Civile Sent. Sez. U Num. 25209 Anno 2020
Presidente: TRIA LUCIA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA
Data pubblicazione: 10/11/2020
SENTENZA
sul ricorso 12921-2017 proposto da:
FIBE S.P.A., in proprio e quale incorporante la FIBE Campania s.p.a., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. D’AREZZO 18, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DE VITO PISCICELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENNIO MAGRI’;
– ricorrente –
contro
MONACO GERARDO, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO MARCO DI SOMMA;
– controricorrente-
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, PCM – UNITA’ TECNICA AMMINISTRATIVA EX ART. 15 OPCM 3920/2011, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrenti successivi –
contro
MONACO GERARDO, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO MARCO DI SOMMA;
– controricorrente –
nonché contro
MONACO ANTONIO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1325/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/03/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2020 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LUCIO CAPASSO, che ha concluso chiedendo affermarsi la giurisdizione del G.A. in accoglimento del ricorso proposto dalle Amministrazioni statali;
udito l’Avvocato Carmela Pluchino per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
Viene proposto ricorso per cassazione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’interno e dalla P.C.M.-Unità tecnica amministrativa ex art. 15 o.p.c.m. n. 3920 del 2011, svolgendo un motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 23 marzo 2017, n. 1325, che ha respinto gli appelli riuniti avverso la decisione di primo grado emessa dal Tribunale della stessa città, la quale aveva accolto la domanda di annullamento, per errore sulla natura del bene avente vocazione edificabile invece che agricola, del contratto di cessione volontaria del fondo concluso tra i signori Monaco e la Fibe s.p.a. in data 13 dicembre 2001, e condannato tale società, in solido con il Commissario delegato per l’emergenza rifiuti per la Regione Campania e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al pagamento della somma di C 402.542,52, con rivalutazione monetaria e interessi.
Viene anche proposto ricorso avverso la medesima sentenza dalla Fibe s.p.a., sulla base di due motivi.
Distinti controricorsi sono stati depositati, nei confronti delle parti predette, dai signori Monaco.
La ricorrente Fibe s.p.a. ha depositato la memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ.
La causa, pervenuta all’udienza dell’8 gennaio 2020 presso la prima Sezione civile, è stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale rimessione alle Sezioni unite dall’ordinanza interlocutoria del 5 marzo 2020, n. 6375, la quale ha individuato la questione di giurisdizione, su cui non ha riscontrato un orientamento univoco delle Sezioni unite, relativa al seguente quesito: «se la domanda di annullamento per errore, essenziale e riconoscibile, di un contratto di cessione volontaria di un immobile soggetto a procedura espropriativa per pubblica utilità, stipulato il 13 dicembre 2001 sia devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo».
La causa è quindi giunta innanzi alle Sezioni unite.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri propone un unico motivo, censurando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1, cod. proc. civ., la sentenza impugnata per avere affermato la giurisdizione del giudice ordinario, in violazione dell’art. 53, comma 1, d.P.R. 8 giugno 2001, 372 [rectius 327]: in tal modo, la corte territoriale avrebbe trascurato il principio di appartenenza della giurisdizione al giudice amministrativo, enunciato dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza 22 dicembre 2011, n. 28343, essendo invero devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie in cui si fa questione di attività di occupazione e di trasformazione di un bene conseguenti alla dichiarazione di p.u., e ciò ancorché il procedimento sia caratterizzato dalla presenza di atti di cessione volontaria, purché vi sia un collegamento con l’esercizio della pubblica funzione. Poiché, nella specie, il privato assume che il procedimento espropriativo non si sia svolto in modo conforme a legge, facendo valere la pretesa risarcitoria per la perdita del fondo derivante dalla irreversibile incorporazione ad un’opera pubblica, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, sebbene siano in astratto configurabili situazioni di diritto soggettivo, non trattandosi comunque di una carenza assoluta di potere.
2. – Il ricorso della Fibe s.p.a. – da qualificare come ricorso incidentale, posto il principio secondo cui, data l’unicità del processo di impugnazione, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo, onde ogni ricorso successivo al primo si converte in ricorso incidentale, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante (da ultimo, Cass. 14 gennaio 2020, n. 448; 20 marzo 2015, n. 5695) – svolge due motivi.
