Civile Ord. Sez. U Num. 974 Anno 2023
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI
Data pubblicazione: 13/01/2023
ORDINANZA
sul ricorso 28626-2021 proposto da:
ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO – ENTE DI DIRITTO PUBBLICO CON GESTIONE AUTONOMA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI 32, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CLARICH, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO BOTTO;
– ricorrente –
contro
BDO ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato FRANCO COCCOLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO DI LULLO;
PRICEWATERHOUSECOOPERS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO ANGELO FOCHETTI 29, presso lo STUDIO LEGALE PWC TLS AVVOCATI E COMMERCIALISTI, rappresentata e difesa dall’avvocato GUIDO AJELLO;
– controricorrenti-
nonchè contro
EY S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 6272/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 13/09/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2022 dal Consigliere ROBERTO GIOVANNI CONTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CARDINO, il quale chiede l’accoglimento del ricorso.
Fatti di causa:
La società di revisione BDO Italia S.p.A. impugnava innanzi al Tar del Lazio gli atti di una gara informale avviata dall’Istituto per il Credito Sportivo – d’ora in avanti, breviter, ICS – per l’affidamento dei servizi di revisione legale per il periodo 2020-2028. In particolare, sostenendo la natura di organismo di diritto pubblico dell’ICS, la ricorrente, risultata prima classificata nella graduatoria, chiedeva l’annullamento dell’avviso di mancata aggiudicazione della gara per contrasto con le regole pubblicistiche di scelta del contraente previste dal Codice dei contratti pubblici, nonché con i principi del procedimento amministrativo.
Con sentenza n.5336 del 20 maggio 2020 il Tar del Lazio, in accoglimento dell’eccezione formulata dall’Istituto di credito resistente e dalla società aggiudicataria (PricewaterhouseCoopers S.p.A.), dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito, indicando come munita di giurisdizione nella causa l’autorità giudiziaria ordinaria.
Il Tar, avendo ritenuto che l’ICS opera con metodo economico nel settore – aperto alla concorrenza – del credito per lo sport e per le attività culturali e assume i rischi d’impresa collegati a tale attività, ha escluso la riconducibilità dell’Istituto alla figura giuridica di “organismo di diritto pubblico”, tenuto conto dell’assenza del requisito teleologico integrato dal soddisfacimento di “esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”.
Il Consiglio di Stato, con sentenza depositata il 13 settembre 2021, n.6272, ritenuti sussistenti in capo ad ICS tutti i requisiti per la relativa qualificazione come organismo di diritto pubblico, in accoglimento dell’appello proposto da BDO Italia S.p.A., ha annullato con rinvio la sentenza del Tar Lazio, dichiarando la giurisdizione del giudice amministrativo.
In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto determinante ai fini della sussistenza del c.d. requisito teleologico, la missione pubblica dell’Istituto, affermando la preminenza logica sulle modalità di svolgimento dell’attività cui è preposto il soggetto, delle ragioni istitutive e delle finalità pubblicistiche perseguite, individuandole in interessi socialmente e costituzionalmente rilevanti (tutela del risparmio e promozione dello sport e della cultura).
Il giudice amministrativo di appello ha poi evidenziato, al fine di sostenere l’estraneità dell’Istituto ai meccanismi concorrenziali del settore creditizio in cui opera, l’influenza dominante delle amministrazioni statali nella gestione dell’ente, emergente oltre che dalla composizione degli organi di amministrazione, in particolare, dal supporto finanziario statale derivante dall’iscrizione a capitale di Fondi speciali di titolarità dello Stato gestiti dall’Istituto e utilizzabili dallo stesso per il ripianamento di eventuali perdite. Il Consiglio di Stato ha ritenuto tale elemento idoneo ad escludere, con riferimento all’attività istituzionalmente svolta da ICS, l’assunzione del rischio di impresa, non ravvisando, pertanto, alcun ostacolo al riconoscimento in capo all’Istituto del requisito teleologico e dunque alla relativa individuazione della natura di organismo di diritto pubblico.
L’Istituto per il Credito Sportivo ha proposto innanzi a queste Sezioni Unite ricorso per motivi di giurisdizione, in relazione agli artt. 111, comma 8 Cost. e 362, comma 1 c.p.c., avverso la sentenza indicata in epigrafe, insistendo affinché fosse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
La PricewaterhouseCoopers S.p.A. si è costituita nel presente giudizio con controricorso in qualità di controinteressata in adesione al ricorso introduttivo dell’Istituto.
La BDO Italia S.p.A. ha resistito con controricorso nei confronti dell’Istituto per il Credito Sportivo e della società PwC, chiedendo il rigetto dei rispettivi atti di parte.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
La causa è stata posta in decisione all’udienza del 6 dicembre 2022.
Ragioni della decisione
1. Occorre preliminarmente rilevare, per una completa cognizione delle vicende che ruotano attorno al presente giudizio, che la BDO S.p.A., per effetto della sentenza del Consiglio di Stato qui impugnata, ha riassunto il giudizio innanzi al TAR e che, con istanza del 16 dicembre 2021, l’Istituto per il Credito Sportivo – d’ora in avanti, breviter, ICS – ha chiesto al Consiglio di Stato la sospensione degli effetti della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 111, comma 1 c.p.a.
1.1 Istanza che è stata accolta con ordinanza n.430 del 31 gennaio 2022.
1.2 Inoltre, va ricordato che la sentenza oggi all’esame di queste Sezioni Unite è stata separatamente impugnata per revocazione dall’Istituto per il credito sportivo innanzi al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 4050 del 23 maggio 2022, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
2. Tanto premesso, con l’unico motivo di ricorso l’ICS prospetta l’eccesso di potere giurisdizionale nel quale sarebbe incorso il Consiglio di Stato nell’affermare la natura di organismo di diritto pubblico dell’Istituto per il credito sportivo e, per l’effetto, nel ritenere la giurisdizione del giudice amministrativo rispetto alla controversia promossa dalla società di revisione BDO Italia S.p.A.
