Civile Ord. Sez. U Num. 28022 Anno 2022
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI
Data pubblicazione: 26/09/2022
ORDINANZA
sul ricorso 4601-2022 proposto da:
IERVOLINO MARIO, nella qualità di legale rappresentante della A.S.L. SALERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VALERIO CASILLI;
– ricorrente –
contro
LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A, UNIONE SPORTIVA SALERNITANA CALCIO 1919 S.R.L.;
– intimati –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 26/2022 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA – SALERNO.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/09/2022 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale MAURO VITIELLO, il quale chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, rigetti il ricorso ed affermi la giurisdizione del giudice amministrativo.
FATTI DI CAUSA
L’Unità operativa prevenzione collettiva presso il Dipartimento di prevenzione del Distretto sanitario Salerno-Pellezzano, presso l’Asl Salerno, con provvedimento del 4 gennaio 2022 avente ad oggetto “Disposizione per casi positivi al Covid_19 e contatti stretti squadra U.S. Salernitana 1919”, in relazione ai casi di positività al Covid comunicati per gli atleti ed il massaggiatore della squadra nonché agli accertati contatti stretti di altri tesserati indicati nell’elenco trasmesso alla struttura sanitaria, ritenendo impossibile escludere il rischio di contagio per tutti i soggetti che avevano avuto contatti con i positivi, vista la circolare n.0060136 del 30.1.2021 DGPRE, disponeva per motivi di sanità pubblica l’isolamento di giorni dieci fino al 12.1.2022 ed il tampone molecolare o antigenico per tutti i casi positivi accertati, nonché la quarantena domiciliare di giorni cinque con test molecolare o antigenico fino al 7.1.2022 per i componenti della squadra dichiarati contatti stretti indicati nell’elenco trasmesso, con ciclo vaccinale completato da più di 120 giorni o con green pass valido, se asintomatici ed ancora prevedeva la quarantena domiciliare di giorni dieci fino al 12.1.2022 in aggiunta al test molecolare o antigenico per i soggetti non vaccinati o con ciclo vaccinale non completato, precisando che “Per tutto quanto sopra ne consegue che non potranno partecipare ad eventi sportivi ufficiali i soggetti tesserati rientranti nelle fattispecie di cui al presente dispositivo fino alla risoluzione completa dei relativi casi”.
La Lega Nazionale Professionisti Serie A – d’ora in avanti, breviter, Lega – ricorreva innanzi al Tribunale amministrativo della Regione Campania – sede di Salerno – per l’annullamento del provvedimento anzidetto, prospettandone l’illegittimità in relazione a quanto previsto dalla circolare n. 21463 del 18 giugno 2020, in quanto la disposta misura interdittiva impediva alla squadra di “mettersi in bolla”, così alterando gravemente lo svolgimento del campionato di Serie A.
Instaurato il contraddittorio, l’ASL SA eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito, ritenendo competente a conoscere della controversia il Tribunale ordinario.
Con decreto presidenziale datato 8 gennaio 2022, il TAR Campania, ritenuta l’illegittimità dell’ordinanza gravata per contrasto con la normativa di contenimento della pandemia vigente e valutata la sussistenza di un pregiudizio grave ed immediato collegato al rinvio delle gare di campionato in calendario, accoglieva l’istanza cautelare presentata dalla Lega, ai sensi dell’art. 56 c.p.a., sospendendo gli effetti dell’ordinanza impugnata.
La Lega, in data 3 febbraio 2022 dichiarava di rinunciare alla misura cautelare per sopravvenuta carenza di interesse a fronte dello svolgimento della partita Verona – Salernitana disputata in data 9 gennaio 2022, in seguito all’attestazione di fine quarantena comunicata dalla stessa ASL per parte dei soggetti coinvolti dal provvedimento restrittivo.
Nelle more del procedimento cautelare, l’ASL di Salerno ha proposto innanzi a queste Sezioni Unite regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi degli artt. 10 c.p.a. e 41 c.p.c., chiedendo che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario rispetto al procedimento promosso dalla Lega.
Il TAR Campania, con ordinanza del 10 febbraio 2022, ha disposto la sospensione del giudizio, ai sensi degli artt. 10 c.p.a. e 367 c.p.c., in attesa della definizione del regolamento.
Le parti intimate non si sono costituite.
