Civile Ord. Sez. U Num. 18299 Anno 2021
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 25/06/2021
ORDINANZA
sul ricorso 17717-2020 proposto da:
RETKIE INDUSTRIES LIMITED IN COMPULSORY LIQUIDATION, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, rappresentata e difesa dagli avvocati VINCENZO CALVANI, FRANCESCO SCHIOPPA;
– ricorrente –
contro
BINDA ITALIA S.R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA D’ARA COELI, 1, presso lo studio dell’avvocato OSBORNE CLARKE STUDIO LEGALE, rappresentata e difesa dagli avvocati FEDERICO MARIA FERRARA, FEDERICO BANTI;
– controricorrente –
per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente davanti al Tribunale ordinario di Busto Arsizio, iscritto al RG N. 2210/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Antonio Scarpa;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Giovanni Giacalone, che ha chiesto di rigettare il ricorso e dichiarare la giurisdizione del giudice italiano;
letta le memorie ex art. 380-ter, comma 2, c.p.c. presentate dalle parti.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Retkie Industries Limited ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione in ordine alla causa pendente davanti al Tribunale di Busto Arsizio RG N. 2210/2018, promossa con citazione del 29 marzo 2018 Binda Italia s.r.l.
Resiste con controricorso Binda Italia s.r.l.
2. La Binda Italia s.r.l. ha convenuto in giudizio la Retkie Industries Limited, avente sede legale in Hong Kong, per sentir dichiarare risolto per grave inadempimento di quest’ultima il rapporto commerciale in essere fra le parti dal 1993 e consistente nell’acquisto su ordinazione di orologi a marchio Breil prodotti dalla Retkie e di gioielli a marchio Hip Hop. L’attrice ha dedotto in citazione la mancata evasione da parte della Retkie degli ordini di acquisto del 2015, accompagnati dal pagamento di anticipi sul prezzo pattuito, nonché la commercializzazione sul mercato italiano di orologi marchio Breil, usualmente forniti dalla Retkie, con conseguente violazione dei diritti di privativa industriale. La Retkie sin dal suo primo atto difensivo ha eccepito la carenza della giurisdizione italiana.
3. Il primo motivo del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla Retkie Industries Limited allega l’errato inquadramento quale compravendita del contratto inter partes. Ad avviso della ricorrente, in difetto di redazione per iscritto dell’accordo, lo stesso sarebbe da qualificare come contratto di produzione conto terzi, in quanto Binda Italia s.r.l. non acquistava “a catalogo” orologi e gioielli realizzati in via seriale, ma chiedeva una produzione personalizzata su progetti da essa stessa predisposti. Scopo del negozio era perciò il facere della Retkie Industries Limited in forma di outsourcing.
Il secondo motivo di ricorso contesta che il richiamo alla Convenzione di Bruxelles del 1968, contenuto nell’art. 3, comma 2, delle legge n. 218 del 1995, debba intendersi sostituito dal Regolamento UE 1215/2012 nel caso, come quello in esame, in cui il convenuto sia soggetto non appartenente all’Unione Europea e non domiciliato in essa. Lo stesso Regolamento UE all’art. 6 esclude la sua operatività nel caso in cui il convenuto non abbia residenza o domicilio in uno stato dell’Unione. La fattispecie di causa resterebbe perciò regolata dalla Convenzione di Bruxelles del 1968.
Il terzo motivo del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ipotizza quattro diverse soluzioni a seconda della qualificazione del contratto come “produzione conto terzi” o appalto o come compravendita ed a seconda della applicazione (in forza del richiamo alla Convenzione di Bruxelles del 1968 e successive modificazioni in vigore per l’Italia, contenuto nell’art. 3, comma 2, legge n. 218 del 1995) della Convenzione di Bruxelles o del Regolamento UE 1215/2012.