2.1 In particolare, il ricorrente muovendo dal presupposto della natura imprenditoriale dell’attività bancaria dallo stesso esercitata, deduce l’inapplicabilità alla procedura informale di gara indetta per l’affidamento del servizio di revisione legale dell’Istituto dei vincoli dell’evidenza pubblica previsti dal Codice dei contratti pubblici, per carenza in capo allo stesso del presupposto soggettivo di tale disciplina.
2.2. La sentenza impugnata, nel qualificare l’ICS organismo di diritto pubblico, avrebbe fatto errata applicazione dei principi affermati in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e ribaditi da queste Sezioni Unite, per aver reputato elemento fondante la qualifica di organismo di diritto pubblico la rilevanza generale degli interessi, omettendo cosi di considerare il criterio fondamentale delle concrete modalità di svolgimento dell’attività.
2.3 In particolare, secondo l’Istituto, la composizione in gran parte pubblica del proprio capitale – valorizzata dal Consiglio di Stato per qualificare l’ICS come organismo di diritto pubblico – non potrebbe essere considerata elemento tale da differenziare l’ICS dalle altre imprese bancarie che operano sul mercato del credito in regime di concorrenza, né tantomeno rilevare ai fini della configurabilità o meno di un rischio di impresa, inerendo propriamente tale elemento al requisito dell’influenza dominante e non già a quello teleologico.
3. Occorre a questo punto preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso e del controricorso in adesione proposte dalla BDO Italia S.p.A. controricorrente, rispetto alle quali occorre rammentare che, muovendo dalla nota pronuncia della Corte costituzionale n.6/2018, è principio consolidatosi nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite che il sindacato esercitato dalla Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato, ai sensi degli artt. 362 c.p.c., comma 1 e 110 c.p.a., è consentito ove si richieda l’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione, per il riscontro di vizi che riguardano l’essenza della funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni della giurisdizione, cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo (Cass. S.U., n.6891/2016; conf., di recente, Cass., S.U., n.25503/2022, all’indomani di Corte giust. UE, 21 dicembre 2021, Randstad, C-497/20, nonché Cass. S.U., n. 36899/2021 e Cass. S.U., n.25499/2022).
3.1 Spetta poi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione non solo il giudizio vertente sull’interpretazione della norma attributiva della giurisdizione, ma anche il sindacato relativo all’applicazione delle disposizioni, non meramente processuali, che regolano la deducibilità e il rilievo del difetto di giurisdizione, nonché di quelle correlate attinenti al sistema delle impugnazioni (Cass., S.U., n. 20727/2012; Cass. S.U., 9 marzo 2015 n. 4682/2015; Cass. S.U., n. 21260/2016).
3.2 Ciò posto, va in particolare rammentato che le controversie sulle procedure per l’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture rientrano nella giurisdizione amministrativa esclusiva ai sensi dell’art. 7 c.p.a., al ricorrere della duplice condizione di cui all’art. 133, c.1, lett. e), n. 1), c.p.a. occorrendo, per un verso, che il contratto da affidare rientri nella tipologia contrattuale per la quale è previsto l’espletamento di una procedura di gara avente ad oggetto «lavori, servizi e forniture» (presupposto oggettivo) e, per altro verso, che la procedura di scelta del contraente sia espletata da soggetti «comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale» (presupposto soggettivo).
3.3 Ora, costituendo la qualificazione di ICS come organismo di diritto pubblico operata dal Consiglio di Stato il presupposto dell’attrazione nella giurisdizione del g.a. della controversia, rientra sicuramente nel perimetro delle prerogative riservate al sindacato di queste Sezioni Unite in punto di giurisdizione sollecitato dall’Istituto ricorrente la verifica in ordine alla corretta applicazione delle disposizioni che condizionano la giurisdizione del giudice amministrativo, stante la piena riconducibilità delle censure prospettate ai motivi inerenti alla giurisdizione, di cui all’art. 111, c.8 Cost.
3.4 Va invece dichiarata l’inammissibilità per tardività del controricorso in adesione di PwC S.p.A., sollecitata dalla BDO S.p.A.
3.5 Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte qualora un atto, anche se denominato controricorso, non contesti il ricorso principale ma aderisca ad esso, deve qualificarsi come ricorso incidentale di tipo adesivo, sicché si è in presenza di una semplice costituzione in giudizio subordinata alla sorte dell’impugnazione principale (Cass., n.10329/2016 e Cass., n. 7564/2006), con conseguente inapplicabilità dell’art. 334 c.p.c. in tema di impugnazione incidentale tardiva, operante esclusivamente per il ricorso incidentale in senso stretto e, cioè, proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l’impugnazione principale.
3.6 Nel caso in esame, il “controricorso” incidentale di PwC è stato invece proposto a tutela di un interesse sorto non dall’impugnazione principale (né diretta contro di essa), ma dall’emanazione della sentenza e non si sottrae – quindi – all’osservanza dei termini ordinari di impugnazione, neppure ove contenga censure aggiuntive rispetto a quelle contenute nel ricorso principale (in questo senso, Cass., n.41254/2021; Cass. n.24155/2017; Cass. n.26505/2009).
3.7 Orbene, essendo stata la sentenza del Consiglio di Stato notificata a tutte le parti in data 14.09.2021, il deposito dell’atto difensivo di PwC è stato depositato il 3.12.2021 e, dunque, oltre il termine di sessanta giorni fissato dagli artt. 325, c.2 e 326, c.1., c.p.c., non operando in questo caso il maggior termine di cui all’art. 327, c.1 c.p.c.
3.8 Ne consegue l’inammissibilità di tale atto.
4. Ciò posto, la questione all’esame di queste Sezioni Unite si impernia sulla qualificazione dell’ICS come organismo di diritto pubblico, in quanto provvisto del requisito teleologico, non essendo in discussione i requisiti dell’influenza pubblica dominante e della personalità giuridica, già acclarati dal giudice amministrativo.
5. Ora, per risolvere la questione prospettata occorre muovere dalla normativa eurounitaria in materia di contratti pubblici e dal suo recepimento nella legislazione nazionale.
5.1 L’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici dispone che «ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: “organismi di diritto pubblico»: gli organismi che hanno tutte le seguenti caratteristiche: a) sono istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) sono dotati di personalità giuridica; e c) sono finanziati per la maggior parte dallo Stato, dalle autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico; o la loro gestione è posta sotto la vigilanza di tali autorità o organismi; o il loro organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, da autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico».