Il Procuratore generale in data 18.05.2022 ha concluso chiedendo che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non è preclusa dalla circostanza che il Tribunale di Salerno adito per il merito abbia provveduto su una richiesta di provvedimento cautelare, pur se, ai fini della pronuncia, abbia risolto – implicitamente – una questione attinente alla giurisdizione – cfr. Cass., S.U., 30 marzo 2021, n. 8774; Cass., S.U., 21 settembre 2020, n. 19667; Cass., S.U., 20 giugno 2014, n. 14041; Cass., S.U., 9 febbraio 2011, n. 3167; Cass., S.U., 14 gennaio 2014, n. 584; Cass., S.U., 5 luglio 2004, n. 12307 -.
Ed infatti, il provvedimento cautelare emesso dal giudice amministrativo, al pari di quello emesso dal giudice ordinario, ha natura strumentale e funzione cautelativa provvisoria ed è destinato a perdere ogni efficacia a seguito della sentenza definitiva di merito, nella quale resta assorbito e caducato, esaurendo la funzione cautelare che lo caratterizza – Cass., 18 marzo 2016, n. 5444; Cass., 18 novembre 2011, n. 24305 -. Ne deriva che, in quanto privo di carattere decisorio il provvedimento cautelare non incide in via definitiva sulle posizioni soggettive dedotte in giudizio, sicché esso, pur quando coinvolge posizioni di diritto soggettivo, non statuisce su di esse con la forza dell’atto giurisdizionale idoneo ad assumere autorità di giudicato, neppure sul punto della giurisdizione – Cass., S.U., 26 giugno 2020, n. 12864; Cass., S.U., 23 settembre 2013, n. 21677; Cass., S.U., 26 gennaio 2011, n. 1767; Cass., S.U., 31 gennaio 2006, n. 2053; Cass., S.U., 8 agosto 2005, n. 16603 -.
Ciò posto in punto di ammissibilità del proposto regolamento, la ricorrente, per sostenere il radicamento della controversia innanzi alla giurisdizione ordinaria, muove dal convincimento che le questioni agitate nel giudizio attraverso l’impugnazione del provvedimento del D.P. ASL SA attengano a diritti soggettivi delle persone fisiche, non coinvolgendo prioritariamente gli interessi legittimi della Lega.
Secondo l’ASL SA il thema decidendum investirebbe dunque le modalità di esercizio del diritto alla salute in una situazione di epidemia, incidendo altresì sul diritto agli spostamenti degli atleti affetti dall’infezione da COVID-19 o con questi venuti in contatti stretti e sull’esercizio dell’attività agonistica. Ragione per cui simili valutazioni spetterebbero alla cognizione del giudice ordinario, competente in materia di tutela del diritto alla salute del cittadino e sui relativi trattamenti sanitari.
Peraltro, ad avviso della ricorrente, le misure sanitarie disposte dalla normativa emergenziale nel contesto pandemico sarebbero assimilabili a quelle normalmente previste per le persone affette da disturbi psichici, destinatarie di trattamenti sanitari obbligatori per la tutela della salute propria e della collettività, sulla cui applicazione ed eventuale impugnativa sarebbe competente il Tribunale ordinario.
Reputano queste Sezioni Unite che nel caso qui in esame sussista la giurisdizione del giudice amministrativo.
Ed invero, ai fini del corretto inquadramento della questione all’esame di queste Sezioni Unite, occorre muovere dal quadro normativo di riferimento in cui si inserisce il provvedimento amministrativo impugnato, esaminando la legislazione, sanitaria e non, introdotta nel corso dell’emergenza pandemica al fine di contenere la curva risalente dei contagi da COVID-19 e di impedire, al tempo stesso, la paralisi delle attività lavorative e, per quanto rileva nel caso di specie, delle attività sportive-professionistiche.
Giova per un verso richiamare l’art. 1, comma 7-bis, del d.l. 16 maggio 2020, n. 33, convertito nella L. 14 luglio 2020, n. 74, come modificato dall’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2021, n. 229, a tenore del quale “La misura della quarantena precauzionale di cui al comma 7 non si applica a coloro che, nei centoventi giorni dal completamento del ciclo vaccinale primario o dalla guarigione o successivamente alla somministrazione della dose di richiamo, hanno avuto contatti stretti con soggetti confermati positivi al COVID-19”, prevedendosi poi che “Ai soggetti di cui al primo periodo è applicato il regime dell’autosorveglianza, consistente nell’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 fino al decimo giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto con soggetti confermati positivi al COVID-19 e di effettuare un test antigenico rapido o molecolare per la rilevazione dell’antigene SARS-CoV-2 alla prima comparsa dei sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto.”