3.1. La controricorrente Binda Italia s.r.l. oppone che sia corretta la qualificazione in termini di compravendita del rapporto tra le parti, non avendo essa svolto alcuna attività progettuale e trattandosi piuttosto di prodotti seriali, con evidente prevalenza della prestazione di dare rispetto a quella di fare; assume che l’art. 3, comma 2, legge n. 218 del 1995 delinei un “rinvio mobile” alla Convenzione di Bruxelles del 1968, con conseguente applicabilità nella specie ratione temporis del Regolamento UE 1215/2012; invoca, pertanto, la sussistenza della giurisdizione italiana sulla controversia.
3.2. Ancora nella memoria ex art. 380-ter, comma 2, c.p.c., Retkie Industries Limited ribadisce la propria conclusione secondo cui “le norme del Reg. 1215/12 non si applicano quando ratione loci il Regolamento non sostituisce la Conv. di Bruxelles del 1968″, sicché quest’ultima rimane applicabile “ai soggetti extracomunitari”.
4. I motivi del regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla Retkie Industries Limited sono connessi e devono perciò essere esaminati in modo congiunto.
4.1.1 dubbi sistematici posti in particolare nel secondo motivo di ricorso vanno risolti in base al tenore letterale delle norme che regolano la questione.
4.1.1. Il secondo comma dell’art. 3 (Ambito della giurisdizione) della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), afferma che la giurisdizione italiana sussiste (oltre che nei casi di cui al primo comma, collegati al domicilio o alla residenza in Italia del convenuto, o all’esistenza di un suo rappresentante ex art. 77 c.p.c., o comunque previsti dalla legge) “in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l’Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione (…)”
4.1.2. Di seguito, dando attuazione ad un processo comunitario di uniformazione del diritto internazionale privato sia per le controversie intracomunitarie e che per la controversie denotanti elementi di estraneità rispetto all’Unione, perché collegate a Stati terzi, come ben evidenzia anche il Pubblico Ministero nelle conclusioni scritte, sono intervenuti l’art. 68 del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 e l’art. 68 del Regolamento (UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, n. 1215 (abrogativo del primo regolamento ed applicabile, salvo alcune sue disposizioni, a decorrere dal 10 gennaio 2015), concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, con cui si specificava che le disposizioni della convenzione di Bruxelles erano sostituite, tra gli Stati membri, dal rispettivo regolamento e che “ogni riferimento a tale convenzione si intende fatto al presente regolamento”. Ciò ha dato luogo ad una “modificazione in vigore per l’Italia” della Convenzione di Bruxelles, agli effetti dell’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995, n. 218.
4.1.3. Ne discende che la Convenzione di Bruxelles del 1968, nazionalizzata dall’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995, n. 218, si intende ormai trasfusa nel Regolamento (UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, n. 1215 (restando le disposizioni di quella convenzione operanti per i soli territori degli Stati membri UE che rientrano nell’ambito di applicazione territoriale di tale convenzione e che sono esclusi dal regolamento ai sensi dell’articolo 355 TFUE).
4.1.4. Al riguardo, la Corte di Giustizia UE ha chiarito che il regolamento n. 1215/2012 ha abrogato e sostituito il regolamento n. 44/2001 che aveva, a sua volta, sostituito la Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalle successive convenzioni relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione, sicché l’interpretazione fornita dalla Corte circa le disposizioni di questi ultimi strumenti giuridici vale anche per il regolamento n. 1215/2012 quando tali disposizioni possono essere qualificate come «equivalenti» (sentenza del 3 settembre 2020, Supreme Site Services GmbH-Supreme Headquarters Allied Powers Europe, C-186/19; sentenza del 29 luglio 2019, Tibor-Trans, C-451/18).
4.1.5. Come peraltro già ai sensi dell’art. 4 della Convenzione di Bruxelles, l’art. 6 del Regolamento (UE) n. 1215/2012, stabilisce che, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la competenza delle autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro è disciplinata dalla legge di tale Stato (salva l’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, dell’articolo 21, paragrafo 2, e degli articoli 24 e 25).
