Civile Ord. Sez. U Num. 33073 Anno 2022
Presidente: RAIMONDI GUIDO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA
Data pubblicazione: 09/11/2022
ORDINANZA
sul ricorso 16957-2021 proposto da:
NARDIN ANTONIETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell’avvocato CURZIO CICALA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA A BECCARA;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
nonchè contro
PAOLAZZI GIOVANNA, RISATTI STEFANO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –
sul ricorso 17472-2021 proposto da:
RISATTI STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato PAOLO DAL RI’;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
nonchè contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, PAOLAZZI GIOVANNA, NARDIN ANTONIETTA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 94/2021 della CORTE DEI CONTI – I SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il
24/03/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2022 dal Consigliere ANTONELLA PAGETTA.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 94/2021, la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale centrale di appello, in accoglimento dell’appello principale del Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Trentino Alto Adige – sede di Trento, respinti gli appelli incidentali di Antonietta Nardin e di Giovanna Paolazzi, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato le appellanti incidentali, in solido fra loro, al pagamento in favore del Comune di Cembre Lisignago, a titolo di risarcimento del danno erariale, della somma di C 386.847, 61, oltre accessori, da ripartirsi per la metà nei rapporti interni fra le medesime; in riforma della sentenza di primo grado ha condannato Stefano Risatti al pagamento in favore del Comune della somma di C 96.711,90, oltre accessori, come in dispositivo determinati.
2. Le ragioni della statuizione di conferma della responsabilità erariale a carico di Antonietta Nardin e Giovanna Paolazzi, rispettivamente Sindaco e Assessore ai lavori pubblici del Comune di Cembra Lisignago, è stata fondata sull’essersi le suddette amministratrici locali adoperate in vario modo, ed in particolare con frequenti pressioni destinate ad interferire nelle decisioni della commissione tecnica e nei tempi di pagamento dell’opera per favorire la società Pyro – Max, in relazione all’aggiudicazione ed alla esecuzione dei lavori di realizzazione di un impianto a biomassa per la produzione di energia elettrica. Tale impianto era risultato non funzionante e non collaudabile e quindi sostanzialmente inutile per il Comune committente. La responsabilità del Risatti, esclusa in prime cure, è stata fondata sulla circostanza che questi, essendo direttore dei lavori dell’impianto ed avendo quindi la costante supervisione e controllo dello stato dell’esecuzione dell’opera, aveva asseverato, pur in presenza di irregolarità, gli stati di avanzamento dei lavori, presupposto dei provvedimenti che il responsabile unico del procedimento doveva assumere al fine della effettuazione dei pagamenti in acconto in favore della società appaltatrice.
3. Gli elementi posti a fondamento della responsabilità erariale sono stati tratti essenzialmente dagli atti del procedimento penale a carico della Nardin e della Paolazzi, procedimento che si era concluso in primo grado con la condanna delle due amministratrici per il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 comma 2, cod. pen.), condanna confermata in seconde cure previa riqualificazione del reato in quello di turbata libertà di scelta del contraente (art. 353, bis, cod. pen.), mentre il Risatti era stato assolto.
4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Antonietta Nardin sulla base di quattro motivi; il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti ha depositato controricorso; Giovanna Paolazzi e Stefano Risatti sono rimasti intimati.
5. La decisione è stata impugnata in via autonoma da Stefano Risatti sulla base di due motivi. Il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti ha depositato controricorso; Giovanna Paolazzi e Antonietta Nardin e sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., deve essere disposta la riunione delle impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza.
