Civile Sent. Sez. U Num. 8337 Anno 2022
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA
Data pubblicazione: 15/03/2022
SENTENZA
sul ricorso 16301-2021 proposto da:
PAOLUCCI ANDREA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente-
contro
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRESCIA, CONSIGLIO DI DISCIPLINA PRESSO L’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRESCIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIA, PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI BRESCIA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 121/2021 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 11/06/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/02/2022 dal Consigliere LOREDANA NAZZICONE;
lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale FRANCESCO SALZANO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano accogliere il ricorso ed annullare con rinvio la sentenza impugnata.
FATTI DI CAUSA
Nei confronti dell’avvocato ricorrente, il consiglio distrettuale di disciplina di Brescia ha applicato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi sei, in relazione alla responsabilità per l’illecito di cui all’art. 24 del codice deontologico, per avere egli prestato attività difensiva in conflitto di interessi, avendo dapprima assunto incarichi professionali per la Spazio Propositivo s.n.c. e, poi, per i soci Ennio Tagliabue e Pierluigi Rossi, in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, intrapreso contro tutti i soci e contro la società dal socio recedente Iames Braga.
Il ricorso, dal predetto proposto al Consiglio nazionale forense, è stato parzialmente accolto con sentenza dell’il giugno 2021, che ha ridotto la sospensione al periodo di due mesi.
Il C.N.F. ha affermato, per quanto ancora rileva, che:
a) in punto di fatto, l’avv. Paolucci ha difeso sempre la società in nome collettivo, ma dapprima allorché il sig. Iames Braga ne era socio e, poi, nel giudizio da questi intrapreso per far dichiarare la giusta causa del proprio recesso dalla società, esercitato ai sensi dell’art. 2285 c.c.;
b) in punto di diritto, l’avere assunto incarichi professionali pur sempre per la società, ma alcuni quando della stessa era parte il socio Iames Braga e l’altro quando questi era receduto, al fine di resistere al medesimo nel giudizio sul recesso per giusta causa dal medesimo intrapreso, integra il conflitto di interessi ex art. 24, comma 1, cod. deont. forense: ciò, in quanto la società in nome collettivo è priva di personalità giuridica ed i soci sono personalmente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali, onde l’incarico assunto nell’interesse della società è automaticamente assunto anche nell’interesse dei soci; ai sensi della regola ricordata, il conflitto può essere anche solo potenziale; inoltre, l’avv. Paolucci ha violato l’art. 24, comma 3, cod. deont. forense, avendo formulato istanza di interrogatorio formale e prodotto documenti nella predetta controversia col Braga;
c) peraltro, la sanzione non è proporzionata all’illecito, onde essa va ridotta alla sospensione dalla professione per due mesi.
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione dal professionista, sulla base di due motivi. Con il medesimo ricorso, il ricorrente ha sollecitato la sospensione della esecutorietà della sentenza impugnata.
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi del ricorso vanno come di seguito riassunti:
1) violazione degli artt. 111 Cost., 342 c.p.c. e 24 cod. deont. forense, in relazione agli artt. 56 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), 59 e 63 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato), oltre a vizio di motivazione apparente, per non avere il C.N.F. considerato la circostanza decisiva del recesso di Iames Braga dalla società, efficace sin dalla comunicazione agli altri soci ed alla società il 5 giugno 2013, onde, quando il ricorrente ha assunto l’incarico di difendere la Spazio Propositivo s.n.c., il Braga non era più socio della stessa; inoltre, non ha pregio l’assunto di una diversa ricostruzione dei fatti proposta dal ricorrente innanzi al C.N.F., non essendo quello parificabile all’appello;
2) violazione degli artt. 111 Cost., 2304 c.c. e 24 cod. deont. forense, in relazione agli artt. 56 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), oltre a vizio di motivazione apparente, per non avere il C.N.F. considerato che la società di persone è soggetto giuridico autonomo, né ciò è contraddetto dalla responsabilità solidale dei soci per le obbligazioni sociali: dunque, proprio cliente mandante e parte assistita era solo la società, e non mai i singoli soci; inoltre, il precedente codice deontologico prevedeva solo il conflitto di interessi effettivo e tale deve ritenersi quello rilevante anche ai sensi delle nuove disposizioni, quando si tratti di diritti disponibili; quando all’illecito relativo alla violazione del segreto professionale, per avere il ricorrente richiesto l’interrogatorio formale del Braga e prodotto documenti nel giudizio sul recesso di costui, il C.N.F. nulla ha detto sulle doglianze dal ricorrente formulate.
2. – I due motivi, che possono essere congiuntamente trattati per la loro evidente connessione, sono fondati per taluni profili, che assorbono i rimanenti.