La disposizione, al comma 7-ter, aggiunge che “Con circolare del Ministero della salute sono definite le modalità attuative dei commi 6 e 7 sulla base dei criteri stabiliti dal Comitato tecnico-scientifico di cui all’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020” e che “La cessazione del regime di quarantena di cui ai commi 6 e 7 consegue all’esito negativo di un test antigenico rapido o molecolare per la rilevazione dell’antigene SARS-CoV-2, effettuato anche presso centri privati a ciò abilitati. In quest’ultimo caso, la trasmissione, con modalità anche elettroniche, al dipartimento di prevenzione territorialmente competente del referto con esito negativo determina la cessazione del regime di quarantena.”
Sul versante sportivo assumono invece rilievo le Linee-guida emanate, ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 maggio 2020, laddove all’art. 1, lett. e) si è previsto – a seguito dell’iniziale sospensione radicale degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina svolti in ogni luogo, sia pubblico che privato estesa a tutto il territorio nazionale (DPCM del 4 marzo 2020) – che siano consentite “le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra (…) nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a porte chiuse”. Con il successivo DPCM dell’Il giugno 2020, alla lett. e) dell’art. 1, comma 1, è stata poi disposta “a decorrere dal 12 giugno 2020” la possibilità di riprendere lo svolgimento degli eventi e delle competizioni sportive che siano “riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni” nonché di quelli “organizzati da organismi sportivi internazionali”, “a porte chiuse
ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico, pur sempre nel rispetto dei protocolli sanitari”. Si è quindi previsto che “anche le sessioni di allenamento degli atleti professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, sono consentite a porte chiuse, nel rispetto dei protocolli di cui alla presente lettera”.
Orbene, nel solco tracciato dall’F.M.S.I. (Federazione Medico Sportiva Italiana), quale referente in campo medico del CONI, ciascuna Federazione ha redatto dei protocolli funzionali alla ripresa in sicurezza dell’attività sportiva di interesse che, pur non essendo fonti normative di rango legislativo, costituiscono delle raccomandazioni corroborate dalla normativa primaria di riferimento.
Con riferimento al settore calcistico, per quel che qui interessa, giova segnalare che in vista della ripresa delle partite del Campionato di calcio programmata per il 20 giugno 2020, la Federazione Italiana Gioco Calcio – d’ora in avanti, breviter, FIGC – ha predisposto una proposta di “Integrazione dei protocolli sanitari” fino a quella data impiegati per gli allenamenti, che è stata inviata al Comitato Tecnico Scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione civile.
Quest’ultimo, in seno alla riunione del 12 giugno 2020 (verbale n. 88) 15, dopo avere preliminarmente dichiarato di valorizzare “la considerazione espressa ( … ) dalla FIGC mirante a rendere maggiormente agevole lo svolgimento delle attività sportive delle Società di calcio professionistiche della Serie A” e accertando, da un lato, la “non compatibilità” della suddetta proposta con le disposizioni contenute nel d.l. n. 33/2020 cit. in ordine alle misure della quarantena obbligatoria e precauzionale (c.d. isolamento fiduciario) e, dall’altro, “l’attuale evoluzione epidemica favorevole”, ha ritenuto “ricevibile dal punto di vista squisitamente medico scientifico ( … )” la proposta di individuazione di misure precauzionali alternative e/o aggiuntive rispetto a quelle previste in altri ambiti.
Vengono in rilievo, in tale contesto, in virtù del richiamato art. 1, comma 7-ter, del d.l. n. 33/2020 cit., le circolari del Ministero della Salute adottate dalla Direzione Nazionale della Prevenzione Sanitaria – grazie all’interlocuzione con gli organismi sportivi – e recanti modalità attuative in ordine alle misure della quarantena obbligatoria e precauzionale (c.d. isolamento fiduciario), per i contatti stretti dei casi COVID-19 in particolari contesti di riferimento, quali l’attività agonistica e professionistica.
È stata proprio la circolare Min. Salute n. 21463 del 18 giugno 2020 – espressamente invocata dalla ricorrente nel presente contenzioso – che, nel recepire le indicazioni espresse dal Comitato Tecnico Scientifico quanto all’attività agonistica di squadra professionistica, ha previsto, in caso di accertata positività di uno o più giocatori, l’isolamento degli stessi con facoltà di effettuare, in deroga all’obbligo della quarantena, la c.d. quarantena “in bolla” dell’intero Gruppo Squadra, onde consentire il regolare svolgimento delle gare, previa effettuazione per coloro che sono ritenuti “contatti stretti” di un tampone nel giorno della gara programmata, in modo da ottenere i risultati entro 4 ore e consentire l’accesso allo stadio e la disputa della competizione solo ai soggetti risultati negativi al test molecolare.
