Civile Ord. Sez. U Num. 5303 Anno 2024
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: MERCOLINO GUIDO
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32050/2018 R.G. proposto da
AZIMUT MARINE DENIZCILIK SAN. VE TIC A.S., in persona dei legali rappresentanti p.t. Nese Yildiz e Fatih Okur, rappresentata e difesa dall’Avv. Denise D’Annibale, con domicilio eletto in Roma, via G.G. Belli, n. 36, presso lo studio dell’Avv. Luca Pardini;
– ricorrente –
contro
SYSNAV S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. Fabio Concezzi, rappresentata e difesa dall’Avv. Gianrocco Catalano, con domicilio eletto in Roma, via Lutezia, n. 11;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1972/18, depositata il 28 marzo 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal Consigliere Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alessandro PEPE, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con l’assorbimento degli altri motivi.
FATTI DI CAUSA
1. L’Azimut Marine Denizcilik San. Ve Tic A.s. convenne in giudizio la Sysnav S.r.l., proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 15845/11, emesso il 10 agosto 2011, con cui il Tribunale di Roma le aveva intimato il pagamento della somma di Euro 230.358,00, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura di dispositivi digitali e pannelli operatore costituenti il sistema «AMX id Proteo», ai fini della realizzazione di un nuovo modello di imbarcazione.
A sostegno dell’opposizione, l’attrice riferì che il sistema, finalizzato alla gestione digitale dell’impianto elettrico dell’imbarcazione, aveva manifestato fin dall’origine problemi di funzionamento, che avevano reso necessario l’intervento dei tecnici della Sysnav, e per la cui soluzione quest’ultima aveva chiesto che la fornitura dei pannelli elettrici fosse affidata ad un subfornitore di sua fiducia. Essendo fallito ogni tentativo di porre rimedio ai predetti inconvenienti, essa attrice era stata costretta a richiamare tutte le imbarcazioni dotate del predetto sistema ed a sostituirlo con un sistema elettromeccanico tradizionale, offrendo in restituzione alla fornitrice i componenti smontati o giacenti in magazzino. Tanto premesso, l’attrice eccepì il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana, spettando la controversia al Giudice turco, la violazione dell’art. 641 cod. proc. civ. e il grave inadempimento della Sysnav, chiedendo la risoluzione del contratto e la dichiarazione dell’obbligo della convenuta di risarcire i danni da essa subìti.
Si costituì la Sysnav, e resistette all’opposizione, chiedendo la condanna dell’attrice al pagamento della somma di Euro 154.690,00 per l’illegittima cancellazione di ordini relativi a prodotti già realizzati, ed al risarcimento dei danni.
1.1. Con sentenza del 30 luglio 2015, il Tribunale di Roma dichiarò la giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana ed accolse l’opposizione, ritenendo provata l’esistenza di malfunzionamenti nel sistema fornito, e revocando quindi il decreto ingiuntivo; escluse peraltro la gravità dell’inadempimento, e condannò l’Azimut al pagamento della somma di Euro 171.618,50, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura dei pannelli di controllo e del materiale elettrico, dichiarando invece inammissibili le domande di risarcimento reciprocamente proposte dalle parti.
2. L’impugnazione proposta dall’Azimut è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza del 28 marzo 2018.
A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ha confermato la spettanza della controversia alla giurisdizione italiana, ritenendo inoperanti sia l’art. 5, n. 1, lett. b), del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 che il Regolamento CE n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012, poiché l’opponente aveva la sua sede in Turchia, ed affermando l’applicabilità dell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con legge 21 giugno 1971, n. 804; ha rilevato infatti che la sostituzione del Regolamento alla Convenzione, prevista dall’art. 68 di entrambi i Regolamenti, opera esclusivamente tra gli Stati membri dell’UE, aggiungendo che, ai fini dell’individuazione del luogo in cui doveva essere eseguita l’obbligazione dedotta in giudizio, non poteva trovare applicazione l’art. 57 della Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di merci, resa esecutiva con legge 11 dicembre 1985, n. 765, che disciplina il rapporto sostanziale, ma l’art. 1182 cod. civ., ai sensi del quale doveva tenersi conto del luogo in cui aveva sede la venditrice.
Nel merito, premesso che la sentenza di primo grado era rimasta incensurata sia nella parte in cui aveva ritenuto impossibile accertare l’esistenza e la causa dei vizi lamentati, sia nella parte in cui aveva escluso la riferibilità degli stessi al materiale elettrico fornito dalla Sysnav, la Corte ha osservato che l’Azimut non aveva dimostrato il malfunzionamento dell’intera fornitura e la necessità di rimuoverla senza poterla riutilizzare almeno parzialmente, ritenendo insufficienti, a tal fine, le deposizioni rese dai testi escussi, e aggiungendo che il sistema era progettato per funzionare, in caso di emergenza, anche in modo meccanico. Ha escluso pertanto la possibilità di pronunciare la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice, dovendo quest’ultimo essere valutato sotto il profilo meramente quantitativo del materiale fornito, la cui parziale riutilizzazione da parte dell’acquirente escludeva la configurabilità di un adempimento totale, non essendo stato dedotto che il materiale fosse affetto da vizi tali da renderlo inutilizzabile con qualsiasi tipo di comando.
La Corte ha confermato infine l’inammissibilità della domanda di risarcimento del danno proposta con l’atto di opposizione, per mancata precisazione del petitum, essendosi l’opponente riservata di agire dinanzi al Giudice turco, con la conseguente impossibilità di operare una valutazione quantitativa ai fini della compensazione con il credito fatto valere dalla Sysnav.
3. Avverso la predetta sentenza l’Azimut ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. La Sysnav ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione dinanzi alla Seconda Sezione civile, che con ordinanza interlocutoria del 13 settembre 2023 ha rimesso gli atti alla Prima Presidente, la quale ne ha disposto l’assegnazione alle Sezioni Unite, alla luce della questione di giurisdizione sollevata con il primo motivo, in ordine alla quale la più recente giurisprudenza di legittimità ha fatto registrare un mutamento d’indirizzo, che ha dato luogo a reazioni critiche in dottrina.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’inammissibilità dell’impugnazione, sollevata dalla difesa della controricorrente in relazione alla mancanza dell’attestazione di conformità all’originale della procura alle liti ed alla mancata indicazione, in quest’ultima, degli estremi della sentenza impugnata, nonché al difetto di rappresentanza dei soggetti che l’hanno rilasciata.
1.1. La procura speciale, conferita su supporto cartaceo, risulta infatti redatta su un foglio separato ma congiunto materialmente al ricorso, anche esso predisposto in formato analogico, ed è stata notificata unitamente allo stesso a mezzo PEC, nonché depositata in Cancelleria, con l’attestazione di conformità, la quale si riferisce sia al ricorso che alla procura e alle ricevute comprovanti la spedizione e la consegna del messaggio di posta elettronica. La circostanza che l’attestazione di conformità non sia stata inserita nella relata di notifica, come prescritto dall’art. 3-bis, comma quinto, lett. g), della legge 21 gennaio 1994, n. 53, non comporta la nullità della notificazione, e quindi l’inammissibilità dell’impugnazione, configurandosi, nel contesto normativo vigente all’epoca della proposizione del ricorso, che prevedeva la costituzione in formato cartaceo, come una mera irregolarità non invalidante, nella specie sanata dalla successiva allegazione in sede di deposito (cfr. Cass., Sez. Un., 21/12/2020, n. 29175).
Ininfluente, ai fini della validità della procura, deve considerarsi anche la mancata indicazione della data e degli estremi della sentenza impugnata, trattandosi di un’omissione inidonea a generare incertezza in ordine al conferimento del potere rappresentativo per il giudizio di legittimità, avuto riguardo alla congiunzione materiale dell’atto al ricorso ed al preciso riferimento alla Corte di cassazione, in esso contenuto, nonché alla data di rilascio, successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed anteriore alla notificazione del ricorso, che ne assicurano la compatibilità con il requisito della specialità prescritto dall’art. 365 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. III, 17/01/2022, n. 1165; Cass., Sez. V, 21/12/2019, n. 34259; Cass., Sez. II, 27/05/2019, n. 14437).
Parimenti inidonea a determinare la nullità della procura o del ricorso deve considerarsi la mancata specificazione della partita IVA della società ricorrente e del codice fiscale dei soggetti che hanno conferito il mandato in nome della stessa, trattandosi di un’indicazione non prescritta dall’art. 366, n. 1 cod. proc. civ., la cui omissione non impedisce peraltro di risalire all’identità di tali soggetti, agevolmente individuabili sulla base dell’indicazione della sede della società e dei dati anagrafici delle persone che la rappresentano legalmente (cfrr. Cass., Sez. I, 24/02/2021, n. 5067; Cass., Sez. III, 19/014/2016, n. 767; Cass., Sez. V, 17/12/2015, n. 25399).
2. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218, censurando la sentenza impugnata per aver affermato la spettanza della controversia alla giurisdizione italiana, senza tenere conto dell’avvenuta conclusione del contratto in Turchia, dove era stata eseguita anche la prestazione caratterizzante, costituita dalla fornitura del sistema digitale. Premesso di non avere sede in Italia e di non avervi neppure un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, afferma che, ai sensi dell’art. 68 del Regolamento CE n. 44/2001, il rinvio alla Convenzione di Bruxelles contenuto nell’art. 3 cit. deve intendersi oggi riferito al medesimo Regolamento, avendo come unico scopo quello di estendere ai rapporti con gli Stati extracomunitari le regole di diritto internazionale privato vigenti nei rapporti tra gli Stati membri. Precisato che la soluzione non sarebbe stata diversa, anche nel caso in cui fosse stato applicato l’art. 5 della Convenzione di Bruxelles, afferma l’inconferenza del richiamo alla Convenzione di Vienna, in quanto non avente ad oggetto il riparto di giurisdizione tra gli Stati contraenti, ma l’unificazione della disciplina sostanziale della vendita internazionale.
3. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1453 e 1492 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda di risoluzione del contratto, nonostante l’accertamento dei difetti del sistema fornito. Sostiene infatti che la Corte territoriale ha immotivatamente separato il sistema dalle componenti elettriche che lo costituivano, senza tenere conto dell’oggetto dell’incarico conferito alla Sysnav, consistente sia nella fornitura dei dispositivi digitali e dei pannelli operatore che nella progettazione di tutto l’impianto elettrico, né della gestione completa ed autonoma del sistema da parte della Sysnav, né della richiesta, dalla stessa avanzata successivamente, di affidare la fornitura dei quadri elettrici ad un subfornitore di sua fiducia. Aggiunge che la sentenza impugnata ha omesso di valutare le deposizioni rese dai testi, da cui risultava che il malfunzionamento del sistema dipendeva anche dai componenti elettrici che ne costituivano il corpo, i quali avevano dovuto essere in gran parte sostituiti, essendone rimasta sulle imbarcazioni soltanto una parte marginale. Precisa infine di aver censurato la sentenza di primo grado anche nella parte concernente la valutazione dell’importanza dell’inadempimento, nonché di aver dedotto che le contestazioni sollevate riguardavano anche il materiale elettrico.
4. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha posto a carico di essa appellante l’onere di fornire la prova dei vizi del sistema fornito, spettante invece alla venditrice, la quale avrebbe quindi dovuto dimostrare di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto o la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione.
5. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112, 113 e 115 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, configurabile in realtà come eccezione riconvenzionale, in quanto volta a paralizzare la domanda proposta dalla Sysnav, mediante la sollecitazione di un accertamento incidentale del diritto al risarcimento, ai fini di un’eventuale compensazione.
6. Il primo motivo, con cui la ricorrente insiste sul difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana, è fondato.
