Civile Ord. Sez. U Num. 19571 Anno 2023
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: FALASCHI MILENA
Data pubblicazione: 10/07/2023
ORDINANZA
sul ricorso 20821-2018 proposto da:
BENELLI Q.J. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CANFORA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO MACARIO e ROBERTO FABIO LIPARI;
– ricorrente –
contro
LEONE DESIDERIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12, presso lo studio dell’avvocato ZOSIMA VECCHIO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO MARINACCIO;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 3098/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 05/07/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2023 dal Consigliere MILENA FALASCHI.
RITENUTO IN FATTO
Desiderio Leone chiedeva alla Corte di appello di Ancona di dichiarare valida ed efficace nello Stato Italiano la sentenza emessa dal Giudice brasiliano il 14.09.2009 che aveva accolto una domanda proposta dalla Moto LTDA di risoluzione di un contratto di distribuzione del 20.08.2006, in forza del quale era stato autorizzato a importare, commercializzare e prestare servizi di prodotti fabbricati dalla Benelli Q.J. s.r.l. per inadempimento della medesima convenuta, condannata al risarcimento del danno da lucro cessante riconosciuto nella somma di 5.300.00,00 real brasiliano e del danno morale determinato in 500.000,00 real, oltre interessi al tasso di mora dell’1% mensile, e di dichiararne l’esecutività.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della Benelli Q.J. s.r.l., che sollevava eccezione di litispendenza con altro giudizio pendente innanzi al Tribunale di Milano – avente ad oggetto accertamento negativo delle dedotte obbligazioni – e di continenza o, in subordine, di sospensione ex art. 295 c.p.c., la Corte distrettuale, con ordinanza n. 3098/2018 del 5 luglio 2018, dichiarava l’efficacia e l’esecutività della suddetta sentenza brasiliana, evidenziando che nelle more del giudizio in Brasile, la Moto LTDA con contratto del 2009 aveva ceduto al Leone i diritti derivanti dall’azione promossa nei confronti della Benelli – sostituzione autorizzata dal Giudice – e che successivamente, con sentenza del 2016, il Tribunale di Pesaro aveva dichiarato il fallimento della Benelli s.r.l., insinuato il credito del Leone allo stato passivo, in chirografo, per euro 1.862.678,19, sulla base della suddetta sentenza brasiliana, fallimento che comunque veniva revocato con sentenza del 2016. Aggiungeva che andava disattesa l’eccezione di litispendenza e di continenza con l’altra causa, poiché la competenza a giudicare sui presupposti del riconoscimento della sentenza straniera, ai sensi dell’art. 67, commi 1 e 2 legge n. 218 del 1995, competeva alla Corte d’appello di Ancona quale luogo di attuazione della sentenza, come ribadito dall’art. 30 d.lgs. n. 150 del 2011.
Osservava, inoltre, che l’art. 18 del Trattato italobrasiliano subordinava il riconoscimento della sentenza alla condizione che essa “concerna materia che non rientra nella competenza giurisdizionale esclusiva della parte richiesta ovvero di uno Stato terzo in base alla legge della parte stessa o di un trattato tra questa parte ed uno Stato terzo”, con la conseguenza che occorreva valutare se la sentenza del Tribunale di San Paolo vertesse su una materia riservata, ai sensi della legge italiana, alla competenza giurisdizionale esclusiva del giudice italiano.
