Civile Ord. Sez. U Num. 3736 Anno 2024
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: BERTUZZI MARIO
Data pubblicazione: 09/02/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso N. 16978/2017 proposto da:
Stabilimento Balneare D’Aquila s.r.l., in persona dell’amministratore unico sig. Giampaolo D’Aquila, rappresentata e difesa dall’Avvocato Silvio Pinna, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Giorgio Carta in Roma, viale Parioli n. 55.
Ricorrente
contro
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del suo Presidente, rappresentata e difesa dagli Avvocati Andrea Secchi e Mattia Pani, elettivamente domiciliata presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione medesima in Roma, via Lucullo n. 21.
Controricorrente
avverso la sentenza n. 435/2017 della Corte di appello di Cagliari, depositata il 26. 5. 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21. 11. 2023 dal consigliere Mario Beruzzi.
Fatti di causa
Con sentenza n. 435 del 26. 5. 2017 la Corte di appello di Cagliari, accogliendo l’appello incidentale proposto dalla Regione Autonoma della Sardegna, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo, sulla domanda proposta, ai sensi dell’art. 702 bis cod. proc. civ., dallo Stabilimento Balneare D’Aquila s.r.l. nei confronti della Regione per la restituzione della somma di euro 479.998,00, corrisposta a titolo di sovracanone dal 2004 al 2012.
La società Stabilimento Balneare D’Aquila, titolare di una concessione su porzione di demanio marittimo, aveva motivato la domanda di ripetizione esponendo che il pagamento del sovracanone era stato previsto dalla Regione con determinazioni nn. 2081/D del 28. 12. 2001 e 2220/D del 29. 12. 2003, emanate ai sensi dell’art. 46 del d.P.R. n. 348 del 1979, e che tale obbligo era stato poi riprodotto nell’atto di concessione demaniale; tuttavia, su ricorso di altro concessionario, la società cooperativa Golfo degli Aranci, il Tar Sardegna, con sentenza 14. 12. 2012, n. 1122, aveva annullato ” a causa della carenza del necessario presupposto normativo o legittimazione della pretesa impositiva “ non solo il provvedimento del comune che imponeva il sovracanone ma anche i suindicati atti regionali presupposti, facendo così venire meno il titolo per ottenere la sua corresponsione.
La Regione Autonoma della Sardegna aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e l’infondatezza nel merito della domanda.
Con ordinanza del 20. 10. 2015 il Tribunale di Cagliari affermò la propria giurisdizione ma rigettò la domanda, negando ogni rilevanza alla sentenza del giudice amministrativo invocata dalla parte privata, per essere la debenza del sovracanone prevista dalla convenzione n. 1176 del 2004 stipulata dalla società attrice in sede di concessione del bene demaniale, non oggetto di impugnativa.
La Corte di appello di Cagliari, investita da appello in via principale dalla società attrice ed in via incidentale dalla Regione Autonoma della Sardegna, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario affermando che, ai sensi dell’art. 133, comma 1 lett. b), cod. proc. amm., le controversie in materia di concessione di beni pubblici sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e quindi sottoposte a quella del giudice ordinario sono solo quelle di contenuto meramente patrimoniale che attengono all’ammontare del canone, nelle quali non viene in rilievo l’esercizio dei poteri discrezionali spettanti alla pubblica amministrazione, mentre nel caso di specie la società concessionaria aveva contestato proprio il corretto esercizio del potere della Regione nella imposizione del sovracanone.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato a mezzo posta con invio il 28. 6. 2017, ha proposto ricorso la s.r.l. Stabilimento Balneare D’Aquila, affidandosi ad un unico motivo.
La Regione Autonoma della Sardegna ha notificato controricorso e depositato successiva memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 16368 del 2023, la prima Sezione di questa Corte ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per la sua trattazione da parte delle Sezioni unite.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 133, comma 1 lett. b), cod. proc. amm., ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 1), cod. proc. civ.
La ricorrente assume che la statuizione di diniego della giurisdizione del giudice ordinario adottata dalla Corte di appello è errata, non conformandosi al modello legale di ripartizione stabilito dalla disposizione di legge citata. Ciò in quanto la esponente non aveva “ affatto contestato dinanzi al Tribunale l’azione autoritativa della Regione Sardegna “, e neppure “ contestato la concessione demaniale nella parte in cui (art. 4) imponeva il pagamento del sovracanone regionale “, ma aveva “ inteso esclusivamente azionare il proprio diritto soggettivo alla ripetizione delle somme riscosse sine titulo nel corso degli anni dalla Regione Sardegna a titolo di sovracanone, a seguito e per l’effetto della declaratoria di illegittimità da parte del TAR Sardegna non sentenza n. 1122 del 14 dicembre 2012 del medesimo sovracanone e dell’efficacia erga omnes di tale sentenza “.
