Civile Ord. Sez. U Num. 8568 Anno 2021
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: VINCENTI ENZO
Data pubblicazione: 26/03/2021
ORDINANZA
sul ricorso 34325-2018 proposto da:
COMUNE DI MILAZZO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALFONSO M. PARISI;
– ricorrente –
contro
BONACCORSI LORENZO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FARA SABINA 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DE MATTIA, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO RUGGERI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 620/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 26/06/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/03/2021 dal Consigliere ENZO VINCENTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ALESSANDRO PEPE, il quale chiede che la Corte di cassazione accolga il primo motivo di ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice amministrativo, con rimessione ad esso della controversia.
RITENUTO CHE:
1. – Lorenzo Bonaccorsi, con citazione del novembre 2008, convenne in giudizio il Comune di Milazzo per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della perdita della proprietà della superficie di 800 mq di terreno del proprio fondo rustico in via Trinità Contrada Paradiso, irreversibilmente destinata a strada pubblica “Trinità-Misericordia”, deducendo essersi verificata un’occupazione usurpativa a seguito della delibera, di approvazione del progetto dell’opera pubblica, n. 195 dell’Il febbraio 1981 adottata dal Comune convenuto, la quale non conteneva, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, l’indicazione dell’inizio e del termine dei lavori.
1.1. – L’adito Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sezione distaccata di Milazzo, con sentenza del marzo 2011, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo.
2. – Il gravame interposto dal Bonaccorsi avverso tale decisione veniva accolto dalla Corte di appello di Messina che, con sentenza resa pubblica il 26 giugno 2018, dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario e, ai sensi dell’art. 353 c.p.c., rimetteva le parti dinanzi al giudice di primo grado.
2.1. – La Corte territoriale riteneva, segnatamente, che il provvedimento contenente la dichiarazione di pubblica utilità priva dei termini per il compimento delle espropriazioni e dell’opera, ex art. 13 della legge n. 2359 del 1865, fosse radicalmente nullo ed inefficace, tale da configurare l’occupazione delle aree oggetto della dichiarazione anzidetta come comportamento meramente materiale, non collegabile ad esercizio anche abusivo di pubblici poteri, con la conseguenza che l’appropriazione definitiva delle aree era da ritenersi occupazione usurpativa.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Comune di Milazzo sulla base di cinque motivi, di cui soltanto il primo attinente alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c.
Resiste con controricorso Lorenzo Bonaccorsi.
Il Comune di Milazzo ha depositato memoria e il pubblico ministero le proprie conclusioni scritte, con le quali chiede, in accoglimento del primo motivo di ricorso, che venga dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.
CONSIDERATO CHE:
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c., violazione degli artt. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 in riferimento all’art. 53 del d.l. n. 325 del 2001, trasfuso nel d.P.R. n. 327 del 2001, per aver la Corte territoriale erroneamente dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla causa di risarcimento danni promossa dal Bonaccorsi, spettandone la cognizione al giudice amministrativo, giacché il comportamento tenuto dall’Amministrazione era da ritenersi connesso all’esercizio di pubblici poteri, in quanto la procedura, volta prima all’occupazione e poi all’espropriazione del terreno dell’attore, sebbene non conclusasi con un decreto di espropriazione, era stata avviata con l’approvazione del progetto dell’opera pubblica accompagnato dalla dichiarazione di pubblica utilità.
2. – Con gli ulteriori quattro motivi di ricorso si deduce: a) la violazione dell’art. 2947, primo comma, c.c. per intervenuta prescrizione del diritto di parte attrice; b) la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 2 e n. 5, c.p.c. per carenza di legittimazione attiva del Bonaccorsi; c) violazione dell’art. 1176 c.c. per aver il Comune adempiuto integralmente alla propria obbligazione e, comunque, per essere errata la pronuncia sul quantum debeatur; d) violazione degli artt. 1173, 1176, 2043 e 2947 c.c., per aver parte attrice abdicato al diritto di proprietà, con conseguente prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
2.1. – Il Comune ricorrente eccepisce, inoltre, che il Bonaccorsi sarebbe decaduto dall’impugnazione in appello in riferimento “a tutte le altre domande formulate in sede di giudizio di primo grado”, avendo esso proposto unicamente un motivo di gravame sulla questione di giurisdizione (cfr. p. 19 del ricorso).