Motivi di ricorso di Antonietta Nardin
2. Con il primo motivo di ricorso Antonietta Nardin deduce violazione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale e diniego di accesso alla tutela medesima. Il motivo è articolato in quattro profili con i quali si denunzia: a) travalicamento della competenza giurisdizionale in senso statico per mancata sospensione, ai sensi dell’art. 106 cod. proc. cont., del procedimento di responsabilità contabile in attesa dell’esito del procedimento civile instaurato dal Comune di Cembra Lisignago nei confronti della ditta appaltatrice e del procedimento penale nel quale il Comune si era costituito parte civile; b) travalicamento della cd. riserva di amministrazione atteso che il giudice contabile si sarebbe dovuto limitare a verificare la conformità a legge della scelta e la sua compatibilità con le specifiche finalità di pubblico interesse dell’ente, senza entrare nel merito della valutazione dell’Amministrazione e sostituirsi ad essa sotto il profilo dell’opportunità e convenienza della scelta effettuata; c) violazione del divieto di sindacato sulle scelte discrezionali della Pubblica Amministrazione, per essere il sindacato del giudice contabile limitato alla verifica del corretto esercizio della causa del potere discrezionale perseguito conformemente all’interesse pubblico secondo criteri di logica ed imparzialità, avendo riferimento al momento in cui la scelta è stata effettuata e non, quindi, con valutazione ex post; d) violazione delle norme sulla giurisdizione e dei limiti esterni della giurisdizione alla luce dell’evoluzione in senso dinamico del concetto di giurisdizione, espressione dell’esigenza della garanzia di effettività dell’ordinamento interno e dell’ordinamento dell’Unione; in questa prospettiva sostiene che, in deroga al principio per cui sono sottratti al sindacato della Corte di cassazione gli errores in iudicando ed in procedendo dei giudici speciali, all’ambito del controllo sulla giurisdizione spettante alla Corte di cassazione dovevano essere ricondotte anche le violazioni della legge sostanziale o processuale, che avevano comportato uno stravolgimento delle norme europee di riferimento così come interpretate dalla Corte di Giustizia; tanto, infatti, era accaduto nel caso specifico in quanto la sentenza impugnata si poneva in contrasto con il principio del giusto processo e con la tutela dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione oltre che dal Trattato dell’Unione Europea e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
3. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del combinato disposto dato dagli artt. 24, comma 1 e 2, 111, comma 1, Cost., dagli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dagli artt. 1 e 4 del Codice di giustizia contabile. Sostiene che la sentenza impugnata, nel porre a riscontro della responsabilità erariale elementi tratti dal procedimento penale, senza attenderne l’esito definitivo, nonché elementi tratti dalla relazione peritale nel procedimento per ATP instaurato dal Comune nei confronti della ditta appaltatrice al fine della verifica della responsabilità risarcitoria di quest’ultima ( procedimento al quale la ricorrente era quindi estranea), aveva violato il principio del giusto processo, del rispetto del contraddittorio, del nemo in propria causa testis debet ed, in generale, il diritto di difesa dell’incolpato.
4. Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 111, comma 2, Cost., sotto il profilo della violazione del contraddittorio, del diritto alla prova (in particolare in ordine alla quantificazione del danno), del diritto alla parità delle parti.
Sulla premessa che il giudice contabile aveva utilizzato in maniera apodittica le conclusioni alle quali era giunto il giudice penale di primo e secondo grado, osserva che in conseguenza dell’annullamento della sentenza di appello da parte della Corte di cassazione – che aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato – veniva meno anche il supporto probatorio rappresentato dagli atti dell’indagine penale sui
quali sostanzialmente era stato fondato l’accertamento di responsabilità contabile .
5. Con il quarto motivo di ricorso deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., denunziando assenza e contraddittorietà di motivazione posto che la sentenza impugnata aveva comunque riconosciuto che una parte della responsabilità dell’affido era da imputarsi alla Commissione tecnica di gara.
Motivi di ricorso di Stefano Risatti
6. Con il primo motivo di ricorso Stefano Risatti deduce violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 111 Cost. e dell’art. 207 d. Igs. n. 174/2014 per difetto di giurisdizione. Premesso di essere stato convenuto in giudizio per l’accertamento della responsabilità civile davanti al giudice ordinario dal Comune di Cembre Lisignago, deduce che la giurisdizione si era radicata in capo a quest’ultimo, come
eccepito in prime cure.
7. Con il secondo motivo di ricorso deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 111, comma 2 Cost.; sul presupposto che all’ambito delle questioni di giurisdizione sono riconducibili, nell’ottica della garanzia di effettività dell’ordinamento dell’Unione, anche le ipotesi in cui gli errores in iudicando o in procedendo del giudice speciale abbiano determinato il radicale stravolgimento delle norme europee di riferimento, assume che nello specifico tale situazione si era verificata per violazione del diritto di difesa, avendo il giudice contabile di seconde cure completamente travisato il contenuto degli atti di causa, facendo riferimento ad atti « che non esistono o non considerandone altri che invece si trovano all’interno del fascicolo » e non avendo chiarito in cosa consistevano le irregolarità ascritte.
Esame dei motivi di entrambi i ricorsi
8. Preliminarmente deve essere respinta la eccezione di giudicato sulla questione di giurisdizione formulata dal Procuratore Generale presso la Corte dei Conti.
