Civile Ord. Sez. U Num. 27199 Anno 2023
Presidente: DE CHIARA CARLO
Relatore: CRISCUOLO MAURO
Data pubblicazione: 22/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso 15603-2022 proposto da:
ANCORA LIPPOLIS RITA, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO PARATO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE SAN DONACI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO MARIA DURANTE, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 257/2022 del TRIBUNALE di BRINDISI, depositata il 22/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2023 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie della ricorrente;
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Lippolis Maria, quale intestataria della concessione cimiteriale del 18.04.42 inizialmente rilasciata al fratello defunto, conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Brindisi il Comune di San Donaci, chiedendo la restituzione della complessiva somma di euro 4.862,38 oltre interessi, che aveva versato a seguito della conferma ventennale avvenuta con deliberazione comunale del 15.09.1994 n. 478 e seguente contratto del 22.11.94, oltre ad euro 3.200,00 (corrisposte nelle date del 19.09.14, 03.12.2015, 06.07.16), in forza di nuova richiesta di rinnovo per anni 99 per euro 8.427,42 promanata dal Comune con racc. del 18.09.2014.
Deduceva che, a seguito dell’intimazione di pagamento del 14.04.2016 e nonostante i versamenti effettuati dopo la richiesta amministrativa di rinnovo del 2014, in ordine alla quale con prot. 8304 del 1.10.2014 si era vista respingere la domanda di dilazione del pagamento in anni dieci ed in subordine la possibilità di conferma ventennale, si era avveduta della durata pari a 99 anni della originaria concessione di suolo demaniale accordata al germano Lippolis Giuseppe e nella cui posizione era subentrata, quale erede.
Chiedeva, perciò, che fosse riconosciuto l’indebito oggettivo, previa declaratoria di nullità della deliberazione n. 478 del 15.09.1994 e del successivo contratto del 22.11.1994 nonché di tutti gli atti consequenziali per mancanza di causa.
Si costituiva il Comune convenuto, che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito, essendo la controversia devoluta in via esclusiva al G.A.; nel merito contestava la fondatezza della domanda.
Con sentenza n. 2001/2018, il Giudice adito accoglieva la domanda e condannava il Comune di San Donaci alla restituzione della somma di euro 4.862,38, oltre interessi, nonché al pagamento delle spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello il Comune che, per quanto ancora rileva in questa sede, insisteva per il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Nella resistenza dell’appellata, il Tribunale di Brindisi con la sentenza n. 257 del 22 febbraio 2022 ha dichiarato il difetto di giurisdizione del GO, essendo competente in via esclusiva il giudice amministrativo, ponendo le spese del doppio grado a carico dell’appellata.
Secondo il Tribunale, la concessione-contratto di aree cimiteriali rientra nel novero delle concessioni c.d. traslative, in quanto viene attribuito al privato l’esercizio delle utilità connesse al bene pubblico, articolandosi il procedimento concessorio in due diversi momenti giuridici, cioè un atto di sovranità ed una successiva stipulazione del contratto di diritto privato, diretta alla disciplina degli aspetti di carattere patrimoniale.
Ne deriva che la domanda di annullamento del provvedimento concessorio, produttivo dell’inefficacia della concessione-contratto, resta devoluta per legge alla giurisdizione del G.A. in base alla formulazione di cui all’art. 133 co. 1 lett. b) c.p.a., appartenendo al G.O. viceversa ogni controversia che concerna liti tra privati in cui il rapporto concessorio di una delle parti con la PA costituisca il presupposto storico della controversia o che riguardi i soli effetti patrimoniali del rapporto tra PA e privato concessionario.
Ne deriva che, mentre è riservata alla giurisdizione ordinaria la cognizione delle controversie sui rapporti concessori che hanno contenuto meramente patrimoniale, ove si discorre della richiesta di aggiornamento del canone concessorio già previsto al momento della stipula, senza che venga in discussione l’esercizio da parte del Comune di un potere discrezionale inerente la (ri)determinazione del canone o altri corrispettivi, sussiste invece la giurisdizione amministrativa (esclusiva) quando la “controversia coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l’esercizio di poteri discrezionali -valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali.
Nella vicenda in esame l’attrice, e per essa la sua erede, ha chiesto accertarsi la nullità dell’atto di concessione demaniale cimiteriale (delibera di GC n.478 del 15.9.1994) e del successivo contratto del 22.11.1994, sul presupposto che sarebbe subentrata nella concessione – della asserita durata novantanovennale – rilasciata il 18/4/1942 in favore del fratello. La domanda dell’attrice non ha peraltro natura meramente patrimoniale dal momento che l’invocata restituzione è solo una conseguenza del venir meno della causa dell’avvenuto pagamento del canone, ed investe l’an del pagamento e quindi la legittimità della delibera G.C. n. 478 e del rapporto concessorio sorto nel 1994.
L’appellata ha contestato le modalità con cui la PA ha esercitato il proprio potere autoritativo nel momento in cui ha instaurato un nuovo rapporto concessorio nonostante l’asserita perduranza di quello precedente del 1942. L’oggetto del giudizio è quindi il rapporto concessorio, di talché sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione Ancora Lippolis Rita, sulla base di un unico motivo.