3. – Preliminare è l’esame di quest’ultima censura, giacché – come rilevato da queste Sezioni Unite in controversia sorta su vicenda identica (cfr. Cass., S.U., 22 ottobre 2020, n. 23595) – con essa si tende a ottenere la stabilizzazione della sentenza di primo grado in base alla ritenuta inammissibilità dell’impugnazione a suo tempo proposta.
La doglianza è, però, inammissibile, poiché il principio evocato dal ricorrente non è pertinente al caso in esame: esso, infatti, “riguarda il ben distinto caso in cui l’appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole (anche) nel merito (ex aliis Cass. n. 24612-15, Cass. n. 11299-18). Tale principio non si attaglia al caso specifico, nel quale la sentenza di primo grado si è limitata a declinare la giurisdizione. In proposito va osservato che l’impugnazione è sempre ammissibile ove i vizi di rito denunciati impongano, se fondati, la rimessione del procedimento al primo giudice ex artt. 353 e 354 c.p.c.” (così la citata Cass., S.U., n. 23595/2020).
4. – E’, invece, fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi che non attengono alla questione di giurisdizione, ma al merito della controversia.
E’ fatto incontroverso che un’area del terreno di proprietà di Lorenzo Bonaccorsi (sita alla via Trinità Contrada Paradiso) è stata oggetto di irreversibile trasformazione in strada pubblica (“Trinità- Misericordia”) all’esito di procedura espropriativa (poi non conclusasi con il relativo decreto) originata da delibera n. 195 dell’Il febbraio 1981 del Comune di Milazzo con la quale veniva approvato il progetto dell’opera pubblica, accompagnata da dichiarazione di pubblica utilità, che non conteneva, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, l’indicazione dell’inizio e del termine dei lavori.
Di qui la domanda risarcitoria dello stesso Bonaccorsi per la perdita di detta porzione della sua proprietà, che è stata proposta con atto di citazione del novembre 2008 e che, dunque, è soggetta, ratione temporis, alla disciplina dettata dall’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7, comma primo, lett. b), della legge n. 205 del 2000.
In riferimento a tale disciplina, è ormai principio consolidato (cfr. Cass., S.U., 30 maggio 2014, n. 12178; Cass., S.U., 25 luglio 2016, n. 15284; Cass., S.U., 29 gennaio 2018, n. 2145; Cass., S.U., 16 aprile 2018, n. 9334; Cass., S.U., 17 settembre 2019, n. 23102; Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31028; Cass., S.U., 19 marzo 2020, n. 7454) – al quale il Collegio intende dare continuità – quello per cui, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e 191 del 2006, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie risarcitorie promosse in epoca successiva al 10 agosto 2000, aventi ad oggetto occupazioni illegittime preordinate all’espropriazione e realizzate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile come tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, e ciò anche nel caso in cui l’ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione, nonché la sua irreversibile trasformazione, siano avvenute senza alcun titolo che le consentisse, ovvero nonostante il venir meno di detto titolo.
Tale giurisdizione non trova giustificazione nell’idoneità della dichiarazione di pubblica utilità a determinare l’affievolimento del diritto di proprietà, e quindi nella configurabilità della posizione giuridica del proprietario come interesse legittimo, ma nella riconducibilità della fattispecie alla materia urbanistico-edilizia, come definita dall’art. 7 citato, in forza della quale spettano alla cognizione del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere da parte della Pubblica Amministrazione, quali che siano i diritti (reali o personali) fatti valere nei confronti di quest’ultima, nonché la natura (restitutoria o risarcitoria) della pretesa avanzata.