La legge dello Stato italiano alla quale rinvia l’art. 6 del Regolamento n. 1215/2012 è costituita, appunto, dell’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il quale, al secondo comma, per le materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, “anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente”, disciplina la giurisdizione secondo i criteri stabiliti dalla medesima Convenzione e dalle sue successive modificazioni in vigore per l’Italia. Se la controversia attiene a materie comprese nella Convenzione di Bruxelles (e successive modifiche contenute nei regolamenti n. 44/2001 e n. 1215/2012), la citazione in giudizio in Italia di un convenuto domiciliato in uno Stato non europeo è giustificata, dunque, non in forza di applicabilità diretta della Convenzione, ma in virtù del rinvio che la legge italiana fa ad essa.
4.1.6. Deve dunque affermarsi che, alla stregua dell’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995, n. 218, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la giurisdizione italiana, quando si tratti di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215/2012, il quale ha sostituito il regolamento n. 44/2001 che aveva, a sua volta, sostituito la Convenzione.
Tale era l’approdo cui era pervenuta già Cass. Sez. U, 20/02/2013, n. 4211, dichiarando la giurisdizione del giudice italiano in causa che vedeva quale convenuta una società con sede in San Marino, in nome dell’applicabilità delle disposizioni del Regolamento CE n. 44 del 2001, richiamato dall’art. 3, comma 2, della legge 31 maggio 1995, n. 218. Ad identica conclusione è giunta Cass. Sez. U, 13/12/2018, n. 32362, in relazione a causa in cui una società italiana domandava ad una società venezuelana il pagamento del corrispettivo di una compravendita, nel senso che, in forza dell’art. 3, comma 2, della legge n. 218 del 1995, dovesse dirsi ora applicabile l’art. 7, lett. b, primo trattino, del Regolamento UE 12 dicembre 2012 n. 1215, sostitutivo dell’art. 5, n. 1, lett. b, del Regolamento CE 22 dicembre 2000, n. 44, quali disposizioni sostitutive della Convenzione di Bruxelles del 1968 (in senso difforme, sul presupposto della permanente operatività della Convenzione del 27 settembre 1968 e della inapplicabilità del Regolamento CE n. 44/2001 nei confronti di soggetti non domiciliati in uno degli Stati dell’Unione ovvero che non avessero adottato il predetto regolamento, Cass. Sez. U, 21/10/2009, n. 22239; più di recente, Cass. Sez. U, 12/06/2019, n. 15748).
5. La giurisdizione deve quindi essere verificata alla stregua dei criteri stabiliti dall’art. 7 del Regolamento (UE) n. 1215/2012 per le controversie in materia contrattuale, individuando l’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio. Tale luogo, salvo diversa convenzione, nel caso della compravendita di beni, consiste nel luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto, mentre, nel caso della prestazione di servizi, si identifica col luogo in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto.
6. Ai fini della soluzione del problema di qualificazione del rapporto contrattuale dedotto in lite come compravendita o come prestazione di servizi, qualificazione necessaria per l’accertamento della sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, occorre considerare come l’art. 386 c.p.c. dispone che la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda, ovvero dalla causa petendi e dal petitum individuati dall’attore ed eventualmente precisati prima del maturare delle preclusioni assertive (arg. da Cass. Sez. U, 12/03/2001, n. 102). L’attrice Binda Italia s.r.l. aveva dunque allegato che nel corso del lungo rapporto commerciale intrattenuto con la Retkie Industries Limited, essa inviava ordini di acquisto che venivano poi richiamati nelle fatture, che le forniture avevano ad oggetto orologi e gioielli prodotti in serie in base a progetti standard e che, terminata la fabbricazione della merce ordinata, la stessa veniva spedita in Italia per la immissione sul mercato.