Invero il contenzioso riguardava rapporto commerciale che doveva essere adempiuto ed eseguito in Brasile, che era stato risolto dal Giudice brasiliano per inadempimento della società italiana, accordo in forza del quale le parti avevano eletto come foro esclusivo per la risoluzione delle controversie il Tribunale di Milano. In virtù di siffatta clausola andava sicuramente ravvisata la giurisdizione dello Stato italiano alla luce della previsione di cui all’art. 4, comma 1 legge n. 218 del 1995, ma non anche la sua giurisdizione esclusiva, attraverso il rinvio presente nell’art. 3, comma 2 legge cit. che riconosceva tra i criteri di attribuzione della giurisdizione italiana anche quelli contenuti nelle sezioni 2, 3, 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles, tra i quali assumeva particolare rilievo quello di cui all’art. 5, il quale stabiliva che il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente poteva essere citato in un altro Stato contraente, e, in materia contrattuale, davanti al Giudice del “luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita”. Con la conseguenza che applicando l’art. 64 legge cit., la giurisdizione del giudice straniero che aveva pronunciato la sentenza de qua doveva ritenersi sussistente non solo quando nel Paese straniero il convenuto aveva la residenza o il domicilio o un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, ma anche nella ricorrenza di uno dei criteri di collegamento previsti dall’art. 3, commi 2 e 4 legge cit. e dunque anche nell’ipotesi in cui la competenza devava essere affermata secondo i criteri stabiliti dalle citate sezioni della Convenzione di Bruxelles del 1968, a prescindere dal fatto che la decisione fosse stata emessa da un giudice aderente alla Convenzione medesima, come nel caso in esame il giudice brasiliano.
La circostanza, poi, che le parti avessero con clausola di elezione del foro esclusivo attribuito convenzionalmente la giurisdizione in via esclusiva al giudice italiano non faceva venire meno la competenza concorrente del Giudice straniero del luogo di esecuzione dell’obbligazione, in quanto tale clausola non poteva radicare una giurisdizione esclusiva del giudice italiano in mancanza di una norma che rendesse recessivo ogni altro criterio attributivo di giurisdizione e considerando, altresì, che nel nostro ordinamento l’art. 7 legge n. 218/1995, sulla pendenza di un processo straniero, contemplava la possibilità di giurisdizioni concorrenti. Aggiungeva che la sentenza brasiliana era conforme ai principi dell’ordine pubblico, anche nella parte relativa alla liquidazione del danno morale, declinato, altresì, nella funzione punitiva nel senso che essa aveva costituito uno degli elementi utilizzati per la liquidazione equitativa di tale danno, sicché era da escludere che tale risarcimento concretizzasse profili di danno punitivo in senso tecnico, rilevando ancora che nel nostro ordinamento era riconosciuto il danno morale anche a favore delle persone giuridiche, prescindendo dalla sussistenza di un fatto costituente reato. Né era riscontrabile un contrasto con l’ordine pubblico nella asserita abnormità della somma liquidata a titolo di danno morale, trattandosi solo di una difformità contenutistica con la norma straniera e non anche di norma contraria ai principi fondamentali del nostro ordinamento.
La Benelli Q.J. s.r.l. ricorreva in cassazione avverso la sentenza di delibazione, sulla base di due motivi, cui resisteva il Leone con controricorso.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis c.p.c., avanti alla Prima Sezione civile. All’esito dell’adunanza camerale fissata al 25.05.2022, con ordinanza interlocutoria n. 31385 del 2022 depositata il 24.10.2022, la causa veniva rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ai sensi degli artt. 374, comma 1 e 362 c.p.c. venendo posta una questione di giurisdizione dello Stato italiano.
Le conclusioni scritte depositate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Corrado Mistri, sono nel senso dell’inammissibilità ovvero del rigetto del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale del 7 febbraio 2023 entrambe le parti hanno curato il deposito di memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 18, lett. A, e 21 l. n. 336/93, 64, lett. e), legge n. 218/95, 25 regolamento UE 1512/12, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto la giurisdizione del giudice straniero sulla scorta del criterio del luogo in cui deve essere adempiuta l’obbligazione, nonostante la previsione di un foro esclusivo convenzionale in favore del giudice italiano risultante da atto scritto. Al riguardo, la ricorrente espone che la giurisdizione italiana s’imponeva in virtù dello stesso art. 18 del trattato, non sulla base della Convenzione di Bruxelles richiamata nella ordinanza impugnata, bensì dell’art. 24 del regolamento CE n.44/2001 e, all’attualità, dell’art. 25 reg. n. 1512/12 che attribuisce la competenza a conoscere di una controversia nata da un determinato rapporto giuridico all’autorità giurisdizionale di uno Stato membro convenuta dalle parti, salvo che l’accordo sia nullo dal punto di vista della validità sostanziale secondo la legge di tale Stato membro. Pertanto, la ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia ritenuto invece sussistere la giurisdizione del giudice brasiliano a conoscere la causa – del cui riconoscimento si controverte – applicando l’art. 5 della Convenzione di Bruxelles, anziché il suddetto art. 25.