Essa si estende, quindi, a tutte le ipotesi in cui l’esercizio del potere si è manifestato con l’adozione della dichiarazione di pubblica utilità, anche se poi quest’ultima sia stata annullata da parte della stessa autorità amministrativa che l’ha emessa o dal giudice amministrativo, oppure la sua efficacia sia altrimenti venuta meno, o ancora l’apprensione e/o l’irreversibile trasformazione del fondo abbiano avuto luogo in assenza di titolo o in virtù di un titolo a sua volta caducato.
Dunque, l’esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per ritenere che l’apprensione l’utilizzazione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Né può assumere rilievo, ai fini che qui segnatamente interessano, la circostanza che la delibera di approvazione del progetto non recasse l’indicazione dei termini di cui all’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, trattandosi di una omissione che, pur comportando l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, non è di per sé idonea ad escludere il collegamento dell’occupazione e della successiva trasformazione del suolo con un fine di pubblico interesse legalmente dichiarato.
5. – All’accoglimento del primo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata, con declaratoria di spettanza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla causa risarcitoria promossa dal Bonaccorsi.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio, essendosi la giurisprudenza di legittimità consolidata nel senso anzidetto successivamente all’introduzione della causa.
PER QUESTI MOTIVI
accoglie il primo motivo e dichiara in parte inammissibili e in parte assorbiti i restanti motivi, nei termini di cui in motivazione;
cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, dinanzi al quale rimette le parti;
compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di Cassazione, il 9 marzo 2021.
Allegati:
SS.UU, 26 marzo 2021, n. 8568, in tema di espropriazione per pubblica utilità
Nota dell'Avv. Maurizio Fusco
È devoluta al giudice amministrativo la controversia risarcitoria avente ad oggetto una occupazione usurpativa (preordinata all’esproprio) non rispettosa dell’iter imposto dalla legge
1. Il principio di diritto
A seguito delle sentenze della Corte Costituzionale 06 luglio 2004, n. 204, e 11 maggio 2006, n. 191, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie risarcitorie promosse in epoca successiva al 10 agosto 2000, aventi ad oggetto occupazioni illegittime preordinate all’espropriazione e realizzate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile come tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, e ciò anche nel caso in cui l’ingerenza nella proprietà privata, nonché la sua irreversibile trasformazione, siano avvenute senza alcun titolo che le consentisse, ovvero nonostante il venir meno di detto titolo.
2. Le argomentazioni (ed il richiamo ad un principio consolidato)
La giurisdizione del giudice amministrativo non trova giustificazione nella idoneità della dichiarazione di pubblica utilità a determinare l’affievolimento del diritto di proprietà, e quindi alla configurabilità della posizione giuridica del proprietario con interesse legittimo, ma nella riconducibilità della fattispecie alla materia urbanistico-edilizia, come definita all’art. 7, c. 1, lett. b, della L. 205/2000, in forza del quale spettano alla cognizione del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere da parte della p.a., quali che siano i diritti (reali o personali) nei confronti di quest’ultima, nonché la natura (risarcitoria o restitutoria) della pretesa avanzata.
3. Riflessioni conclusive
L’esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione imprescindibile per ritenere che l’apprensione e l’irreversibile trasformazione del bene in proprietà privata da parte della p.a. siano riconducibili ad un concreto esercizio del potere autoritativo, quale presupposto necessario per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Questa si estende a tutte le ipotesi in cui l’esercizio del potere si è manifestato con l’adozione della dichiarazione di pubblica utilità, anche se poi quest’ultima sia stata annullata da parte della stessa autorità che l’ha messa o dal giudice amministrativo, oppure la sua efficacia sia altrimenti venuta meno, o ancora (è il caso di specie) l’apprensione e/o l’irreversibile trasformazione del fondo abbiano avuto luogo in assenza di titolo o in virtù di un titolo a sua volta caducato.