Civile Sent. Sez. U Num. 8094 Anno 2020
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: NAPOLITANO LUCIO
Data pubblicazione: 23/04/2020
SENTENZA
sul ricorso 255-2014 proposto da:
NICO VELO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI VILLA CARPEGNA 43, presso lo studio dell’avvocato PIETRINA SOPRANO, rappresentata e difeso dall’avvocato PIERFRANCESCO ZEN;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 57/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di VENEZIA – MESTRE, depositata il 13/05/2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2020 dal Consigliere LUCIO NAPOLITANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale IMMACOLATA ZENO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Pierfrancesco Zen ed Angelo Venturini per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
La NICO VELO S.p.A. acquistò con atto del 26 maggio 2004, registrato il 3 giugno 2004, un’area edificabile inclusa in un piano di lottizzazione convenzionata nel Comune di Tombolo (PD), richiedendo l’applicazione del beneficio di cui all’art. 33, comma 3, della I. 23 dicembre 2000, n. 388, per effetto del quale corrispose l’imposta di registro secondo l’aliquota dell’i% e le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa.
Detta norma, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, prevedeva che «I trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’i per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento».
Trascorsi oltre cinque anni senza che l’area fosse stata edificata, l’Agenzia delle Entrate notificò alla società avviso di liquidazione delle anzidette imposte in misura ordinaria.
La società impugnò l’atto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Padova, adducendo che la mancata edificazione era dipesa da causa di forza maggiore ovvero da impossibilità sopravvenuta derivante da causa non imputabile, dovuta, in particolare, al mutamento nelle more della maggioranza del consiglio comunale e dal rifiuto della nuova amministrazione di dare seguito alla convenzione di lottizzazione stipulata dalla precedente amministrazione.
La CTP adita respinse il ricorso. Nel confermare, sull’appello proposto dalla società, la sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Veneto ritenne non rilevante nella fattispecie la forza maggiore, osservando in primo luogo come fosse la stessa norma a non attribuire rilievo all’ipotesi di mancata edificazione per causa di forza maggiore, comportando, d’altronde, la mancata edificazione nel suddetto termine non l’irrogazione di una sanzione, ma solo l’applicazione dell’aliquota ordinaria in luogo di quella agevolata dell’imposta di registro nella misura dell’i% e dell’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa
Osservò, infine, il giudice tributario d’appello, richiamando in proposito l’arresto di questa Corte, Cass. n. 288/2012, che la statuizione resa s’imponeva alla stregua dell’ulteriore considerazione secondo cui «in tema di agevolazioni, ai sensi del combinato disposto degli artt. 23 della Costituzione e 14 delle preleggi […] vige il divieto dell’interpretazione analogica».
Avverso la sentenza della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La sezione tributaria di questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 23381/19, depositata il 19 settembre 2019, ravvisando nella giurisprudenza sezionale contrasto in ordine alla questione della rilevanza o meno da attribuire alla forza maggiore riguardo alla perdita dell’agevolazione prevista dall’art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000 in caso di mancata utilizzazione edificatoria dell’immobile nel termine previsto da detta norma, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite.
Ne è seguita la fissazione dell’odierna pubblica udienza, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 33, comma 3, della I. 23 dicembre 2000, n. 38 (recte 388) e dell’art. 1218 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., lamentando l’erroneità della pronuncia impugnata che nella fattispecie in esame – incontroverso che la mancata utilizzazione edificatoria nel termine di cinque anni dall’acquisto dell’area era dipesa da fatto del Comune di Tombolo che, pur avendo sottoscritto, successivamente alla stipulazione dell’atto d’acquisto, la convenzione di lottizzazione, si era rifiutato di darvi seguito, omettendo il rilascio dei conseguenti permessi a costruire – aveva negato ogni rilievo, essenzialmente in ragione del fatto che l’art. 33, comma 3, della citata I. n. 388/2000 non la prevedesse, alla forza maggiore come causa impeditiva della decadenza dall’agevolazione, una volta decorso il quinquennio previsto per l’utilizzazione edificatoria dell’area.
Osserva in particolare la ricorrente come il detto principio trascenda finanche il dato letterale previsto dall’invocata norma codicistica, dovendo ritenersi principio generale del nostro ordinamento non addebitare responsabilità quando gli eventi
dipendano da cause non prevedibili, né imputabili.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., lamentando omessa pronuncia su specifico motivo d’appello avverso la pronuncia di primo grado, nonché violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della I. n. 241/1990.
La ricorrente cumula in detto motivo un duplice ordine di censure: quanto al primo, denunciando un error in procedendo, laddove la CTR avrebbe omesso di pronunciare sul lamentato difetto di motivazione della pronuncia di primo grado sullo specifico motivo di appello con il quale la contribuente aveva eccepito che l’Ufficio avrebbe dovuto procedere con avviso di accertamento e/o rettifica e non già in forza di mero avviso di liquidazione; quanto al secondo, lamentando che in tal modo l’Ufficio aveva impedito che la contribuente esplicitasse in sede di contraddittorio endoprocedimentale le cause della mancata utilizzazione dell’area.