Il motivo è fondato per quanto di seguito verrà illustrato.
Va innanzitutto individuata la normativa che trova applicazione nel rapporto dedotto in giudizio e sul quale si è pronunciato il Tribunale di San Paolo del Brasile, giacchè ai sensi dell’art. 1 della legge 18 agosto 1993 n. 336, di ratifica del Trattato relativo all’assistenza giudiziaria ed al riconoscimento ed esecuzione delle sentenze in materia civile tra l’Italia ed il Brasile, è previsto che: «1. Le disposizioni del presente Trattato si applicano a tutte le materie oggetto del diritto civile, ivi comprese quelle oggetto del diritto commerciale, del diritto di famiglia e del diritto del lavoro. 2. (…) 3. Ciascuna Parte riconosce e dichiara esecutive, secondo quanto previsto dal presente Trattato, le sentenze emesse in materia civile dalle Autorità Giudiziarie dell’altra Parte nonchè le disposizioni concernenti il risarcimento dei danni e la restituzione dei beni contenute in sentenze penali. 4. (…)», a condizione che «(…) a) la sentenza concerna materia che non rientra nella competenza giurisdizionale esclusiva della Parte richiesta, ovvero di uno Stato terzo, in base alla legge della Parte stessa o di un Trattato tra questa Parte ed uno Stato terzo» (art. 18).
Per la tecnica del riconoscimento automatico della res judicata straniera, secondo i principi propri del diritto italiano, ai sensi degli artt. 64 e 65 della legge n. 218 del 1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), occorre dunque preliminarmente accertare che vi sia la giurisdizione ovvero la competenza giurisdizionale del giudice brasiliano che ha pronunciato il provvedimento di cui si chiede la delibazione.
Va premesso al riguardo che la Corte di cassazione quando decide una questione di giurisdizione “statuisce” su di essa ex art. 382, comma 1 c.p.c., individuando il giudice fornito di potere giurisdizionale in relazione a quella specifica controversia, e, se riscontra il vizio denunciato, sostituisce la propria alla statuizione cassata, procedendo ad una diretta applicazione nel caso concreto della legge processuale. Da ciò deriva che in detta ipotesi, come in ogni altro caso in cui la censura abbia ad oggetto la violazione di una norma processuale, la Corte è anche il giudice del fatto, in quanto l’applicazione della norma postula la verifica dell’esistenza nel caso concreto della fattispecie astrattamente prevista dal legislatore ed ha, pertanto, il potere di procedere al diretto esame degli atti e delle risultanze processuali onde acquisire gli elementi di giudizio necessari per la soluzione della questione sottoposta al suo esame (v. in termini, Cass., Sez. Un., 31 luglio 2018 n. 20349; Cass., Sez. Un., 8 giugno 2007 n. 13397; Cass., Sez. Un., 10 luglio 2003 n. 10840).