Nell’escludere la spettanza della giurisdizione all’Autorità giudiziaria della Turchia, la Corte d’appello ha richiamato infatti l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai sensi dell’art. 3, comma secondo, della legge 31 maggio 1995, n. 218, per determinare l’ambito della giurisdizione italiana, nelle materie non escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, occorre fare riferimento ai criteri stabiliti dalle Sezioni II, III e IV del Titolo II della medesima Convenzione, i quali trovano applicazione anche nei confronti del convenuto non domiciliato né residente in Italia e non appartenente ad uno Stato contraente, giacché il rinvio ai predetti criteri è destinato ad operare oltre la sfera dell’efficacia personale della stessa (cfr. Cass., Sez. Un., 2/12/2013, n. 26937; 12/04/2012, n. 5765; 11/02/2003, n. 2060). Com’è noto, nell’ambito di tale orientamento è stato precisato che il rinvio contenuto nell’art. 3, comma secondo, della legge n. 218 del 1995 si riferisce esclusivamente alla Convenzione di Bruxelles, e non può essere esteso al Regolamento CE n. 44/2001, non avendo quest’ultimo sostituito definitivamente (e quindi implicitamente abrogato) la Convenzione, la quale continua ad operare relativamente ai rapporti con soggetti non domiciliati in uno degli Stati dell’Unione ovvero domiciliati in uno degli Stati che, pur facendo parte dell’Unione, non hanno adottato il predetto regolamento (cfr. Cass., Sez. Un., 21/10/2009, n. 22239). Conformemente a tale precisazione, la sentenza impugnata ha escluso l’applicabilità sia del Regolamento CE n. 44/2001, vigente alla data di proposizione della domanda, sia del Regolamento UE n. 1215/2012, che lo ha sostituito, osservando che, ai sensi dell’art. 68 di entrambi i Regolamenti, il rinvio alla Convenzione di Bruxelles s’intende riferito ai Regolamenti stessi soltanto nei limiti in cui questi ultimi sostituiscono, tra gli Stati membri, le disposizioni della Convenzione, e richiamando il nono considerando del primo Regolamento, secondo cui «i convenuti non domiciliati in uno Stato membro sono generalmente soggetti alle norme nazionali in materia di competenza vigenti nel territorio dello Stato membro del giudice adìto e i convenuti domiciliati in uno Stato membro non vincolato dal presente regolamento devono continuare ad essere soggetti alla Convenzione di Bruxelles».
Tale orientamento ha costituito peraltro oggetto di rimeditazione da parte della giurisprudenza più recente, la quale, richiamando anche la giurisprudenza unionale (cfr. Corte di giustizia UE, sent. 3/09/2020, in causa C-186/ 19, Supreme Site Services GmbH; 29/07/2019, in causa C-451/18, Tibor), ha osservato che la Convenzione di Bruxelles, nazionalizzata dall’art. 3, comma secondo, della legge n. 218 del 1995, s’intende ormai trasfusa nel Regolamento n. 1215/2012, che ha sostituito il Regolamento n. 44/2001, con la conseguenza che le disposizioni di quella Convenzione restano operanti per i soli territori degli Stati membri che rientrano nell’ambito di applicazione territoriale della stessa e che sono esclusi dal Regolamento ai sensi dell’art. 355 del TFUE. Premesso che, così come l’art. 4 della Convenzione di Bruxelles, l’art. 6 del Regolamento UE n. 1215/2012 stabilisce che, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la competenza delle autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro è disciplinata dalla legge di tale Stato, si è rilevato che la legge dello Stato italiano alla quale rinvia l’art. 6 cit. è oggi costituita, per l’appunto, dall’art. 3 della legge n. 218 del 1995, il quale al comma secondo richiama, per le materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, i criteri stabiliti dalla medesima Convenzione e dalle sue successive modificazioni in vigore per l’Italia, i quali sono dichiarati applicabili «anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente». Si è pertanto concluso che, alla stregua dello art. 3, comma secondo, della legge n. 218 del 1995, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la giurisdizione italiana, quando si tratti di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento n. 1215/2012, il quale ha sostituito il Regolamento n. 44/2001, che aveva a sua volta sostituito la Convenzione (cfr. Cass., Sez. Un., 8/01/2024, n. 613; 10/07/2023, n. 19571; 24/11/2021, n. 36371; 10/11/2021, nn. 33002 e 33003; 25/06/ 2021, n. 18299).
