Civile Sent. Sez. U Num. 4846 Anno 2021
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO
Data pubblicazione: 23/02/2021
SENTENZA
sul ricorso 13130-2018 proposto da:
LIPARI MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 212, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BRASCA, rappresentato e difeso dall’avvocato TERESA BRACONARO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 89/2018 del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO, depositata il 30/01/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/01/2021 dal Presidente FRANCO DE STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale ALESSANDRO PEPE, che ha concluso per l’accoglimento, p.q.r., del ricorso;
udito l’avvocato Francesco Brasca per delega orale.
Fatti di causa
1. Secondo quanto già indicato nella precedente ordinanza di queste Sezioni Unite 30/01/2020, n. 2088, Michele Lipari ricorre, con atto – intestato quale «regolamento di competenza» – articolato su di un unitario motivo e notificato a mezzo p.e.c. il 20/04/2018, per la cassazione della sentenza n. 89 del 30/01/2018 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, resa sull’opposizione da lui dispiegata il 27/10/2015 al pignoramento presso terzi intentato ai suoi danni – e nei confronti del terzo Edil Domus srl – da Equitalia Centro spa, notificatogli il 07/04/2014 (così nella gravata sentenza, ma in altri atti risultando il 17/04/2014) per € 200.099,58.
2. L’opposizione, nella prospettazione operatane in ricorso, era articolata sulla deduzione della mancata previa notifica delle cartelle esattoriali cui quello si riferiva (e degli atti ad esse precedenti) e di altri vizi formali del pignoramento (mancanza di motivazione, anche con riguardo all’addebito di interessi e sanzioni; carenza di indicazione dei servizi resi coi relativi costi sostenuti; omessa indicazione dei dati relativi alla notifica al terzo pignorato), ma pure di violazione dell’art. 46 del dPR 602/73 e 7 della I. 212/00, di inesistenza del debito ed erronea individuazione del debitore; ed era seguita a sentenza del giudice tributario che soltanto tra gli allegati all’odierno ricorso è indicata come resa dalla Commissione tributaria provinciale di Forlì, in data 13/11/2014 (benché dagli atti di parte risulti poi pubblicata il 27 di quel mese) e col n. 583, di mera declaratoria di inammissibilità del ricorso a quel giudice.
3. Sospesa l’esecuzione con provvedimento 10/11/2015 e introdotto il giudizio di merito, il giudice del tribunale peloritano, pur dato atto della negatività della dichiarazione del terzo, ha poi presupposto l’applicabilità dei principi di Cass. Sez. U. 05/06/2017, n. 13913, per dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario «in favore del giudice tributario», fissando termine di tre mesi per la riassunzione e compensando le spese processuali.
4. All’esito della pubblica udienza di discussione del 17/12/2019, con la richiamata ordinanza interlocutoria si è ordinata la rinnovazione della notificazione del ricorso al successore di Equitalia Centro spa, cioè l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, entro sessanta giorni dalla comunicazione di quella: ciò a cui il ricorrente ha provveduto il 19/03/2020, depositando il relativo atto il 30/09/2020; ma l’Agenzia delle Entrate – Riscossione è qui restata intimata.
Ragioni della decisione
1. Va preliminarmente e definitivamente ribadito che, «in tema di giudizio di legittimità, la notifica del ricorso eseguita al successore ex lege dell’agente della riscossione già parte in causa, cioè alla sopravvenuta Agenzia delle Entrate – Riscossione, è invalida se eseguita al difensore nominato dal precedente agente della riscossione, perché l’ultrattività del mandato in origine conferito a quest’ultimo prima dell’istituzione del nuovo Ente, così nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso, poiché la cessazione dell’originario agente della riscossione ed il subentro automatico del suo successore sono disposti da una norma di legge, quale il d.l. n. 193 del 2016; pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore ex lege, cioè l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida ma tale invalidità integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’Agenzia stessa, vuoi a seguito della rinnovazione dell’atto introduttivo del giudizio».