Con il primo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1428, 1429, comma 1, n. 2 e 1431 c.c., nonché del P.R.G. del Comune di S. M. Capua Vetere, adottato con deliberazione consiliare del 22 aprile 1980, n. 443 ed approvato con decreto dell’assessore regionale all’urbanistica della Regione Campania del 22 ottobre 1983, n. 8926, perché la corte territoriale ha infondatamente ritenuto l’area in questione come di natura agricola – al pari di aree limitrofe oggetto delle sentenze n. 3805/15 della medesima corte territoriale e n. 2700/17 del Tar del Lazio – in quanto non è stato completato l’iter di approvazione del piano p.i.p., ed ha ritenuto l’errore riconoscibile, mentre non era tale.
Con il secondo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1388, 1704 e 1720 c.c., nonché omessa pronuncia sulla domanda di manleva e rimborso, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non avendo la corte territoriale dichiarato la carenza di legittimazione passiva di Fibe s.p.a., argomentando nel senso che essa ricorrente avrebbe sottoscritto in proprio l’atto di cessione volontaria, mentre, al contrario, la stessa aveva sottoscritto il contratto in nome e per conto del Commissario di Governo, secondo lo schema del mandato con rappresentanza e senza delega traslativa di poteri, come emerge dalle parole dell’atto, in cui si afferma che i danti causa «cedono e trasferiscono in favore del Presidente della Giunta Regionale della Campania…», ente sempre menzionato nell’atto; in tal modo, inoltre, la corte del merito ha omesso di pronunciare sulla domanda di manleva e rimborso formulata, anzi di fatto ha illegittimamente respinto tale domanda.
3. – La sentenza impugnata, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che:
a) sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e non quella del g.a., sulla base di plurime ragioni: 1) la giurisdizione esclusiva non concerne nella specie la materia dei rifiuti, trattandosi di diritti soggettivi e di un accordo a carattere patrimoniale sull’indennità, laddove l’art. 4 d.l. 23 maggio 2008, n. 90, convertito dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, prevede la giurisdizione del giudice amministrativo solo ove i comportamenti della p.a. siano espressione di un potere autoritativo; 2) l’art. 53 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 non si applica nel caso di specie, essendo stato l’atto di cessione volontaria stipulato il 13 dicembre 2001, dunque prima dell’entrata in vigore di tale norma, onde non può farsi applicazione del principio di riconduzione della giurisdizione al g.a., espresso dall’ordinanza delle Sezioni unite n. 28343 del 2011; 3) la giurisdizione esclusiva non può essere affermata neppure ai sensi della legge n. 241 del 1990, in quanto si tratta del diritto soggettivo all’indennizzo per la perdita del bene; 4) si applica, invece, l’art. 34, comma 1, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 90, e, pertanto, appartiene al giudice ordinario la controversia in cui la p.a. non eserciti, neppure mediatamente, un pubblico potere;
b) sussiste la legittimazione passiva di Fibe s.p.a., la quale ha gestito direttamente la procedura espropriativa ed ha concluso in proprio il contratto, con obbligo quindi, per l’ipotesi di annullamento del medesimo, di provvedere alle restituzioni o al risarcimento per equivalente;
c) il contratto è annullabile per errore sull’oggetto, avente i requisiti della essenzialità e riconoscibilità: infatti, il fondo è inquadrato nel piano regolatore generale, adottato con delibera consiliare 443 del 1980 ed approvato dalla regione il 22 ottobre 1983, incluso in zona “D PIP Industriale ed artigianale”, con intervento subordinato al preventivo piano di insediamento produttivo di cui all’art. 3 I. n. 865 del 1971, esteso ad un’area non inferiore a 15.000 mq.; la mancata adozione del piano, però, non esclude la vocazione edificatoria, posto che tale natura è attribuita dal piano regolatore, anche se il difetto di norme attuative può posticiparne la realizzazione; del resto, lo stesso Comune di S.M. Capua Vetere nella delibera n. 28 del 2009 continua a considerare le aree come edificabili. Ne deriva, in sostanza, che la cessione dell’area è avvenuta sul presupposto errato che si trattasse di area agricola, in tal modo mutando la qualità essenziale del bene, ai sensi dell’art. 1429, comma 1, n. 2, c.c., quale errore di fatto, determinante del consenso e riconoscibile, posto che l’errore si poteva desumere dal contrasto tra il contenuto della cessione volontaria ed il certificato di destinazione urbanistica allegato, in particolare per un acquirente qualificato, qual è il delegato dall’amministrazione alla procedura espropriativa ed a tutte le verifiche urbanistiche, e senza che possa rilevare la bilateralità dell’errore stesso.