Le predette conclusioni, cui questa Corte è pervenuta sulla base della disciplina dettata dal Regolamento n. 1215/2012, meritano di essere ribadite in questa sede anche con riferimento a quella prevista dal precedente Regolamento n. 44/2001, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in quanto vigente alla data dell’instaurazione del presente giudizio: l’art. 4 di tale Regolamento prevede infatti, allo stesso modo dell’art. 6 del Regolamento che lo ha sostituito, che «se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato», in tal modo estendendo indirettamente il campo di applicazione della disciplina eurounitaria anche ai soggetti non domiciliati negli Stati membri, attraverso il recepimento dei criteri dalla stessa dettati nell’ambito della normativa nazionale (cfr. Cass., Sez. Un., 20/02/2013, n. 4211).
6.1. Non possono quindi condividersi le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, la quale, sulla base della disciplina dettata dall’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles, ha ritenuto che, trattandosi di controversia in materia contrattuale, la giurisdizione spettasse all’Autorità giudiziaria italiana, in qualità di forum destinatae solutionis, individuando l’obbligazione dedotta in giudizio in quella avente ad oggetto il pagamento del prezzo dei beni forniti dalla Sysnav e il luogo in cui la prestazione avrebbe dovuto essere eseguita nella sede di affari della venditrice, in virtù del richiamo alla disciplina uniforme dettata dall’art. 57 della Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di merci.
Com’è noto, infatti, l’art. 5, n. 1 della Convenzione di Bruxelles viene comunemente interpretato nel senso che il forum destinatae solutionis deve essere individuato avendo riguardo al luogo in cui è stata o dev’essere eseguita la specifica obbligazione intorno alla quale le parti controvertono, da determinarsi in conformità della legge sostanziale applicabile al rapporto sulla base del diritto internazionale privato del giudice adìto (cfr. Cass., Sez. Un., 6/06/2002, n. 8224; 6/08/1998, n. 7714; 19/12/1994, n. 10910; v. anche Corte di Giustizia UE, 5/10/1999, in causa C-420/97, Leathertex; 29/06/ 1994, in causa C-288/92, Custom Made Commercial Ltd.; 6/10/1976, in causa C-14/76, De Bloos); ove poi, come nella specie, la controversia abbia ad oggetto una vendita internazionale di merci, si è ritenuto che debba farsi riferimento alla Convenzione di Vienna, la quale, dettando una disciplina sostanziale uniforme, si sostituisce alle legislazioni dei singoli Stati e prevale anche sulla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, resa esecutiva con legge 18 dicembre 1984, n. 975 (cfr. Cass., Sez. Un., 21/10/2009, n. 22239; 9/02/2009, n. 3059; 20/04/ 2004, n. 7503).