5.2 L’articolo 3, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 – Codice dei contratti pubblici – alla lett. d), qualifica come organismo di diritto pubblico “qualsiasi organismo, anche in forma societaria il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV”, con i seguenti tre requisiti: “1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 2) dotato di personalità giuridica; 3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico […].
5.2.1 Tale disposizione rinvia ai fini della individuazione dell’organismo di diritto pubblico all’elenco contenuto nell’allegato IV – avente carattere dichiaratamente non tassativo – recante “Elenco degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico nei settori ordinari” (All. IV che sostituisce l’Allegato III al d.lgs. n.163/2006), che nelle categorie individua, tra gli altri, anche “Enti pubblici preposti ad attività di spettacolo, sportive, turistiche e del tempo libero” nonché “Enti culturali e di promozione artistica”.
5.2.2 Ed è sempre l’art. 3, ult.cit., ad includere gli organismi di diritto pubblico tra le amministrazioni aggiudicatrici (lett. a) e tra gli enti aggiudicatori (lett. e), cui si applica la disciplina degli appalti e delle concessioni di lavori, servizi e forniture dettata dal medesimo decreto.
5.3 Tale inquadramento determina, per l’un verso, l’assoggettamento ex lege delle procedure di scelta del contraente alla normativa UE ed alle regole di evidenza pubblica e, quanto ai criteri di riparto, la devoluzione delle controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma primo, lett. e), n. 1 del d.lgs. n.104 del 2010.
5.4 Orbene, come già ricordato da queste Sezioni Unite – Cass. S.U., n.1494/2022 – la disposizione di cui al richiamato art. 3 d.lgs. n.50/2016 riproduce quella contenuta nell’art. 6, par. 4, della direttiva 2014/23/CE e nell’art. 2, par. 1, n. 4 della direttiva 2014/24/CE, di cui il d.lgs. n. 50 cit. costituisce gemmazione ed a sua volta riprende quella già riportata nell’abrogato art. 3, c.26, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, attuativo degli artt. 2, par. 1, della direttiva 2004/17/CE e 1, par. 9 della direttiva 2014/18/CE.
6. Ora, la matrice comunitaria della disciplina in tema di organismo di diritto pubblico impone di considerare che l’interpretazione del diritto interno attuativo di una normativa UE deve essere conforme al quadro normativo eurounitario nell’interpretazione offertane dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, in modo da salvaguardare il canone dell’interpretazione c.d. funzionale o dell’effetto c.d. utile, dovendosi, pertanto, interpretare sia le norme UE che quelle interne in modo che abbiano una utilità pratica e al fine di sviluppare quanto più possibile il loro contenuto.
6.1 In estrema sintesi, i tre requisiti di cui si è detto sono stati ritenuti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea cumulativi, nel senso che in assenza di una sola di tali condizioni, l’ente non può essere considerato «organismo di diritto pubblico», fermo restando che i tre criteri menzionati nell’ambito del terzo requisito hanno invece carattere alternativo (v., in tal senso, Corte giust., 3 febbraio 2021, Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), cause riunite C-155/19 e C-156/19, par.35; Corte giust., 12 settembre 2013, IVD GmbH & Co. KG, C-526/11, par.20, nonché Corte giust., 5 ottobre 2017, LitSpecMet UAB, C-567/15, par.30).
6.2 Si è altresì precisato che la nozione di «organismo di diritto pubblico» deve essere interpretata estensivamente, “alla luce del duplice scopo di promozione della concorrenza e della trasparenza perseguito dalle direttive che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici” (Corte giust., 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, par.43; Corte giust., 15 maggio 2003, Commissione/Spagna, C-214/00, par.53), al fine di «escludere sia il rischio che gli offerenti o candidati nazionali siano preferiti nell’attribuzione di appalti da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, sia la possibilità che un ente finanziato o controllato dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche» (Corte giust., 5 ottobre 2017 , LitSpecMet UAB, C-567/15, par.55).
6.3 In questo senso, si è detto, alla nozione di «organismo di diritto pubblico» dev’essere data un’interpretazione funzionale (v., in particolare, Corte giust., 15 maggio 2003, Commissione/Spagna, C-214/00, par.53; Corte giust., 12 dicembre 2002, Universale Bau e a., C-470/99, parr. 51-53).
6.4 Il giudice di Lussemburgo ha infatti precisato che l’effetto utile delle direttive in materia di appalti pubblici non sarebbe pienamente preservato qualora l’applicazione di tali norme ad un organismo che soddisfi le tre condizioni citate potesse essere esclusa per il solo fatto che, secondo il diritto nazionale cui è soggetto tale organismo, la sua forma e il suo regime giuridico rientrano nell’ambito del diritto privato (Corte giust., 15 maggio 2003, Commissione/Spagna, C-214/00, par.56), ovvero per il solo fatto che sin dalla sua istituzione non gli erano state affidate le attività di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale da esso svolte in pratica. Ragion per cui l’intento di garantire l’effetto utile della normativa eurounitaria osta a che si operi la distinzione secondo che gli statuti di un siffatto organismo siano stati o meno adattati per riflettere le modifiche effettive del suo campo di attività (Corte giust., 12 dicembre 2002, Universale Bau e a., C-470/99, par.57-58).
6.5 Inoltre, quanto al requisito teleologico, si è evidenziato che l’unica interpretazione idonea a garantire l’effetto utile sia quella di ritenere che la disposizione che lo individua abbia istituito, nell’ambito della categoria dei bisogni di interesse generale, una loro sottocategoria comprendente quelli di carattere non industriale o commerciale (Corte giust., 10 novembre 1998, BFI Holding, C-360/96, par.34). In tale prospettiva la valutazione di detto carattere deve essere operata tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti, quali le circostanze che hanno presieduto alla creazione dell’organismo considerato e le condizioni in cui quest’ultimo esercita le attività volte a soddisfare esigenze di interesse generale ivi comprese, in particolare, l’assenza di concorrenza sul mercato, il mancato perseguimento di uno scopo di lucro, la non assunzione dei rischi collegati alle attività svolte nonché il finanziamento pubblico eventuale delle attività di cui trattasi -cfr. Corte giust., 5 ottobre 2017, LitSpecMet UAB, C-567/15, par.47; Corte giust., 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, par.66; Corte giust., 22 maggio 2003, Korhonen e a., C-18/01, par.48-. 6.6 Orbene, al fine di individuare se un certo organismo è dotato di tale requisito c.d. teleologico si deve in primo luogo verificare se le attività cui è preposto soddisfino effettivamente esigenze d’interesse generale e successivamente determinare, se del caso, se le stesse abbiano o meno carattere industriale o commerciale (Corte giust., 22 maggio 2003, Korhonen e a., C-18/01, par.40).
