Civile Sent. Sez. U Num. 22426 Anno 2022
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO
Data pubblicazione: 15/07/2022
R.G. 1147/2022
U.P. 5/7/2022
Disciplinare avvocati
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al N.R.G. 1147/2022 proposto da:
BRIAMONTE Michele, rappresentato e difeso dagli Avvocati Luigi Chiappero, Stefania Nubile e Alessandra Pedone, con domicilio eletto presso lo studio di queste ultime in Roma, Largo di Torre Argentina, n. 11;
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI TORINO;
– intimato –
e contro
PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimato –
per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense n. 209/2021, depositata il 30 novembre 2021 e comunicata il 3 dicembre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 5 luglio 2022 dal Consigliere Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati Luigi Chiappero e Stefania Nubile.
FATTI DI CAUSA
1. – Avuta notizia di un’intervista rilasciata dall’avv. Michele Briamonte al quotidiano “La Repubblica”, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino ha deliberato all’unanimità di richiedere al competente Consiglio distrettuale di disciplina se le dichiarazioni virgolettate attribuite all’avvocato nell’articolo fossero state da lui rese e se costituissero violazione disciplinarmente rilevante.
Il Consiglio distrettuale di disciplina – udita la relazione del presidente che, pur ritenendo i toni dell’intervista fin troppo disinvolti, attribuiva alla stessa carattere di “legittima difesa” nei confronti di un precedente articolo del quotidiano che aveva perpetrato un ingiustificato attacco al buon nome dello Studio legale Grande Stevens – ha deliberato l’applicazione all’avv. Briamonte del richiamo verbale, ai sensi dell’art. 14, comma 2-bis, del regolamento del CNF 21 febbraio 2014, n. 2.
2. – Avverso tale provvedimento del Consiglio distrettuale di disciplina, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense, con atto depositato il 7 novembre 2019.
3. – Il Consiglio nazionale forense, con sentenza n. 209/2021 resa pubblica mediante deposito in segreteria il 30 novembre 2021, ha accolto l’impugnazione proposta.
Il CNF ha riconosciuto la legittimazione del Consiglio dell’ordine degli avvocati ad impugnare la delibera del Consiglio distrettuale di disciplina. Ciò in quanto, pur non essendo il richiamo verbale incluso tra le sanzioni disciplinari previste dall’art. 53 della legge n. 247 del 2012, esso presuppone l’accertamento di un illecito deontologico, anche se lieve e scusabile, e costituisce un provvedimento afflittivo, in quanto tale impugnabile.
Inoltre, il giudice disciplinare ha osservato che l’art. 33, comma 2, lettera b), del regolamento del CNF n. 2/2014 consente al Consiglio dell’ordine degli avvocati di proporre ricorso avverso “ogni decisione”.
Nel merito, il CNF ha rilevato che la decisione impugnata, pur fondandosi su premesse corrette, è giunta a conclusioni non condivisibili. Ha ritenuto, infatti, che il Consiglio distrettuale di disciplina, pur ben individuando le circostanze passibili di responsabilità disciplinare nelle dichiarazioni rese dall’avv. Briamonte al quotidiano, avrebbe errato ad attribuire alle dichiarazioni stesse carattere lieve e scusabile, inquadrandole in una sorta di legittima difesa con funzione riparatrice nei confronti di un articolo apparso sul medesimo giornale qualche giorno prima, ritenuto lesivo del buon nome dello Studio Grande Stevens.
Il CNF ha quindi ritenuto che la posizione dell’avv. Briamonte debba essere approfondita, mediante l’apertura del procedimento disciplinare.
4. – Per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense l’avv. Briamonte ha proposto ricorso, con atto notificato il 3 gennaio 2021, sulla base di un motivo.
Il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino è rimasto intimato.
5. – Il ricorso è stato discusso oralmente nell’udienza pubblica del 5 luglio 2022.
In prossimità dell’udienza il Pubblico Ministero ha depositato una requisitoria scritta, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il primo e unico motivo (violazione dell’art. 568, comma 1, cod. proc. pen. e degli artt. 14, comma 4-bis, e 33, comma 2, lettera b, del regolamento CNF 2/2014, in relazione all’art. 360, primo com-ma, n. 3, cod. proc. civ.) censura la decisione impugnata per avere il CNF ritenuto ammissibile il ricorso proposto dal Consiglio dell’ordine degli avvocati avverso il provvedimento di applicazione del richiamo verbale emesso nella fase istruttoria preliminare del procedimento di-sciplinare.