Il Comune di San Donaci ha resistito mediante controricorso.
La ricorrente ha depositato memorie in prossimità dell’udienza.
3. Con il motivo di ricorso si denuncia la violazione dei principi e dei canoni ermeneutici nella materia delle concessioni pubbliche, con riferimento al riparto della giurisdizione.
Si assume che la giurisdizione del GO sussiste anche nel caso in cui la controversia involga la validità, l’efficacia, la nullità o l’annullabilità del contratto.
Inoltre, nel settore dell’attività negoziale della PA tutte le controversie che attengono alla fase preliminare – antecedente o prodromica al contratto – inerente alla formazione della volontà ed alla scelta del contraente privato sono devolute al giudice amministrativo, mentre quelle che ricadono nella serie negoziale successiva restano riservato al GO.
Ne deriva che le controversie che attengono all’interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, nonché quelle rivolte ad accertarne le condizioni di validità ed efficacia ed ad ottenere
la declaratoria di nullità ovvero l’annullamento, non investono più la scelta del contraente, ma attengono a controversie affidate alla cognizione del G.O.
Nella specie la domanda riguardava la ripetizione di somme indebitamente pagate dalla ricorrente, e quindi ben poteva il GO accertare che, per effetto della nullità dell’accordo novativo, le somme versate erano non dovute.
Il motivo è infondato.
Va in primo luogo evidenziata la novità, e conseguente inammissibilità, della questione, di cui non vi è traccia in sentenza e che non si indica ove sia stata eventualmente avanzata in sede di merito, circa la qualità di erede universale dell’originario concessionario della odierna ricorrente, e non anche di Lippolis Maria, che ha introdotto il presente giudizio, ed al quale è subentrata la ricorrente ex art. 110 c.p.c.
Quanto alla questione di giurisdizione che pone il motivo, è pacifica la qualificazione del rapporto intercorso tra le parti in termini di concessione demaniale cimiteriale, così che appare corretto il riferimento alla costante giurisprudenza secondo cui in materia di concessioni amministrative, le controversie su indennità, canoni od altri corrispettivi, riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, nelle quali non assume rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali, mentre la lite che coinvolga l’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del dovuto, è attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo, come nel caso in cui venga in rilievo il provvedimento determinativo del criterio di calcolo dell’indennizzo dovuto dal gestore subentrante al gestore uscente nei passaggi di gestione del servizio idrico integrato (Cass. S.U. n. 13940 del 19/06/2014).
E’ stato, quindi, affermato che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di pagamento del corrispettivo per lo svolgimento del servizio di tesoreria in regime di concessione, qualora la controversia investa esclusivamente le modalità di determinazione del compenso, non implicando statuizioni sulla validità e l’operatività di clausole della concessione, e richiedendo un’indagine meramente preliminare e delibativa sul contenuto e la disciplina del rapporto concessorio (Cass. S.U. n. 22769 del 12/09/2019; Cass. S.U. n. 21597/2018).
E’ invece riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia concernente il rapporto concessorio, la sua cessazione, nonché eventuali richieste di risarcimento ad esso collegate, qualora esse pongano in discussione aspetti implicanti l’esercizio di potestà pubbliche o, comunque, ad esse riconducibili (Cass. S.U. n. 8035 del 30/03/2018).
Con specifico riferimento alle concessioni cimiteriali, Cass. S.U. n. 23591/2020 ha statuito che spetta al giudice ordinario la cognizione della vertenza relativa alla richiesta di integrazione del canone già versato per il rilascio di una concessione cimiteriale perpetua, il cui importo sia determinato in base a una tabella di aggiornamento, approvata dal comune senza far uso di poteri autoritativi o discrezionali a tutela di interessi generali, trattandosi di controversia dal contenuto meramente patrimoniale, sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a.
Deve però reputarsi che rientri nella giurisdizione esclusiva (cfr. Cass. S.U. n. 16459/2020) la controversia che pur involgendo indennità, canoni o altri corrispettivi, implichi anche una verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, come nel caso in cui la controversia abbia ad oggetto la domanda di annullamento, sia della deliberazione della Giunta regionale con la quale era stato approvato il nuovo tariffario relativo all’occupazione permanente del suolo pubblico, sia, in via consequenziale, del provvedimento del direttore del servizio di viabilità contenente l’invito a versare l’importo dovuto in base alla tariffa.
Poste tali premesse, e rilevata l’inconferenza della giurisprudenza richiamata in ricorso che investe il diverso profilo del riparto di giurisdizione in tema di affidamento dell’attività di realizzazione di opere pubbliche a mezzo contratti da parte della PA, nella specie la domanda di ripetizione di indebito, formulata in relazione ai versamenti di canoni concessori asseritamente non dovuti, è però preceduta dalla contestazione dell’atto per effetto del quale sono state avanzate dalla PA concedente le richieste di versamento, sostenendosi che fosse invalido l’atto con il quale era stata rimossa l’originaria concessione, da reputarsi invece tuttora efficace.