In seguito alla diffusione a livello globale della nuova variante VOC SARS-CoV-2 Omicron, il Ministero della Salute è quindi ulteriormente intervenuto con la circolare n. 60136 del 30 dicembre 2021 – indicata nel provvedimento dell’ASL impugnato dalla Lega – recante la rimodulazione delle misure sanitarie raccomandate tramite una diversificazione della durata e del termine della quarantena, prevedendone «modalità alternative» sulla base dello stato vaccinale.
Ad innovare ulteriormente il quadro normativo in materia si è inserita la più recente circolare Min. Salute n. 750 datata 18 gennaio 2022 e recante “…misure, a carattere temporaneo, e da adattare comunque in considerazione dello scenario epidemiologico” volte a “garantire il corretto svolgimento delle competizioni sportive, assicurare parità di trattamento e dare certezza al prosieguo delle attività sportive”, che ha fatto seguito alle Linee-guida per l’organizzazione di eventi e competizioni sportive del 3 gennaio 2022 redatte dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi del d.l. 2 aprile 2021, n. 52 ed aggiornate, da ultimo, al d.l. 24 dicembre 2021, n. 221 e 30 dicembre 2021, n. 229.
In tale documento è stato esplicitato il c.d. principio delle bolle, con tale dizione intendendosi, sempre all’interno della disciplina delle modalità di svolgimento delle competizioni sportive in ragione dell’emergenza epidemiologica, la previsione di norme specifiche per singole categorie nel contesto organizzativo di un evento quale una competizione sportiva, al fine di limitare al minimo i contatti e la condivisione di spazi fisici durante l’evento.
Esaurita la sommaria panoramica sulle misure di ordine normativo nella materia oggetto del provvedimento impugnato, giova rammentare che la Lega ha impugnato il provvedimento in questione in quanto la disposta misura interdittiva per cui “Per tutto quanto sopra ne consegue che non potranno partecipare ad eventi sportivi ufficiali i soggetti tesserati rientranti nelle fattispecie di cui al presente dispositivo fino alla risoluzione completa dei relativi casi”, avrebbe impedito alla squadra di “mettersi in bolla”, in contrasto con le fonti sopra richiamate e, conseguentemente, avrebbe ostacolato lo svolgimento delle gare in tempi compatibili con gli obblighi derivanti dalle competizioni internazionali e con gli impegni di calendario delle varie squadre nazionali, cagionando altresì un pregiudizio economico conseguente al rinvio sine die delle competizioni (diritti televisivi, riduzione degli incassi delle Società, riduzione delle sponsorizzazioni, biglietti da rimborsare).
Ciò premesso, è noto che la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e che, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto “petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto sulla base della “causa petendi”, ossia dei soli fatti dedotti a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo della lite, di cui essi sono manifestazione e da cui la domanda viene identificata, indagando sull’effettiva natura della controversia, in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive su cui esso si articola e si svolge (ex multis, Cass., S.U., 16 aprile 2021, n. 10105; Cass., S.U., 12 ottobre 2020, n. 21993; Cass., S.U., 31 luglio 2018, n. 20350; Cass., S.U., 16 maggio 2008, n. 12378; Cass., S.U., 11 aprile 2006 n. 8374; Cass. S.U., 27 gennaio 2005, n. 1622; Cass., S.U., 7 marzo 2003 n. 3508; cfr., da ultimo, Cass., S.U., 5 settembre 2022, n. 26039).
Ora, per quanto rileva ai fini della corretta considerazione delle specifiche posizioni coinvolte nella controversia qui in esame, occorre premettere che, come anche considerato da Corte cost., n. 49 del 2011 e successivamente ribadito da Corte cost., n. 160 del 2019, attraverso la possibilità di essere affiliati ad una Federazione sportiva o tesserati presso di essa ovvero di essere ammessi a svolgere attività agonistica disputando le gare ed i campionati organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI, trovano attuazione sia fondamentali diritti di libertà che non meno significativi diritti connessi a rapporti patrimoniali, ove si tenga conto della rilevanza economica che ha assunto il fenomeno sportivo spesso praticato a livello professionistico ed organizzato su base imprenditoriale, tutti oggetto di considerazione anche a livello costituzionale.