La causa petendi dell’azione proposta non aveva pertanto ad oggetto la contestazione dell’esercizio di poteri discrezionali dell’amministrazione concedente, bensì il diritto di ripetere quanto versato in ragione del venir meno, in forza dell’annullamento disposto dal giudice amministrativo, degli atti amministrativi che avevano imposto il sovracanone.
Si aggiunge che, come emerge chiaramente dalla lettura dell’art. 4 dell’atto di concessione demaniale, in esso non si era formato alcun accordo, neppure mediato, tra concedente e concessionario in ordine al pagamento del sovracanone, la cui imposizione era pertanto diretta conseguenza della autoritativa applicazione da parte della Regione della determinazione, ivi richiamata, n. 2220/D del 29. 12. 2003.
2. Il ricorso è fondato.
2.1. L’art. 133, comma 1 lett. b), cod. proc. amm., stabilisce che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “ le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche“.
Questa Corte ha chiarito che le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo, cioè, il potere d’intervento della Pubblica Amministrazione a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.
Sulla base di questo criterio distintivo è stato più volte sottolineato che ricorre la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della legittimità del provvedimento di determinazione del canone di concessione, in relazione al quale è ravvisabile un potere discrezionale della amministrazione concedente (Cass. Sez. un. 16459 del 2020; Cass. Sez. un. n. 11687 del 2020; Cass. Sez. un. n. 13903 del 2011; Cass. Sez. un. n. 15644 del 2010 ).
2.2. Ai sensi dell’art. 5 cod. proc. civ. si desume che la giurisdizione si determina sulla base della domanda, avuto riguardo al c.d. petitum sostanziale ed alla causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati ( Cass. Sez. un. n. 21677 del 2013; Cass. Sez. un. n. 10375 del 2007; Cass. Sez. un. n. 17461 del 2006 ). In sede di applicazione dell’art. 133 cod. dir. amm. il riparto della giurisdizione deve pertanto prendere in considerazioni le ragioni che il concessionario pone a fondamento della propria pretesa riguardante il canone concessorio.
Nel caso di specie, la società concessionaria ha avanzato la sua domanda di restituzione dei sovracanoni versati deducendo che essi erano stati previsti nell’atto concessorio senza che si fosse formata sul punto alcuna convenzione o accordo tra le parti, in virtù della mera applicazione ed esecuzione delle determinazioni regionali sopra menzionate e che, essendo esse state annullate con efficacia erga omnes dal Tar Sardegna, era venuto meno il titolo in forza del quale l’Amministrazione concedente potesse trattenere le somme versate. La pretesa azionata in giudizio va pertanto qualificata come domanda di ripetizione di indebito per sopravvenuta mancanza del titolo, fondata sull’efficacia ultra partes dell’invocato giudicato amministrativo di annullamento.
L’esame dei fatti costitutivi dell’azione dedotti dalla società attrice porta a ritenere che la presente controversia sia annoverabile tra quelle a contenuto patrimoniale aventi a oggetto le indennità i canoni o gli altri corrispettivi, devolute al giudice ordinario.
Ed invero l’azione si fonda non già sulla contestazione della legittimità dei provvedimenti che hanno imposto la prestazione che si assume non dovuta, bensì sulla mera richiesta di accertare che gli stessi sono venuti meno in forza di un giudicato amministrativo. Ciò che viene eccepito non è quindi un non corretto esercizio dei poteri discrezionali spettanti alla amministrazione concedente, prodromo al sindacato tipico del giudice amministrativo, ma la loro inefficacia ai fini della regolamentazione del rapporto di concessione. La domanda ha quindi ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo patrimoniale a fronte della dedotta inesistenza del potere del concedente di imporre la corresponsione di una prestazione pecuniaria aggiuntiva a titolo di canone, esercitabile come tale dinanzi al giudice ordinario ( Cass. Sez. un. n. 13193 del 2018; Cass. Sez. un. n. 2295 del 2014 ). Mentre, è da aggiungere, appartengono al merito della controversia e non sono pertanto scrutinabili in sede di decisione sulla giurisdizione, le questioni inerenti alla estensione dell’efficacia del dedotto giudicato amministrativo al rapporto in essere tra le parti ed alla ricostruzione della regolamentazione dello stesso alla luce delle clausole e condizioni presenti nell’atto di concessione.
3. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; rinvia la causa alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite il 21 novembre
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 09 giugno 2023, n. 16368, per SS.UU, 09 febbraio 2024, n. 3736, in tema di concessioni demaniali
SS.UU, 09 febbraio 2024, n. 3736, in tema di concessioni demaniali
Nota dell'Avv.ta Maria Luisa Avellis
Il riparto di giurisdizione sulle concessioni demaniali
1. Il principio di diritto
In materia di concessioni demaniali, le controversie su indennità, canoni o altri corrispettivi che, ai sensi dell’art. 133, c. 1, lett. b), c.p.a. (D.Lgs. 104/2010), sono riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono quelle che abbiano ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, nelle quali non assuma rilievo un potere di intervento della p.a. a tutela di interessi generali: sono, quindi, attratte alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie che attengano all’ammontare del canone dovuto, ove non venga in rilievo l’esercizio dei poteri discrezionali spettanti alla pubblica amministrazione.
2. La fattispecie
La vicenda portata all’attenzione delle Sezioni Unite concerne una concessione demaniale marittima, nel cui contratto, in ragione di quanto previsto con determinazioni regionali emanate ai sensi dell’art. 46 del DPR 348/1979 - non quindi in virtù di uno specifico accordo tra le parti – è stata prevista la corresponsione di un sovracanone.
A seguito dell’annullamento giurisdizionale, ad opera del competente TAR, delle determinazioni regionali che detto sovracanone hanno imposto, il titolare della concessione balneare, ritenendo venuto meno il presupposto normativo del pagamento effettuato, si è rivolto al giudice ordinario per la restituzione delle somme a tale titolo corrisposte nell’arco di 8 anni.
Il Tribunale di primo grado, pur ritenendo sussistente la propria giurisdizione, ha rigettato la domanda, ritenendo che la previsione convenzionale, in mancanza di sua impugnativa, non avrebbe potuto ritenersi venuta meno per effetto del giudicato amministrativo.
La Corte d’Appello, invece, ha ritenuto di accogliere l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sulla scorta della considerazione per la quale, discorrendosi di somme il cui prelievo era imposto da provvedimenti amministrativi discrezionali, la controversia avesse ad oggetto il corretto esercizio del potere da parte della Regione nell’imposizione del sovracanone.
La Corte di Cassazione, investita dal concessionario con l’unico motivo della violazione e falsa applicazione dell’art. 133, c. 1, lett. b) del c.p.a., ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 1) c.p.c., ha accolto la tesi del ricorrente, non ravvisando nella fattispecie concreta la contestazione dell’esercizio del potere amministrativo.
Segnatamente, la causa petendi ed il petitum sostanziale, sui quali occorre focalizzare l’attenzione al fine di individuare il giudice fornito di giurisdizione, nel caso specifico non riguardano affatto le determinazioni amministrative di imposizione del sovracanone, ma unicamente la presa d’atto del già avvenuto annullamento giurisdizionale delle stesse con portata erga omnes, trattandosi di atti a contenuto generale.
Di conseguenza, il petitum emergente dalla prospettazione di parte attrice, partendo dalla natura non convenzionale, ma eteroimposta, del sovracanone nell’atto concessorio, attiene unicamente alla sopravvenuta carenza di titolo necessario affinché la p.a. possa trattenere tali somme.
Concorda, dunque, la Cassazione nel ritenere che la controversia sottoposta al proprio esame afferisca alla tutela di un diritto soggettivo a contenuto esclusivamente patrimoniale a fronte della inesistenza sopravvenuta del potere dell’amministrazione concedente di imporre la corresponsione di una prestazione pecuniaria aggiuntiva, come tale azionabile dinanzi al giudice ordinario.
3. Riflessioni conclusive
La pronuncia è perfettamente aderente all’orientamento ormai granitico in materia di riparto di giurisdizione rispetto al quale, oltre a venire certamente in rilievo la posizione giuridica azionata (causa petendi), per come prospettata negli atti introduttivi attraverso la declinazione della domanda di giustizia (petitum), assume portata dirimente l’individuazione o meno di censure all’esercizio del potere discrezionale, secondo l’insegnamento della sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale.