Civile Ord. Sez. U Num. 36207 Anno 2021
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: MANCINO ROSSANA
Data pubblicazione: 23/11/2021
ORDINANZA
sul ricorso 5966-2021 proposto da:
CONSOLATO GENERALE DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN IN MILANO, in persona del Console Generale pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DE CAPOA;
– ricorrente –
contro
BEHROUZI NIA MONSEN, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO DI LAURO;
– controrícorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 9002/2019 del TRIBUNALE di MILANO.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2021 dal Consigliere ROSSANA MANCINO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale GIOVANNI GIACALONE, il quale chiede che codesta Corte, a Sezioni Unite, in camera di consiglio, rigetti il ricorso ed affermi la giurisdizione del giudice italiano.
RILEVATO CHE
1. Con ricorso ex art. 414 c.p.c., Behrouzi Nia Mohsen chiedeva al Giudice del lavoro del Tribunale di Milano di accertare il rapporto di lavoro intercorso, a decorrere da febbraio 1992 e fino al 20 marzo 2013, con il Consolato Generale della Repubblica Islamica dell’Iran, uffici di Milano, e lo svolgimento di mansioni di interprete e segretario personale del Console Generale di Milano riconducibili al contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle ambasciate e consolati, lamentando l’avvenuta regolarizzazione del rapporto di lavoro solo dal 23 dicembre 1999 e chiedendo, pertanto, la regolarizzazione del rapporto lavorativo per il periodo precedente e la corresponsione, in riferimento agli emolumenti regolarmente percepiti nel periodo, delle differenze retributive per ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, premio di rendimento, scatti di anzianità, indennità di ferie e TFR;
2. il Consolato Generale della Repubblica Islamica dell’Iran si costituiva chiedendo il rigetto della domanda ed eccependo, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano;
3. nella pendenza del giudizio innanzi al Tribunale di Milano, il Consolato Generale della Repubblica Islamica dell’Iran ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione con il quale chiede dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice italiano e assume la carenza di giurisdizione del giudice italiano per essere implicate, dall’eventuale trattazione della controversia in tema di riqualificazione, ora per allora, del rapporto di lavoro da autonomo a subordinato, statuizioni tali da incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero, espressione di suoi poteri sovrani di autorganizzazione ancor più in considerazione dell’attività, di natura confidenziale e dal peculiare contenuto diplomatico, al tempo svolta per stessa ammissione del lavoratore;
4. Behrouzi Nia Mohsen ha depositato controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;
5. il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sulla base delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
CONSIDERATO CHE
6. va innanzitutto premesso che il regolamento preventivo di giurisdizione postula la sola pendenza del procedimento rispetto al quale viene richiesto, tenuto conto del disposto dell’art. 41 cod.proc.civ. a mente del quale non è indicato un termine iniziale per la presentazione del ricorso in relazione a un determinato grado di sviluppo del procedimento di merito (v.,fra le altre, Cass.,Sez.Un., nn. 29880 del 2018 e 18832 del 2019);
7. tanto premesso, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui in tema di controversie inerenti ai rapporti di lavoro del personale delle ambasciate di Stati stranieri in Italia, ai fini dell’esenzione dalla giurisdizione del giudice italiano, in applicazione del principio consuetudinario di diritto internazionale dell’immunità ristretta, è necessario che l’esame della fondatezza della domanda del prestatore di lavoro non comporti apprezzamenti, indagini o
statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione (v., fra le tante, Cass. Sez.Un., 6 giugno 2017, n. 13980; Cass.,Sez.Un., 27 febbraio 2017, n. 4882; Cass.,Sez.Un.,11 luglio 2019, n.18661;v.,da ultimo, sul tema dell’immunità ristretta Cass.,Sez.Un., 16 settembre 2021, n.25045 );