8.1. Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, al quale si ritiene di dare continuità, per la configurabilità del giudicato è necessario che nella sentenza di primo grado vi sia un capo autonomo sulla giurisdizione impugnabile ma non impugnato in appello. Tale situazione è da escludere in relazione ad una sentenza del giudice speciale di primo grado che sia astrattamente affetta dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale poiché all’interno del plesso giurisdizionale della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato, un simile vizio non dà luogo ad un capo sulla giurisdizione autonomamente impugnabile, risolvendosi piuttosto in una questione di merito del cui esame il giudice speciale di secondo grado viene investito con la proposizione dell’appello. In conseguenza, l’interesse a ricorrere alla Corte di cassazione può sorgere esclusivamente rispetto alla sentenza d’appello che è anche la sola suscettibile di arrecare pregiudizio all’integrità della sfera delle attribuzioni degli altri poteri dello Stato (cfr., tra le altre: Cass., Sez. Un. 16/04/2021, n. 10108; Cass., Sez. Un. 06/03/2021 n. 6462; Cass., Sez. Un. 17/05/2019, n. 13436).
9. Parimenti deve essere affermata la infondatezza delle eccezioni relative alla giurisdizione formulate dai ricorrenti in connessione con la esistenza di altri giudizi, in sede civile e penale, originati dalla medesima vicenda.
9.1. Costituisce espressione di consolidato orientamento delle Sezioni Unite il principio generale della assoluta autonomia del giudizio amministrativo contabile e quindi dell’azione di responsabilità esercitata dal Procuratore presso la Corte dei Conti rispetto ai rapporti civili, amministrativi e disciplinari che possono intercorrere tra i soggetti passivi dell’azione contabile ed i soggetti danneggiati. E’ stato in particolare chiarito che la giurisdizione civile e quella penale, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità da far valere davanti alla Corte dei Conti, senza dar luogo ad una questione di giurisdizione (Cass. Sez. Un. 04/06/2021, n. 15570; Cass., Sez. Un. 28711/2013, n.26582; Cass., Sez. Un. n. 04/01/2012, n.11 ; Cass., Sez. Un. 24/03/2006 n. 6581).
10. Sono infondati i motivi di ricorso formulati da entrambi i ricorrenti che dichiaratamente muovono da una concezione «evolutiva» e «dinamica» della giurisdizione alla stregua della quale il controllo della Corte di cassazione sull’osservanza del limite esterno della giurisdizione ricomprende anche l’ipotesi, ritenuta estrema, di radicale stravolgimento delle norme di riferimento (nazionali o europee) tale da ridondare in denegata giustizia, ed in particolare il caso in cui l’errore denunziato si è tradotto in un’interpretazione delle norme europee in contrasto con quella fornita dalla Corte di Giustizia.
10.1. Tale prospettiva, che ha trovato riscontro in alcuni precedenti di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un. 29/12/2017, n. 31226; Cass., Sez. Un. 17/01/2017, n. 953; Cass. Sez. Un. 29/02/2016, n. 3915; Cass. Sez. Un. 06/02/2015, n. 2242), non è stata, come è noto, avallata dalla giurisprudenza costituzionale. Infatti, con la sentenza n. 6 del 2018 la Corte costituzionale, premesso che l’ottavo comma dell’art. 111 Cost. «attinge il suo significato e il suo valore dalla contrapposizione con il precedente comma settimo, che prevede il generale ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze degli altri giudici», ha ritenuto inammissibile ogni interpretazione dei «motivi inerenti alla giurisdizione» che, «sconfinando dal loro ambito tradizionale, comporti una più o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso». Ha precisato il Giudice delle Leggi che l’intervento delle Sezioni Unite in sede di controllo della giurisdizione non può essere giustificato nemmeno dalla violazione di norme dell’UE o della CEDU, la quale costituisce pur sempre un motivo di illegittimità (sia pure particolarmente qualificata), estraneo all’istituto in questione, osservando, inoltre, che «attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio è, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive» (cfr. Corte cost., sent. n. 6 del 2018).
10.2. L’esclusione della possibilità di far valere, attraverso il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione, errores in iudicando o in procedendo del giudice speciale che si traducano in violazioni del diritto dell’UE, è compatibile con l’ordinamento eurounitario, secondo quanto chiarito dalla Corte di Giustizia (causa C-497/2020), la quale, sollecitata da queste Sezioni Unite a pronunciarsi in ordine all’interpretazione degli artt. 4, par. 3, e 19, par. 1, del TUE e dell’art. 1, par. 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE, ha affermato che tali disposizioni, lette alla luce dell’art. 47 della CDFUE, devono essere interpretate nel senso che non ostano a una disposizione di diritto interno di uno Stato membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro. A sostegno
di tale conclusione, è stato richiamato il principio dell’autonomia procedurale, affermandosi che spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità processuali dei rimedi giurisdizionali per assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, a condizione che tali modalità non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Unione (principio di effettività).