3. Infine, con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15, comma 2 bis del d. Igs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., lamentando, con riferimento alla disposta disciplina delle spese di lite, che la liquidazione operata delle stesse da parte della CTR fosse esorbitante ed ingiustificata nel suo ammontare, anche tenuto conto del fatto che l’importo liquidato in favore dell’Ufficio dovesse subire la riduzione del 20%.
4. La decisione in ordine al primo motivo di ricorso postula, come rilevato dalla succitata ordinanza interlocutoria Cass. n. 23381/19, la composizione del rilevato contrasto tra decisioni difformi rese in materia dalla sezione tributaria di questa Corte.
Nell’esame della questione si muoverà dalla ricognizione del quadro normativo di riferimento e degli opposti indirizzi manifestatisi nell’interpretazione della norma agevolativa in oggetto, esaminando quindi anche la possibile incidenza, ai fini della risoluzione del rilevato contrasto, del dibattito, sviluppatosi in seno alla stessa sezione tributaria, in punto di rilievo o meno dell’intervento della forza maggiore come idonea ad escludere Da decadenza dall’agevolazione c.d. “prima casa”, di cui all’art. 1 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e all’allegata Tariffa, parte I, nota II bis.
Il quadro normativo di riferimento
5. Si è già innanzi riportato l’art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000, nella sua formulazione applicabile ratione temporis al presente giudizio.
Successivamente la disciplina in questione ha subito diverse modifiche, delle quali, quantunque non rivestano rilievo decisivo ai fini della decisione della presente controversia, conviene dare sia pur sommariamente conto.
5.1. L’art. 36, comma 15, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla I. 4 agosto 2006, n. 248, ha, infatti, abrogato la suddetta disposizione, mantenendo tuttavia l’agevolazione per «i trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione».
5.2. È quindi intervenuto l’art., 1, comma 306, della I. 27 dicembre 2006, n. 296, che ha così disposto: «Nell’articolo 36, comma 15, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le parole: “edilizia residenziale convenzionata pubblica” sono sostituite dalle seguenti: “edilizia residenziale convenzionata”», prevedendo altresì che la disposizione recata dal periodo precedente avesse effetto per gli atti pubblici formati e le scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge medesima n. 296/2006 (c.d. finanziaria 2007), cioè dal primo gennaio 2007.
5.3. Con la c.d. finanziaria 2008, I. 24 dicembre 2007, n. 244, (art. 1, commi 25, 26, 27 e 28), è stata, con decorrenza dal primo gennaio 2008, reintrodotta l’agevolazione per l’acquisto di fabbricati ed aree edificabili compresi in piani particolareggiati nel caso in cui il venditore non sia un soggetto passivo IVA, fissandosi l’aliquota dell’imposta di registro nuovamente all’i% e stabilendosi che le imposte ipotecaria e catastale fossero pari, complessivamente, al 4%.
L’anzidetta disciplina ha operato incidendo direttamente sul d.P.R. n. 136/1981, aggiungendo un nuovo periodo all’art. 1 bis, Parte I, della Tariffa allegata al Testo Unico in tema d’imposta di registro, del seguente tenore: «se il trasferimento ha per oggetto beni immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione di programmi di edilizia residenziale comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto: 1 per cento».
5.4. Da ultimo, l’anzidetto termine stabilito a pena di decadenza per poter fruire degli anzidetti benefici fiscali è stato portato ad otto anni, dall’art. 2, comma 23, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla I. 26 febbraio 2011, n. 10.
5.5. LPiuttosto avuto riguardo alla prima delle rationes decidendi evidenziate dalla pronuncia impugnata, relativa al fatto che la stessa norma di cui all’art. 33, comma 3 della I. n. 388/2000 nella sua formulazione applicabile al presente giudizio, non contenga alcun riferimento alla forza maggiore come causa impeditiva della decadenza, connessa al solo decorso del quinquennio dall’atto di acquisto senza che sia avvenuta l’utilizzazione edificatoria dell’area, va osservato invece come, in precedenza, l’art. 20 della I. 2 luglio 1949, n. 408, recante” Disposizioni per l’incremento delle costruzioni edilizie” (c.d. legge Tupini), contemplasse espressamente il riferimento alla forza maggiore, stabilendo appunto che «Salvo il caso di forza maggiore, si decade dai benefici previsti nei precedenti articoli, qualora, le nuove costruzioni, le ricostruzioni o gli ampliamenti non siano stati compiuti ai sensi ed entro i termini fissati dall’art. 13 e dall’art. 19. Nella stessa decadenza si incorre, salvo sempre il caso di forza maggiore, se i mutui preveduti nell’art. 18 non siano stati effettivamente adibiti alla costruzione delle case di cui all’art. 13 od al pagamento del prezzo di trasferimento. Nelle ipotesi previste nei precedenti commi è dovuta, oltre le normali imposte, una sopratassa pari ad un decimo dell’ammontare delle imposte stesse».