In questa prospettiva vengono in rilievo infatti, per un verso, la libertà di svolgere la propria personalità (art. 2 e art. 3, secondo comma), di circolazione e di soggiorno (art. 16), di riunione (art. 17) e di associazione (art. 18), e per altro verso, interessi inerenti al diritto al lavoro (artt. 1, 4 e 35) nonché alla libertà di iniziativa economica privata (art. 41) e alla tutela del diritto di proprietà (art. 42) e, in concreto, un coacervo di interessi di ordine generale correlati all’attività professionistica delle società professionali, come si è visto, oggetto di regolamentazione specifica e derogatoria rispetto a quella di ordine generale.
Ora, è tale prospettiva, collegata per un verso ad una valutazione dei diritti fondamentali sistemica e non isolata o frazionata (cfr. anche Corte Cost. n. 264/2012; Corte Cost., n. 85/2013; Corte Cost. n. 235/2014; Corte Cost. n. 254/2020) e, per altro verso, alla verifica in concreto del quadro normativo e delle modalità con le quali è preso in considerazione il diritto fondamentale in gioco, a risultare decisiva ai fini del riparto delle giurisdizioni.
Orbene, ove il legislatore abbia delineato e predefinito in modo assoluto e cogente un determinato diritto fondamentale e le modalità della sua protezione, non prevedendo alcuna mediazione da parte del potere pubblico, la giurisdizione in ordine alla sussistenza in concreto del diritto vantato, al contemperamento o alla limitazione di tale diritto in rapporto all’interesse generale pubblico deve essere attribuita al giudice ordinario.
A diverse conclusioni deve per contro giungersi laddove il diritto fondamentale, oggetto di un «comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della Pubblica Amministrazione di cui sia denunciata l’illegittimità» venga considerato nella sua dimensione solidale e, per ciò stesso, richieda l’intervento del potere pubblico in modo che esso possa eventualmente bilanciarlo con altri interessi e valori parimenti fondamentali – Cass., S.U., 28 dicembre 2007 n. 27187 -.
Queste Sezioni Unite hanno di recente ribadito che a seconda delle modalità con le quali il legislatore prende in considerazione situazioni giuridiche fondamentali, sia ben possibile che lo stesso introduca forme di protezione che affidano al potere amministrativo la concreta determinazione e conformazione del livello di tutela del diritto fondamentale che si realizza, in un quadro pluralistico, attraverso il bilanciamento, ragionevole e proporzionato, con altri valori costituzionali, ferma ovviamente l’incomprimibilità del nucleo minimo essenziale, del nocciolo duro, del diritto stesso -cfr. Cass., S.U., 15 febbraio 2022, n. 4873-.
Ora, nel caso in esame il thema decidendum – come anche rilevato in sede di conclusioni da parte del Procuratore Generale -, non è esclusivamente integrato dalla sussistenza in concreto dei diritti vantati dagli atleti della U.S. Salernitana o degli interessi collettivi facenti capo alla Lega, né dal contemperamento o dalla limitazione di tali situazioni giuridiche soggettive in rapporto all’interesse generale pubblico alla salute nella sua accezione collettiva ai sensi dell’art. 32 Cost., il quale solamente sullo sfondo emerge, alla stregua di ragione giustificativa delle misure limitative dettate.
La controversia, in definitiva, tende alla verifica della legittimità del provvedimento rispetto alla disciplina dell’attività sportiva professionistica correlata alle prescrizioni di ordine sanitario previste da una molteplicità di fonti normative, primarie e secondarie – alcune di ordine generale – qual è, appunto, la circolare n. 60136 del 30.12.2021 DGPRE richiamata dall’ASL – ed altre specificamente rivolte e, dunque, inerenti ad aspetti legati alla gestione dei casi di accertata positività, isolamento e quarantena, ripresa dell’attività sportiva sottoforma di allenamenti e gare.
Ed invero, stabilire se il provvedimento in questione sia o meno legittimo sottende un petitum sostanziale che, concretandosi nel sostenere che l’amministrazione avrebbe dovuto adottare un atto di contenuto diverso – in quanto conforme alla normativa vigente di contenimento del virus -, è questione che involge unicamente e necessariamente la giurisdizione generale di legittimità su atti, la cui sindacabilità per violazione di legge è propria del giudice amministrativo in quanto, a monte, attiene alla delicata operazione di mediazione di interessi dell’amministrazione, caratterizzata da ampi margini di discrezionalità e specificamente affidata all’azione sinergica delle autorità sanitarie e sportive, come è reso palese dalle fonti normative sopra succintamente richiamate, mettendo altresì in evidenza quanto l’agire della stessa amministrazione sanitaria a livello locale sia strettamente collegato alle attività svolte in via autonoma dagli organismi sportivi competenti, tese ad evitare la propagazione del virus all’interno delle squadre, tramite il monitoraggio e la sorveglianza dei relativi componenti.