2. L’ordine di rinnovazione, impartito con la richiamata ordinanza interlocutoria n. 2088/20, è stato eseguito con notifica a mezzo pec all’Agenzia del 19/03/2020; e la prova andava prodotta, a pena di improcedibilità, entro i venti giorni dalla scadenza del termine per la rinnovazione, in applicazione della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che esige pure per le rinnovazioni delle notifiche dei ricorsi e per le integrazioni del contraddittorio davanti a questa Corte il rispetto del termine di procedibilità per la produzione della prova di notifica del ricorso, di venti giorni dalla scadenza del termine a quello scopo fissato (Cass. ord. 25/07/2012, n. 13094; Cass. 21/11/2013 n. 26141; Cass. ord. 02/04/2019, n. 9097, ove si richiamano i precedenti e si distingue tra le ipotesi della mancata ottemperanza e della tardiva dimostrazione dell’ottemperanza, sancendo l’inammissibilità nel primo caso e l’improcedibilità nel secondo).
3. Il termine da rispettare nella specie scadeva così lunedì 20/04/2020, ma il deposito ha avuto luogo soltanto il 30/09/2020, secondo quanto risulta dagli atti di cancelleria: e tuttavia ritiene il Collegio che alla sanzione di improcedibilità non debba pervenirsi nella specie, dovendo rimeditarsi la stessa necessità di eseguire la nuova notificazione del ricorso all’Agenzia presso l’Avvocatura generale dello Stato e dovendo qualificarsi come già di per sé sufficiente la notifica comunque a suo tempo eseguita, a mezzo posta elettronica certificata ed il 20/04/2018, appunto all’Agenzia al suo indirizzo ufficiale.
4. Infatti, sia pure in consapevole riconsiderazione dell’opposta scelta operata con la richiamata ordinanza interlocutoria, quell’ordine di rinnovazione non era necessario e la carenza della sua formale piena ottemperanza non comporta allora la sanzione dell’improcedibilità, se del caso quello intendendosi revocato ad ogni effetto: e tanto perché, ferma la nullità della notifica del ricorso al difensore costituito per il dante causa dell’Agenzia e la necessità di notificare a questa ex novo il ricorso, a tanto non deve peraltro seguire necessariamente, solo sul punto in senso diverso da quanto ritenuto nella richiamata Cass. ord. 2088 del 2020, che la notifica vada rinnovata all’Avvocatura generale dello Stato.
5. Al riguardo, il regime del tutto peculiare del patrocinio in giudizio dell’Agenzia delle entrate – riscossione, disegnato da Cass. 30008/19 come sui generis e di inusitata complessità, continua a configurare il patrocinio autorizzato come comunque eventuale e non istituzionale, benché rimesso alla volontaria individuazione in forza del separato protocollo tra l’Agenzia e l’Avvocatura: sicché, ove non sussistente al momento in cui l’atto è notificato (nella specie e per definizione, siccome rivolto al successore ex lege dell’originaria parte processuale, la quale era già costituita, ma appunto con un difensore del libero foro), non può implicare la necessità della notifica all’Avvocatura, che quel patrocinio ancora non ha assunto.
6. Da tanto consegue che, più adeguatamente approfondita la questione, la notificazione originaria del ricorso all’Agenzia andava ritenuta rituale, in un momento in cui appunto quel patrocinio autorizzato sui generis non poteva ancora dirsi operativo, se ed in quanto, come nella specie già avvenuto, eseguita presso l’Agenzia in persona del suo legale rappresentante e nella sua sede (o al suo indirizzo di posta elettronica certificata ritualmente individuato) e non invece presso l’Avvocatura, sicché non ne andava ordinata la rinnovazione e la pure evidente inottemperanza ai relativi oneri successivi, che normalmente avrebbe comportato l’improcedibilità del ricorso, non può rilevare, dovendo quell’ordine non esattamente ottemperato essere revocato.