5.6. Successivamente, nessun riferimento specifico è stato fatto alla forza maggiore nelle ipotesi previste dall’art. 44 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla I. 13 maggio 1965, n. 431, in tema d’imposta per i trasferimenti a titolo oneroso e per i conferimenti in società di fabbricati e di aree destinate alla costruzione edilizia, e dall’art. 5 della I. 22 aprile 1982, n. 168, con riferimento ai trasferimenti immobiliari destinati ad uso diverso da quello abitativo.
5.7. Un primo rilievo è dunque a questo punto possibile. Il mancato riferimento, ad opera dell’art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000, nella sua formulazione applicabile, ratione temporis, al presente giudizio, alla forza maggiore come causa impeditiva della decadenza dalle agevolazioni fiscali ivi contemplate non può assumere rilievo assorbente per poter affermare che ciò che rileva ai fini della decadenza è unicamente il decorso del quinquennio senza che si sia dato corso all’utilizzazione edificatoria dell’area. Ciò sia perché l’assunto tralascerebbe del tutto l’indagine sull’immanenza nell’ordinamento di una regola generale secondo la quale non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza colpa di chi vi sia tenuto, sia perché, quale che sia la natura giuridica da attribuire al “dovere” di edificare entro il quinquennio (si vedano, infra, i paragrafi 6.3. e 9) lo stesso legislatore, con il succitato art. 20 della I. n. 408/1949, disposizione mai formalmente abrogata, pur avendo, sul piano storico esaurito la propria efficacia, ha mostrato di attribuire rilievo decisivo, ai fini della conservazione delle agevolazioni fiscali in esame, al fatto che la mancata edificazione, entro i termini perentori allora previsti, dipendesse da causa non imputabile a chi avesse inteso usufruirne.
L’indirizzo favorevole al rilievo in subiecta materia della forza maggiore.
6. L’ordinanza interlocutoria n. 23381/19 dà conto, in sintesi, di detto indirizzo, che riferisce a tre pronunce (Cass. sez. 5, 20 luglio 2016, n. 14892; Cass. sez. 6-5, ord. 9 febbraio 2017, n. 3535; Cass. sez. 5, 19 aprile 2017, n. 9851).
6.1. Queste ultime hanno costituito, con riferimento alle agevolazioni fiscali qui in esame, conferma consapevole, in tema di agevolazioni di cui all’art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000, dell’indirizzo che ben poteva definirsi consolidato, espresso dalla giurisprudenza sezionale riguardo al rilievo della forza maggiore come impeditiva della decadenza dal godimento della c.d. agevolazione “prima casa” in tema d’imposta di registro, prima che fosse oggetto di revisione critica ad opera di Cass. sez. 5, 10 febbraio 2016, n. 2616. Di quest’ultima, alla quale si è essenzialmente riferito il contrario indirizzo interpretativo, si darà conto nel paragrafo successivo.
6.2. Anteriormente alle tre succitate pronunce, con specifico riferimento all’agevolazione di cui all’art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000, si era pronunciata in materia Cass. sez. 6-5, 19 novembre 2014, n. 24573, citata nell’ordinanza interlocutoria come espressione dell’opposto indirizzo interpretativo, della quale appare opportuno pertanto dar conto ugualmente nel paragrafo seguente.
6.3. Nelle pronunce summenzionate favorevoli al riconoscimento della rilevanza della forza maggiore come causa ostativa della decadenza legata al compiersi del quinquennio senza che si sia dato corso all’utilizzazione edificatoria dell’area, viene, a confutazione del diverso indirizzo emerso in materia di agevolazione c.d. “prima casa” ad opera della citata Cass. n. 2616/2016, ribadita in primo luogo la natura di obbligo di facere a carico dell’acquirente riguardo al compimento nel quinquennio dall’atto di acquisto dell’utilizzazione edificatoria dell’area (così le citate Cass. n. 14892/16 e Cass. ord. n. 3535/17 che la richiama), derivandone la non ascrivibilità della responsabilitài in capo all’acquiren -tei per l’ipotesi di mancata edificazione entro i cinque anni dall’acquisto laddove quest’ultima sia dipesa da causa ad esso non imputabile; affermandosi ancora (in tal senso Cass. n. 9851/2017) che è «dall’ordinamento ricavabile una generale regola per cui non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza colpa di chi vi sia tenuto».
6.3.1. Con riferimento alla motivazione addotta dal giudice tributario di appello nella controversia in esame, il principio da ultimo trascritto si rivela in sé idoneo a superare l’argomento espresso dalla CTR secondo cui sarebbe ostativa al rilievo nella fattispecie in esame della forza maggiore la natura delle norme agevolative come norme 27 di stretta interpretazione, per le quali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 23 della Costituzione e 14 delle disposizioni preliminari al codice civile vige il divieto dell’interpretazione analogica (per un’efficace sintesi della relativa problematica cfr. Cass. SU ord. interlocutoria 23 giugno 2015, n. 11373, alla quale ha fatto seguito Corte cost. 20 novembre 2017, n. 247, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 15, primo comma, del d.P.R. 29
(11/ settembre 1973, n. 601, nella versione in vigore anteriormente alle modifiche apportate dalla I. 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui escludeva l’applicabilità dell’agevolazione fiscale ivi prevista alle analoghe operazioni effettuate dagli intermediari finanziari).