4. – Il motivo proposto dal ricorso principale è fondato.
4.1. – L’art. 34 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 affidò alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutta la materia dell’edilizia e dell’urbanistica (norma dichiarata incostituzionale da Corte cost. 28 luglio 2004, n. 281, per eccesso di delega).
La materia «urbanistica ed edilizia» fu nuovamente devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, che sostituì l’art. 34 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, il quale, così, stabilì che fossero «devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia» (comma 1), restando invece rimesse alla giurisdizione del giudice ordinario «le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa» (comma 3).
L’art. 7 della legge n. 205 del 2000, che dunque sostituì l’art. 34 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, entrò in vigore il 10 agosto 2000.
L’art. 53 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, sotto la rubrica di «Disposizioni processuali», stabilì che: «1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico». / 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotto dall’articolo 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per i giudizi aventi per oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità. / 3. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».
L’art. 34 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come risultante nel 2000, è stato oggetto della sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, la quale ha dichiarato «incostituzionale l’art. 34, comma 1, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lett. b), I. 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto “gli atti, i provvedimenti e i comportamenti” anziché “gli atti e i provvedimenti” delle p.a. e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia».
La Corte costituzionale con sentenza in data 11 maggio 2006, n. 191, quindi, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 53, comma 1, d.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «comportamenti delle p.a. e dei soggetti ad esse equiparati», non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.
Infine, l’art. 133 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, Codice del processo amministrativo, ha assegnato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «le controversie in materia di: … 2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni» (art. 133, comma 1, lett. a, n. 2) e «le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa» (art. 133, comma 1, lett. g).
4.2. – L’ordinanza Cass., sez. un., 22 dicembre 2011, n. 28343 richiamata dal motivo, il quale espressamente insiste per l’applicazione del principio da essa enunciato, ha ivi riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 53 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, in quanto il primo comma di tale disposizione espressamente devolve alla giurisdizione esclusiva del medesimo giudice anche le controversie aventi per oggetto gli accordi delle amministrazioni pubbliche.
Pertanto, tale precedente ha ritenuto trattarsi di situazioni soggettive riconducibili ai poteri ablatori riconosciuti alla p.a.
4.3. – Con riguardo alla successione delle ricordate disposizioni, il principio è quello del tempus regit actum, di cui all’art. 5 cod. proc. civ., alla stregua del quale la giurisdizione si determina «con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda».
La norma, dunque, fissa l’epoca determinante la giurisdizione in quella individuata dalla legge vigente al momento della proposizione della domanda.
Dopo la modifica dell’art. 5 cod. proc. civ. ad opera dall’art. 2 I. 26 novembre 1990, n. 353, invero, la giurisdizione è stata determinata con riguardo non solo allo “stato di fatto” esistente al momento della proposizione della domanda, ma anche alla “legge vigente” a tale momento, senza che abbiano rilevanza i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo: onde la perpetuatio iurisdictionis opera anche con riguardo alle modifiche normative sopravvenute alla proposizione della domanda giudiziale (e salve le modificazioni normative, intervenute in corso di causa, che al contrario attribuiscano al giudice adìto il concreto potere che ad esso mancava al momento della domanda) (così, e multis, Cass., sez. un., 23 novembre 2012, n. 20726).
Il principio sancito dall’art. 5 cod. proc. civ. trova la sua ragion d’essere nelle esigenze di economia processuale, ricevendo applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adìto e non anche quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto comporti l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo, dovendosi in questo caso confermare la sua giurisdizione (Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 8999, fra le altre).
Si veda, sul punto, anche quanto affermato dal giudice delle leggi, che ebbe a statuire come «non …implausibile la tesi per cui l’art. 53, in quanto norma processuale …(, troverebbe applicazione nei giudizi aventi ad oggetto fattispecie non governate, quanto al diritto sostanziale, dal d.p.r. n. 327 del 2001» (così Corte cost. 11 maggio 2006, n. 191).
4.4. – Nel caso in esame, l’atto di citazione è stato notificato il 4 febbraio 2006, onde nel riparto di giurisdizione trova applicazione l’art. 53, comma 1, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (la cui entrata in vigore fu stabilita al 1.1.2002 ed in séguito prorogata al 30.6.2003): invero, tale disposizione, quale norma processuale, si applica ai giudizi intrapresi sotto la sua vigenza, sia pur quando, di per sé, la situazione sostanziale non sia retta dal d.P.R. n. 327 del 2001 (cfr. anche Corte cost. n. 191 del 2006, citata).