Del che vi è plastica conferma nelle premesse delle ricordate Linee guida del 3 gennaio 2022, ove si precisa che “spetta alle autorità sanitarie locali la definizione del dettaglio degli aspetti operativi utili ad una migliore attuazione delle misure di prevenzione e di contenimento del contagio previste dalle presenti linee guida, nonché il controllo sulla loro osservanza” ed anche nella stessa Circolare n. 21463 del 18 giugno 2020, che rimette ad una determinazione dell’operatore di sanità
pubblica del Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente, la facoltà di dar seguito, per tutto il “gruppo squadra” alla c.d. quarantena in bolla, tanto configurando un potere regolamentare in capo all’amministrazione incidente sulle situazioni giuridiche dei soggetti a vario titolo coinvolti da simili misure.
Sulla base delle superiori argomentazioni, analizzando le singole previsioni normative oggetto della generale legislazione anti-Covid, si evince che le misure emergenziali si distinguono in base al diverso modo con cui incidono sulle situazioni giuridiche soggettive dei loro destinatari.
Con particolare riferimento al provvedimento in questione, la previsione della quarantena concretamente adottata dall’ASL, si traduce in un divieto ad attività che – solo indirettamente – incide sul peculiare assetto di interessi, individuali e collettivi, rilevanti nel caso di specie. E ciò in maniera diversa tanto rispetto al divieto di assembramenti, quanto rispetto alle misure di regolazione delle distanze interpersonali e concernenti un diritto/dovere al distanziamento (cfr. sul punto Cass., S.U. 15 febbraio 2022, n. 4873, cit.), sottratte invero – queste due ultime tipologie di previsioni – ad ogni potere valutativo della p.a. e, come tali, giustiziabili solo innanzi al giudice ordinario.
In questa prospettiva, del resto, Cass., S.U., 3 febbraio 2016 n. 2051, con riferimento a controversie riguardanti le transazioni da stipulare da parte del Ministero della Salute con soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti ovvero da vaccinazioni obbligatorie, che avessero instaurato azioni di risarcimento ancora pendenti, ha negato l’interferenza diretta sul diritto soggettivo – oggetto dei giudizi risarcitori – dell’agire dell’amministrazione, ritenendo questa del tutto eventuale ed indiretta ed escludendo, pertanto, che un possibile contenzioso insorto fra il privato e l’amministrazione sanitaria, circa il modo di esercizio del potere regolamentare da parte di quest’ultima, potesse restare attratto nella giurisdizione ordinaria.
Ed allora, non coglie affatto nel segno l’assimilazione prospettata da parte ricorrente, a sostegno della giurisdizione ordinaria rispetto alla controversia promossa dalla Lega, delle norme emergenziali in questione alla disciplina prevista in materia di trattamento sanitario obbligatorio, le cui controversie sono devolute alla competenza del Tribunale Ordinario, ai sensi dell’art. 21 d.lgs. 150/2011 (richiamato dall’art. 5 della legge n. 180/1978, nonché dall’art. 30, c.6, d.lgs. n. 286/1998).
Peraltro, è appena il caso di ricordare che il Trattamento Sanitario Obbligatorio è strettamente legato all’applicazione di una misura di protezione in ambito sanitario (interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno), allo scopo di garantire il contemperamento della tutela della salute, quale diritto fondamentale di ciascun individuo ed espressione di un interesse della collettività, nel suo complesso radicato nell’art. 32 Cost., con il diritto del singolo ad autodeterminarsi in ordine alle questioni involgenti il proprio benessere psico-fisico, ai sensi dell’art. 3 Cost. A tal fine, il legislatore con la legge n. 180/1978 che ha abolito i cc.dd. ricoveri coatti, ha introdotto una specifica disciplina per gli accertamenti sanitari obbligatori (ASO) e i trattamenti sanitari obbligatori (TSO), che a tutt’oggi costituiscono gli unici casi previsti per legge, in conformità all’art. 32 Cost., in cui l’accertamento o il trattamento sanitario può essere imposto contro la volontà del soggetto interessato. In tutt’altro ambito si muove invece il provvedimento impugnato dalla Lega, laddove ha disciplinato la quarantena dei componenti della squadra ed il loro divieto di partecipare ad eventi sportivi ufficiali, essendo entrambe le misure incidenti su beni diversi dalla libertà personale – cfr. Corte cost. n. 127/2022 e Corte cost. n. 22/2022 -.
Dalla rilevata eccezionalità della normativa invocata dalla ricorrente discende, pertanto, la necessità di una stretta interpretazione con riferimento alla disciplina concernente l’applicazione dei trattamenti sanitari in questione e le relative controversie anche in punto di giurisdizione, non sussistendo i presupposti per estenderla analogicamente (cfr. Cass., 11 febbraio 2012, n. 2656; Cass. 6 luglio 2002, n. 9852).
Alla luce delle superiori argomentazioni, deve, pertanto, escludersi, la giurisdizione ordinaria sulla controversia in esame ed affermarsi la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo.
Deve infatti escludersi che la controversia rientri nell’orbita della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, in particolare, nella competenza funzionale del Tar Lazio in relazione alla previsione di cui al combinato disposto degli artt. 133, comma 1, lett. z-septies) e 135, comma 1, lett. q-sexies), del codice del processo amministrativo, come modificati dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, con l’art. 1, comma 649.
Sul punto occorre muovere dall’art. 3 del d.l. n. 220 del 2003, conv. con modificazioni nella I. n. 280 del 2003 recante «Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva», in virtù del quale “Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli
organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo.”
Aggiunge la norma che “Sono in ogni caso riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”.
Nello stesso senso l’art. 1, c.649, I.n.145/2018, cit., ha devoluto le controversie contemplate dall’ultimo periodo dell’art. 3 d.l.n.220/2003, cit., alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo radicata presso il TAR Lazio avente competenza funzionale inderogabile.
Ora, queste Sezioni Unite, nel tratteggiare i confini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con competenza funzionale del Tar Lazio sulle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa di atti delle Federazioni sportive nazionali che si configurano come provvedimenti amministrativi pubblicistici, hanno ritenuto che la nozione di provvedimenti “comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”, secondo il disposto del richiamato art. 3 d.l. n. 220 del 2003 nonché dell’art. 133 co.1 lett. z-septies) c.p.a. cit., vada interpretata ricercando la più logica vicinanza alla positiva nozione di “provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche”, quale complessiva materia aperta ma nettamente comunque diversa rispetto a quella disciplinare, indicata come espresso oggetto di riserva all’ordinamento sportivo nell’art. 2 co.1 lett. b) d.l. cit. (Sez. U, Ordinanza n. 4850 del 2021). Ciò allo scopo di evitare di incardinare la giurisdizione solo in virtù delle mere conseguenze effettuali sull’accesso alle competizioni di provvedimenti che abbiano una differente consistenza.
Orbene, da tale lettura selettiva, sia pur riferita ai rapporti tra ordinamento statale e sportivo, in considerazione del fatto che l’ordinamento giuridico statuale riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, a garanzia della pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, presidiata dagli artt. 24, 103 e 113 Cost. – cfr. da ult. Cass., S.U., 2 febbraio 2022, n. 3101; Cass., S.U., 1° febbraio 2022, n. 3057 -, consegue l’impossibilità, anche con riferimento al presente regolamento di giurisdizione, di ricomprendere tra i provvedimenti che incidono sulla partecipazione alle competizioni, ai fini dell’attrazione delle relative controversie nella giurisdizione esclusiva del TAR Lazio, tutti quelli da cui comunque derivino su di esse meri effetti indiretti, come nella presente fattispecie.
Ed invero, nel caso all’esame di queste Sezioni Unite a venire in rilievo è un atto amministrativo che, pur coinvolgendo gli interessi tanto degli atleti professionisti, quanto del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle Federazioni sportive nazionali, alla partecipazione alle competizioni sportive professionistiche nonché alla prosecuzione delle stesse, – per l’un verso – non è da questi enti direttamente promanante, essendo invero emanazione di un soggetto esterno all’attività istituzionale dagli stessi svolta. Per altro verso, l’atto impugnato dalla Lega non va specificamente ad incidere su detta partecipazione,
spiegando su di essa meri effetti indiretti. In questo senso depone l’ultimo periodo, a tenore del quale “Per tutto quanto sopra ne consegue che non potranno partecipare ad eventi sportivi ufficiali i soggetti tesserati rientranti nelle fattispecie di cui al presente dispositivo fino alla risoluzione completa dei relativi casi”.