6.7 Sono state ritenute, in particolare, esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale quelle che sono soddisfatte in modo diverso dall’offerta di beni o servizi sul mercato e al cui soddisfacimento, per motivi connessi all’interesse generale lo Stato preferisce provvedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere un’influenza determinante (v. Corte giust., 10 novembre 1998, BFI Holding, C-360/96, parr.50-51; Corte giust., 10 maggio 2001, Agorà e Excelsior, C-223/99 e C-260/99, par.37; Corte giust., 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, par.50).
6.8 Occorre ancora evidenziare che l’assenza di concorrenza di per sé non costituisce una condizione necessaria ai fini della qualificazione in termini di organismo di diritto pubblico.
6.9 Infatti, pretendere che non vi siano imprese private che possano soddisfare i bisogni per i quali è stato creato un organismo finanziato o controllato dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico rischierebbe di svuotare di sostanza la nozione di organismo di diritto pubblico, essendo difficile immaginare attività che non possano essere in alcun caso svolte da imprese private (v., in tal senso, Corte giust., 10 novembre 1998, BFI Holding, C-360/96, par.44; Corte giust., 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, par.59).
6.10 Tanto è ancora più evidente “avuto riguardo alla molteplicità dei bisogni della cui soddisfazione la Pubblica Amministrazione si fa carico nella realtà attuale, alla sempre più frequente estraneità delle prestazioni rese all’ambito dei compiti tradizionalmente assegnati agli enti pubblici ed alla possibile fungibilità dei beni e dei servizi dagli stessi forniti rispetto a quelli offerti da operatori privati” (Cass., S.U. n.1482/2022 e Cass. S.U., n.1494/2022).
6.11 Pertanto, pur non essendo del tutto irrilevante, l’esistenza di una concorrenza articolata non consente, di per sé, di escludere il requisito teleologico, potendo al più concorrere ad avvalorare simile conclusione attraverso un’analisi congiunta ad altri indici quali quelli della gestione improntata a criteri di rendimento, efficacia e redditività, del perseguimento di scopi lucrativi e della circostanza che gli effettivi beneficiari dei servizi appaltati siano privati imprenditori (in questo senso, v. Corte giust., 10 maggio 2001, Agorà e Excelsior, C-223/99 e C-260/99, parr. 39 e 43).
6.12 E dunque, solo se l’organismo opera in normali condizioni di mercato, persegue lo scopo di lucro e subisce le perdite connesse all’esercizio della sua attività, è poco probabile che i bisogni che esso mira a soddisfare abbiano carattere non industriale o commerciale (cfr. Corte giust., 22 maggio 2003, Korhonen e a., C-18/01, par.51), tenuto conto della necessità di interpretare in senso funzionale tale nozione “in sé ambigua o polisemica” (in questo senso, cfr. le conclusioni presentate dall’Avv. gen. Campos Sánchez-Bordona il 27 aprile 2017, nella causa LitSpecMet UAB, C-567/15, parr.49-50) nonché del fatto che la normativa comunitaria non include alcuna definizione della nozione di «bisogni di interesse generale» (Corte giust., 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, par.33).
6.13 Quanto alla portata definitoria dell’Allegato III al d.lgs. n.163/2006 – sostituito dall’All.n.4 al d.lgs.n.50/2016 – di cui si è già detto, è appena il caso di ricordare che secondo la Corte di Giustizia, anche se dalla menzione di un dato organismo nell’allegato I della direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE (poi, allegato III della direttiva 2004/18/CE, abrogata dalla direttiva 2014/24) non deriva una presunzione assoluta del fatto che detto organismo costituisce un «organismo di diritto pubblico» (Corte giust., 12 settembre 2013, IVD GmbH & Co. KG, C-526/11, par.18), appare utile, a tal fine, farvi riferimento. Ed invero, tale elenco, pur non essendo esaustivo, è volto ad essere il più completo possibile (Corte giust., 10 maggio 2001, Agorà e Excelsior, C-223/99 e C-260/99, par.36).
6.14 Ciò posto, la giurisprudenza di queste Sezioni Unite si è mossa sui binari tracciati dalla Corte di Giustizia, ben sintetizzati da Cass., S.U. n.1482/2022 e n.1494/2022 cit. e richiamati in modo altrettanto puntuale da Cass., S.U. n.33482/2022, alle quali è opportuno fare rinvio. È in questa sede sufficiente ricordare soltanto l’affermazione per cui, ai fini dell’accertamento del requisito teleologico, “occorre avere riguardo in primo luogo alla circostanza che l’attività sia rivolta, anche non esclusivamente o prevalentemente, alla realizzazione di un interesse generale, ovvero che sia necessaria al soddisfacimento di tale interesse, e che il soggetto, pur eventualmente operando in un mercato concorrenziale, non fondi la propria attività principale esclusivamente su criteri di rendimento, efficacia e redditività e non assuma su di sé i rischi collegati allo svolgimento di tale attività, i quali devono ricadere sull’Amministrazione controllante, ed in secondo luogo alla circostanza che il servizio d’interesse generale, oggetto di detta attività, non possa essere rifiutato per ragioni di convenienza economica” -cfr. Cass. S.U., n.1494/2022 cit.-.
6.15 In particolare, in tale valutazione queste Sezioni Unite hanno valorizzato “la preminenza dei compiti posti a base della istituzione dell’ente sulle modalità con cui l’attività viene da esso svolta”. Ed infatti, le modalità “non sono espressamente citate dalle disposizioni, neppure eurounitarie, non sono idonee a differenziare chiaramente l’azione pubblica da quella di un operatore economico privato […] e sono potenzialmente mutevoli nel tempo” (Cass. S.U., n.33482/2022 cit.).