Ad avviso del ricorrente, l’art. 33 del regolamento del Consiglio nazionale forense disciplinerebbe le impugnazioni facendo esplicito riferimento, sia per la sua collocazione sistematica che in base allo stesso dato letterale, ai soli provvedimenti emessi nell’ambito della fase decisoria di cui al Capo VI. Sicché, sostiene il ricorrente, i sog-getti indicati dall’art. 33 del regolamento, tra cui il COA, sarebbero legittimati ad impugnare le sole decisioni assunte all’esito del dibatti-mento.
Viceversa, l’art. 14 dello stesso regolamento, relativo alla fase istruttoria preliminare, istituirebbe, al comma 4-bis, un autonomo sistema di impugnazione per il richiamo verbale, che attribuirebbe al solo incolpato la facoltà di opposizione.
Ad avviso del ricorrente, l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 10 luglio 2017, n. 16993 – che ha riconosciuto al Consiglio dell’ordine degli avvocati presso il quale il professionista è iscritto la legittimazione ad impugnare il provvedimento di archiviazione emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina – meriterebbe di essere rimeditato per due ordini di ragioni.
In primo luogo, perché l’ordinamento disciplinare forense è assoggettato al principio di tassatività delle impugnazioni delineato dall’art. 568 cod. proc. pen. In secondo luogo, perché l’art. 14, comma 4-bis, del regolamento istituirebbe un autonomo sistema di impugnazioni che differenzierebbe nettamente tale provvedimento dagli altri, recanti lo stesso nomen iuris, contemplati dall’ordinamento disciplinare forense.
Sicché, in applicazione del principio di specialità nel concorso di norme procedimentali, occorrerebbe prendere atto della non impugnabilità, da parte del COA, del provvedimento emesso ai sensi del citato art. 14, essendo tale facoltà riservata al solo incolpato.
2. – La censura è infondata.
3. – Il Consiglio nazionale forense ha disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino, sollevata dall’iscritto sul rilievo che per il richiamo verbale la normativa professionale predisporrebbe un sistema autonomo di impugnazione, che consente all’avvocato, e solo a questo, di opporsi alla definizione del procedimento mediante il richiamo, perché si proceda secondo le forme ordinarie all’istruttoria preliminare.
Il CNF ha ritenuto il Consiglio dell’ordine legittimato a proporre l’esperita impugnazione. Ha considerato, quindi, ammissibile il ricorso proposto dal COA avverso il provvedimento di applicazione del richiamo verbale da parte del Consiglio distrettuale di disciplina nella fase preliminare del procedimento disciplinare.
Secondo il Consiglio nazionale forense, il richiamo verbale, sebbene non abbia carattere di sanzione disciplinare, presuppone comunque l’accertamento di un illecito deontologico, anche se lieve e scusabile, e costituisce pur sempre un provvedimento afflittivo, che deve essere comunicato al COA di appartenenza ed eventualmente a quello che ha inviato la segnalazione, oltre che all’avvocato attinto dalla decisione.
Il giudice speciale ha ammesso l’impugnabilità, dinanzi al Consiglio nazionale forense, del provvedimento che applica il richiamo verbale da parte dei soggetti legittimati, se pronunciato all’esito della fase decisoria. Per le stesse ragioni, anche se emesso nella fase iniziale, il provvedimento in parola è stato ritenuto impugnabile dinanzi al Consiglio nazionale forense da parte del pubblico ministero e del Consiglio dell’ordine presso cui l’avvocato è iscritto, mentre quest’ultimo può proporre, in tal caso, eventuale opposizione avanti al Consiglio distrettuale di disciplina, ex art. 14, comma 4-bis, del regolamento CNF.
4. – Viene all’esame delle Sezioni Unite la specifica questione dell’ammissibilità del ricorso proposto dal COA innanzi al CNF avverso il provvedimento di applicazione del richiamo verbale emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina nella fase preliminare del procedimento disciplinare.
5. – Il Collegio osserva che, nella giurisprudenza della Corte, è rinvenibile un precedente che orienta la risposta all’interrogativo che qui viene in rilievo.