7. In sostanza, con riferimento alla successione ex lege dell’agente della riscossione già parte in causa, la cessazione dell’originario agente della riscossione ed il subentro automatico della Agenzia delle Entrate – Riscossione sono disposti da una norma di legge, il d.l. n. 193 del 2016; pertanto, nel giudizio di legittimità la notifica del ricorso eseguita alla sopravvenuta Agenzia delle Entrate – Riscossione è invalida se eseguita al difensore nominato dal precedente agente della riscossione, perché non opera l’ultrattività del mandato in origine conferito a quest’ultimo, così nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione; tale invalidità integra una mera nullità suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’Agenzia, vuoi per autonoma riattivazione del procedimento notificatorio, oppure a seguito dell’ordine di rinnovazione di quella notificazione, da eseguirsi all’Agenzia stessa nella sua sede o al suo indirizzo di posta elettronica certificata.
8. Il principio di diritto già enunciato dalla richiamata ordinanza interlocutoria n. 2088/20 va quindi così correttamente riformulato:
«in tema di giudizio di legittimità, la notifica del ricorso eseguita al successore ex lege dell’agente della riscossione già parte in causa, cioè alla sopravvenuta Agenzia delle Entrate – Riscossione, è invalida se eseguita al difensore nominato dal precedente agente della riscossione, perché l’ultrattività del mandato in origine conferito a quest’ultimo prima dell’istituzione del nuovo Ente, così nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso, poiché la cessazione dell’originario agente della riscossione ed il subentro automatico del suo successore sono disposti da una norma di legge, quale il d.l. n. 193 del 2016; pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore ex lege, cioè l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida ma tale invalidità integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’Agenzia, vuoi a seguito della rinnovazione di quella notificazione, da eseguirsi, ove non già avvenuta, all’Agenzia stessa nella sua sede o al suo indirizzo di posta elettronica certificata».
9. Il ricorso va, in definitiva, qualificato procedibile, pure ritenuta idonea la procura speciale per il presente giudizio, nella quale, benché espressamente indicata in ricorso ed effettivamente resa su foglio separato, vi è idonea, specifica ed univoca menzione della pronuncia resa oggetto del ricorso cui quella si riferisce.
10. Può poi confermarsi che, avendo tanto la Commissione tributaria che il giudice ordinario declinato la giurisdizione, il ricorso stesso può qualificarsi quale conflitto reale negativo di giurisdizione, per essere questa stata declinata da entrambi i giudici con le sentenze qui impugnate: sicché esso può essere proposto in ogni tempo, a prescindere dal passaggio in giudicato o meno di una o di entrambe le pronunce tra loro in insanabile contrasto in punto di giurisdizione.
11. Un tale conflitto reale negativo di giurisdizione, che non è oggetto di istanza di regolamento preventivo, esperibile nel diverso caso di conflitto cosiddetto virtuale, va proposto con ricorso per Cassazione, a norma dell’art. 362, comma secondo, n. 1, cod. proc. civ.; e ricorre qualora due organi appartenenti a diversi ordini giurisdizionali abbiano entrambi emesso una pronuncia negativa della propria giurisdizione, ancorché impugnata o suscettibile di impugnazione, su due cause che, pur non presentando assoluta identità di petitum, ovvero implicando la richiesta di provvedimenti diversi, postulino la soluzione della medesima questione di giurisdizione (tra le prime: Cass. 15/04/1982, n. 2287; Cass. Sez. U. 06/10/1962, n. 2827; tra le più recenti: Cass. Sez. U. 30/03/2017, n. 8246).
12. In base a quanto è dato desumere dal ricorso, oggetto di causa è la contestazione del pignoramento di crediti presso terzi attivato dall’agente della riscossione per il mancato pagamento di contributi previdenziali e per omesso versamento del diritto annuale di iscrizione alla CCIAA; mentre le censure riguardano, stando alla sommaria indicazione del ricorrente, vizi formali del pignoramento, ma pure di notifica degli atti precedenti, nonché l’esatta individuazione del soggetto nei cui confronti procedere in via esecuzione.
13. Si tratta pertanto dell’azionamento di procedura esattoriale per due distinti crediti, uno per contributi previdenziali ed altro per diritto annuale di iscrizione alla Camera di Commercio: i quali sono devoluti, dalla giurisprudenza di questa Corte, rispettivamente al giudice ordinario ed a quello tributario.