7. Orbene, fatte le superiori premesse in diritto, queste Sezioni Unite ritengono che l’ICS, esaminato complessivamente il quadro fattuale e normativo di riferimento quanto a natura, ragioni istitutive, funzioni e modalità operative, presenti tutti i requisiti per essere qualificato, ai fini dell’applicazione della disciplina dell’evidenza pubblica, organismo di diritto pubblico, compreso – per quel che specificamente qui rileva – quello c.d. teleologico.
7.1 Occorre preliminarmente rilevare che si tratta di soggetto – come pure chiarito nello statuto (art. 1, Statuto dell’Istituto per il Credito Sportivo approvato con D.M. del 24 gennaio 2014) – avente natura di “ente di diritto pubblico con gestione autonoma”, istituito con legge 24 dicembre 1957, n.1295 recante “Costituzione di un Istituto per il credito sportivo con sede in Roma”.
7.2 In particolare, l’art. 3 della detta legge istitutiva ha previsto che “L’Istituto esercita, sotto forma di mutui a medio e lungo termine, il credito a favore di enti pubblici locali e di altri enti pubblici che, in base a progetti approvati ai sensi di legge, sentito il parere tecnico del C.O.N.I. intendano costruire, ampliare, attrezzare e migliorare impianti sportivi”, ben potendo l’attività creditizia svolta dall’ICS essere indirizzata, “con le medesime modalità e per le medesime finalità, anche in favore di federazioni sportive nazionali riconosciute dal C.O.N.I., di società ed associazioni sportive e di enti di promozione sportiva aventi personalità giuridica e riconosciuti dal CONI, di società e associazioni sportive affiliate ai predetti enti di promozione sportiva, costituite senza fine di lucro, aventi personalità giuridica, nonché a favore di ogni altro ente morale che perseguisse, in conformità della normativa ad esso relativa e sia pure indirettamente, finalità ricreative e sportive senza fine di lucro” (v., in questo senso, Corte cost. n.241/2003).
7.3 Giova ancora rammentare, per quanto qui rileva, che la legge n.1295 del 1957 è stata pressoché integralmente abrogata dall’art. 161 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), finendo l’ICS per rimanere – come precisato dallo Statuto, all’art. 1, comma 2 – l’unica banca pubblica esistente, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 151 del T.U.B., in quanto non incluso nel processo di trasformazione in società per azioni degli enti pubblici creditizi da attuarsi entro il 30 giugno 1994, ai sensi dell’art. 2, c.1 l. 26 novembre 1993 n.489, secondo le disposizioni della l. 30 luglio 1990, n.218 e del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356.
7.4 Ora, è certo che l’attività svolta dall’Istituto per il Credito Sportivo sia qualificabile come attività bancaria che, ai sensi dell’art. 2, c.2 lett. a) dello Statuto, consiste nella raccolta del risparmio tra il pubblico sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma e nell’esercizio del credito, sotto qualsiasi forma – v., del resto, Corte cost. n.241/2003 cit.-. Attività riservata appunto alle banche e che, ai sensi dell’art. 10 cpv del T.U.B., “ha carattere d’impresa”.
7.5 Né può parimenti trascurarsi che, ai sensi dell’art. 2, ult. cit., l’Istituto “esercita ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna di essa” e “può compiere, nei limiti della disciplina vigente, ogni operazione strumentale, connessa e accessoria e così, tra l’altro, compiere operazioni commerciali e industriali, ipotecarie, mobiliari, immobiliari, finanziarie, attive e passive”, nonché “svolgere, direttamente o indirettamente, attività di consulenza, anche tecnica, nel settore dello sport e della cultura, nonché qualsiasi altra attività consentita alle banche, nessuna esclusa.”
7.6 Occorre però sottolineare che, a differenza di quanto previsto per tutte le altre entità bancarie organizzate in forma di s.p.a., le modifiche dello Statuto non vengono sottoposte alla valutazione dei partecipanti al capitale ma “all’approvazione delle competenti Autorità”, ai sensi dell’art. 15, c.4 lett. a) Statuto ICS, il quale, peraltro, non è stato votato dai soci ma emanato con Decreto interministeriale del 24 gennaio 2014.
7.7 Inoltre, lo stesso bilancio d’esercizio non viene approvato da un’assemblea, ma unicamente dal consiglio di amministrazione, ai sensi dell’art. 15, c.4, lett. h) Statuto e gli utili di bilancio non possono essere trasferiti a soggetti diversi dai menzionati partecipanti al capitale (art. 28, c.3, Statuto ICS).
7.8 In particolare, questi sono rappresentati in larghissima parte da soggetti pubblici, quali il Ministero dell’Economia e delle Finanze (per l’80,438%), Coni Servizi S.p.A. (per il 6,702%) e Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (per il 2,214%), cui si aggiungono, con quote minimali, banche e compagnie assicuratrici.
7.9 Peraltro, giova rammentare per quanto qui ancora rileva che, in attuazione della delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (legge 15 marzo 1997, n.59), il d.lgs. 31 marzo 1998, n.112, aveva disposto al comma 3 dell’art. 157, sotto la rubrica “Competenze in materia di sport”, che restavano riservate allo Stato le funzioni di vigilanza sul CONI e sull’Istituto per il credito sportivo, prevedendosi poi al comma 4 della stessa norma, che il Governo provvedesse al riordino dell’Istituto, “anche garantendo una adeguata presenza nell’organo di amministrazione di rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali”. Previsione, tuttavia, rimasta inattuata per effetto della legge 16 giugno 1998, n.191 che ha escluso da tale conferimento le funzioni riconducibili alla materia “moneta, perequazione delle risorse finanziarie e sistema valutario” e quelle afferenti alla materia “banche”.
7.10 Va ancora ricordato che l’ICS, ai sensi dell’art. 2, c.2 lett. b) dello Statuto, è preposto altresì alla gestione, a titolo gratuito, di due “Fondi Speciali” (disciplinati dagli artt. 7 ss. dello Statuto), di titolarità dello Stato.
