Civile Ord. Sez. U Num. 37404 Anno 2022
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: MANCINO ROSSANA
Data pubblicazione: 21/12/2022
ORDINANZA
sul ricorso 22909-2021 proposto da:
RETI TELEVISIVE ITALIANE – R.T.I. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 2/B, presso lo studio dell’avvocato FABIO LEPRI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI MEDUGNO, MASSIMILIANO MOLINO e GIUSEPPE ROSSI;
– ricorrente –
contro
AGCOM – AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE TELECOMUNICAZIONI, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3729/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 12/05/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2022 dal Consigliere ROSSANA MANCINO.
FATTI DI CAUSA
1. Con delibera del 2 agosto 2006 l’AGCOM contestava alla società Reti Televisive Italiane S.p.A. (di seguito, R.T.I.) la violazione dell’articolo 4, comma 1, lettera b), d.lgs. 177/2005, per avere diffuso, a mezzo di emittente televisiva, nell’ambito del programma “Grande Fratello”, andato in onda il 4 novembre 2004 a partire dalle ore 21.00, la pronuncia di una bestemmia ed emetteva ordinanza-ingiunzione per il pagamento della sanzione amministrativa di euro 100.000,00.
2. Avverso tale ultimo provvedimento la società R.T.I. proponeva ricorso al TAR del Lazio, chiedendone l’annullamento.
3. La sentenza n. 9821/17 con la quale il TAR del Lazio respingeva il ricorso, veniva gravata da R.T.I. innanzi al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 3729 del 2021, rigettava il gravame.
4. Di seguito gli snodi decisivi della sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la decisione di primo grado:
– ha condiviso l’attribuzione della condotta sanzionata (la pronuncia di espressione blasfema in format televisivo) a culpa in vigilando, derivante da ingiustificato difetto di misure avanzate di controllo, raffreddamento e correzione di vicende anomale o in via di degenerazione nel corso della diffusione televisiva del programma, difetto evidenziato proprio dall’illecito e dalla sua evidente sottovalutazione od omessa previsione (dunque, imperizia e negligenza), al di là degli intenti o dei buoni propositi dei produttori e della stessa emittente;
– ha ritenuto petizioni di principio la predicata estraneità dell’atto illecito del partecipante al contesto del programma giacchè, per volere mostrare tutti i comportamenti dei partecipanti stessi, il fatto, disdicevole in sé, non fu avulso dal predetto contesto;
– l’assenza di causazione dell’emittente nella condotta illecita (ché ciò ne avrebbe connotato la responsabilità a titolo di dolo specifico); l’assenza d’un concreto pericolo per lo sviluppo psichico dei minori (non valendo l’ora tarda per escludere, a priori, tale pregiudizio verso i minori); l’inconfigurabilità della natura astratta del pericolo delineato dalle norme citate che pongono clausole generali di protezione, come quelle ex artt. 2049 e 2050 cod.civ. (cui pure assomigliano);
– ha affermato che, secondo un equo bilanciamento tra il principio di precauzione e il principio di proporzionalità, l’illecito per culpa in vigilando, una volta commesso, non avrebbe potuto che essere sanzionato (come nella specie), rammentando che la sanzione aveva colpito tale mancanza di precauzioni idonee ad evitare il più che probabile pericolo del turpiloquio, pericolo crescente in presenza di scatti incontrollati d’ira, almeno a favore dei soggetti più deboli, quali sono i minori;
– ha ribadito il principio per cui la previsione nazionale introdotta, a tutela degli utenti, dalla disciplina del sistema radiotelevisivo (art.4, co.2 lett. b), d.lgs. n.177 del 2005 che, nel fissare «… la disciplina del sistema radiotelevisivo, a tutela degli utenti, garantisce:… la trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona, essendo, comunque, vietate le trasmissioni che contengono… incitamenti all’odio comunque motivato o che inducono ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità o che, anche in relazione all’orario di trasmissione, possono nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori…»), con il sistema di garanzie e correlati obblighi omeomorfi a quelli scaturenti dal combinato disposto degli artt. 22 e 22-bis della direttiva n.89/552/CEE deve, in particolare, essere intesa alla luce della disciplina UE, sì da riaffermare la distinzione tra fattispecie di pericolo presunto dal legislatore (tali da soggiacere a divieto assoluto di trasmissione) e fattispecie di pericolo concreto, per le quali, riscontrata l’effettività della lesione, come nella specie, il vero rimedio consiste nelle misure cautelative ex ante, proprie della fattispecie ex art. 2050 cod.civ.;