14. Infatti (per tutte: Cass. Sez. U. 27/03/2007, n. 7399), da un lato «rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non di quello tributario la controversia avente ad oggetto diritti ed obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio anche se originata da pretesa azionata dall’ente previdenziale a mezzo di cartella esattoriale, non solo per l’intrinseca natura del rapporto, ma anche perché l’art. 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, sul riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, nell’estendere tale procedura anche ai contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, espressamente prevede che il contribuente in presenza di richiesta di contributi previdenziali può proporre opposizione contro l’iscrizione a ruolo avanti al giudice del lavoro» (nello stesso senso, tra moltissime: Cass. Sez. U. 23/06/2010, n. 15168; Cass. Sez. U. ord. 03/11/2017, n. 26149).
15. Dall’altro lato (Cass. Sez. U. 24/06/2005, n. 13549; in senso conforme, v. Cass. Sez. U. 23/04/2008, n. 10469), «la controversia concernente il pagamento del diritto annuale di iscrizione in albi e registri delle Camere di commercio – cosiddetto diritto camerale, dovuto ai sensi dell’art. 34 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 786, come convertito dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, successivamente regolato dall’art. 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 – è devoluta alla giurisdizione tributaria ai sensi del sopravvenuto art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, avendo quest’ultima norma – che ha novellato, con effetto dal 10 gennaio 2002, l’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – comportato la sostituzione dell’originario criterio di collegamento per singoli tributi, tassativamente elencati, con quello, generalizzato, per i “tributi di ogni genere e specie”».
16. E tuttavia non rileva, quanto meno in concreto, tale distinzione in punto di giurisdizione tra i due crediti unitariamente azionati, che potrebbe condurre all’affermazione di quella del giudice tributario per la pretesa relativa al diritto annuale di iscrizione alla Camera di commercio e di quella del giudice ordinario, quale giudice del lavoro, per la pretesa relativa ai contributi previdenziali (come insegnato, tra le altre, da Cass. Sez. U. 07/07/2014, n. 15425), dovendo di norma derivare la separazione delle controversie dall’ordinaria inderogabilità dei criteri di riparto della giurisdizione per ragioni di connessione (inderogabilità su cui, tra le ultime: Cass. Sez. U. 24/06/2020, n. 12479; Cass. Sez. U. 21/12/2018, n. 33209, ove ulteriori richiami).
17. Infatti, se nessun dubbio può residuare in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario sulle contestazioni alla pretesa contributiva, quanto alla pretesa creditoria in astratto spettante alla giurisdizione del giudice tributario deve applicarsi il più recente approdo di queste Sezioni Unite, di cui alla recente ordinanza 14/04/2020, n. 7822 (di armonizzazione della precedente giurisprudenza di legittimità, culminata nei principi di Cass. Sez. U. 13913/17 richiamata ed applicata dal giudice del merito, con la successiva Corte cost. 114/18), al quale è opportuno assicurare continuità.
18. Tale pronuncia così conclude (punto 5, pagine 33 e seguenti):
«Nel sistema del combinato disposto dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 49 e ss. del d.P.R. n. 602 del 1973 ed in particolare dell’art. 57 di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo va fissato nei termini seguenti:
a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto);
b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria)».
19. La stessa pronuncia stabilisce peraltro (con principio già ribadito da queste Sezioni Unite con le ordinanze nn. 16458 e 26495 del 2020) che, in caso di plurime domande, in astratto spettanti alla giurisdizione di diversi giudici, la Corte di cassazione deve statuire su tutte, anche se proposte in via subordinata o tali dovendo qualificarsi: in particolare, dovendo queste Sezioni Unite pronunciare prioritariamente sulla giurisdizione in ordine alla principale, ma non tralasciando le subordinate, con la precisazione però che la statuizione sulla relativa giurisdizione verrà in rilievo solo ove il giudice indicato come munito di giurisdizione sulla domanda principale la definisca e sciolga — o faccia venir meno — così il vincolo di subordinazione.