6.4. Va in questa sede ancora evidenziato come debba essere considerata espressiva dell’indirizzo in esame anche Cass. sez. 5, 14 settembre 2016, n. 18040 che, non diversamente dalla succitata Cass. n. 9851/17, non ha escluso in sé il possibile rilievo in materia della forza maggiore come causa ostativa della decadenza dal
beneficio, ma ha negato che in concreto l’esecuzione di lavori di bonifica dell’area acquistata, addotti dal contribuente a giustificazione della mancata edificazione dell’area nel quinquennio, potesse essere ricondotta alla forza maggiore„ mancando il requisito dell’imprevedibilità, essendo stata la relativa esigenza originata da
una situazione preesistente all’acquisto, sebbene il contribuente ne fosse venuto a conoscenza solo successivamente.
L’indirizzo contrario a quello sopra esposto.
7. L’ordinanza interlocutoria ascrive all’opposto indirizzo Cass. sez. 5, 9 febbraio 2018, n. 3198, nonché la già citata Cass. n. 24573/2014.
7.1. In effetti solo la prima si esprime nel senso di negare in radice ogni possibile rilievo in materia alla forza maggiore come causa impeditiva della decadenza dall’agevolazione in esame, apparendo la seconda piuttosto diretta ad escludere che nella fattispecie ivi esaminata potessero attribuirsi i requisiti della forza maggiore all’impedimento addotto dal contribuente (si trattava, infatti, di semplice mutamento della destinazione edificatoria dell’area, che non ne aveva però determinato la totale inedificabilità).
7.2. La massima ufficiale di Cass. n. 3198/2018 si esprime, invece, nei termini seguenti: «In tema di agevolazioni tributarie, la revoca del beneficio, accordato dall’art. 33, comma 3, della I. n. 388 del 2000, al fine di ridurre i costi necessari per l’edificazione, non è esclusa dalla forza maggiore, poiché l’omessa destinazione edificatoria del terreno nel termine quinquennale fissato dalla legge comporta la sopravvenuta mancanza di causa dello stesso, che, integrando una deroga al regime impositivo generale, è da ritenersi di stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi».
7.2.1. Detta pronuncia è intervenuta con riferimento ad analoga vicenda conseguente alla stipula, successivamente al rogito di acquisto, di convenzione di lottizzazione tra altra società ed il Comune di Tombolo, cui l’ente locale avrebbe rifiutato di dar seguito, impedendo, secondo l’assunto della contribuente, l’edificazione dell’area nel termine prescritto.
7.2.2. Giova in primo luogo osservare come la pronuncia in esame non faccia riferimento alcuno alla natura giuridica del comportamento richiesto al contribuente per la conservazione dell’agevolazione di cui ha usufruito, in via provvisoria, al momento della stipula dell’atto di acquisto, né tantomeno all’immanenza, nell’ordinamento giuridico, di una regola generale per cui non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza colpa di chi vi sia tenuto.
7.2.3. Essa perviene alla conclusione di cui alla massima succitata essenzialmente in ragione della ratio della disposizione agevolativa in esame, volta a ridurre i costi di prima edificazione (si vedano, oltre alla già citata Cass. n. 24573/2014, tra le altre, anche Cass. sez. 5, 18 maggio 2016, n. 10203; Cass. sez. 5, 18 gennaio 2017, n. 1111, pronunce che peraltro non riguardano in alcun modo il problema della decadenza, riferendosi a fattispecie ove la spettanza dell’agevolazione doveva intendersi esclusa ab origine, stante la realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del precedente proprietario dell’area); sicché – l’assunto invero risulta più sviluppato nella succitata ordinanza interlocutoria – l’agevolazione risulterebbe priva di causa ove all’acquisto dell’area non consegua la sua utilizzazione edificatoria nel termine perentorio stabilito, ciò rendendo irrilevante la ragione, quand’anche non imputabile all’acquirente, per la quale non si sia provveduto all’edificazione nel termine stabilito dalla norma.
7.2.4. Inoltre, a supporto della tesi in esame, adduce il fatto che, conseguenza della mancata edificazione, non è l’irrogazione di una sanzione, ma il ripristino del regime fiscale ordinario sia per l’imposta di registro che per le imposte ipotecaria e catastale.
7.3. Quanto invece a Cass. sez. 5, 31 gennaio 2018, n. 2383, quantunque giustamente citata dall’ordinanza interlocutoria come condividente le ragioni sopra esposte, sembra anch’essa piuttosto( infine pervenire all’esclusione in concreto della configurabilità quale forza maggiore della causa addotta della mancata edificazione nel quinquennio dall’acquisto costituita da successivo provvedimento di destinazione dell’area a verde pubblico, mancando in essa il requisito dell’imprevedibilità, dovendo ritenersi il perseguimento dell’interesse pubblico immanente nell’attività amministrativa.