Nella memoria ex art. 380-ter, comma 2, c.p.c., la Retkie Industries Limited pone in evidenzia come la citazione introduttiva del giudizio esponesse specificamente, tuttavia, che i beni oggetto della fornitura venivano realizzati “su progetto elaborato da Binda”, erano solo “assemblati ad Hong Kong da Retkie”, ed erano “ideati dai designer di Binda”.
6.1. Alla luce della interpretazione offerta dalla Corte di giustizia UE e da queste Sezioni Unite, i contratti stipulati tra Binda Italia s.r.l. e Retkie Industries Limited, per come prospettati in domanda, devono essere qualificati “compravendita” di beni, ex art. 7, lett. b, primo trattino, del Regolamento (UE) n. 1215/2012, e non “prestazione di servizi”, senza che modifichi tale qualificazione il fatto che la merce da consegnare dovesse prima essere fabbricata o prodotta, non avendo comunque l’acquirente provveduto a fornire i materiali, né diversamente rilevando il fatto che il medesimo acquirente abbia posto taluni requisiti relativi all’approvvigionamento, alla trasformazione e alla consegna delle merci, o che il fornitore fosse responsabile della qualità e della conformità al contratto della merce (Corte di Giustizia UE, sentenza del 14 luglio 2016, Granarolo SpA- Ambrosi Emmi France SA, Causa 196/15; sentenza del 25 febbraio 2010, Car Trim, C-381/08; Cass. Sez. U, 09/01/2020, n. 156).
Gli elementi dedotti ed allegati dalla Binda Italia s.r.l. non prospettano, viceversa, un rapporto di concessione di vendita, non inquadrabile tra quelli di scambio con prestazioni periodiche, il quale, ai fini dell’art. 7, Punto 1, lett. b), del Regolamento UE n. 1215 del 2012, implicando per il concessionario l’obbligo di acquistare e rivendere i prodotti alle condizioni fissate nell’accordo iniziale, costituisce non una “compravendita di beni” ma una “prestazione di servizi” (Cass. Sez. U, 21/12/2020, n. 29176).
6.2. Avendo ad oggetto il contratto di compravendita – di cui è dedotto l’inadempimento e domandata la risoluzione – una pluralità di forniture di beni di consumo da produrre (nella specie, orologi e gioielli), va quindi adottato, ai fini dell’individuazione del giudice cui è devoluta la giurisdizione, in assenza di apposita convenzione stipulata dalle parti, il criterio del “luogo di consegna”, ai sensi dell’art. 7, lett. b, primo trattino, del Regolamento (UE) n. 1215/2012, che deve individuarsi in quello di esecuzione della prestazione di consegna materiale dei beni (il magazzino di Binda Italia in Fagnano Olona), mediante la quale l’acquirente consegue il potere di disporre effettivamente di essi nel luogo di destinazione finale dell’operazione di vendita attestato dalla documentazione commerciale allegata dall’attrice, a prescindere da ogni considerazione sulle modalità del trasporto e sul luogo in cui il vettore prenda in carico le merci (cfr. Cass.
Sez. U, 13/12/2018, n. 32362; Cass. Sez. U, 10/02/2017, n. 3558; Cass. Sez. U, 21/01/2014, n. 1134; Cass. Sez. U, 02/05/2012, n. 6640).
6.3. Il terzo motivo del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla Retkie Industries Limited, nella terza ipotesi subordinata sub d), espone che la stessa convenuta nel costituirsi in giudizio aveva sostenuto che, nell’epoca più recente delle relazioni commerciali fra le parti, la società QCS, incaricata da Binda Italia s.r.I., procedeva ad un controllo totale della merce presso lo stabilimento di produzione della venditrice in Cina e poi la stessa veniva affidata ad un vettore di Hong Kong, con conseguente effetto liberatorio per la Retkie.
6.3.1. Anche con riguardo al rilievo di tale prospettazione depongono in senso contrario le interpretazioni rese dalla Corte di giustizia UE e da queste Sezioni Unite.