8. alla stregua di detto principio, si è affermato che – in applicazione della regola consuetudinaria di generale applicazione, recepita dall’ordinamento italiano in virtù del richiamo contenuto nell’art. 10 Cost. – l’esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno non solo nel caso di controversie relative a rapporti di lavoro aventi ad oggetto l’esecuzione di attività meramente ausiliarie delle funzioni istituzionali degli enti convenuti, ma anche nel caso di controversie promosse dai dipendenti con compiti strettamente inerenti alle funzioni predette, ove la decisione richiesta al giudice italiano, attenendo ad aspetti solo patrimoniali, sia inidonea ad incidere o ad interferire sulle stesse funzioni (cfr., Cass. Sez.Un., 6 giugno 2017, n. 13980, ed ivi ulteriori precedenti; Cass. Sez.Un. 8 marzo 2019, n. 6884 che, nella controversia instaurata da un dipendente del British Council, già assunto a tempo indeterminato, per il riconoscimento del trattamento retributivo conseguente alla nullità di precedenti contratti a termine, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice italiano, in applicazione del predetto principio della immunità ristretta; Cass.,Sez.Un., 27 dicembre 2019, n.34474);
9. la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, sottoscritta a New York il 2 dicembre 2004 e ratificata con legge 14 gennaio 2013, n. 5, ha dettato regole precise e la Corte EDU ha rilevato che i principi affermati in tale Convenzione costituiscono parte integrante del diritto consuetudinario internazionale e vincolavano l’Italia anche prima della sua ratifica;
10. in particolare, la Corte EDU 18 gennaio 2011, Guadagnino c/ Italia e Francia ha affermato: «poiché i principi sanciti dall’art. 11 della Convenzione del 2004 sono parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, essi impegnano l’Italia» e «la Corte ne deve tener conto, nel momento in cui appura se il diritto di accesso ad un Tribunale sia stato rispettato»;
11.1 1art. 11 della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni di New York, recepita dalla legge n. 5 del 2013, con la norma, rubricata «Contratti di lavoro», al paragrafo 1, così prevede: «Sempre che gli Stati interessati non convengano diversamente, uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato» (sugli sviluppi giurisprudenziali del canone dell’immunità ristretta attualizzato nell’applicazione dell’art. 11 e operante ancor prima che la Convenzione divenisse vincolante per tutti gli Stati aderenti proprio
perché sostanzialmente ricognitivo di tale canone, v., fra le prime, Cass.,Sez.Un., nn. 9034,19674, 22744 del 2014);
12. in sostanza, come evidenziato anche dalla Corte europea, in via di principio in materia di contratti di lavoro non è applicabile la immunità giurisdizionale dello Stato estero, tuttavia sussistono diverse eccezioni a tale principio, specificamente elencate nel citato art. 11 della Convenzione di New York, eccezioni da considerare, anch’esse, come parte integrante del diritto consuetudinario internazionale, pur nella non immediata applicazione diretta della detta Convenzione (v. Cass.,Sez.Un., nn. 9034 e 22744 del 2014);
13. le eccezioni, analiticamente indicate nel paragrafo 2 della Convenzione, sono giustificate dalla qualità soggettiva del lavoratore (impiegato assunto per adempiere particolari funzioni nell’esercizio del potere pubblico, agente diplomatico, funzionario consolare, membro del personale diplomatico di missione permanente presso un’organizzazione internazionale o di una missione speciale o assunto per rappresentare uno Stato in occasione di una conferenza internazionale, oppure una persona diversa che benefici dell’immunità diplomatica), dall’oggetto dell’azione (assunzione, proroga o reinserimento di un candidato, licenziamento, risoluzione del contratto di un impiegato e se tale azione rischia di interferire con gli interessi dello Stato in materia di sicurezza, impiegato cittadino dello Stato datore di lavoro nel momento in cui l’azione è avviata, sempre che non abbia la residenza permanente nello Stato del foro), infine,