Peraltro, le deduzioni esposte nel ricorso vanno riferite alla norma de qua, dovendo darsi rilievo alle complessive considerazioni in diritto in esso svolte, che espongono chiaramente i presupposti della invocata declaratoria sulla giurisdizione.
4.5. – Deve, pertanto, farsi applicazione del principio di cui alle menzionate Sezioni unite n. 28343 del 2011, secondo cui appartiene al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in tema di cessione volontaria, che tiene luogo del provvedimento amministrativo, trattandosi pur sempre di espressione indiretta di posizione autoritativa, dovendosi ribadire il principio di diritto secondo cui Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 53 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, applicabile in virtù del principio processuale tempus regit actum, con riguardo alla domanda di annullamento per errore di una cessione volontaria di area esproprianda, con le consequenziali domande di restituzione del bene o pagamento di una somma pari al valore venale dello stesso, in quanto il primo comma di tale disposizione espressamente devolve alla giurisdizione esclusiva del medesimo giudice anche le controversie aventi per oggetto gli accordi delle amministrazioni pubbliche, trattandosi di situazioni soggettive riconducibili ai poteri ablatori riconosciuti alla p.a.
Il criterio, in definitiva, resta quello a suo tempo enunciato dal giudice delle leggi, secondo cui l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria si fonda sull’esigenza, «coerente con i principi costituzionali di cui agli art. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica», ciò non potendo valere solo quanto non sia questione, neppure mediata, di esercizio del potere di cura dell’interesse pubblico (cfr. Corte cost. 11 maggio 2006, n. 191).
5. – Il ricorso incidentale della Fibe s.p.a. è assorbito.
6. – La sentenza impugnata va dunque cassata, con declaratoria la giurisdizione del giudice amministrativo, davanti al quale vanno rimesse le parti.
7. – Le spese dell’intero giudizio ordinario sono compensate fra le parti.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, davanti al quale rimette le parti; compensa le spese dell’intero giudizio fra le parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 20 ottobre 2020.
Il Presidente
Angelo Spirito
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 05 marzo 2020, n. 6375, per SS.UU, 10 novembre 2020, n. 25209, in tema di espropriazione per pubblica utilità
SS.UU, 10 novembre 2020, n. 25209, in tema di espropriazione per pubblica utilità
Nota dell'Avv. Maurizio Fusco
E’ devoluta al giudice amministrativo la domanda di annullamento per errore della cessione volontaria di un’area oggetto di esproprio
1. Il principio di diritto
Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 53 del D.P.R. 327/2001, applicabile in virtù del principio processuale tempus regit actum, con riguardo alla domanda di annullamento per errore di una cessione volontaria di un’area esproprianda, con le consequenziali domande di restituzione del bene o pagamento di una somma pari al valore venale dello stesso, in quanto il c. 1 di tale disposizione espressamente devolve alla giurisdizione esclusiva del medesimo giudice anche le controversie aventi ad oggetto gli accordi delle amministrazioni pubbliche, trattandosi di situazioni soggettive riconducibili ai poteri ablatori riconosciuti alla p.a..
2. La questione di massima di particolare importanza
L’ordinanza interlocutoria ha riscontrato un orientamento non univoco delle Sezioni Unite in relazione al seguente quesito: “se la domanda di annullamento per errore, essenziale e riconoscibile, di un contratto di cessione volontaria di un immobile soggetto a procedura espropriativa per pubblica utilità, stipulato il 13 dicembre 2001, sia devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo”.
3. Riflessioni conclusive
La Suprema Corte fa applicazione del principio già espresso dalla pronuncia (sempre a Sezioni Unite) del 2011, n. 28343, secondo cui appartiene al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in tema di cessione volontaria, che tiene luogo del provvedimento amministrativo, trattandosi pur sempre di espressione indiretta di posizione autoritativa.
Il criterio adottato è, in definitiva, quello a suo tempo enunciato dal giudice delle leggi, secondo cui l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria si fonda sull’esigenza, “coerente con i principi costituzionali di cui agli articoli 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica”, ciò non potendo valere solo quando non sia questione, neppure mediata, di esercizio del potere di cura dell’interesse pubblico (cfr., Corte Cost., 11 maggio 2006, n. 191).
Di sicuro rilievo, infine, la puntuale ricostruzione del quadro normativo di riferimento.