– ha quindi soggiunto che deve trattarsi di rimedi tali da coprire anche i casi in cui gli elementi valorizzati dal legislatore UE (orario di trasmissione; accorgimenti tecnici dell’emittente; parenthal control) dovessero fallire (come l’eventuale presenza d’un sistema di sorveglianza che determini uno stacco o un silenziamento del programma, il quale potrebbe riprendere una volta cessata la parentesi lesiva dei beni da tutelare), onde s’impone la necessaria valutazione della fattispecie alla luce dell’inidoneità delle misure adottate a evitare la reiterazione di episodi simili;
– ha escluso l’evidenza che il mero riferimento all’orario della trasmissione potesse ingenerare, di per sé o in relazione al tipo di programma, una sorta di presunzione assoluta dell’assenza di minori che assistano alle trasmissioni indicate all’art. 22, § 2) della direttiva, come evincibile dall’uso dell’avverbio «normalmente» e della locuzione «scelta dell’ora di trasmissione»;
– ha interpretato la norma di esenzione dal divieto, di cui al § 1), ai soli casi di stretta interpretazione, in cui strutturalmente un programma sia trasmesso in un orario in cui è assai probabile che non vi sia la «normale» presenza di spettatori minorenni e non pure a quello oggetto dell’impugnata sanzione, «… di largo ascolto a interesse progressivamente crescente, che ha avuto inizio in prima serata …» e per i quali debbano essere previsti accorgimenti tecnici (quali, ad esempio, le fasce di protezione; il termine del segmento temporale «televisione per tutti»; segnalazioni sonore a tutela dei minori), non rilevando la circostanza, del tutto casuale, che le espressioni blasfeme e gli
sfoghi aggressivi siano stati pronunciati e siano avvenuti intorno
alla mezzanotte, essendo ben possibile e plausibile la presenza di
minori anche in quella fascia oraria.
5. Propone ricorso Reti Televisive Italiane S.p.A., affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale l’AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni, ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Con i motivi di ricorso R.T.I. chiede la cassazione della sentenza, lamentando eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera del merito; sostituzione ad opera del giudice amministrativo della motivazione del provvedimento gravato; indebita invasione delle attribuzioni della P.A., per avere il Consiglio di Stato indebitamente sovrapposto proprie considerazioni, di schietto merito, e formulato valutazioni di opportunità, espressione di esplicito giudizio di disvalore criticoestetico del genere televisivo reality show, rispetto al contenuto
motivazionale del provvedimento impugnato in ordine all’an dell’illecito contestato, in tal modo esercitando una vera e propria potestà di sostituzione della motivazione amministrativa non prevista dalla legge, laddove l’autorità amministrativa aveva ravvisato un’ipotesi di responsabilità oggettiva ai fini dell’an dell’illecito, prescindendo da qualsiasi analisi dell’elemento soggettivo valorizzato, invece, al diverso fine della quantificazione della sanzione, con particolare riferimento all’opera svolta per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione (primo motivo).
7. Si deduce, con il secondo motivo, difetto di giurisdizione per violazione degli articoli 26, comma 2, e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, in relazione agli artt. 22 e 22-bis, direttiva 89/552/ CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997, per contrasto della pronuncia del Consiglio di Stato con il diritto dell’Unione, per avere assoggettato, in violazione della libertà di prestazione dei servizi radiotelevisivi (ora, di media audiovisivi), la messa in onda di programmi in diretta e, in particolare dei reality show, a misure di carattere tecnico, di fatto non realizzabili, con restrizione della libertà di prestazione dei servizi radiotelevisivi e vizio della sentenza per motivi inerenti alla giurisdizione. Viene avanzata richiesta di procedimento incidentale interpretativo del diritto europeo, con formulazione del quesito incentrato sulla compatibilità della disciplina interna di recepimento affermativa, come nella specie, di responsabilità dell’emittente ove vengano profferite espressioni blasfeme, nel corso di programmi in diretta, qualora non sia adottato sistema di sorveglianza che in tempo reale produca uno stacco e silenziamento del programma fino alla cessazione della parentesi lesiva dei beni da tutelare.
8. Si deduce, infine, con il terzo motivo, difetto di giurisdizione per violazione dell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, dell’art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, dell’art. 21, comma 1, Cost., per avere la sentenza impugnata affermato un equo bilanciamento tra la necessità di salvaguardare la libertà d’espressione, sottesa all’attività audiovisiva, ed esigenze contrastanti, come la tutela dei minori avverso programmi potenzialmente nocivi, non conformandosi a tale premessa l’assoggettamento della liceità dei programmi in diretta, sotto lo specifico profilo delle forme di tutela dei minori e del relativo apparato sanzionatorio, ad un adempimento inesigibile, consistente nell’approntare un immediato ed istantaneo sistema di controllo, quale unica modalità per il rispetto delle norme rilevanti. Si richiede, all’uopo, di promuovere incidente di legittimità costituzionale dell’art. 4, co.1, lett b) e dell’art. 35, d.lgs. n.177 del 2005, nel testo applicabile ratione temporis, ove interpretato nel senso accolto dalla sentenza gravata.
9. Infine, si sollecita la sottoposizione alla Corte di Giustizia dell’UE della questione pregiudiziale di interpretazione dell’art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, con il quesito che si riporta testualmente: «se l’art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE debba essere interpretato nel senso da rendere con esso incompatibile una disposizione nazionale di tutela dei minori che consenta la trasmissione di programmi in diretta (in particolare reality show) esclusivamente in presenza di un sistema di sorveglianza che determini, in tempo reale, uno stacco o silenziamento del programma, il quale potrebbe riprendere una volta cessata la parentesi lesiva dei beni da tutelare» (pag.28 del
ricorso).
10. Il ricorso è inammissibile.
11. In ordine al dedotto eccesso di potere giurisdizionale nei confronti dell’autorità amministrativa per sconfinamento della giurisdizione amministrativa nella sfera delle valutazioni di merito riservate all’Amministrazione, nel duplice profilo dell’indebita sostituzione della motivazione e del compimento di valutazioni di schietta opportunità, va posto in rilievo che nell’impugnata sentenza il giudice ammnistrativo d’appello ha ravvisato la piena legittimità dell’intervento nella specie dall’AGCOM operato nell’esplicazione dei propri poteri in materia. A tale stregua, il giudice amministrativo non si è sostituito a detta Autorità nel valutare l’opportunità e la convenienza dell’atto, nemmeno là dove ha tratteggiato la condotta dell’odierna parte ricorrente.
12. Invero, tenuto conto del consolidato principio nella giurisprudenza di legittimità, il vizio in argomento non è configurabile in relazione a pronunzia, come nella specie, di rigetto dell’impugnazione del provvedimento amministrativo, sostanziandosi essa nella conferma di quest’ultimo e non sostituendosi al medesimo, sicché l’Autorità che l’ha emesso mantiene intatti tutti i poteri che avrebbe avuto se l’atto non fosse stato impugnato, con la sola eccezione di ravvisare in esso i vizi di legittimità ritenuti insussistenti dal giudice amministrativo (v., fra le altre, Cass., Sez. Un., 7 maggio 2021, n. 12155; Cass.,Sez.Un., 6 settembre 2022, n. 26165).
13. Va al riguardo evidenziato che le valutazioni espresse dal giudice amministrativo si appalesano meramente aggiuntive, senza infirmare i poteri e i provvedimenti dell’AGCOM, sicché esse possono eventualmente integrare, al più, la violazione dei meri limiti interni della giurisdizione.
14. Nondimeno va aggiunto, in linea generale, che secondo il consolidato orientamento di queste Sezioni unite, le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti dei riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, riservato alla P.A., compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all’esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o esclusiva, o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso (Cass., S.U., 27 dicembre 2017 n. 30974; Cass., S.U., 3 giugno 2015, n. 11375; Cass., S.U., 9 novembre 2011, n. 23302).
15. Parimenti consolidata risulta essere l’affermazione per cui ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale e, dunque, sugli errori in iudicando e in procedendo, esorbita dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed attiene all’accertamento della fondatezza o meno della domanda (tra le molte, Cass., Sez.Un., 18 gennaio 2005, n. 847, Cass., Sez.Un., 16 febbraio 2009, n. 3688; Cass., Sez.Un., 23 luglio 2015, n. 15476; Cass., Sez.Un., 29 dicembre 2017, n. 31226; Cass., Sez.Un., 27 aprile 2018, n. 10264). E’ da escludere, pertanto, che possa dar luogo alla violazione dei limiti esterni alla giurisdizione il vizio di ultrapetizione (Cass., Sez.Un., 22 aprile 2013, n. 9687), censura che si risolve, pertanto, nella prospettazione di un error in procedendo.
16. A questi principi di carattere generale occorre affiancare quelli espressi in ordine ai limiti sul controllo giurisdizionale relativo ai provvedimenti resi dalle Autorità indipendenti – con peculiare rilievo agli atti sanzionatori di tali Autorità rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – fatta eccezione per le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Consob e dalla Banca d’Italia riservate alla giurisdizione ordinaria (Corte Cost. n. 162/2012, Corte Cost. n. 94/2014). I provvedimenti sanzionatori adottati dalle Autorità indipendenti sono stati a volte considerati come una species dotata di caratteristiche in parte peculiari rispetto al genus del provvedimento amministrativo, venendo in gioco le valutazioni per lo più di natura tecnico discrezionale espresse dall’Autorità in sede di accertamento ed
irrogazione delle sanzioni.
17. Orbene, il Consiglio di Stato ha in varie occasioni ritenuto di potere effettuare un controllo in sede giurisdizionale dei fatti posti a fondamento dei provvedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti – Cons. Stato, 6 maggio 2014, n. 2302; Cons. Stato, 24 febbraio 2016, nn. 743 e 744 – ritenendo che l’accesso al fatto non possa subire alcuna limitazione anche in relazione ad ipotesi complesse, caratterizzate da particolare tecnicismo (Cons. Stato, 2 ottobre 2015, n. 4616).
18. Inoltre, secondo il Consiglio di Stato, il giudice amministrativo è legittimato a sindacare senza alcun limite tutte le valutazioni tecniche – attraverso la contestualizzazione dei concetti indeterminati rilevanti ed il confronto tra il fatto concreto ed il concetto indeterminato rilevante (Cons. Stato n. 2199/2002) – risultando il relativo sindacato pieno e particolarmente penetrante, fino ad estendersi al controllo dell’analisi economica o di altro tipo – anche di fatti complessi opinabili (Cons. Stato n. 4616/2015, Cons. Stato, n. 2302/2014) compiuta dall’Autorità, potendo sia rivalutare le scelte tecniche compiute da quest’ultima, sia “applicare la corretta interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in esame” – Cons. Stato, 8 febbraio 2007, n. 515. V., conf., Cons. Stato, 29 settembre 2009, n. 5864, ove si è dato atto che la giurisdizione amministrativa di ultima istanza, a partire da Cons. Stato, VI, n. 926/2004 e Cons. Stato n. 597/2008, “…ha inteso abbandonare la terminologia, utilizzata in precedenza, “sindacato forte o debole”, per porre l’attenzione unicamente sulla ricerca di un sindacato, certamente non debole, tendente ad un modello comune a livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, in cui è attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare – senza alcuna limitazione – se il potere a tal fine attribuito all’Autorità antitrust sia stato correttamente esercitato.
Tale ultimo orientamento esclude limiti alla tutela giurisdizionale dei soggetti coinvolti dall’attività dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, individuando quale unica preclusione l’impossibilità per il giudice di esercitare direttamente il potere rimesso dal legislatore all’Autorità”.
19. In modo ancora più esplicito a proposito del carattere pieno della giurisdizione del giudice amministrativo Cons. Stato n. 1596/2015, prendendo le mosse dalla giurisprudenza della Corte Edu – Corte edu, 27 novembre 2011, Menarini Diagnostic s.r.l. c. Italia (in materia di sanzioni applicate dall’AGCM) e Corte Edu, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia (in tema di sanzioni applicate dalla Consob) – ha ritenuto che “Nei casi in cui, come accade negli ordinamenti di molti Stati membri, il procedimento amministrativo non offra garanzie equiparabili a quelle del processo giurisdizionale, allora l’art. 6, par. 1 CEDU postula che l’interessato che subisce la sanzione abbia la concreta possibilità di sottoporre la questione relativa alla fondatezza dell’accusa penale contro di lui mossa ad un organo indipendente e imparziale dotato del potere di esercitare un sindacato di full jurisdiction. Il sindacato di full jurisdiction implica, secondo la Corte Europea dei diritti dell’uomo, il potere del giudice di sindacare la fondatezza, l’esattezza e la correttezza delle scelte amministrative così realizzando, di fatto, un continuum tra procedimento amministrativo e procedimento giurisdizionale” (par.18 sent. ult. cit.)
20. Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di pronunziarsi sui limiti esterni del sindacato del giudice amministrativo in tema di provvedimenti sanzionatori adottati dalle Autorità di garanzia, al fine di verificare se l’incisiva verifica giurisdizionale esercitata nei termini declinati dal Consiglio di Stato risulti lesiva dei limiti esterni della giurisdizione, in quanto idonea a invadere le prerogative proprie dell’Autorità.
21. In questo contesto Cass., Sez.Un., n. 1013/2014 ha chiarito che, se al giudice amministrativo non è consentito sostituirsi all’Autorità nelle attività di accertamento ed applicazione della legge con un proprio provvedimento, nondimeno il sindacato giurisdizionale non può dirsi limitato ai profili giuridico-formali dell’atto amministrativo.
22. E’, infatti, la necessità di una tutela giurisdizionale piena a richiedere che anche le eventuali contestazioni in punto di fatto debbano esser risolte dal giudice, quando da tali contestazioni dipenda la legittimità del provvedimento amministrativo che ha inciso sulla posizione giuridica del soggetto.
23. Tali principi sono stati poi completati da queste Sezioni Unite affermando che, quando entra in gioco una valutazione di natura tecnica operata dall’Autorità garante, la verifica del giudice, inserendosi pur sempre in un sindacato di legittimità e non di merito, è destinata ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’amministrazione impedisce d’individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo (Cass.,Sez.Un., n.31311/2021).
24. In questa stessa prospettiva, Cass., Sez.Un., n. 30974/2017 ha ribadito che la non estensione al merito del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità Garante implica che il giudice non possa sostituire con un proprio provvedimento quello adottato da detta Autorità, ma non che il sindacato sia limitato ai profili giuridico-formali dell’atto amministrativo, restandone esclusa ogni eventuale verifica dei presupposti di fatto, ” (…) in quanto la pienezza della tutela giurisdizionale necessariamente comporta che anche le eventuali contestazioni in punto di fatto debbano esser risolte dal giudice, quando da tali contestazioni dipenda la legittimità del provvedimento amministrativo che ha inciso su
posizioni di diritto soggettivo”.
25. In definitiva, la prospettiva segnata da queste Sezioni Unite (v., tra le più recenti, Cass.,Sez.Un., 3 novembre 2021, n. 31311 e 7 maggio 2019, n. 11929), orientata a garantire un corretto bilanciamento fra le esigenze di un organo appositamente costituito per valutare l’incidenza di comportamenti scorretti in ambiti nevralgici della vita socioeconomica del Paese e per ciò stesso dotati di qualificate strutture tecniche ed i diritti dei soggetti sottoposti alle attività di verifica e controllo delle Autorità, tende sicuramente a salvaguardare una sfera di valutazione dell’Autorità alla quale il giudice non può sostituirsi integralmente quando essa involge aspetti di natura tecnico-discrezionale, senza che ciò possa tuttavia giustificare la sottrazione dell’Autorità stessa ad un controllo giurisdizionale di natura piena ed effettiva, direttamente conseguente alla pienezza delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte.
26. Si tratta, a questo punto, di applicare i risultati testè esposti al caso di specie, nel quale vengono in rilievo le sanzioni applicate dall’Autorità garante delle comunicazioni nei confronti dei soggetti che prestano servizi radiotelevisivi.
27. Orbene, le censure dell’Autorità ricorrente si appuntano, inammissibilmente, sul dedotto sconfinamento del controllo giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato che si sarebbe sostituito nelle valutazioni dell’Autorità in ordine all’adozione di un sistema di controllo preventivo dei programmi in diretta, introducendo una restrizione non compatibile con il diritto dell’Unione.
28. Ed invero, il motivo censorio deduce un vero e proprio error iuris nel quale sarebbe incorso il giudice amministrativo valorizzando un elemento, la mancata adozione di un sistema preventivo di controllo, estraneo al parametro normativo rilevante di cui all’art. 4, co.1, lett b) d.lgs. n.177 del 2005, interpretato dall’autorità garante come integrante ipotesi di responsabilità oggettiva.
29. Ora, la sentenza del Consiglio di Stato, nel ritenere legittimo il provvedimento sanzionatorio adottato, non ha in alcun modo travalicato la sfera riservata all’amministrazione nell’attività di individuazione della condotta sanzionata, avendo proceduto allo scrutinio dei fatti posti a base del provvedimento, alla stregua della normativa regolatrice, senza che tale sindacato abbia riguardato valutazioni di natura economica o comunque ambiti di discrezionalità tecnica riservati in via esclusiva all’Autorità.
30. Si è, in definitiva, trattato di un sindacato giurisdizionale pieno ed approfondito, puntualmente rivolto all’individuazione dei presupposti di fatto sottesi all’adozione del provvedimento sanzionatorio correlato alla pronuncia di espressione blasfema nel corso di trasmissione televisiva senza in alcun modo travalicare il potere riservato all’Autorità.
31. La contestazione esposta dall’attuale ricorrente, che evoca il precedente del medesimo plesso giurisdizionale n.2300 del 2020 al quale l’attuale pronuncia ha espressamente fatto riferimento, nel discostarsi motivatamente da quell’approdo prendendo le mosse proprio dalla reiterazione degli episodi in format analoghi (testimoniato dalla vicenda all’esame che ha fatto seguito alla prima simile esaminata nel 2020), si risolve nella postulata erroneità dell’opzione ermeneutica operata dal Consiglio di Stato nel ricondurre la condotta sanzionata fuori dall’alveo della responsabilità oggettiva per attrarla nella specie della colpa in vigilando, il che, tuttavia, non attiene ai limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo riguardando, per converso, i limiti interni riservati a quel plesso giurisdizionale.
32. In definitiva, il giudice amministrativo si è pienamente attenuto al sindacato pieno al medesimo riservato in materia e non si è affatto sostituito all’autorità ricostruendo un’ipotesi alternativa di condotta sanzionata scorretta rispetto a quella fondante l’intervento sanzionatorio dell’Autorità garante.
33. Quanto agli ulteriori motivi e alla rimessione degli atti alla Corte di Giustizia, con richiesta di pronuncia d’ufficio del principio di diritto, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., in ragione della particolare importanza della questione ora sottoposta, rileva la parte ricorrente che la sentenza impugnata, qualora la prassi dell’Autorità resistente e la giurisprudenza amministrativa ne seguissero gli insegnamenti, avrebbe l’effetto di assoggettare le trasmissioni in diretta, non solo reality show, ma qualsiasi programma in cui esista la possibilità di pronuncia estemporanea di bestemmie udibili dai telespettatori (come, ad esempio, partite di calcio od altre competizioni sportive o eventi di piazza), al
rischio di gravose sanzioni amministrative per il mero elemento rappresentato dalla mancata adozione dell’inesistente sistema di controllo preventivo, in tempo reale, prefigurato dal Consiglio di Stato. Ciò costituirebbe, ad avviso della parte ricorrente, una grave violazione delle libertà di prestazione dei servizi e di manifestazione del pensiero, palesemente non proporzionata rispetto a qualsiasi esigenza di tutela dei minori, proprio in virtù della concreta impossibilità di porre in essere le cautele preventive che tale tutela esigerebbe, secondo l’errata interpretazione del Consiglio di Stato (con la conseguente possibilità, come precisato dalla Corte di Giustizia, di avvio di procedura d’infrazione, contro lo Stato, da parte della Commissione Europea).
34. Al riguardo è assorbente il rilievo che l’enunciazione del principio diritto preordinata al mero fine di una rilettura delle norme sanzionatorie onde prevenire che alla sentenza ora gravata si conformino ulteriori decisioni, del pari con la richiesta di sollevare innanzi alla Corte di Giustizia dell’UE questione pregiudiziale di interpretazione dell’art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e di procedimento incidentale interpretativo, ineriscono a profili di pertinenza del plesso giurisdizionale competente sull’illecito sanzionato e sono estranee alla delibazione che l’incisiva verifica giurisdizionale esercitata nei termini declinati dal Consiglio di Stato non sia risultata lesiva dei limiti esterni della giurisdizione, in quanto idonea a invadere le prerogative proprie dell’Autorità.
35. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
36. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in
dispositivo.
37. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 ottobre 2022
LA PRESIDENTE
Allegati:
SS.UU, 21 dicembre 2022, n. 37404, in tema di eccesso di potere giurisdizionale
Nota dell’ Avv. Maurizio Fusco
Sulla competenza a conoscere dell’impugnativa avverso il provvedimento dell’AGCOM che sanziona la diffusione in tv di una bestemmia pronunciata al “Grande Fratello”
1. Il principio di diritto
Le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti dei riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, riservato alla p.a., compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all’esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o esclusiva, o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso.
2. I limiti del sindacato del giudice amministrativo in tema di provvedimenti delle Autorità indipendenti
Con delibera del 02 agosto 2006 l’AGCOM ha contestato a Reti Televisive Italiane S.p.A. (di seguito, “R.T.I.”) la violazione dell’art. 4, c. 1, lett. b), del D.lgs. 177/2005, per avere diffuso, a mezzo di emittente televisiva, nell’ambito del programma “Grande Fratello”, la pronuncia di una bestemmia ed ha emesso ordinanza-ingiunzione per il pagamento della sanzione amministrativa di € 100.000,00.
Avverso tale ultimo provvedimento, R.T.I. ha proposto ricorso al TAR del Lazio, che ha rigettato il gravame al pari del Consiglio di Stato, dal che il ricorso alle Sezioni Unite per una pretesa serie di anomalie, ascrivibili, in buona sostanza, alla categoria dell’eccesso di potere giurisdizionale.
La Cassazione ha precisato che se al giudice amministrativo non è consentito sostituirsi all’Autorità di garanzia nelle attività di accertamento ed applicazione della legge con un proprio provvedimento, nondimeno il sindacato giurisdizionale non può dirsi limitato ai profili giuridico-formali dell’atto amministrativo.
E’, infatti, la necessità di una tutela giurisdizionale piena a richiedere che anche le eventuali contestazioni in punto di fatto debbano esser risolte dal giudice, quando da tali contestazioni dipenda la legittimità del provvedimento amministrativo che ha inciso sulla posizione giuridica del soggetto.
In altre parole, quando entra in gioco una valutazione di natura tecnica operata dall’Autorità Garante, la verifica del giudice, inserendosi pur sempre in un sindacato di legittimità e non di merito, è destinata ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’amministrazione impedisce d’individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo.
Sempre le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 30974/2017, hanno ribadito che la non estensione al merito del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità Garante implica che il giudice non possa sostituire con un proprio provvedimento quello adottato da detta Autorità, ma non che il sindacato sia limitato ai profili giuridico-formali dell’atto amministrativo, restandone esclusa ogni eventuale verifica dei presupposti di fatto.
La pienezza della tutela giurisdizionale, si legge in quel provvedimento, necessariamente comporta che anche le eventuali contestazioni in punto di fatto debbano esser risolte dal giudice, quando da tali contestazioni dipenda la legittimità del provvedimento amministrativo che ha inciso su posizioni di diritto soggettivo.
3. Riflessioni conclusive
Nella specie, precisano le Sezioni Unite, la sentenza del Consiglio di Stato, nel ritenere legittimo il provvedimento sanzionatorio adottato, non ha in alcun modo travalicato la sfera riservata all’amministrazione nell’attività di individuazione della condotta sanzionata, avendo proceduto allo scrutinio dei fatti posti a base del provvedimento, alla stregua della normativa regolatrice, senza che tale sindacato abbia riguardato valutazioni di natura economica o comunque ambiti di discrezionalità tecnica riservati in via esclusiva all’Autorità.
Si è, di fatto, trattato di un sindacato giurisdizionale pieno ed approfondito, puntualmente rivolto all’individuazione dei presupposti di fatto sottesi all’adozione del provvedimento sanzionatorio correlato alla pronuncia di espressione blasfema nel corso di trasmissione televisiva, senza in alcun modo travalicare il potere riservato all’Autorità.
Il ricorso, articolato in tre motivi, è stato quindi dichiarato inammissibile.