10.3. Tali considerazioni sono condivise dalla più recente giurisprudenza di queste Sezioni Unite la quale ha affermato che la non sindacabilità, in sede di ricorso ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, Cost., delle violazioni del diritto dell’UE e dell’omissione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle giurisdizioni speciali, è compatibile con il diritto dell’UE, in quanto correttamente ispirata ad esigenze di limitazione delle ímpugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idonea a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, essendo rimessa ai singoli Stati membri l’individuazione degli strumenti processuali necessari per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione (cfr., tra le altre: Cass., Sez. Un., 24/05/2022, n. 25157; Cass. Sez. Un. 05/04/2022, n. 25501; Cass. Sez. Un. 24/01/2022, n. 1996; Cass. Sez. Un. 17/12/2018, n. 32622).
10.4. Il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione (artt. 111, ottavo comma, Cost., 362 cod. proc. civ. e 207 del codice di giustizia contabile, approvato con il d.lgs. n. 174 del 2016) ), va quindi riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurísdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza possibilità di estenderla alle ipotesi di violazione della legge sostanziale o processuale erronea, anche ove tali violazioni abbiano dato luogo a sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento delle norme di riferimento (Cass. Sez. Un. 19/03/ 2020, n. 7457; Cass. Sez. Un., 03/08/ 2021, n. 22140).
10.5. In altri termini, la Corte di Cassazione, quale supremo organo regolatore della giurisdizione, può soltanto vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione (Corte Cost. 12/03/2007, n. 77; Cass. 25/03/2019, n. 8311 e succ. conf.), proprio perché la Corte di cassazione è l’organo regolatore della giurisdizione, non il garante ultimo della nomofilachia, ossia della legittimità comunitaria, convenzionale e costituzionale delle norme (sia di rito che sostanziali) applicate dal giudice amministrativo e dal giudice contabile (Cass. Sez. Un. 18/01/2022, n. 1454; Cass. Sez. Un. 16/02/2022, n. 5121; con riferimento alla ritenuta estraneità della violazione del diritto dell’UE ai motivi inerenti alla giurisdizione, v. Cass., Sez. Un. 4/02/2021, n. 2605 e Cass., Sez. Un. 5/10/2021, n. 26920).
11. L’esame dei motivi proposti dalla Nardin e dal Risatti anche alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra evocate, sia in punto di autonomia del giudizio contabile rispetto al giudizio civile e penale, sia in punto dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione, comporta la inammissibilità di entrambi i ricorsi.
11.1. In particolare, in relazione al primo motivo del ricorso della Nardin si osserva che: a) la denunzia di mancata sospensione del procedimento contabile in attesa dell’esito degli altri procedimenti (civile e penale) è inammissibile in quanto astrattamente intesa a far valere la violazione della legge processuale, sottratta, in ragione di quanto sopra osservato, al sindacato esercitato in questa sede dalle Sezioni Unite; b) la denunzia di “travalicamento” della riserva di amministrazione e la denunzia di violazione del divieto di sindacato sulle scelte dell’Amministrazione sono inammissibili per difetto di specificità posto che la censura articolata si risolve nella all’enunciazione del vizio denunziato non sorretta dalla illustrazione delle concrete modalità con le quali si sarebbe realizzato tale travalicamento. Deve inoltre escludersi, alla luce delle motivazioni della sentenza qui impugnata, che il relativo esito sia stato condizionato da una valutazione del giudice contabile che abbia investito la convenienza ed utilità dell’opera adottata e che quindi si sia arbitrariamente sovrapposta e sostituita a quella dell’Amministrazione.
La Corte dei conti non è entrata nel merito della valutazione discrezionale propria della P.A. ma ha ricostruito la esistenza del danno erariale avuto riguardo alle violazioni e irregolarità verificatesi nel momento decisionale (relativo alla scelta di affidare l’opera alla società Pyro Max) ed esecutivo dell’opera commissionata dall’ente; c) la denunzia di violazione delle norme sulla giurisdizione e dei limiti esterni alla giurisdizione, formulata nell’ambito del primo motivo, così come le violazioni denunziate con il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso della Nardin, sono inammissibili in quanto prospettano la violazione di norme costituzionali e sovranazionali essenzialmente in relazione al principio del giusto processo ed alla compatibilità comunitaria della soluzione ermeneutica adottata, le quali esulano, in ragione di quanto sopra esplicitato, dal sindacato della S.C. in questa sede.