Ciò posto, il secondo comma dell’art. 3 (Ambito della giurisdizione) della legge 31 maggio 1995 n. 218 statuisce che la giurisdizione italiana sussiste (oltre che nei casi di cui al primo comma, collegati al domicilio o alla residenza in Italia del convenuto, o all’esistenza di un suo rappresentante ex art. 77 c.p.c., o comunque previsti dalla legge) “in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l’Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione (…)”
Di recente sul punto questo Supremo consesso, superando definitivamente l’orientamento che era nel senso di non riconoscere alcun effetto giuridico al fenomeno di c.d. comunitarizzazione della Convenzione nel contesto in esame (v. Cass., Sez. Un., 21 ottobre 2009 n. 22239), ha affermato che per dare attuazione ad un processo comunitario di uniformazione del diritto internazionale privato sia per le controversie intracomunitarie e che per le controversie denotanti elementi di estraneità rispetto all’Unione, perché collegate a Stati terzi, sono intervenuti l’art. 68 del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 e l’art. 68 del Regolamento (UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012 n. 1215 (abrogativo del primo regolamento ed applicabile, salvo alcune sue disposizioni, a decorrere dal 10 gennaio 2015), concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, con cui si specifica che le disposizioni della convenzione di Bruxelles sono sostituite, tra gli Stati membri, dal rispettivo regolamento e che “ogni riferimento a tale convenzione si intende fatto al presente regolamento”. E ciò ha dato luogo ad una “modificazione in vigore per l’Italia” della Convenzione di Bruxelles, agli effetti dell’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995 n. 218, con la conseguenza che la Convenzione di Bruxelles del 1968, nazionalizzata dall’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995 n. 218, si intende ormai trasfusa nel Regolamento (UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, n. 1215 (restando le disposizioni di quella convenzione operanti per i soli territori degli Stati membri UE che rientrano nell’ambito di applicazione territoriale di tale convenzione e che sono esclusi dal regolamento ai sensi dell’articolo 355 TFUE) (v. in termini, Cass., Sez. Un., 25 giugno 2021 n. 18299; altro precedente significativo si trova in Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2013 n. 4211, che configurano il rinvio operato dall’art. 3 di natura recettizia materiale in quanto il legislatore espressamente richiede un adeguamento “alle successive modifiche in vigore per l’Italia”).
Al riguardo, la Corte di Giustizia UE ha chiarito che il regolamento n. 1215/2012 ha abrogato e sostituito il regolamento n. 44/2001 che aveva, a sua volta, sostituito la Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalle successive convenzioni relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione, sicché l’interpretazione fornita dalla Corte circa le disposizioni di questi ultimi strumenti giuridici vale anche per il regolamento n. 1215/2012 quando tali disposizioni possono essere qualificate come «equivalenti» (sentenza del 3 settembre 2020, Supreme Site Services GmbH-Supreme Headquarters Allied Powers Europe, C-186/19; sentenza del 29 luglio 2019, Tibor-Trans, C-451/18).
Come peraltro già ai sensi dell’art. 4 della Convenzione di Bruxelles, l’art. 6 del Regolamento (UE) n. 1215/2012, stabilisce che, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la competenza delle autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro è disciplinata dalla legge di tale Stato (salva l’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, dell’articolo 21, paragrafo 2, e degli articoli 24 e 25).
La legge dello Stato italiano alla quale rinvia l’art. 6 del Regolamento n. 1215/2012 è costituita, appunto, dell’art. 3 della legge 31 maggio 1995 n. 218, il quale, al secondo comma, per le materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, “anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente”, disciplina la giurisdizione secondo i criteri stabiliti dalla medesima Convenzione e dalle sue successive modificazioni in vigore per l’Italia. Se la controversia attiene a materie comprese nella Convenzione di Bruxelles (e successive modifiche contenute nei regolamenti n. 44/2001 e n. 1215/2012), la citazione in giudizio in Italia di un convenuto domiciliato in uno Stato non europeo è giustificata, dunque, non in forza di applicabilità diretta della Convenzione, ma in virtù del rinvio che la legge italiana fa ad essa. Inoltre è stato affermato che, alla stregua dell’art. 3, comma 2 della legge 31 maggio 1995 n. 218, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la giurisdizione italiana, quando si tratti di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215/2012, il quale ha sostituito il regolamento n. 44/2001 che aveva, a sua volta, sostituito la Convenzione.
Tale era l’approdo cui era pervenuta già Cass. Sez. Un., 20.02.2013 n. 4211 (cit.), dichiarando la giurisdizione del giudice italiano in causa che vedeva quale convenuta una società con sede in San Marino, in nome dell’applicabilità delle disposizioni del Regolamento CE n. 44 del 2001, richiamato dall’art. 3, comma 2 della legge 31 maggio 1995, n. 218. Ad identica conclusione è giunta Cass., Sez. Un., 13.12.2018 n. 32362, in relazione a causa in cui una società italiana domandava ad una società venezuelana il pagamento del corrispettivo di una compravendita, nel senso che, in forza dell’art. 3, comma 2 della legge n. 218 del 1995, dovesse dirsi ora applicabile l’art. 7, lett. b), primo trattino, del Regolamento UE 12 dicembre 2012 n. 1215, sostitutivo dell’art. 5, n. 1, lett. b), del Regolamento CE 22 dicembre 2000, n. 44, quali disposizioni sostitutive della Convenzione di Bruxelles del 1968 (anche se non sono mancate pronunce in senso difforme: Cass., Sez. Un., n. 22239/2009 cit.; più di recente, Cass., Sez. Un., 12 giugno 2019 n. 15748).