7.11 Si tratta, nello specifico, del: a) “Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti per finalità sportive”, anche se accordati da altre banche e dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., alimentato con il versamento da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dell’aliquota di cui all’art. 5 del Regolamento del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 19 giugno 2003, n. 17911, nonché del: b) “Fondo di Garanzia ex lege n. 289/02”, previsto per la fornitura di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi […], la cui dotazione finanziaria è costituita dall’importo annualmente acquisito dal Fondo speciale indicato sub a), nonché dai premi riservati al CONI a norma dell’articolo 6 del d.lgs. 14 aprile 1948, n.496.
7.12 A questi è stato poi di recente aggiunto il Fondo Patrimonio Culturale previsto dall’art. 184, comma 4, D.L. 19 maggio 2020 n.34 conv. con modif. dalla L. 17 luglio 2020, n.77, costituito presso l’Istituto per il Credito Sportivo, ai sensi dell’art. 5 del decreto interministeriale MiBACT – MEF n. 546 del 30 novembre 2020, articolato in due comparti, con una dotazione di 10 milioni di euro ciascuno, ai fini del riconoscimento di garanzie e della concessione di contributi in conto interessi su finanziamenti per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale.
7.13 Inoltre, sempre sul versante della configurazione patrimoniale dell’ente, non è tutt’affatto irrilevante la circostanza che gli amministratori, ai sensi degli artt. 4-5 dello Statuto, siano tenuti con riguardo ai conferimenti e trasferimenti di quote, a dare conto della riconducibilità di tali operazioni sul capitale a “ragioni di sana e prudente gestione”, né tantomeno deve trascurarsi la previsione di cui al c.1 dell’art. 28 dello Statuto, a tenore del quale, dagli utili netti annuali è prelevata una quota del 50% da destinare alla “Riserva ordinaria”, aggiungendosi ai commi successivi che una ulteriore quota del 5% è destinata dal Consiglio di Amministrazione a Fondi di riserva straordinaria e ad un fondo da destinare a finalità culturali e sociali […] – quali sono quelli individuati poc’anzi – e che la quota residua del 45% è assegnata ai partecipanti al “capitale” (o “Fondo di Dotazione”) come dividendo, in misura proporzionale alla quota di “capitale” (o “Fondo di Dotazione”) di pertinenza di ciascun Partecipante al “capitale” (o “Fondo di Dotazione”).
7.14 Va infine sottolineato che, ai sensi del c.4 dell’art. 28, ult.cit., “Nel caso in cui un esercizio si chiuda in perdita, gli utili netti degli esercizi successivi sono destinati a reintegrare la perdita subita.”
8. Orbene, secondo queste Sezioni Unite gli elementi qui passati in rassegna orientano nel senso di ritenere che, per motivi strettamente connessi all’interesse generale lo Stato abbia, tanto in passato quanto allo stato attuale, inteso mantenere un’influenza determinante sul settore del credito per lo sport e per la cultura cui è istituzionalmente diretta l’attività svolta da ICS, che non si esaurisce nella fase istitutiva, ma permea l’intero operato dell’ente.
9. Ne consegue che è del tutto inconferente, per affermarne od escludere la qualifica pubblicistica dell’ICS, la circostanza che il nuovo Statuto di ICS rispetto alla previgente disciplina, in aggiunta all’indicazione del settore tipico di operatività dell’Istituto (credito per lo sport e per le attività culturali), preveda la possibilità di svolgere le attività ulteriori individuate dal richiamato art. 2 Statuto.
9.1 Ciò che risulta determinante è, invero, la circostanza che il medesimo organismo “continui a provvedere ai bisogni che è specificamente tenuto a soddisfare” (Corte giust., 15 gennaio 1998, Mannesmann Anlagenbau Austria e a., C-44/96, par.25; Corte giust., 12 dicembre 2002, Universale Bau e a., C-470/99, par.55), come si evince anche dall’art. 30 dello Statuto stesso, che prescrive in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero alle altre autorità individuate dalla norma, una verifica del rispetto delle finalità pubblicistiche dell’Istituto.
9.2 Le considerazioni appena espresse in ordine alla reale natura dell’ente e delle attività svolte da ICS consentono di superare la prospettiva di segno contrario espressa dal Procuratore generale e resistono alle prospettazioni di parte ricorrente, il quale ha sostenuto la piena assimilazione dell’attività svolta da ICS a quella delle banche, con conseguente applicazione all’Istituto predetto Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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della disciplina prevista in materia di società di capitali anche in punto di assoggettamento alle procedure concorsuali.
9.3 In questa prospettiva la difesa di ICS ha sottolineato che detto Istituto fa ricorso a fonti di provvista del tutto ordinarie per le banche, provenienti dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca Europea per gli Investimenti, nonché che molte operazioni di finanziamento di ICS sono effettuate insieme ad altre banche (operazioni cc.dd. in pool) e che altri finanziamenti relativi ad impianti sportivi sono erogati in proprio da banche diverse dall’Istituto.
10. Ora, secondo queste Sezioni Unite detti argomenti sono atti unicamente ad avvalorare la natura – indiscussa – di banca in capo ad ICS, ma non escludono per ciò solo la sua qualificazione in termini di “organismo di diritto pubblico”, se appunto si orienta l’analisi verso una ponderazione complessiva degli indici rivelatori della natura dell’ente e funzionale al rispetto della normativa UE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr. giur. cit. ai par.6.1 ss.), recepita dalla legislazione interna ed applicata dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite (v., supra, par. 6.14 e 6.15).
11. Occorre, piuttosto, verificare specificamente in quali termini ICS provveda ad erogare il credito e, per l’effetto, a soddisfare le esigenze per cui è stato istituito e su cui, si è visto (v., supra, par.7.3 ss.), lo Stato ha inteso ed intende mantenere un’influenza determinante.
12. Orbene, con riferimento all’attività bancaria e finanziaria prestata da ICS, deve rilevarsi che i clienti con i quali essa può operare, anche ad ammettere che fruiscano di condizioni concorrenziali in un mercato specializzato come quello del credito per lo sport e per la cultura in cui operano investitori qualificati, sono perlopiù rappresentati da soggetti pubblici e, tra questi, soprattutto enti territoriali (Regioni, Comuni, Province e Città Metropolitane) e istituzionali (CUS -Centro Universitario Sportivo-, CONI, CIP -Comitato Italiano Paraolimpico-), in aggiunta ad associazioni sportive dilettantistiche, società sportive dilettantistiche ed imprese, università e altri organismi sportivi, nonché parrocchie ed enti culturali e religiosi.