20. Orbene, secondo quanto sommariamente indicato in ricorso, le contestazioni dell’odierno ricorrente riguardavano:
- vizi di notifica del pignoramento, pervenuto a mezzo posta, per mancanza dei requisiti necessari ai fini della validità ed esistenza dello stesso;
- mancata motivazione, senza indicazione del motivo per cui si era proceduto ad iscrivere a ruolo gli importi, complessivamente indicati, né dell’anno di riferimento dei tributi non pagati, né dell’indicazione di quali tributi si ritenevano non pagati nemmeno in parte, etc.;
- difetto di motivazione con riguardo all’addebito di interessi e sanzioni;
- difetto di motivazione per mancata indicazione dei servizi resi con i relativi costi sostenuti;
- inesistenza del debito e non corretta identificazione del debitore;
- mancata notifica delle cartelle di pagamento e degli atti ad essa precedenti;
- omessa indicazione dei dati relativi all’avvenuta notifica al terzo pignorato;
- violazione dell’art. 46 dPR 602/73;
- violazione dell’art. 7 della legge 212/00.
21. È evidente, nonostante la carenza in ricorso di puntuale trasposizione delle ragioni a sostegno ed il carattere solo complessivo della valutazione resa possibile a questa Corte di alcune di quelle doglianze (tra cui quelle degli ultimi due alinea), che il ricorrente ha dispiegato allora più domande non in rapporto di equiordinazione, se non altro da un punto di vista logico, perché in via preliminare e quindi principale deve ritenersi dispiegata quella sui vizi formali del pignoramento presso terzi (o, in generale, di contestazione del quomodo dell’esecuzione forzata dell’agente della riscossione), a partire dalla carenza strutturale di motivazione e, comunque, le doglianze di cui ai precedenti punti a), b), c), d), g) ed i) del capo 20.
22. È intuitivo invero che l’eventuale accoglimento di quel vizio formale assorbirebbe in senso tecnico anche le altre doglianze e cioè quelle di cui ai punti e), f) (almeno prima facie) ed h), se ed in quanto riconducibili alla giurisdizione del giudice tributario: come quella adombrata – ma non adeguatamente esplicitata in ricorso introduttivo – in tema di identificazione del debitore effettivo (se del caso, anche alla luce dei principi affermati dalla recentissima Cass. Sez. U. 16/12/2020, n. 28709), visto che non ci sarebbe più alcuna controversia sul merito utilmente deducibile avverso quel pignoramento.
23. È allora del pari evidente che le contestazioni proposte dal ricorrente attengono in via principale e tecnicamente pregiudiziale alla contestazione formale di un atto dell’esecuzione: doglianza sulla quale non può che rilevarsi la giurisdizione del giudice ordinario e la competenza di quello dell’esecuzione (almeno nella fase sommaria: Cass. 05/10/2018, n. 25170).
24. Invece, sulle domande subordinate la qui dichiarata giurisdizione del giudice tributario verrà in rilievo per il solo caso in cui non siano accolte tali domande principali o sia comunque sciolto dal giudice ordinario – indicato come munito di giurisdizione – il vincolo di subordinazione.
25. In definitiva, non solo, in ragione della natura previdenziale del credito, per la parte della cartella relativa all’omissione di contributi all’INPS, ma pure, in dipendenza stavolta della causa petendi azionata in via principale, per quella relativa al diritto annuale di iscrizione alla Camera di commercio sussiste la sola giurisdizione del giudice ordinario (sia pure, quanto a tale seconda ragione creditoria, ferma quella del giudice tributario per il caso di scioglimento del cumulo con le altre indicate sopra al punto 20): e tanto va allora affermato in dispositivo, con cassazione della qui gravata pronuncia, che la aveva invece declinata.
26. Resta onere del ricorrente riassumere il giudizio nei termini di legge dinanzi al giudice ordinario, munito di giurisdizione.