2.1. – L’avvocato odierno ricorrente è stato sanzionato dal consiglio distrettuale di disciplina di Brescia, decisione confermata circa l’esistenza dell’illecito, pur ridotto nella sanzione applicata, dal Consiglio Nazionale Forense, con la comminatoria della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione (per mesi sei, poi ridotti a due), per avere egli commesso l’illecito di cui all’art. 24 del codice deontologico.
La condotta sanzionata consiste nell’avere prestato attività difensiva in conflitto di interessi, avendo dapprima svolto incarichi professionali in favore della Spazio Propositivo s.n.c., allorché il sig. Iames Braga era ancora socio ed, in seguito, difendendo i soci Ennio Tagliabue e Pierluigi Rossi nel giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, esercitato ai sensi dell’art. 2285 c.c. dal Braga.
2.2. – Dispone l’art. 24 cod. deont. forense, intitolato al «conflitto di interessi», che l’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale, quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
Secondo il comma 3, il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte assistita o cliente, l’adempimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento del nuovo incarico.
Elemento costitutivo di entrambi gli enunciati è la individuazione della «parte assistita» e del «cliente» del professionista, ossia del soggetto che gli abbia conferito mandato, in relazione ad un diverso soggetto per il quale pure egli abbia assunto l’incarico professionale, ma in conflitto di interessi col primo.
Diviene, dunque, decisivo l’errore di diritto, contenuto nella decisione impugnata, laddove essa afferma, condividendo l’assunto del consiglio distrettuale di disciplina, che «un incarico assunto nell’interesse di una società in nome collettivo» va ritenuto «automaticamente relativo anche a un interesse dei singoli soci», in ciò ravvisando il conflitto di interessi rilevante ex art. 24 cod. deont. forense.
Tale argomentazione non tiene conto dei principi consolidati in tema di diritto delle società personali, affermati dal giudice di legittimità.
Ed invero, costituisce principio da tempo affermato che le società personali, pur prive di personalità giuridica, sono soggetti del diritto.
Ciò deriva dal disposto positivo dell’art. 2266 c.c., intitolato alla rappresentanza della società, secondo cui la società «acquista diritti e assume obbligazioni» per mezzo dei soci e sta in giudizio nella persona dei medesimi. Non solo, quindi, una comproprietà dei beni con vincolo di destinazione, ma un nuovo soggetto giuridico. La soggettività è fondata, altresì, sulle ulteriori disposizioni, regolanti la sede e la ragione sociale, il divieto di concorrenza in capo ai soci, il conferimento di beni in proprietà della società, e, al di fuori della disciplina delle società, gli artt. 2659 e 2839 c.c., in tema di trascrizioni ed iscrizioni immobiliari.
In tal senso è la giurisprudenza costante (fra le altre, Cass. 21 gennaio 2021, n. 1225, in tema di plusvalenza tassabile anche nel caso di conferimento di azienda in una società di persone verso il corrispettivo di una rendita vitalizia in favore del conferente; Cass. 27 aprile 2020, n. 8222, sulla possibilità di costituzione tra coniugi in regime di comunione legale di una società di persone; Cass. 6 ottobre 2020, n. 21426, non massimata; Cass. 13 ottobre 2015, n. 20552; Cass., sez. un., 6 novembre 2014, n. 23676, sull’impresa familiare; Cass. 17 gennaio 2007, n. 1045, sulla responsabilità degli amministratori; Cass. 7 agosto 1996, n. 7228).
È vero che, ai sensi degli artt. 2267, 2191 e 2313 c.c., il socio illimitatamente responsabile di società personale risponde per le obbligazioni sociali. Si tratta di una responsabilità assimilabile ad una garanzia patrimoniale legale, che ha i caratteri di una responsabilità immediata, solidale, sussidiaria e per obbligazione altrui.
La responsabilità del socio è immediata, nel senso che sorge al momento stesso dell’assunzione in capo alla società; è solidale con la società e con gli altri soci, vincolo non escluso dalla sussidiarietà (Cass. 26 settembre 2013, n. 22093; Cass. 31 luglio 2008, n. 20891), quale obbligazione solidale ad interesse principale di uno dei condebitori.
Per quanto specificamente interessa la presente controversia, la responsabilità sussidiaria dei soci è per debito altrui: perché il socio non risponde di un debito sorto immediatamente in capo a lui, ma di un debito della società, soggetto distinto (arg. ex artt. 2269 e 2290 c.c., posto che rispondono entrambi, con limitazione dell’obbligo di conferimento anche nelle società personali, mentre nel bilancio non viene meno una posta passiva, quando paga il socio). Si parla di garanzia ex lege e di una “responsabilità da posizione” (Cass. 6 ottobre 2020, n. 21426, ordinanza di rimessione alla p.u.; nonché es. Cass. 14 maggio 2019, n. 12714, in obiter): ma, si noti, se pure si voglia usare tale espressione per sottolineare che concerne indistintamente tutti i debiti dell’obbligato principale, con ciò non deve però ritenersi scalfito il principio della alterità soggettiva e della responsabilità per debiti altrui.