7.4. Prima di esporre le ragioni atte alla composizione del rilevato contrasto, conviene a questo punto dar conto delle critiche mosse all’indirizzo tradizionale dalla citata Cass. n. 2616/2016 in tema di decadenza dalla c.d. agevolazione “prima casa”, verso la quale, in consapevole dissenso, è stato ribadito invece dalle pronunce citate sub 6 l’indirizzo tradizionale anche in relazione all’agevolazione oggetto di esame nella presente controversia.
La rilevanza o meno della forza maggiore quale causa ostativa della decadenza dall’utilizzazione dell’agevolazione c.d. “prima casa”.
8. L’art. 1, nota II bis della Tariffa, Parte I, Allegata al d.P.R. n. 131/1986, al fine di favorire l’acquisto della prima casa, destinata quindi all’abitazione propria e del proprio nucleo familiare, stabilisce le condizioni perché si possa usufruire dell’aliquota agevolata dell’imposta di registro sull’atto di compravendita dell’unità immobiliare destinata ad abitazione.
8.1. Tra queste, nel caso in cui l’acquirente abbia la propria residenza in comune diverso da quello in cui è ubicata l’unità immobiliare oggetto di acquisto da dichiarazione che l’acquirente è tenuto a rendere nell’atto di acquisto di voler stabilire la propria residenza nel comune ove è sito l’immobile acquistato, cui deve seguire l’effettivo trasferimento della residenza nel termine di diciotto mesi dall’atto di acquisto.
8.2. Anche riguardo a tale ipotesi non è espressamente contemplata la forza maggiore come esimente dalla decadenza dell’agevolazione.
8.2.1. Ciononostante, la giurisprudenza di questa Corte, con indirizzo largamente consolidato fino alla succitata sentenza n. 2616/2016, aveva costantemente affermato l’operatività della stessa, sempre che fossero ravvisabili nella causa impeditiva del trasferimento i requisiti appunto della forza maggiore, da individuarsi nell’imprevedibilità ed inevitabilità dell’evento, tale da sovrastare la volontà dell’acquirente, precludendone il compimento del comportamento richiesto dalla norma entro il termine prescritto (tra le molte, espressione dell’indirizzo tradizionale, cfr. Cass. sez. 5, 7 giugno 2013, n. 14399; Cass. sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7067; Cass. sez. 5, 11 giugno 2014, n. 13177; Cass. sez. 6-5, ord. 12 marzo 2015, n. 5015; Cass. sez. 5, 23 dicembre 2015, n. 25880; Cass. sez. 6-5, ord. 19 gennaio 2016, n. 864).
8.2.2. La succitata Cass. n. 2616/2016, con riferimento a fattispecie relativa ad agevolazione c.d. “prima casa”, nella quale l’acquirente aveva addotto come causa di forza maggiore che aveva impedito il trasferimento della residenza nel termine stabilito il sopravvenuto fallimento della società costruttrice dell’immobile, che aveva ostacolato il corso delle procedure amministrative funzionali al cambiamento della residenza, escluse in sé il rilievo della forza maggiore come esimente dal rispetto del termine di diciotto mesi fissato dal legislatore per il trasferimento della residenza ai fini della conservazione dell’agevolazione fiscale fruita al momento della tassazione del contratto di compravendita della prima casa, osservando che: a) il trasferimento tempestivo della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato non costituisce un obbligo per il contribuente, ma un onere che ne conforma il potere d’impedire il prodursi di un effetto a sé sfavorevole; b) la mancata produzione dell’effetto conseguente &l’omesso compimento dell’atto entro il termine fissato dal legislatore !3i presenta come estinzione del potere e quindi come decadenza; c) quest’ultima ha dimensione oggettiva e come tale non può essere sospesa, né interrotta.
8.2.3. La successiva giurisprudenza sezionale in tema di agevolazione “prima casa” ha quindi ribadito l’indirizzo tradizionale.
Tra le pronunce in questione in particolare vanno menzionate Cass. sez. 5, 27 aprile 2016, n. 8351, Cass. sez. 5, 24 giugno 2016, n. 13148; Cass. sez. 5, 28 giugno 2016, n. 13346, oltre alla già citata Cass. n. 14892/16 in tema di agevolazione ex art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000.