Nonostante la parziale identità della formulazione letterale, recante in entrambi i casi il riferimento al «luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita», l’art. 5, n. 1 del Regolamento n. 44/01 è stato invece interpretato nel senso che, ai fini dell’individuazione del forum destinatae solutionis, occorre avere riguardo non già all’obbligazione fatta valere dall’attore, ma a quella caratterizzante il contratto (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 14/07/2016, in causa C-196/15, Granarolo S.p.a.; 25/02/ 2010, in causa C-381/08, Car Trim): il Giudice unionale ha infatti osservato che con tale disposizione il legislatore comunitario ha inteso rompere esplicitamente con la precedente soluzione secondo cui il luogo di esecuzione doveva essere individuato per ciascuna delle obbligazioni controverse in base al diritto internazionale privato del giudice adìto, designando autonomamente come luogo di esecuzione il luogo in cui l’obbligazione che caratterizza il contratto deve essere adempiuta, ed introducendo quindi una competenza speciale fondata su un collegamento particolarmente stretto tra il contratto e il giudice chiamato a conoscerne, in modo tale da centralizzare presso quest’ultimo la competenza giurisdizionale per le controversie relative a tutte le obbligazioni derivanti dal contratto, in una logica di ottimizzazione del processo (cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 19/12/2013, in causa C-9/12, Corman-Collins SA; 11/03/2010, in causa C-19/09, Wood Floor Solutions Andreas Domberger GmbH; 3/05/2007, in causa C-386/05, Color Drack GmbH). Questa Corte ha a sua volta rilevato che, ai sensi della lett. c) dell’art. 5, n. 1, il riferimento al luogo in cui è stata o deve essere eseguita l’obbligazione dedotta in giudizio, contenuto nella lett. a), riveste una portata meramente residuale, giacché, ove si tratti di compravendita di beni, la lett. b) conferisce rilievo, in via principale, al luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto, il quale coincide, salvo diversa convenzione, con il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati, da individuarsi con riferimento al luogo di recapito finale della merce, al luogo cioè in cui la stessa entra nella disponibilità materiale, e non solo giuridica, dell’acquirente (cfr. Cass., Sez. Un., 22/11/2021, n. 35784; 19/03/2009, n. 6598; 20/06/ 2007, n. 14299; nel medesimo senso, in riferimento all’art. 7, n. 1, lett. b), primo trattino, del Regolamento n. 1215/2012, Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32362).
6.2. Sulla base di tali principi, e tenuto conto che in tema di riparto della giurisdizione questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, procedendo non solo alla verifica della corretta individuazione ed interpretazione della disciplina applicabile, ma anche all’identificazione del giudice cui spetta la cognizione della controversia attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dalle ragioni addotte a sostegno della decisione impugnata (cfr. Cass., Sez. Un., 5/11/2019, n. 28332; 8/06/2007, n. 13397; 10/07/2003, n. 10840), si rileva che nel caso di specie l’obbligazione caratterizzante il contratto stipulato tra le parti è costituita indubbiamente dalla fornitura del sistema digitale e dell’impianto elettrico prodotti dalla Sysnav, la cui consegna ha avuto pacificamente luogo in Turchia, presso la sede legale o comunque presso l’azienda della società ricorrente. La controversia esula pertanto dall’ambito della giurisdizione italiana, in applicazione del criterio di collegamento previsto dall’art. 5, n. 1, lett. a), del Regolamento CE n. 44/ 2001, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza, fatta valere dalla controricorrente, che la progettazione e la produzione dei sistema digitale fossero state originariamente commissionate dalla Azimut Benetti S.p.a., socia della Azimut Marine Denizcilik ed avente sede in Italia: come ha riconosciuto la stessa controricorrente, infatti, tra le parti è intervenuto successivamente un accordo, in virtù del quale il rapporto è proseguito esclusivamente con la ricorrente, che, in qualità di destinataria della fornitura ed obbligata al pagamento del corrispettivo, risulta pertanto l’unico soggetto legittimato a resistere alla domanda proposta dalla venditrice.
7. In accoglimento del primo motivo d’impugnazione, va pertanto dichiarato il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana, restando assorbiti gli altri motivi, aventi ad oggetto questioni che attengono al merito della controversia.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, senza rinvio.
La complessità della questione trattata, che ha costituito oggetto di un mutamento di giurisprudenza intervenuto in corso di causa, giustifica l’integrale compensazione delle spese relative ai tre gradi di giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e dichiara il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana. Compensa integralmente le spese processuali.
Così deciso in Roma il 16/01/2024
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 13 settembre 2023, n. 26422, per SS.UU, 28 febbraio 2024, n. 5303, in tema di dir. internaz. privato
SS.UU, 28 febbraio 2024, n. 5303, in tema di diritto internazionale privato
Nota dell’Avv. Francesco Calosso
Portata interpretativa dell’art. 3, c. 2, della L. 218/1995 nella giurisdizione del giudice italiano
1. Il principio di diritto
La convenzione di Bruxelles, nazionalizzata dall’art. 3, c. 2, della L. 218/1995, s’intende ormai trasfusa nel Regolamento n. 1215/2012, che ha sostituito il Regolamento n. 44/2001, con la conseguenza che le disposizioni di quella Convenzione restano operanti per i soli territori degli Stati membri che rientrano nell’ambito di applicazione territoriale della stessa e che sono esclusi dal Regolamento ai sensi dell’art. 355 del TFUE.
2. La fattispecie
La vicenda riguarda il tema della giurisdizione del giudice italiano in una controversia in cui una società straniera, non appartenente a uno Stato dell’Unione europea, è stata convenuta in giudizio da una società italiana, rendendosi necessario stabilire la portata applicativa dell’art. 3, c. 2 della L. 218/1995 e se, in particolare, il rinvio operato da tale norma alla convenzione di Bruxelles sia o meno chiuso rispetto alle modifiche apportate ad essa prima dal Regolamento n. 44/2001 e poi dal Regolamento n. 1215/2012.
La sentenza impugnata ha escluso, pur in virtù del richiamo contenuto nella norma citata, l’applicabilità sia del Regolamento CE n. 44/2001, vigente alla data di proposizione della domanda, sia del Regolamento UE n. 1215/2012 che lo ha sostituito, osservando che ai sensi dell’art. 68 di entrambi i Regolamenti, il rinvio alla Convenzione di Bruxelles si intende riferito ai Regolamenti stessi soltanto nei limiti in cui sostituiscono, tra gli Stati membri, le disposizioni della Convenzione.
La ricorrente ha quindi censurato dinanzi alla Suprema Corte la violazione dell’art. 3 della L. 218/1995, per avere la pronuncia contestata affermato la spettanza della controversia alla giurisdizione italiana senza tenere conto dell’avvenuta conclusione del contratto in Turchia, dove era stata peraltro eseguita la prestazione principale.
La Corte di Cassazione evidenzia come l’orientamento accolto dal Giudice di secondo grado sia stato oggetto, in tempi più recenti, di una sostanziale rimeditazione da parte della giurisprudenza prevalente, anche unionale, volta a riconoscere che la Convenzione di Bruxelles, nazionalizzata dall’art. 3, c. 2, della L. 218/1995 sia da intendersi ormai trasfusa nel Regolamento n. 1215/2012, che ha sostituito il Regolamento n. 44/2001.
Il giudice di legittimità rileva che la legge dello Stato italiano destinataria del rinvio è oggi costituita dall’art. 3 della L. 218/1995, che richiama i criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles e dalle sue successive modificazioni in vigore per l’Italia.
Se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la giurisdizione italiana, quando si tratta di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento n. 1215/2012, che ha sostituito il Regolamento n. 44/2001 e che ha a sua volta sostituito la Convenzione.
L’art. 4 del Regolamento n. 44/2001 (applicabile ratione temporis al caso in esame) prevede, allo stesso modo dell’art. 6 del Regolamento che lo ha sostituito, che “se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato ”, così estendendo indirettamente il campo di applicazione della disciplina unitaria anche ai soggetti non domiciliati negli Stati membri, attraverso il recepimento dei criteri dettati nell’ambito della normativa nazionale.
3. Riflessioni conclusive
La Suprema Corte ribadisce e conferma il principio a mente del quale, ai fini dell’individuazione della giurisdizione applicabile, la legge dello Stato italiano alla quale rinvia l’art. 6 del Regolamento UE n. 1215/2012 è oggi costituita dall’art. 3 della L. 218/1995, che richiama i criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles, estendendo indirettamente il campo di applicazione della disciplina eurounitaria anche ai soggetti non domiciliati negli Stati membri.