11.2. Quanto al ricorso proposto dal Risatti, il primo motivo risulta inammissibile sia per difetto di specificità, in quanto non sorretto dall’adeguata esposizione del fatto processuale e dalla corretta evocazione, in conformità dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., degli atti e documenti di causa sui quali il motivo si fonda„ sia perché muove da un presupposto in contrasto con la riconosciuta autonomia del giudizio contabile rispetto al giudizio civile e con la natura di error in procedendo del vizio in tesi denunziato (v. paragrafo 9.1.).
11.3. Il secondo motivo del ricorso di Stefano Risatti è anch’esso inammissibile in quanto ancorato alla concezione del sindacato sulla giurisdizione in senso dinamico evolutivo, espressione di un orientamento che, secondo quanto sopra esposto, è stato superato, sulla scia di Corte cost. n. 6/2018, dai recenti arresti delle Sezioni Unite che sono stati avallati dalla Corte di Giustizia.
12. Non si fa luogo al regolamento delle spese di lite nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva e nei confronti del Procuratore generale della Corte dei conti che ha natura di parte solo in senso formale.
6. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li dichiara entrambi inammissibili. Nulla per le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte di entrambe le parti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2022
Il Presidente
Allegati:
SS.UU, 09 novembre 2022, n. 33073, in tema di impugnazioni
Nota dell’Avv. Valentina Petruzziello
Impugnazione delle sentenze dei giudici speciali davanti alla Corte di Cassazione
1. Il principio di diritto
Il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione è ammissibile nei casi di difetto assoluto e relativo di giurisdizione e, quindi, non può estendersi al sindacato di sentenze abnormi od anomale o che abbiano stravolto le norme di riferimento, neppure se direttamente applicative del diritto UE, né può essere accolta la richiesta di rimettere alla Corte di Giustizia questioni volte a fare emergere errori in cui sia incorso il Consiglio di Stato nell’interpretazione ed applicazione di disposizioni di diritto interno applicative del diritto comunitario, non attenendo queste a motivi di giurisdizione.
2. Il ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti
La questione attorno alla quale ruota l’ordinanza riguarda la violazione delle norme sulla giurisdizione e dei limiti esterni della giurisdizione, ed in particolare i limiti entro i quali la Corte di Cassazione può sindacare i provvedimenti del giudice amministrativo.
La Suprema Corte affronta il tema utilizzando le coordinate tracciate dalla giurisprudenza di legittimità sul potere ex art. 111, c. 8, Cost..
Il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici), senza possibilità di estenderla alle ipotesi di violazione della legge sostanziale o processuale erronea, anche ove tali violazioni abbiano dato luogo a sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento delle norme di riferimento.
La Corte di Cassazione, quale supremo organo regolatore della giurisdizione, può soltanto vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione.
E’ esclusa, pertanto, la funzione nomofilattica della Cassazione rispetto ai provvedimenti dei giudici speciali.
3. Riflessioni conclusive
Nel caso sottoposto al loro esame, le Sezioni Unite ritengono infondati i motivi di ricorso formulati dai ricorrenti mossi da una concezione “evolutiva” e “dinamica” della giurisdizione, alla stregua della quale il controllo della Corte di Cassazione sull’osservanza del limite esterno della giurisdizione ricomprenderebbe anche l’ipotesi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento (nazionali o unionali) tale da ridondare in denegata giustizia, ed in particolare il caso in cui l’errore denunziato si sia tradotto in un’interpretazione della normativa comunitaria in contrasto con quella fornita dalla Corte di Giustizia.
Tale prospettiva, che ha trovato riscontro in alcuni precedenti di legittimità, non è stata avallata, però, dalla giurisprudenza costituzionale, che con la nota sentenza n. 6 del 2018, ha limitato la forza espansiva del sindacato della Corte di Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato, specificando che è lo stesso impianto costituzionale a rifiutare un sindacato di merito della Corte di legittimità sulle sentenze dei giudici speciali, anche laddove si abbia violazione di norme dell'UE o della CEDU, in quanto pur sempre motivo di illegittimità estraneo all’art. 111, c. 8, Cost., quali (meri) errores in procedendo o in iudicando.