Queste ultime hanno, in consapevole dissenso con la summenzionata Cass. n. 2616/16, per un verso affermato che la forza maggiore è istituto il cui ambito applicativo non è limitato al solo diritto delle obbligazioni e che il trasferimento della residenza nel termine richiesto è elemento costitutivo della fattispecie agevolativa, per usufruire della quale è sufficiente la sola dichiarazione d’impegno al trasferimento della residenza nell’atto di acquisto (in tal senso, in particolare Cass. n. 13148/16 e Cass. n. 13346/16); per altro verso (cfr. Cass. n. 8351/16), hanno riaffermato che il trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile costituisce un vero e proprio obbligo di facere del contribuente a fronte del beneficio fiscale da parte dell’ordinamento, sicché anche nella materia in esame, fatta salva la valutazione della fattispecie concreta, deve attribuirsi rilevanza generale alle cause esimenti della responsabilità per inadempimento, quali la forza maggiore o il fortuito; essendosi ancora precisato (così, testualmente, Cass. n. 8351/16) che «analoga conclusione varrebbe comunque pur a fronte della qualificazione del comportamento del contribuente come onere e non come obbligo di prestazione. Posto che anche in tal caso la forza maggiore, pur non incidendo su un vero e proprio adempimento, si porrebbe comunque quale evento impeditivo – non imputabile – dell’attuazione della volontà dell’onerato, e con ciò, dell’integrazione della situazione fattuale alla quale l’ordinamento ricollega l’agevolazione».
8.2.4. La ancora successiva giurisprudenza in tema di agevolazione “prima casa” ha quindi ulteriormente riaffermato l’indirizzo tradizionale (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 19 ottobre 2018, n. 26328; Cass. sez. 6-5, ord. 18 aprile 2019, n. 10936; Cass. sez. 6-5, ord. 8 novembre 2019, n. 28838), ferma restando, ovviamente, la valutazione della fattispecie concreta in relazione alla sussistenza dei requisiti perché il fatto impeditivo possa configurare forza maggiore, tale da escludere la responsabilità del contribuente.
8.2.5. Va, infine, dato atto come, in tema di agevolazione “prima casa”, gli stessi documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria abbiano mai escluso il rilievo della forza maggiore quale limite alla decadenza dalla suddetta agevolazione (si vedano le Risoluzioni primo febbraio 2002, n. 35/E e 10 aprile 2008, n. 140/E, la prima delle quali ha attribuito rilievo di forza maggiore, impeditiva del trasferimento della residenza entro il termine previsto, ad evento sismico verificatosi in pendenza del termine, e la seconda – qui ponendosi l’agevolazione come beneficio IVA sull’acquisto della prima casa – che ha riconosciuto uguale rilievo all’inagibilità dell’immobile sopravvenuta all’acquisto, in conseguenza di allagamento dovuto a grosse infiltrazioni d’acqua).
La soluzione del contrasto.
9. Tornando all’agevolazione fiscale per cui è causa, secondo l’art. 33, comma 3, della I. n. 388/2000 nella formulazione applicabile ratione temporis come innanzi trascritto, essa si perfeziona per il solo fatto dell’essere compreso l’immobile oggetto del trasferimento in area soggetta a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, restando la fruizione dell’agevolazione da parte dell’acquirente risolutivamente condizionata alla mancata edificazione.
9.1. Va, in primo luogo, osservato che deve escludersi valenza essenziale, quanto alla produzione degli effetti, alla qualificazione in termini di obbligo o di onere della doverosa edificazione dell’area nel termine previsto dalla norma in esame, ove quest’ultima non si verifichi.
Il fatto che l’acquirente dell’area tenuto all’edificazione della stessa non possa qualificarsi come debitore di una prestazione di edificare nei confronti del fisco comporta soltanto che nella fattispecie si esuli dalle norme generali proprie del diritto delle obbligazioni di cui agli artt. 1218 e 1256 cod. civ. in tema d’impossibilità sopravvenuta della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore stesso.
9.2. Quand’anche si ritenga che la doverosa edificazione dell’area acquistata entro il quinquennio dall’acquisto abbia natura di onere, come già osservato dalla succitata Cass. n. 8351/16 in tema di agevolazione “prima casa”, ciò non sarebbe sufficiente ad escludere la necessità della valutazione da parte del giudice della forza maggiore, quale evento impeditivo – non imputabile – dell’attuazione della volontà dell’onerato, e con ciò, dell’integrazione della situazione fattuale alla quale l’ordinamento ricollega l’agevolazione.
9.3. Oltre a ricordare quanto già sopra osservato (cfr. par. 5.5.), cioè che lo stesso legislatore, con disposizione formalmente mai abrogata (art. 20 della citata I. n. 408/1949, su cui si veda Cass. sez. 1, 15 marzo 1990, n. 2110), hai espressamente previsto, in fattispecie analoga, l’operatività della forza maggiore quale evento impeditivo della decadenza dall’agevolazione in caso di mancata edificazione nel termine, va osservato come nel campo del diritto processuale, con riferimento alla mancata osservanza di termini perentori e dunque a situazioni tipicamente riconducibili al concetto di onere, sia previsto espressamente il rilievo della forza maggiore per consentire impugnazioni ormai altrimenti precluse (cfr. artt. 650 cod. proc. civ. e 668 cod. proc. civ. quanto alle opposizioni tardive a decreto ingiuntivo o alla convalida di licenza o sfratto).