La Corte di Giustizia UE, sentenza del 25 febbraio 2010, Car Trim, C-381/08, a proposito dell’art. 5, punto 1, lett. b), primo trattino, del Regolamento CE n. 44/2001, ha chiarito che, in caso di vendita a distanza, il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto deve essere determinato alla luce delle disposizioni di tale contratto. Essa aggiunse che, se non è possibile determinare il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale luogo è, appunto, quello della consegna materiale dei beni, mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente di tali beni alla destinazione finale dell’operazione di vendita. La sentenza della Corte giustizia UE 9 giugno 2011, Electrosteel Europe SA c. Edil Centro SpA, C-87/10, ha ribadito che, in caso di vendita a distanza, al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato «in base al contratto», il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale; altrimenti, sempre senza far riferimento al diritto sostanziale applicabile al contratto, il luogo è comunque da identificare con quello della consegna materiale dei beni all’acquirente.
Mancando nel caso in esame una chiara ed univoca convenzione delle parti volta a stabilire il luogo di consegna della merce, resta da applicare il criterio fattuale del recapito finale dei beni (Cass. Sez. U, 28/06/2019, n. 17566; Cass. Sez. U, 14/11/2014, n. 24279).
7. Così definito nel suo contenuto precettivo il criterio di collegamento posto dall’art. dell’art. 7, lett. b, primo trattino, del Regolamento (UE) n. 1215/2012, va affermata la giurisdizione del giudice italiano.
Il Tribunale di Busto Arsizio, dinanzi al quale la causa pende, provvederà sulle spese del giudizio di regolamento unitamente al merito.
Non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non integrando il regolamento di giurisdizione un mezzo di impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice italiano.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni
Allegati:
SS.UU, 25 giugno 2021, n. 18299, in tema di giurisdizione italiana
Nota dell'Avv. Maurizio Fusco
Se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la giurisdizione italiana, quando si tratta di una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (UE) 1215/2012
1. Il principio di diritto
La giurisdizione deve essere verificata alla stregua dei criteri stabiliti dall'art. 7 del Regolamento (UE) 1215/2012 per le controversie in materia contrattuale, individuando l'autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio.
Tale luogo, salvo diversa convenzione, nel caso di compravendita, consiste nel luogo in cui i beni sono stati, o avrebbero dovuto essere, consegnati in base al contratto, mentre, nel caso di prestazione di servizi, si identifica col luogo in cui i servizi sono stati, o avrebbero dovuto essere, prestati in base al contratto.
2. Le argomentazioni
Le Sezioni Unite rilevano come siano già giunte ad identica conclusione:
a) allorquando hanno dichiarato la giurisdizione del giudice italiano in una causa ove ad essere convenuta è stata una società con sede in San Marino, e ciò in ragione dell’allora applicabile Regolamento (CE) 44/2001, richiamato dall’art. 3, c. 2, della L. 218/1995 (cfr., SS.UU, 20 febbraio 2013, n. 4211);
b) in relazione ad un giudizio in cui una società italiana ha domandato ad una società venezuelana il pagamento del prezzo di una compravendita, ex art. 7, lett. b, primo trattino, del Regolamento (UE) 1215/2012 (cfr., SS.UU, 13 dicembre 2018, n. 32362).
3. Riflessioni conclusive
Merita di essere segnalata l’esistenza di un contrario orientamento giurisprudenziale, che si fonda sul presupposto della permanente operatività della Convenzione di Bruxelles e sulla inapplicabilità del Regolamento (CE) 44/2001 – poi sostituito dal Regolamento (UE) 1215/2012 – nei confronti di soggetti non domiciliati in uno degli Stati dell’Unione, ovvero in Paese che non abbia adottato il predetto Regolamento (cfr., SS.UU, 21 ottobre 2009, n. 22239; più di recente, SS.UU, 1 giugno 2019, n. 15748).