all’Allegato C, spettano alla concessionaria i ricavi derivanti dai pedaggi autostradali, la cui tariffa è suscettibile di adeguamento annuale;
che, ai fini di tale adeguamento, la Convenzione prevede una specifica formula matematica e che il Ministero, negli anni 2015-2017, ha riconosciuto il diritto della concessionaria a percepire un incremento tariffario del 2,56% per ciascun anno (come emerge dalla relazione istruttoria condotta dal MIT e dal successivo decreto ministeriale del 29.12.2017);
che, “pur dopo aver formalmente assunto la decisione del riconoscimento degli incrementi tariffari nella suddetta misura (…), il Ministero (…) si è determinato nel senso di “congelare” l’applicazione degli aumenti tariffari di cui si discute”;
tanto rilevato, la ricorrente ha assunto che, nella controversia in esame, “sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi, anzitutto, di domanda riguardante aspetti di natura squisitamente patrimoniale che investono la fase esecutiva del contratto di concessione”;
ha richiamato la pronuncia emessa da questa Corte (ord. n. 18267-2019) su un regolamento di giurisdizione concernente il medesimo rapporto concessorio, con cui si è affermato, fra l’altro, che “le controversie nelle quali il petitum sostanziale è l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio… non coinvolgono sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale”;
ha evidenziato che, nel caso di specie, il credito fatto valere “ha esattamente ad oggetto il tema dell’adempimento da parte del Concedente alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio” e che la pretesa economica “non soltanto ha contenuto esclusivamente patrimoniale ma è anche fondata su diritti soggettivi perfetti in quanto non richiede in sede giudiziale alcuna verifica e/o incisione sui poteri di intervento della P.A.”;
ha aggiunto che, “in ogni caso, la pretesa svolta da — in sede giudiziale rientra nella clausola di salvaguardia disposta dall’art. 113 (rectius, 133), comma 1, lett. b), c.p.a., che, nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici, fa espressamente salve quelle aventi ad oggetto indennità e canoni o altri corrispettivi”;
per contro, il Ministero controricorrente ha sostenuto che “la controversia in esame ha ad oggetto l’adeguamento tariffario della Convenzione di concessione tra — e l’Amministrazione, adeguamento in relazione al quale la giurisprudenza ha invero riconosciuto l’esercizio di discrezionalità amministrativa e di poteri autoritativi”;
e ciò in quanto il diritto all’adeguamento tariffario non dipende dall’applicazione di indici automatici di rivalutazione né tanto meno da una “formula matematica”, ma è oggetto di valutazione discrezionale del concessionario, giacché, come affermato anche dal Giudice amministrativo, la Convenzione Unica che disciplina il rapporto concessorio attribuisce al concedente il potere di valutare la congruità degli adeguamenti, in modo da garantire che gli stessi vengano corrisposti solo in caso di effettivo miglioramento del servizio;
un siffatto potere – ha aggiunto – presuppone una specifica istruttoria, connotata da discrezionalità, nell’ambito della quale l’Amministrazione agisce senz’altro nella veste di autorità, mentre la concessionaria risulta “titolare di posizioni di interesse legittimo”;
ha dedotto che, peraltro, pendono avanti al Tar Lazio tre giudizi aventi contenuto “analogo” a quello del presente procedimento, “segno inequivoco che pure la società ricorrente mostra di essere consapevole di quale sia la corretta allocazione della iuris dictio”;
va preliminarmente rilevato che la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi avere riguardo, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, al petitum sostanziale, da identificare non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (cfr., SS.UU, n. 20350/2018 e n. 25578/2020);
pertanto, ai fini della soluzione della questione di giurisdizione, devono prendersi in esame i fatti allegati dalle parti, onde verificare la natura giuridica della situazione giuridica azionata, prescindendo dall’effettiva sussistenza dei fatti dedotti, trattandosi di un profilo afferente al merito della controversia, da scrutinare a cura del giudice effettivamente munito di giurisdizione;
come affermato – in riferimento alla medesima concessione – da SS.UU, n. 18267/2019, “le controversie relative alla fase esecutiva di una concessione di servizio, successiva all’aggiudicazione – sia se implicanti la costruzione (e gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera – sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonché di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo; resta ferma, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione, successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. 07 agosto 1990, n. 241, oltre che nei casi previsti dalla legge” (cfr., anche SS.UU, n. 32728/2018);
e ciò in quanto il rilascio della concessione rappresenta lo spartiacque delle giurisdizioni, quella amministrativa esclusiva nelle controversie relative alle procedure di affidamento di concessioni di beni e servizi pubblici e quella ordinaria nelle controversie attinenti alla successiva fase riguardante l’esecuzione del rapporto;
pertanto, distinta la fase che precede la stipulazione del contratto da quella di conclusione ed esecuzione dello stesso, deve ritenersi che, in relazione a tale seconda fase, l’amministrazione si ponga in una posizione di tendenziale parità con la controparte ed agisca nell’esercizio non di poteri amministrativi, bensì della propria autonomia negoziale, non essendo ravvisabile l’esercizio di un potere autoritativo quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del suo contenuto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo – come detto – che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidano direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o comunque nella fase esecutiva mediante altri poteri riconosciuti dalla legge;