Nella narrazione dei fatti compiuta dalla stessa ricorrente, e dalla quale prende le mosse anche la sentenza gravata, si riferisce di ’’originaria concessione risalente al 1942 e della durata di novantanove anni, alla quale aveva fatto seguito la conclusione di una nuova concessione, per effetto della delibera comunale del 15 settembre 1994 n. 478, per la diversa durata di venti anni,
delibera alla quale aveva fatto seguito la stipula del contratto del 22/11/1994.
Alla scadenza di tale nuova concessione, il Comune ha sollecitato il versamento di ulteriori somme onde consentire il rinnovo della concessione, somme che sono state in parte versate, e di cui si chiede la restituzione, sul presupposto che in realtà fosse ancora vigente la originaria concessione del 1942.
Al fine quindi di giustificare la fondatezza della domanda relativa alla ripetizione dell’indebito, nella citazione è stata però esplicitamente chiesta la declaratoria di nullità della deliberazione n. 478 del 1994 (con la conseguenziale nullità anche del contratto), richiesta che denota come evidentemente la domanda esuli dal novero di quelle che attengono al solo pagamento di indennità, canoni o altri corrispettivi, in quanto mira a contestare lo stesso esercizio del potere autoritativo esercitato dalla PA e culminato nell’atto con il quale si disponeva la nuova regolamentazione del rapporto concessorio, ancorché accompagnato dalla stipula di un nuovo contratto.
Il riconoscimento del diritto alla prestazione patrimoniale avanzata dalla ricorrente passa necessariamente attraverso il sindacato della legittimità dell’esercizio dei poteri autoritativi del Comune concessionario, e ciò implica che correttamente è stata affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in sede esclusiva.
Il ricorso è quindi rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
5. Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi € 2.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre
Allegati:
SS.UU, 22 settembre 2023, n. 27199, in tema di contratto di concessione
Nota dell'Avv.ta Maria Luisa Avellis
Sul riparto di giurisdizione in materia di concessioni amministrative
1. Il principio di diritto
In materia di concessioni amministrative, le controversie su indennità, canoni o altri corrispettivi riservate alla giurisdizione del Giudice ordinario sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, nelle quali non assume rilievo un potere di intervento della p.a. a tutela di interessi generali; al contrario, le vertenze che coinvolgano l’azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante sono attratte alla giurisdizione del Giudice amministrativo.
2. La fattispecie
La vicenda trae origine da una domanda di restituzione di somme versate da un privato ad un Comune, con riferimento alla proroga/rinnovo di una concessione cimiteriale per 99 anni, richiesta avanzata dopo un primo rinnovo (per 20 anni) avvenuto anni addietro e positivamente riscontrata dall’ente sulla scorta dell’erroneo convincimento circa la durata della concessione originaria.
A seguito dell’accertamento del primo termine di vigenza del rapporto (pari a 99 anni), l’intestataria si è rivolta al competente Giudice di Pace per veder riconosciuto l’indebito oggettivo per le somme versate in dipendenza della inutile domanda di rinnovo, previa declaratoria di nullità della deliberazione comunale con la quale era stato disposto, anni addietro, il primo rinnovo ventennale della concessione, nonché della deliberazione con la quale era stato concesso il successivo rinnovo per 99 anni.
Il Comune convenuto, vanamente eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario adito, è stato condannato alla restituzione di quanto indebitamente incamerato.
Il Tribunale, invece, dopo aver ricordato che la concessione-contratto di aree cimiteriali rientra nel novero delle concessioni c.d. traslative, ha ritenuto che la domanda proposta dall’attrice in primo grado non riguardasse unicamente aspetti patrimoniali del rapporto con la p.a..
La Cassazione respinge il ricorso della concessionaria, confermando la giurisdizione del Giudice amministrativo, facendo, tra l’altro, leva sul rilievo assunto dall’azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante.
Per tale ragione, le Sezioni Unite confermano che la specifica controversia è attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, c. 1, lett. b), c.p.a. (D.Lgs. 104/2010).
3. Riflessioni conclusive
Il Supremo Collegio si allinea al tradizionale orientamento, richiamando fra i precedenti la sentenza n. 16459/2020, resa in relazione ad una fattispecie analoga, nella quale, pur discutendosi di indennità, canoni o altri corrispettivi, è stata chiesta una verifica dell’azione autoritativa della p.a. sull’intera economia del rapporto concessorio come, appunto, avvenuto nel caso di specie.
La vicenda processuale consente alcune riflessioni circa la neutralità, al fine della individuazione del giudice munito di giurisdizione, dell’impostazione, di matrice civilistica, sulla quale riposa la domanda dell’attrice in primo grado, fondata sulla restituzione di somme indebitamente versate, previo accertamento della nullità dei rinnovi/proroghe del contratto di concessione, disposti però con atti amministrativi, in ragione della “carenza di causa”.
La Cassazione, tuttavia, afferma che il reale oggetto della contestazione va individuato negli atti amministrativi recanti le determinazioni dell’ente, espressione di pubblico potere, la cui formazione, a ben vedere è risultata viziata da un errore di fatto (la durata della originaria concessione), riconducibile ad un eccesso di potere, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.