Si tratta di Cass., Sez. Un., 10 luglio 2017, n. 16993, con cui si è ritenuto impugnabile, da parte del Consiglio dell’ordine presso il quale l’avvocato è iscritto, il provvedimento di archiviazione emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina.
Il principio di diritto enunciato è il seguente: in tema di responsabilità disciplinare dell’avvocato, contro i provvedimenti del Consiglio distrettuale di disciplina e per qualsiasi decisione, ivi compresa l’archiviazione, è ammesso ricorso, da parte del Consiglio dell’ordine presso cui l’avvocato è iscritto, avanti al Consiglio nazionale forense, non potendo essere sottratta ad ogni controllo la negazione dell’azione disciplinare, tenuto conto dell’interesse alla salvaguardia della deontologia professionale di cui è portatore il Consiglio dell’ordine,
che, nell’attuale sistema, è un soggetto diverso da quello che detiene il potere disciplinare.
6. – Tanto premesso, occorre rilevare che il richiamo verbale – quale misura afflittiva non costituente una sanzione – consente alla giustizia disciplinare di dare una risposta a comportamenti che, sebbene contrastanti con i doveri dell’avvocato, tuttavia presentano, nel concreto atteggiarsi, un livello di gravità minimo.
L’art. 61 della legge n. 247 del 2012, recante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, sotto la rubrica “Impugnazioni”, prevede che “avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità, e, per ogni decisione, da parte del Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto, del procuratore della Repubblica e del procuratore generale del distretto della corte d’appello ove ha sede il consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione”.
Analogamente si esprime il regolamento del CNF sul procedimento disciplinare, n. 2 del 2014.
L’art. 33 del regolamento stabilisce, infatti, al comma 2, che avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina “possono proporre ricorso: a) l’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità; b) il Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto, per ogni decisione; c) il Procuratore della Repubblica, per ogni decisione; d) il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello del distretto dove ha sede il Consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione, per ogni decisione”.
Dalla struttura del nuovo procedimento disciplinare, innovato dalla riforma del 2012, non emerge la previsione dell’impugnazione da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati come ristretta ai soli provvedimenti emessi nell’ambito della “fase decisoria”, di cui al Capo VI del citato regolamento.
L’art. 61 della legge professionale forense, quando parla di impugnazione dinanzi al CNF delle decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina, intestando al Consiglio dell’ordine il potere di ricorrere contro “ogni decisione”, si riferisce, senz’altro, alle decisioni previste dall’art. 52 della stessa legge professionale, ovverosia a quelle di proscioglimento, a quelle di applicazione, nei casi lievi e scusabili, del richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare, e a quelle di condanna, recanti l’irrogazione di una sanzione disciplinare (l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio della professione o la radiazione).
Non rileva, nel senso che non esclude la legittimazione del Consiglio dell’ordine territoriale ad impugnare, la circostanza che l’applicazione del richiamo verbale sia avvenuta, come nella specie si è verificato, in esito ad una determinazione assunta durante la fase preliminare.
Ai sensi dell’art. 14, comma 2-bis, del regolamento disciplinare (come aggiunto in una modifica del 2017), il presidente del Consiglio distrettuale di disciplina – qualora non ritenga di chiedere al Consiglio riunito in sede plenaria l’archiviazione del procedimento – può, nel caso di infrazioni lievi e scusabili, proporre all’assemblea l’applicazione del richiamo verbale nei confronti del segnalato.
A sua volta, il comma 4-bis del medesimo art. 14 consente alla designata sezione del Consiglio distrettuale, su proposta del consiglie-re istruttore, senza necessità di convocare l’iscritto per gli adempi-menti altrimenti occorrenti, di deliberare il richiamo verbale che deve essere formalizzato con lettera del presidente del Consiglio distrettuale di disciplina.
La circostanza che il provvedimento di applicazione del richiamo verbale sia emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina nella fase preliminare del procedimento disciplinare e che si dia, quindi, la possibilità di definire in una fase pre-procedimentale la segnalazione di una condotta deontologicamente rilevante a carico di un iscritto nei casi di infrazioni lievi e scusabili non fa venir meno il potere di impugnazione in capo al Consiglio dell’ordine che dissenta dal riconoscimento della scarsa rilevanza della violazione, essendo detta legittimazione ad impugnare espressione della funzione di vigilanza sulla condotta degli iscritti e di salvaguardia dell’osservanza e dell’effettività delle norme deontologiche che la legge professionale affida allo stesso COA.