Venendo al caso in esame, alla luce dei principi sopra illustrati, cui il Collegio presta convinta adesione, la giurisdizione deve essere verificata alla stregua dei criteri stabiliti dall’art. 7 del Regolamento (UE) n. 1215/2012 per le controversie in materia contrattuale, individuando l’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio, fatta salva una diversa convenzione fra le parti (in tal senso sia l’abrogato art. 23 del Regolamento n. 44/2001, sia il vigente art. 25 del Regolamento n. 1214/2012), nel senso che detta competenza è esclusiva, salvo diverso accordo tra le parti, clausola attributiva di competenza che deve essere conclusa «per iscritto o oralmente con conferma scritta».
E’ pacifico che il contratto del cui inadempimento si controverte reca una clausola di previsione convenzionale della giurisdizione in via esclusiva del giudice italiano (v. pag. 12, ultimo periodo, della ordinanza impugnata), che pur nella sua essenzialità indica in modo chiaro ed univoco la scelta delle stesse di optare per la competenza giurisdizionale del foro italiano. Né si può sostenere che la elezione del foro esclusivo del Tribunale di Milano sia attributiva della sola competenza per territorio, subordinatamente alla scelta di adire l’Autorità giudiziaria italiana, condizione che non risulta in alcun modo potersi trarre alla stregua del testo contrattuale. Va, del resto, ribadito che costituendo la competenza, secondo un orientamento consolidato (v. Cass., Sez. Un., 5 gennaio 2016 n. 29), frazione o misura della giurisdizione, l’indicazione di un determinato giudice, appartenente ad un determinato Stato, deve intendersi normalmente intesa a conferire la giurisdizione esclusiva ai giudici appartenenti al sistema giurisdizionale di quello Stato (cfr., Corte giustizia, 9 novembre 2000, Corek), secondo cui la clausola attributiva di giurisdizione non va intesa in base al solo tenore letterale, essendo sufficiente che la clausola “individui gli elementi oggettivi su cui le parti si sono accordate per scegliere il giudice o i giudici ai quali esse intendono sottoporre le loro controversie presenti e future”, costituendo tale interpretazione il portato del riconoscimento dell’autonomia negoziale in materia di attribuzione della competenza giurisdizionale (così, tra le ultime, Cass., Sez. Un., 11 aprile 2017 n. 9283).
Nel caso in esame la riferita clausola contrattuale inequivocabilmente si configura come clausola di proroga in favore della giurisdizione (esclusiva) italiana rientrando nell’ambito dei possibili diversi accordi mediante i quali il citato art. 23, ora art. 25 del Regolamento, consente di contemperare l’esclusività del criterio di competenza giurisdizionale legale. Con la conseguenza che il Tribunale di San Paolo del Brasile non aveva titolo per conoscere della presente causa, che ricade nella giurisdizione esclusiva italiana.
Il secondo motivo denunzia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 64, lett. g), legge n. 218/95, poiché la liquidazione del danno fatta dal giudice straniero nei confronti della Benelli s.r.l. confliggerebbe con l’ordine pubblico, sia perché in contrasto con l’art. 16 dell’accordo di vendita, sia perché eccessivamente abnorme nella sua entità. Al riguardo, la ricorrente si duole che di tale abnorme liquidazione non abbia tenuto conto della circostanza che l’accordo tra le parti non aveva mai avuto esecuzione, sicché non era dato comprendere il dedotto mancato guadagno; il danno morale e i danni punitivi non potevano, inoltre, trovare riconoscimento in Italia e la liquidazione di euro 2.000.000,00 era sproporzionata rispetto al fatturato della Benelli pari a euro 2.421.000 nei paesi extra UE, e nell’applicazione del tasso moratorio dell’1% mensile. Nel dettaglio, l’istituto dei risarcimenti punitivi era incompatibile con il nostro ordinamento, alla stregua dei criteri statuiti dalle Sezioni Unite di questa Corte, sentenza n. 16601 del 2017, sul limite al riconoscimento di sentenze straniere rispetto ai principi dell’ordine pubblico.