deve pertanto ritenersi che le controversie nelle quali il petitum sostanziale è costituito dall’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio (nella specie, ai fini del pagamento di somme risultanti da adeguamenti tariffari) non comportino sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico (in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale), giacché al giudice di merito è chiesto di valutare la corrispondenza al vero dei fatti di inadempimento dedotti a fondamento delle pretese e di qualificarli giuridicamente, per trarne le conseguenze sul piano privatistico, vertendosi in tema di diritti soggettivi vantati in posizione di parità dal privato nei confronti dell’Amministrazione;
per dirimere la questione di giurisdizione, nessun rilievo può assumere la necessità che, per decidere sul fatto (inadempimento) dedotto come causa petendi, il giudice debba conoscere e valutare il contenuto delle obbligazioni cristallizzate nell’atto convenzionale presupposto, poiché “non è la mera occasionalità del collegamento con il potere pubblico (di cui è espressione l’atto concessorio) a determinare il radicamento della giurisdizione” (cfr., SS.UU, 05 giugno 2018, n. 14434; 11 luglio 2017, n. 17110). Non si capirebbe altrimenti la ragione della riserva al giudice ordinario delle controversie in tema di “indennità, canoni e altri corrispettivi”, che ugualmente rivelano un collegamento indiretto con l’atto concessorio (e quindi con il potere pubblico) e tuttavia inidoneo a far radicare la giurisdizione esclusiva (cfr., SS.UU, n. 18267/2019 cit.);
va quindi ribadito che, “in tema di concessioni di pubblici servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto successiva all’aggiudicazione, ivi comprese le questioni inerenti agli adempimenti ed alle relative conseguenze indennitarie (…), sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in discussione il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio e non già l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione” (cfr., SS.UU, n. 33691/2019; anche SS.UU, n. 24111/2020, n. 16763/2002 e n. 20464/2022);
nella controversia in esame, va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario;
le spese di lite vanno rimesse alla definizione del giudizio di merito.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, al quale rimette la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2023.
Depositato in cancelleria il 28 febbraio 2023.
Allegati:
SS.UU, 28 febbraio 2023, n. 5971, in tema di concessione di servizi pubblici
Nota del Dott. Vito D’Alessio
Concessione di servizi pubblici: presupposti e limiti del sindacato del giudice ordinario
1. Il principio di diritto
In tema di concessione di pubblici servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione, ivi comprese le questioni inerenti agli adempimenti ed alle relative conseguenze indennitarie, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in discussione il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio e non già l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione.
2. Le motivazioni
Le Sezioni Unite ricordano che la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi avere riguardo al petitum sostanziale, da identificare soprattutto in funzione della causa petendi, ovverosia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, individuabile con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (cfr., SS.UU, n. 25578/2020).
Il Supremo Consesso prosegue affermando che il rilascio della concessione rappresenta lo spartiacque delle giurisdizioni:
- a quella amministrativa (esclusiva) spettano le controversie relative alla procedura di affidamento, precedente alla stipulazione del contratto;
- alla giurisdizione ordinaria spettano le controversie attinenti alla successiva fase relativa all’esecuzione del rapporto.
In questo secondo ambito la p.a. si trova, infatti, in una posizione di tendenziale parità con la controparte, in quanto agisce esprimendo la propria autonomia negoziale e non mediante poteri autoritativi, i quali non sono più esercitabili una volta sorto il vincolo contrattuale e quando siano in contestazione il suo contenuto, gli adempimenti delle obbligazioni ed i loro effetti sul rapporto.
Ciò salvo che, successivamente all’aggiudicazione definitiva, la p.a. intervenga con atti autoritativi incidenti sulla procedura di affidamento e legislativamente previsti, ad esempio mediante il potere di annullamento d’ufficio (cfr., SS.UU, n. 32728/2018); ma, in ogni caso, trattasi di eccezione alla regola sopra richiamata.
3. Riflessioni conclusive
Se il petitum sostanziale è costituito dall’accertamento dell’adempimento o inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, in quanto sono richieste esclusivamente la valutazione dei fatti dedotti, la verifica della loro rispondenza al vero e la loro qualificazione giuridica, senza alcun controllo o sindacato sull’esercizio del potere pubblico.
Non ha alcun rilievo che, per la decisione, il giudice debba conoscere delle obbligazioni cristallizzate nell’atto convenzionale presupposto, poiché non è la mera occasionalità del collegamento con il potere pubblico a determinare il radicamento della giurisdizione (cfr., SS.UU, n. 14434/2018).
A conferma di ciò, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario anche in tema di “indennità, canoni e altri corrispettivi”, in cui vi è ugualmente un mero collegamento con l’atto concessorio e, quindi, con l’esercizio del potere amministrativo (cfr., SS.UU, n. 18267/2019).