Orbene, l’impugnato provvedimento dell’ASL di Salerno investe direttamente, in un più generale contesto di riferimento – quello pandemico -, la regolamentazione dell’attività delle società sportive e la compagine delle relative squadre, alle quali non è, peraltro, inibita la partecipazione alle gare, come pure risulta dalla relazione sul provvedimento in questione redatta in data 1° febbraio 2022 dal Dirigente Medico dell’U.O. Prevenzione Collettiva dell’A.S.L. di Salerno, laddove si evidenziava che l’impugnato provvedimento della ASL non prevedeva affatto la quarantena dell’intero gruppo squadra.
Dacché deve negarsi ogni rilievo, in parte qua, alla giurisdizione esclusiva ed eccezionale del TAR Lazio, escludendosi, peraltro, in radice che le questioni siano riservate alla giustizia sportiva, anche considerando la natura delle disposizioni del codice del processo amministrativo che hanno introdotto la competenza funzionale esclusiva del Tar Lazio, come noto derogatorie dell’ordinaria competenza territoriale dei tribunali amministrativi regionali (v., Cons. Stato sez. IV 27/08/2014 n.4356; Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 138 del 18 gennaio 2016).
Sulla base di tali considerazioni va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo e nella specie del Tribunale amministrativo della Regione Campania – sede di Salerno – (Sezione Terza), innanzi al quale pende la causa sospesa con ordinanza del 10 febbraio 2022.
La liquidazione delle spese del presente giudizio va rinviata al giudice individuato come dotato di giurisdizione.
PQM
Dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, al quale rimette la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso il 13 settembre 2022 nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili.
Allegati:
SS.UU, 26 settembre 2022, n. 28022, in tema di misure anti Covid-19
Nota dell'Avv. Maurizio Fusco
Misure anti Covid-19 e interesse al regolare svolgimento delle competizioni sportive: il caso Salernitana calcio
1. Il principio di diritto
È competente il giudice amministrativo a conoscere della controversia relativa alla legittimità del provvedimento dell’Asl che impone ai tesserati della squadra di calcio di non partecipare alla gara di campionato.
2. La fattispecie
Il regolamento preventivo di giurisdizione, che ha investito le Sezioni Unite, prende le mosse dalla seguente vicenda.
L'Asl territorialmente competente, in relazione a casi di positività al Covid-19 di atleti e massaggiatori, ha disposto, per motivi di sanità pubblica, una serie di misure di prevenzione, per effetto delle quali è stato impedito alla squadra di partecipare ad eventi sportivi ufficiali.
La Lega Nazionale professionisti serie A ha presentato ricorso al Tar per l’annullamento del provvedimento anzidetto, prospettandone, tra l’altro, l’illegittimità in relazione alla alterazione dello svolgimento del massimo campionato di calcio.
Instaurato il contraddittorio, l'Asl ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito, ritenendo competente a conoscere della controversia il Tribunale ordinario, proponendo quindi regolamento preventivo di giurisdizione.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite, dopo aver ricostruito il complesso quadro normativo, affermano che, nel caso esaminato, il thema decidendum non è integrato dalla sussistenza in concreto dei diritti vantati dagli atleti della U.S. Salernitana o degli interessi collettivi facenti capo alla Lega, né dal contemperamento o dalla limitazione di tali situazioni giuridiche soggettive, in rapporto all’interesse generale pubblico alla salute.
La controversia, al contrario, tende alla verifica della legittimità del provvedimento rispetto alla disciplina dell’attività sportiva professionistica correlata alle prescrizioni di ordine sanitario previste da una molteplicità di fonti normative, primarie e secondarie, inerenti ad aspetti legati alla gestione dei casi di accertata positività, isolamento e quarantena, nonché di ripresa dell’attività sportiva sotto forma di allenamenti e gare.
Sulla base di tale premessa la pronuncia esclude la giurisdizione ordinaria (e quella sportiva) in favore di quella del giudice amministrativo.
Deve infatti negarsi ogni rilievo, precisa la Cassazione, alla giurisdizione esclusiva ed eccezionale del TAR Lazio, escludendosi che le questioni siano riservate alla giustizia sportiva, anche considerando la natura delle disposizioni del c.p.a., che hanno introdotto la competenza funzionale esclusiva del TAR stesso, come noto derogatorie dell’ordinaria competenza territoriale dei Tribunali Amministrativi Regionali.