La censura è assorbita dall’accoglimento del primo mezzo.
In conclusione, dovendo essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice italiano a conoscere la controversia de qua, il ricorso va accolto con cassazione della ordinanza impugnata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384, comma 2 c.p.c., decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di delibazione proposta nei confronti della Benelli Q.J.
La peculiarità della fattispecie, in relazione alla complessità e novità delle questioni trattate, giustifica ai sensi dell’art. 92 c.p.c. la integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero giudizio, comprese quelle di appello.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da Leone Desiderio nei confronti di Benelli Q.J. s.r.l.;
compensa integralmente le spese del grado di merito e del presente giudizio di legittimità fra le predette parti.
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 24 ottobre 2022, n. 31385, per SS.UU, 10 luglio 2023, n. 19571, in tema di foro convenzionale
SS.UU, 10 luglio 2023, n. 19571, in tema di foro convenzionale
Nota dell’Avv. Francesco Calosso
La rilevanza del foro esclusivo convenzionale nella determinazione della giurisdizione
1. Il principio di diritto
Costituendo la competenza frazione o misura della giurisdizione, l’indicazione di un determinato giudice di uno Stato, deve intendersi normalmente volta a conferire la giurisdizione esclusiva ai giudici appartenenti al sistema giurisdizionale di quel Paese.
La clausola attributiva della giurisdizione non va intesa in base al solo tenore letterale, essendo necessario che la stessa individui gli elementi oggettivi su cui le parti si sono accordate per scegliere il giudice o i giudici ai quali esse intendono sottoporre le loro controversie presenti e future, costituendo tale interpretazione il portato del riconoscimento dell’autonomia negoziale in materia di attribuzione della competenza giurisdizionale.
2. La fattispecie
La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla possibilità che la pattuizione, attributiva della competenza mediante indicazione di un determinato foro esclusivo per la risoluzione delle controversie, costituisca anche valido accordo tra le parti sulla relativa giurisdizione.
Nel caso di specie, il Giudice ordinario, nel ritenere applicabile al caso di specie l’ipotesi prevista all’art. 5 della Convenzione di Bruxelles, ha ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice straniero – nel caso di specie, brasiliano – in luogo di quello italiano, in applicazione del criterio del luogo in cui deve essere adempiuta l’obbligazione, nonostante la previsione di un foro esclusivo convenzionale in favore del giudice italiano.
La Corte di Cassazione, aderendo ad un indirizzo giurisprudenziale già inaugurato da varie e precedenti pronunce di legittimità (cfr., SS.UU, 20 febbraio 2013, n. 4211; 13 dicembre 2018, n. 32362), rileva come i criteri stabiliti dall’art. 7 del Reg. UE n. 1215/2012 per le controversie in materia contrattuale costituiscano ipotesi di competenza esclusiva, unitamente al caso in cui tra le parti sia stato concluso un diverso accordo in forma di clausola attributiva di competenza, rientrante nell’ambito dei possibili diversi accordi mediante i quali l’art. 25 del Reg. UE n. 1215/2012 consente di contemperare l’esclusività del criterio di competenza giurisdizionale legale.
3. Riflessioni conclusive
La decisione in esame pone in evidenza la circostanza per cui l’elezione del foro esclusivo, laddove non ulteriormente specificato, non può ritenersi automaticamente attributiva della sola competenza per territorio, ma abbia rilevanza anche ai fini della determinazione della giurisdizione.
Secondo un richiamato orientamento di legittimità (cfr., SS.UU, 5 gennaio 2016 n. 29; CGUE, 9 novembre 2000, Corek), la competenza costituisce frazione o misura della giurisdizione, sicché l’indicazione di un determinato giudice, appartenente ad un determinato Stato, deve intendersi normalmente intesa a conferire anche la giurisdizione esclusiva a quel sistema giurisdizionale.