Detto altrimenti, pur se il socio risponde non dello specifico debito contratto in nome e per conto dell’ente, ma per tutti i debiti sociali, resta che non si tratta di debito originato come proprio.
In tal senso, una volta acquisita la distinta soggettività della società di persone rispetto alle persone dei suoi soci, il “debito sociale” configura in ogni caso un debito non già proprio del socio, ma unicamente della società, il socio illimitatamente responsabile venendo ad assumere, piuttosto, la posizione di mero garante ex lege per un debito altrui.
L’orientamento si sostanzia nel rilevare che la società costituisce un distinto centro di interessi e imputazione di situazioni, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci; che la responsabilità verso terzi dei soci, sancita dagli artt. 2304 e 2291 c.c., si atteggia come una forma di garanzia fissata ex lege; tanto che il socio, il quale ha provveduto a pagare il debito sociale, ha azione di regresso nei confronti della società (cfr., fra le altre, Cass. 20 gennaio 2021, n. 979, in motivazione; Cass., 22 marzo 2018, n. 7139; Cass. 12 febbraio 2014, n. 3163, non mass.; Cass. 12 dicembre 2007, n. 26012).
Onde – sebbene sia innegabile la riferibilità ai soci dell’esercizio dell’impresa e delle obbligazioni che ne derivano – tale constatazione della situazione resta di natura esclusivamente economica e fattuale, la quale non induce a concludere che manchi un diverso soggetto giuridico. Alla fine, invero, quel discorso potrebbe farsi per qualsiasi società, anche di capitali, o per le associazioni ed altri enti non commerciali, per i quali il soggetto sottostante al “velo” resta pur sempre il socio o associato.
Ne deriva, in conclusione, che l’avere assunto incarichi pur sempre per la società o per soci in posizioni analoghe (quelli non receduti), in posizione contrapposta a quella di altro socio (quello receduto), non integra l’illecito de quo.
3. – L’impossibile sussunzione dei fatti accertati nella fattispecie di illecito disciplinare contestata impone la cassazione della decisione impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con la declaratoria della insussistenza nell’illecito contestato e l’annullamento della sanzione inflitta all’avvocato Andrea Paolucci con provvedimento del 19 luglio 2017 dal Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia.
4. – L’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata resta assorbita dall’annullamento di questa.
5. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a Sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la sanzione inflitta dal Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia all’avvocato Andrea Paolucci con provvedimento del 19 luglio 2017.
Condanna il Consiglio dell’ordine di Brescia al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in C 4.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie sui compensi nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili del 22 febbraio 2022.
Allegati:
SS.UU, 15 marzo 2022, n. 8337, in tema di conflitto di interessi
Nota dell'Avv. Gisella Rosa Conforti
Un incarico assunto nell'interesse di una società in nome collettivo non è da ritenersi automaticamente relativo anche ad un interesse dei singoli soci
1. Il principio di diritto
Non costituisce violazione dell’art. 24 del codice deontologico forense l’assunzione di incarichi professionali dapprima nell’interesse di una s.n.c. e successivamente per conto della stessa, ma nell’interesse solo di alcuni soci, per resistere ad uno di essi nel giudizio sul recesso per giusta causa dal medesimo intrapreso ex art. 2285 c.c..
2. Il conflitto di interessi nel codice deontologico forense
L'art. 24 del codice deontologico forense dispone che l'avvocato debba astenersi dal prestare attività professionale, quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
Il conflitto sussiste anche nel caso in cui:
- il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente;
- la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un'altra parte assistita o cliente;
- l'adempimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento del nuovo incarico (cfr., c. 3).
Elemento costitutivo è, in tutti i casi, la individuazione della “parte assistita” e del “cliente” del professionista, ossia del soggetto che gli abbia conferito mandato, in relazione ad un diverso soggetto per il quale pure egli abbia assunto l'incarico professionale, ma in conflitto di interessi con il primo.
3. Riflessioni conclusive
L'affermazione, contenuta nella decisione impugnata, secondo cui un incarico assunto nell'interesse di una società in nome collettivo equivalga automaticamente a svolgere attività anche nell’interesse dei singoli soci, non tiene conto, affermano le Sezioni Unite, dei principi consolidati in tema di diritto delle società personali.
Detti enti, pur privi di personalità giuridica, sono soggetti di diritto, distinti centri di interessi e imputazione di situazioni, dotati di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci (cfr., fra le altre, Cass., 06 ottobre 2020, n. 21426).
Ne deriva che l'avere assunto incarichi pur sempre per la società o per soci in posizioni analoghe (quelli non receduti), in posizione contrapposta a quella di altro socio (quello receduto), non integra la violazione dell'art. 24 del codice deontologico forense.