27. Poiché si tratta del plesso giurisdizionale ordinario e vista la peculiarità e l’andamento della controversia, può qui individuarsi pure quello competente, identificato nel giudice dell’esecuzione presso il Tribunale ordinario almeno per la fase sommaria dell’opposizione esecutiva formale in cui si sostanziano le domande sopra individuate al precedente punto 21; rileva, del resto, solo quale ripartizione interna all’unitario ufficio giudiziario ordinario l’eventuale devoluzione a giudici diversi delle due distinte ragioni per la successiva ed eventuale fase di merito della così qualificata opposizione agli atti esecutivi, ove non si valuti l’evidente opportunità di una trattazione congiunta od unitaria, possibile perfino per cause distinte pendenti dinanzi allo stesso ufficio giudiziario, ai sensi dell’art. 274 cod. proc. civ. e mediante mera riunione; e resta beninteso rimessa al giudice munito di giurisdizione ed in concreto adito dagli interessati ogni altra questione anche preliminare in rito – tra cui la tempestività della domanda – e nel merito.
28. Il consolidamento della giurisprudenza di legittimità sulle questioni di giurisdizione oggi definite, avutosi soltanto nel corso dell’accidentato rapporto processuale, è idoneo presupposto per la compensazione delle spese del presente giudizio.
29. Infine, visto che il dispositivo è conforme alla conclusiva richiesta del ricorrente, deve già solo per questo – e così a prescindere dalla qualificabilità del ricorso come ordinario mezzo di impugnazione – escludersi l’applicabilità del comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 e quindi la sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso.
Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e cassa la gravata sentenza, rimettendo le parti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità
Così deciso in Roma il 12/01/2021.
Allegati:
SS.UU, 23 febbraio 2021, n. 4846, in tema di notificazioni
Nota dell'Avv. Maurizio Fusco
E’ nulla la notifica eseguita all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, quale successore di Equitalia SpA, presso il difensore nominato dal precedente agente della riscossione
1. Il principio di diritto
La notifica del ricorso per cassazione eseguita al successore ex lege dell’agente della riscossione già parte in causa, cioè alla sopravvenuta Agenzia delle Entrate - Riscossione, è invalida se eseguita al difensore nominato dal precedente agente della riscossione, poiché non opera l’ultrattività del mandato, conferito prima della istituzione del nuovo Ente per il giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione; ciò in quanto la cessazione dell’originario agente della riscossione, ed il subentro automatico del suo successore, sono disposti da una norma di legge, quale il D.l. 193/2016.
La notifica del ricorso eseguita al successore ex lege, cioè l’Agenzia delle Entrate - Riscossione, nei confronti dell’originario difensore integra, in particolare, una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell’Agenzia, vuoi a seguito della rinnovazione di quella notificazione, da eseguirsi, ove non già avvenuta, all’Agenzia stessa nella sua sede o al suo indirizzo di posta elettronica certificata.
2. La fattispecie
Nel caso di specie, l’ordine di rinnovazione è stato eseguito con notifica a mezzo posta elettronica certificata all’Avvocatura Generale dello Stato per l’Agenzia delle Entrate – Riscossione in data 19 marzo 2020; la prova della notifica avrebbe dovuto essere prodotta, a pena di improcedibilità, entro i 20 giorni dalla scadenza del termine per la rinnovazione, in applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimità che esige anche per la rinnovazione delle notifiche dei ricorsi, e per l’integrazione del contraddittorio davanti alla Corte Suprema di Cassazione, il rispetto del termine previsto per la produzione della prova della notifica del ricorso (di 20 giorni dalla scadenza del termine a quello scopo fissato); il deposito è avvenuto, tuttavia, in data successiva.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite ritengono, nonostante la tardività del deposito, di non dover pervenire alla sanzione di improcedibilità, dovendo rimeditarsi la stessa necessità di eseguire la nuova notificazione del ricorso all’Agenzia delle Entrate - Riscossione presso l’Avvocatura generale dello Stato e dovendo qualificarsi come già di per sé sufficiente la notifica comunque a suo tempo eseguita, a mezzo posta elettronica certificata, all’Agenzia stessa presso il suo indirizzo ufficiale.
Si veda anche SS.UU, 23 febbraio 2021, n. 4845.