Invero, l’intervento dell’organo amministrativo neutrale nella fase introduttiva, là dove consente con l’applicazione del richiamo verbale nei confronti dall’incolpato l’uscita anticipata dal procedimento disciplinare, risponde sì a ragionevole rispetto dell’art. 97 Cost. – quale scelta normativa semplificante e diretta a prevenire inutili aggravi in una fase del tutto prodromica, avendo il richiamo effetto deflattivo, se disposto nelle fasi iniziali del procedimento – e viene nel contempo incontro all’esigenza di evitare il protrarsi stesso del procedimento per fatti di minima entità non meritevoli di una risposta sul piano della sanzione disciplinare. Tuttavia, l’applicazione del richiamo verbale non può risolversi in una incontrollabile negazione dell’effettivo disvalore deontologico della condotta, essendovi un chiaro interesse del COA alla salvaguardia degli interessi collettivi degli iscritti nell’ordine locale, alla garanzia dell’osservanza della deontologia forense e, quindi, a porre in discussione la determinazione applicativa del richiamo in casi di violazione deontologica che esso ritenga non lieve e non scusabile.
Questa conclusione non è ostacolata dal fatto che il regolamento n. 2 del 2014 prevede, all’art. 14, comma 4-bis, per l’incolpato, la facoltà di opporsi alla definizione del procedimento attraverso il richiamo verbale e di chiedere che si proceda all’istruttoria preliminare.
La circostanza che il provvedimento di applicazione del richiamo verbale sia adottato dal Consiglio distrettuale di disciplina nella fase preliminare del procedimento disciplinare non lo caratterizza diversamente e non lo colloca in un’area, solo perché precedente alla fase decisoria, contrassegnata dalla più ampia discrezionalità, frutto di autodeterminazione dell’organo a ciò deputato.
Ne consegue che il provvedimento di applicazione del richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare, nei casi di infrazioni lievi e scusabili, anche quando adottato dal Consiglio distrettuale di disciplina nella fase preliminare del procedimento disciplinare, è impugnabile, dinanzi al Consiglio nazionale forense, dal Consiglio dell’ordine degli avvocati presso cui il segnalato è iscritto, avendo il Consiglio dell’ordine territoriale legittimazione a ricorrere contro ogni decisione del Consiglio distrettuale.
7. – La decisione del CNF – che, nella specie, ha giudicato ammissibile l’impugnazione, da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Torino, della determinazione del Consiglio distrettuale di disciplina di definire il procedimento nei confronti dell’iscritto, nella fase preliminare, con l’applicazione del richiamo verbale – si sottrae ai rilievi del ricorrente.
8. – Il ricorso è rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo il COA di Torino svolto attività difensiva in questa sede.
9. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in-serito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello pre-visto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 5 luglio 2022.
Allegati:
SS.UU, 15 luglio 2022, n. 22426, in tema di procedimento disciplinare
Nota dell'Avv. Alfonso Ciambrone
Il provvedimento di applicazione del richiamo verbale da parte del Consiglio Distrettuale di Disciplina nella fase preliminare del procedimento disciplinare può essere impugnato anche dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati
1. Il principio di diritto
Pur non essendo il richiamo verbale incluso tra le sanzioni disciplinari previste dall’art. 53 della L. 247/2012, esso presuppone l’accertamento di un illecito deontologico, anche se lieve e scusabile, e costituisce pur sempre un provvedimento afflittivo, in quanto tale è impugnabile (anche) dal COA di appartenenza, avente e legittimazione a ricorrere contro ogni decisione del CDD.
2. La questione di massima di particolare importanza
E’ stata sottoposta all’esame delle Sezioni Unite la specifica questione dell’ammissibilità del ricorso proposto dal COA innanzi al CNF avverso il provvedimento di applicazione del richiamo verbale emesso dal CDD nella fase preliminare del procedimento disciplinare.
Il Supremo Collegio osserva che, nella giurisprudenza della Corte, è rinvenibile un precedente che orienta la risposta all’interrogativo qui in rilievo.