da una deroga convenzionale, qualora l’impiegato e lo Stato datore di lavoro si accordino in tal senso per iscritto;
14. nel caso in esame, la controversia concerne aspetti esclusivamente patrimoniali, in riferimento a differenze retributive derivanti dall’applicazione degli istituti diretti e indiretti incidenti sul trattamento retributivo ricevuto prima e dopo la regolare formalizzazione del rapporto, e sul TFR in considerazione dell’intero periodo temporale di svolgimento della prestazione e dell’espletamento di fatto di una prestazione lavorativa remunerata ancor prima della regolare formalizzazione del rapporto lavorativo, per cui la cognizione della controversia non implica alcuna interferenza sull’esercizio dei poteri sovrani;
15. in conclusione, è dichiarata la giurisdizione del giudice italiano al quale è rimessa anche la regolazione delle spese del presente regolamento preventivo;
16. non integrando il regolamento di giurisdizione un mezzo di impugnazione, non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice italiano al quale rimette anche la regolazione delle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 9 novembre 2021
Allegati:
SS.UU, 23 novembre 2021, n. 36207, in tema di lavoro subordinato
Nota dell'Avv. Gisella Rosa Conforti
Sono devolute alla giurisdizione del giudice italiano le controversie aventi ad oggetto gli aspetti patrimoniali del rapporto di lavoro dei dipendenti di Stati esteri
1. Il principio di diritto
Rientrano nella giurisdizione del giudice italiano le controversie concernenti aspetti esclusivamente patrimoniali dei rapporti lavorativi intrattenuti con Stati esteri, non comportando l’esame della cognizione da parte del giudice nazionale alcuna interferenza sull’esercizio dei poteri sovrani.
2. La fattispecie
Un dipendente del Consolato Generale della Repubblica Islamica dell’Iran si è rivolto al Giudice del lavoro del Tribunale di Milano, al fine di far accertare, in primo luogo, la sussistenza del rapporto di lavoro intercorso con il Consolato, e per richiederne la regolarizzazione per gli anni precedenti, nonché le differenze retributive derivanti dall'applicazione degli istituti incidenti sul trattamento retributivo e sul TFR.
Il Consolato ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano, per essere implicate, nella trattazione della controversia, statuizioni tali da incidere nei comportamenti di Stati esteri.
3. Riflessioni conclusive
Le pronunce richiamate, in tema di controversie inerenti ai rapporti di lavoro del personale delle ambasciate di Stati stranieri in Italia (cfr., fra le altre, SS.UU,. nn. 13980 del 2017; 4882 del 2017; 18661 del 2019), hanno escluso la giurisdizione del giudice italiano, in applicazione del principio consuetudinario di diritto internazionale dell'immunità ristretta (recepito dall'ordinamento italiano in virtù del richiamo contenuto nell'art. 10 Cost.), nell’ipotesi in cui l’esame della fondatezza della domanda non comporti apprezzamenti o statuizioni che incidano sugli atti dello Stato estero, espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione.
In linea con questo principio, è stata esclusa la giurisdizione dello Stato straniero nelle controversie inerenti ai rapporti di lavoro aventi ad oggetto l’esecuzione di attività ausiliarie alle funzioni istituzionali degli enti diplomatici e nelle controversie promosse dai dipendenti con compiti strettamente inerenti alle funzioni predette, ove la decisione richiesta al giudice italiano, attenendo ad aspetti solo patrimoniali, come nel caso di specie, sia inidonea ad incidere o ad interferire sulle stesse funzioni.
In definitiva, in materia di contratti di lavoro, in via generale, non è applicabile la immunità giurisdizionale dello Stato estero, essendovi diverse eccezioni (legate alla qualità soggettiva del lavoratore, all’oggetto dell’azione, ad una deroga convenzionale), specificamente elencate dall’art. 11, paragrafo 2, della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, sottoscritta a New York il 02 dicembre 2004 e ratificata con la L. 5/2013.