12.1 Ora, non può dunque revocarsi in dubbio che i finanziamenti erogati da ICS ad enti pubblici statali o locali tornino pur sempre a vantaggio degli investitori istituzionali qualificati che finanziano ICS, sotto forma di utili spettanti integralmente ai partecipanti al capitale di ICS, ai sensi del ricordato art. 28 dello Statuto(v.Corte giust., 3 ottobre 2000, University of Cambridge, C-380/98, parr. 15 e 22).
13. Peraltro, sempre sul versante operativo-funzionale, l’ICS è tenuto a gestire gratuitamente e con modalità predeterminate dallo Statuto stesso, l’accesso dei terzi richiedenti ai tre “Fondi Speciali” di cui si è detto (v., supra, par.7.10 ss.), laddove lo stesso ricorrente sottolinea l’apertura dei detti Fondi anche ad istituti di credito diversi da ICS, ai sensi dell’art. 47, c.1, T.U.B., essendo pertanto evidente che ICS non possa sottrarsi per ragioni di convenienza economica a tale attività, strettamente connessa all’attività bancaria e finanziaria cui è istituzionalmente preposto.
13.1 Né può sostenersi, come ritiene il ricorrente, che la gestione dei Fondi Speciali sarebbe affidata ad un organo terzo, distinto dal Consiglio di Amministrazione dell’ICS, in modo tale da escludere eventuali privilegi nella gestione, da parte di ICS, di tali fondi.
13.2 Ed invero, ai sensi dell’art. 16 dello Statuto ICS, il Comitato di Gestione dei Fondi Speciali è un organo di nomina integralmente governativa composto – oltre che da due membri diversi rispetto ai componenti del Consiglio di Amministrazione – anche dallo stesso Presidente del Consiglio di Amministrazione.
14. Non può dunque escludersi che l’ICS sia stato “istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” per il solo fatto che abbia natura di banca, come tale operante in un settore generalmente aperto alla concorrenza, dovendosi effettuare una ponderazione complessiva degli indici rivelatori della natura dell’ente, funzionale al rispetto della normativa UE, come interpretata dalla Corte di Giustizia. Proprio l’esame composito degli elementi fattuali e normativi individuati consente anzi di ritenere che lo Stato abbia inteso mantenere un’influenza determinante sul settore in cui opera primariamente l’ICS che non si esaurisce nella fase istitutiva, ma permea il suo intero operato, sicché ai fini dell’affidamento di lavori, servizi o forniture, esso deve considerarsi tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica.
15. Ne consegue che la sentenza del Consiglio di Stato qui esaminata si è pienamente conformata ai suesposti principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (v. giur. cit. ai par.6.1 ss.), avuto riguardo alla puntuale ricostruzione anche in fatto della specifica disciplina organizzativa e funzionale dell’Istituto medesimo.
15.1 Ed infatti, deve pienamente condividersi l’assunto con il quale il Consiglio di Stato, nel dare rilievo preminente alle ragioni istitutive e alle finalità del soggetto, ha propriamente ritenuto elemento fondante la qualifica di “organismo di diritto pubblico”, la rilevanza generale degli interessi perseguiti da ICS.
15.2 In tal senso la pronuncia impugnata ha valorizzato il riferimento alla tutela costituzionale del risparmio nell’esercizio del credito (art. 47 Cost.) e all’art. 9 Cost., a tenore del quale “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”, nonché – con riguardo alla promozione dello sport – la rilevanza sociale ed economica che ha assunto il fenomeno sportivo, spesso praticato a livello professionistico ed organizzato su base imprenditoriale, in cui trovano attuazione sia fondamentali diritti di libertà che non meno significativi diritti connessi a rapporti patrimoniali, tutti oggetto di considerazione anche a livello costituzionale (cfr. Cass. S.U., n.28022/2022).
15.3 Parimenti condivisibile, alla luce di quanto qui ritenuto, risulta la decisione impugnata laddove ha reputato che la previsione di cui all’art. 28, c.4 dello Statuto, congiuntamente agli altri elementi di seguito esposti, andasse propriamente intesa nel senso di individuare un sostegno finanziario pubblico di ICS, tale per cui “il capitale dell’Istituto è costituito, per circa il 90 per cento, da partecipazioni pubbliche e/o di organismi di diritto pubblico (Statuto, art. 3); il 55 per cento degli utili è destinato, secondo quanto espressamente previsto dallo Statuto, alle attività dell’Istituto stesso; tutti gli utili sono obbligatoriamente destinati al ripianamento delle eventuali perdite (art. 28, c.4 Statuto), il che garantisce sul piano normativo la solvibilità e la solidità dell’Ente.”
15.4 In questa prospettiva il Consiglio di Stato ha, peraltro, correttamente dato rilievo alle conseguenze della capitalizzazione di alcuni fondi pubblici, prodottasi per effetto del nuovo assetto dell’Istituto mediante l’approvazione dello Statuto vigente, evidenziando che “la riallocazione a capitale dei Fondi, così utilizzabili per la copertura delle perdite, consente senz’altro ad ICS di beneficiare di un ulteriore (e peculiare) elemento di stabilità patrimoniale, rispetto alle altre imprese del settore bancario e creditizio”, tale per cui “l’Istituto fa fronte, infatti, al rischio imprenditoriale grazie al supporto finanziario dello Stato costituito dai detti Fondi, integrante un flusso contributivo pubblico che esclude il rischio di impresa.”