Si tratta di SS.UU, 10 luglio 2017, n. 16993, con cui si è ritenuto impugnabile, da parte del Consiglio dell’Ordine presso il quale l’Avvocato è iscritto, il provvedimento di archiviazione emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina.
3. Il contesto normativo di riferimento
Il richiamo verbale – quale misura afflittiva non costituente una sanzione – consente alla giustizia disciplinare di dare una risposta a comportamenti che, sebbene contrastanti con i doveri dell’avvocato, tuttavia presentano, nel concreto atteggiarsi, un livello di gravità minimo.
L’art. 61 della L. 247/ 2012, sotto la rubrica “Impugnazioni”, prevede che “avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità, e, per ogni decisione, da parte del Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto, del procuratore della Repubblica e del procuratore generale del distretto della corte d’appello ove ha sede il consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione”. Analogamente l’art. 33, c. 2, del Regolamento del CNF sul procedimento disciplinare, n. 2 del 2014 stabilisce che avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina “possono proporre ricorso: a) l’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità;
b) il Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto, per ogni decisione;
c) il Procuratore della Repubblica, per ogni decisione;
d) il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello del distretto dove ha sede il Consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione, per ogni decisione”.
Dalla struttura del nuovo procedimento disciplinare, innovato dalla riforma del 2012, non emerge la previsione dell'impugnazione da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati come ristretta ai soli provvedimenti emessi nell’ambito della “fase decisoria”, di cui al Capo VI del citato regolamento. L’art. 61 della legge professionale forense, quando parla di impugnazione dinanzi al CNF delle decisioni del CDD, intestando al COA il potere di ricorrere contro “ogni decisione”, si riferisce, senz’altro, alle decisioni previste dall’art. 52 della stessa legge professionale, ovverosia a quelle di proscioglimento, a quelle di applicazione, nei casi lievi e scusabili, del richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare, e a quelle di condanna, recanti l’irrogazione di una sanzione disciplinare (l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio della professione o la radiazione).
Non rileva, nel senso che non esclude la legittimazione del Consiglio dell’ordine territoriale ad impugnare, la circostanza che l’applicazione del richiamo verbale avvenga in esito ad una determinazione assunta durante la fase preliminare.
Ai sensi dell’art. 14, c. 2 bis, del Regolamento disciplinare (come aggiunto in una modifica del 2017), il Presidente del CDD – qualora non ritenga di chiedere al Consiglio riunito in sede plenaria l’archiviazione del procedimento – può, nel caso di infrazioni lievi e scusabili, proporre all’assemblea l’applicazione del richiamo verbale nei confronti del segnalato.
A sua volta, il c. 4 bis dello stesso art. 14 consente alla designata sezione del Consiglio distrettuale, su proposta del consigliere istruttore, senza necessità di convocare l’iscritto per gli adempimenti altrimenti occorrenti, di deliberare il richiamo verbale, che deve essere formalizzato con lettera del Presidente del CDD.
La circostanza che il provvedimento di applicazione del richiamo verbale sia emesso nella fase preliminare del procedimento disciplinare e che si dia, quindi, la possibilità di definire in una fase pre-procedimentale la segnalazione di una condotta deontologicamente rilevante a carico di un iscritto nei casi di infrazioni lievi e scusabili, non fa venir meno il potere di impugnazione in capo al COA che dissenta dal riconoscimento della scarsa rilevanza della violazione.
Detta legittimazione ad impugnare è espressione della funzione di vigilanza sulla condotta degli iscritti e di salvaguardia dell’osservanza e dell’effettività delle norme deontologiche che la legge professionale affida allo stesso COA.
Non osta, al riguardo, il citato art. 14, c. 4 bis del Regolamento 02/2014, nella parte in cui prevede, per l’incolpato, la facoltà di opporsi alla definizione del procedimento attraverso il richiamo verbale e di chiedere che si proceda all’istruttoria preliminare.
La circostanza che il provvedimento di applicazione del richiamo verbale sia adottato dal CDD nella fase preliminare del procedimento disciplinare non lo caratterizza diversamente e non lo colloca in un’area, solo perché precedente alla fase decisoria, contrassegnata dalla più ampia discrezionalità, frutto di autodeterminazione dell’organo a ciò deputato.
Ne consegue il principio di diritto sopra enunciato.