9.4. Pur vedendo la controversia in esame in tema di tributi non armonizzati, non pare comunque superfluo in questa sede ricordare come la nozione di forza maggiore risulti ugualmente elaborata in ambito sovranazionale, in materia tributaria, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (si veda, in particolare, CGCE
18 dicembre 2007, causa C/314-06, punto 25), ove è chiarito che essa non si limita all’impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze normali ed imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso.
9.5. In proposito giova osservare che la società ricorrente, pur ancorando nella rubrica del motivo in esame alla dedotta violazione dell’art. 1218 cod. civ. la censura avverso la sentenza resa dal giudice di merito, ha precisato nell’articolazione del motivo, e ancora con maggiore dovizia di argomentazioni nell’ultima memoria depositata in atti, che il rilievo della forza maggiore come limite alla decadenza dall’agevolazione in oggetto si pone come espressione di una regola generale dell’ordinamento, per cui non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza responsabilità di chi vi sia tenuto (si veda, in tal senso, la già citata Cass. n. 9531/17).
9.6. Può dunque affermarsi, nel solco di autorevole dottrina, come l’inesigibilità sia «un limite dell’obbligazione distinto da quello previsto dagli artt. 1218 e 1256, e derivante dal divieto di abuso del diritto implicito nella direttiva di correttezza».
10. Nel riconoscere il possibile rilievo alla forza maggiore come causa impeditiva della decadenza dal godimento dell’agevolazione, non si finirebbe con l’attribuire rilievo, come pare ipotizzare il diverso orientamento, in contrasto con la dimensione oggettiva della decadenza e con il dettato normativo dell’art. 2964 cod. civ., a cause d’interruzione o sospensione della decadenza stessa.
10.1. Deve osservarsi in proposito come quest’ultimo muova da -Funa concezione tipicamente civilistica dell’istituto della decadenza, 7 diretto a regolare un conflitto d’interessi tra le parti sulla base di un’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, laddove nell’ambito del diritto pubblico, rispetto al quale il diritto tributario si pone in termini di species a genus, la decadenza arresta l’espansione della posizione del privato, facendola rifluire nella posizione iniziale.
10.2. In tale ambito propriamente pubblicistico, nel rapporto tra privato ed Amministrazione, non si è mai dubitato, da parte della giurisprudenza amministrativa, che la decadenza possa essere impedita dal verificarsi di situazioni di forza maggiore o factum principis.
Ad esempio, riguardo ai termini d’inizio e di ultimazione dei lavori per l’efficacia del permesso di costruire, la necessità di un provvedimento, seppur ricognitivo, stante la natura vincolata dello stesso, di decadenza, legato al fatto oggettivo dello spirare dei detti termini senza che i lavori abbiano avuto inizio o siano stati ultimati, presuppone non solo la verifica che l’uno o l’altro termine, oggetto di verifica, sia effettivamente spirato, ma anche l’accertamento che non ricorrano cause di forza maggiore che possano giustificare una sospensione del termine o una proroga dello stesso (cfr. Cons. Stato sez. 4, 19 aprile 2019, n. 2546; tra la giurisprudenza anteriore all’attuale formulazione dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che richiede la previa presentazione d’istanza di proroga affinché siano addotti fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, che abbiano impedito l’inizio o l’ultimazione dei lavori nei termini prescritti, con riferimento specifico al rilievo del factum principis come impeditivo della decadenza, si veda Cons. Stato, sez. 5, 23 novembre 1996, n. 1414, ed ancora Cons. Stato, sez. 5, 12 marzo 1996, n. 256).
10.3. Tornando ora alla fattispecie oggetto della presente controversia, i presupposti perché sia riconosciuta l’agevolazione debbono ritenersi sussistenti al momento dell’atto di acquisto, restando demandato al giudice tributario, nell’ambito della struttura propria del relativo giudizio come d’impugnazione – merito,
l’accertamento di fatto riguardo alla sussistenza della forza maggiore o del factum principis, quale evento impeditivo – non imputabile – dell’attuazione della volontà dell’onerato di portare a compimento l’edificazione dell’area nel termine prescritto, e, dunque, dell’integrazione della situazione fattuale alla quale l’ordinamento ricollega l’agevolazione.
11. Ciò induce ad un’ulteriore riflessione, che, ad avviso di queste Sezioni Unite, consente di superare anche l’ultimo argomento addotto a sostegno dell’indirizzo interpretativo volto ad escludere ogni rilevanza in radice alla forza maggiore, che non potrebbe operare, in difetto di causa dell’agevolazione per mancata edificazione nei termini, essendo peraltro esclusa l’applicazione di sanzioni rispetto alla quale solo potrebbe operare l’esimente della forza maggiore secondo il disposto dell’art. 6, quinto comma, del d. Igs. 18 dicembre 1997, n. 472.