16. Emerge, in definitiva, che l’ICS non fonda la propria attività principale esclusivamente su criteri di rendimento, efficacia e redditività e non assume su di sé i rischi collegati allo svolgimento di tale attività, i quali ricadono invece sulle amministrazioni controllanti, per modo che il servizio d’interesse generale, oggetto dell’attività istituzionalmente esercitata dall’ICS non può dallo stesso essere rifiutato per ragioni di convenienza economica; ciò perché l’attività bancaria e finanziaria prestata da tale ente risulta strettamente connessa a quella inerente la gestione, a titolo gratuito, dell’accesso dei terzi richiedenti ai tre fondi speciali, cui l’ICS è doverosamente tenuto con modalità predeterminate dallo Statuto stesso. Prospettiva, quest’ultima, puntualmente colta dal Consiglio di Stato nei passaggi argomentativi sopra riportati, i quali si agganciano su indici regolamentari e normativi idonei ad escludere una posizione paritetica effettiva dell’ICS rispetto alle altre imprese operanti nel medesimo segmento di mercato bancario e creditizio.
17. Ritengono, in definitiva, queste Sezioni Unite che l’ICS vada qualificato come “organismo di diritto pubblico” non solo e non tanto in quanto già configurato come “ente di diritto pubblico” dalla legge istitutiva e dall’art. 1 del vigente Statuto e sussumibile nella categoria di “Enti pubblici preposti ad attività di spettacolo, sportive, turistiche e del tempo libero” contemplata dall’allegato IV all’art. 3 d.lgs. 50/2016, recante l’elenco degli organismi di diritto pubblico (v., supra, par. 6.13), ma anche e soprattutto sulla base di un’interpretazione funzionale ed estensiva del requisito teleologico condizionante l’applicabilità della disciplina dell’evidenza pubblica, in ragione dell’esame complessivo e non atomistico di tutti gli elementi di fatto e di diritto relativi alle modalità operative e al regime di controllo cui è sottoposto l’Istituto, in ossequio al principio dell’effetto utile che permea la nozione di “esigenze di interesse pubblico non aventi carattere industriale o commerciale”.
18. Alla stregua di tali considerazioni, idonee a superare i pur notevoli spunti difensivi esposti dal ricorrente anche in memoria e dal Procuratore generale, il ricorso va rigettato.
19. Ricorrono giusti motivi, in relazione alla novità della questione trattata, per compensare fra tutte le parti le spese del giudizio.
20. Ricorrono infine i presupposti processuali per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
PQM
Dichiara inammissibile il controricorso proposto da PricewaterhouseCoopers S.p.A. e rigetta il ricorso.
Compensa le spese fra tutte le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso il 6 dicembre 2022 in Roma dalle Sezioni Unite civili
Allegati:
SS.UU, 13 gennaio 2023, n. 974, in tema di organismo di diritto pubblico
Nota dell’ Avv. Valentina Petruzziello
Sulla natura giuridica dell’Istituto per il Credito Sportivo: è organismo di diritto pubblico
1. Il principio di diritto
L’Istituto per il Credito Sportivo (ICS) va qualificato come “organismo di diritto pubblico” non solo e non tanto in quanto già configurato come “ente di diritto pubblico” dalla legge istitutiva e dall’art. 1 del vigente Statuto e sussumibile nella categoria di “Enti pubblici preposti ad attività di spettacolo, sportive, turistiche e del tempo libero” contemplata dall’Allegato IV all’art. 3 del D.Lgs. 50/2016, recante l’elenco degli organismi di diritto pubblico, ma anche e soprattutto sulla base di un’interpretazione funzionale ed estensiva del requisito teleologico condizionante l’applicabilità della disciplina dell’evidenza pubblica, in ragione dell’esame complessivo e non atomistico di tutti gli elementi di fatto e di diritto relativi alle modalità operative e al regime di controllo cui è sottoposto l’Istituto, in ossequio al principio dell’effetto utile che permea la nozione di “esigenze di interesse pubblico non aventi carattere industriale o commerciale”.
2. La nozione di organismo di diritto pubblico per la legge e la giurisprudenza
Ai sensi dell’art. 3, lett. d), del D.Lgs. 50/2016, è organismo di diritto pubblico “qualsiasi organismo, anche in forma societaria il cui elenco non tassativo è contenuto nell'allegato IV”, che abbia i seguenti requisiti:
1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
I menzionati requisiti sono stati ritenuti, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, cumulativi, sicché in assenza di una sola di tali condizioni l’ente non può essere considerato “organismo di diritto pubblico”.
I tre criteri menzionati nell’ambito del terzo requisito hanno, invece, carattere alternativo.
Il costante orientamento giurisprudenziale, sia nazionale sia euro-unitario, ha, peraltro, chiarito che, al fine di valutare se un organismo rientri nella nozione di organismo di diritto pubblico, è necessario anche che esso soddisfi esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.
La valutazione di detto carattere deve essere operata tenendo conto di tutti gli elementi, di fatto e di diritto, che hanno presieduto alla creazione dell’organismo considerato, nonché le condizioni in cui quest’ultimo esercita le attività volte a soddisfare esigenze di interesse generale.
Rileva, a tal fine, precisa la Cassazione, la mancanza di concorrenza sul mercato, di perseguimento di uno scopo di lucro e di assunzione dei rischi collegati a tale attività, nonché l'eventuale finanziamento pubblico delle attività.
3. Il caso ICS
Il TAR adito ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulle procedure di gara indette dall’Istituto per Credito Sportivo, sulla base dell’accettazione da parte dell’ICS del rischio di impresa, operando come qualsiasi istituto bancario, di proprietà pubblica o privata, in regime concorrenziale, senza, pertanto, poter godere di privilegi pubblicistici.
Il Consiglio di Stato, invece, ritenendo sussistenti in capo all’ICS tutti i requisiti per la qualificazione come organismo di diritto pubblico, ha ribaltato la decisione di primo grado, affermando la giurisdizione del giudice amministrativo.
Le Sezioni Unite ritengono la sentenza del Consiglio di Stato pienamente conforme ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, avuto riguardo alla puntuale ricostruzione anche in fatto della specifica disciplina organizzativa e funzionale dell’Istituto.
Sulla base di un’interpretazione funzionale ed estensiva del requisito teleologico che guarda alla tutela dell’interesse generale, l’ICS va qualificato, pertanto, come organismo di diritto pubblico.
Né la sua natura di banca operante in un settore generalmente aperto alla concorrenza può ostare, affermano i giudici, al perseguimento di finalità generali, trattandosi di istituto finanziato da pubbliche amministrazioni per la promozione delle attività sportive e culturali.