11.1. La previsione dell’aliquota dell’i% per l’imposta di registro, secondo la norma applicabile ratione temporís,nonchè del pagamento delle imposte ipotecaría e catastale in misura fissa, è, nell’ambito della tipica natura d’imposta d’atto, dell’imposta di registro, della quale partecipano le altre imposte, la “giusta” imposta in relazione alla finalità propria della norma quale voluta dal legislatore che risponde ad una ratio più ampia di quella abitualmente considerata dalla giurisprudenza sezionale succitata, quella di diminuire i costi finalizzati alla costruzione, attraverso la riduzione del costo dell’acquisto dell’area.
Essa, non diversamente dall’agevolazione in tema di acquisto della prima casa, quanto alla finalità abitativa, risponde, infatti, a quella più lata d’incentivazione dell’acquisto di aree comprese in piani urbanistici particolareggiati, per le quali l’agevolazione è concessa al momento dell’acquisto in presenza dei requisiti previsti dalla norma.
11.2. Il contribuente che abbia acquistato un’area ricompresa in detti piani, il cui comportamento di mancata edificazione nel termine previsto sia dipeso da causa esterna sopravvenuta ad esso non imputabile, si muove dunque pur sempre nel perimetro delimitato dalla norma agevolativa come integrata alla stregua di una regola generale immanente nell’ordinamento, come l’inesigibilità di un comportamento per causa non imputabile a chi vi sia tenuto, dovendosi anzi rilevare come proprio il principio costituzionale di buona amministrazione, di cui all’art. 97 Cost., comporti l’apertura verso la forza maggiore come clausola generale, con specifico riferimento ai casi in cui, come nella fattispecie in esame, l’evento impeditivo, sia dedotto con riferimento al c.d. factum principis.
12. Alla stregua delle considerazioni che precedono il primo motivo di ricorso è pertanto fondato e va accolto, con assorbimento degli altri due.
13. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, che dovrà compiere l’accertamento di fatto, ad essa istituzionalmente demandato, sul rilievo, in termini d’inesigibilità da parte della società dell’edificazione dell’area nel termine, del mancato rilascio del permesso conseguito alle sopravvenute, all’atto d’acquisto, ripetute modifiche indicate agli strumenti urbanistici (variante parziale al PRG adottata dal Comune di Tombolo ed alla viabilità intercomunale), facendo dunque, in detto accertamento, applicazione del seguente principio di diritto:
«In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui all’art. 33, comma 3, della I. n. 388 del 2000, nella formulazione applicabile ratione temporis al presente giudizio, si applica anche qualora l’edificazione non sia realizzata nel termine di legge, purché tale esito derivi non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma per una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso, tale da configurare la forza maggiore, ovvero il factum principis, ciò rendendo inesigibile, secondo una regola generale immanente nell’ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma nel termine da essa previsto».
14. Il giudice di rinvio provvederà altresì in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili
il 25 febbraio 2020
Il Consigliere estensore
Dott Lucio Napolitano
Il Presidente
Dott. Giovanni Mammone
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 19 settembre 2019, n. 23381, per SS.UU, 23 aprile 2020, n. 8094, in tema di forza maggiore
SS.UU, 23 aprile 2020, n. 8094, in tema di forza maggiore
Nota dell'Avv. Maurizio Fusco
L’indiscusso rilievo della forza maggiore quale causa ostativa della decadenza dalla utilizzazione della agevolazione fiscale.
1. Il principio di diritto
In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui all’art. 33, c. 3, della l. 388/2000 si applica anche qualora l’edificazione non sia realizzata nel termine di legge, purché tale esito derivi non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma per una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso, tale da configurare la forza maggiore, ovvero il factum principis, ciò rendendo inesigibile, secondo una regola generale immanente nell’ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma nel termine da essa previsto.
2. Il contrasto risolto
Un primo indirizzo (cfr., Cass., n. 14892 del 2016; Cass., n. 3535 del 2017) si mostrava favorevole al rilievo della forza maggiore, sebbene in tema di c.d. agevolazione “prima casa”.
In posizione distonica si collocavano le pronunce della Cassazione n. 3198 del 2018 e la n. 24753 del 2014, le quali disconoscevano ogni possibile rilievo della forza maggiore, facendo leva, tra l’altro, sulla natura di norma di stretta interpretazione e sul venir meno della causa della agevolazione ove all’acquisto dell’area non seguisse la sua utilizzazione edificatoria nel termine perentorio stabilito.
3. Riflessioni conclusive
Decisione condivisibile, alla quale l’Agenzia delle Entrate dovrà necessariamente uniformarsi (é a tutti noto il radicato costume dell’A.E. di porsi sovente in contrasto con principi giurisprudenziali collaudati).
L’inesigibilità della prestazione é un limite della obbligazione distinto da quello previsto dagli artt. 1218 e 1256 c.c., che deriva dal divieto di abuso del diritto implicito nella direttiva della correttezza.
Le Sezioni Unite affermano che il principio costituzionale di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost. comporta l’apertura verso la forza maggiore come clausola generale, con specifico riferimento al caso in cui l’evento impeditivo sia dedotto proprio come forza maggiore.
D’altra parte, il diritto tributario, rispetto al diritto pubblico, si pone in termini di species a genus.