Civile Ord. Sez. U Num. 13489 Anno 2021
Data pubblicazione: 18/05/2021
ORDINANZA
sul ricorso 27374-2019 proposto da:
C.I.B. COSTRUZIONI INTERNAZIONALI BASILICATA S.R.L. (già CIE COSTRUZIONI IMPIANTI EUROPA SPA), in persona del titolare pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato —;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
nonchè contro
PROCURA REGIONALE DELLA CORTE DEI CONTI – SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CALABRIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 55/2019 della CORTE DEI CONTI – TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 21/03/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/04/2021 dal Consigliere —.
FATTI DI CAUSA
- La Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria esercitò l’azione contabile, nei confronti degli attuali ricorrenti, chiedendone la condanna per danni, per avere — e la s.r.l. Costruzioni Internazionali Basilicata, già Costruzioni Internazionali Europa, esercente attività di costruzione di edifici residenziali e non residenziali, indebitamente beneficiato di contributi, concessi nell’ambito dei Fondi Strutturali Europei (Fondo Sociale Europeo), per incentivi alle imprese per incremento occupazionale e formazione in azienda dei lavoratori neoassunti.
- Con la domanda di accesso agli incentivi l’impresa si impegnava a mantenere costante, per 36 mesi, il numero dei dipendenti a tempo indeterminato già in servizio, a trasmettere schede di monitoraggio e controllo previste nel bando; dichiarava di non avere effettuato, nei 12 mesi precedenti, riduzione di personale a tempo determinato, salvo le esclusioni espressamente contemplate, e assumeva l’obbligo, entro 30 giorni dalla stipula della convenzione, ad avviare tirocini formativi propedeutici all’assunzione di lavoratori e a perfezionare 14 assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
- All’esito degli approfondimenti istruttori era emersa la violazione degli obblighi di assunzione di lavoratori, alle condizioni pattuite, di mantenimento in servizio, dei neoassunti per almeno 36 mesi e dei lavoratori già in servizio, e di svolgere corsi di formazione.
- La sentenza di primo grado del giudice contabile, affermata la giurisdizione e ritenuta inammissibile l’eccezione di prescrizione, condannava gli attuali ricorrenti al risarcimento del danno nei confronti della Regione Calabria.
- Decidendo sul gravame svolto dagli attuali ricorrenti, la Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale di appello, escluso essere agli atti alcuna istanza di definizione agevolata, come assumevano invece gli appellanti, dichiarava inammissibile il gravame proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla notifica, via Pec, della sentenza impugnata.
- La s.r.l. CIB Costruzioni Internazionali Basilicata, già CIE Costruzioni Impianti Europa s.p.a e — propongono ricorso, affidato a sette motivi.
- Ha resistito, con controricorso, il Procuratore generale rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei Conti.
- Il ricorso per cassazione è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis, co.1 cod.proc.civ.
- La richiesta di discussione orale svolta dalla parte ricorrente va disattesa perché il ricorso non presenta una questione di diritto rilevante (art.375, ultimo comma, cod.proc.civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
10. Con i motivi di ricorso si denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, violazione o falsa applicazione dell’art. 1, commi 231-233, legge n.266 del 2005, violazione dell’art. 24 Cost., dei principi del giusto procedimento, del giusto processo e difesa, degli artt. 3,24,97 Cost., per non avere la sentenza impugnata ritenuto assorbente, rispetto ad ogni altra questione, di rito e di merito, la richiesta di definizione agevolata; violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., insufficiente e inadeguata motivazione, omesso esame di un fatto decisivo, per non avere rilevato, e deciso, sull’istanza di definizione agevolata, tempestivamente depositata; violazione dei principi in materia di giurisdizione giacché la verifica dell’irregolare utilizzo del contributo rientrava nella giurisdizione del giudice ordinario; violazione dei principi in materia di prescrizione per decorso del termine in assenza di atti interruttivi; violazione dell’art. 164 cod.proc.civ. per incompleta e insufficiente esposizione della causa petendi; violazione dell’art. 1 legge n.20 del 1994, come modificato dalla legge n.639 del 1996, per l’inadeguata verifica dell’elemento soggettivo (dolo e colpa grave); omessa pronuncia, nella decisione di primo grado, sulle eccezioni di parte; omessa motivazione su circostanze fattuali che, ove considerate, avrebbero condotto ad un esito diverso della decisione; errore nell’avere ritenuto sussistente il danno erariale.
11. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Procura generale presso la Corte dei conti, per essere stato il ricorso notificato alla Procura regionale della Corte dei Conti e, altresì, presso l’Avvocatura generale dello Stato, alla stregua delle disposizioni valevoli per i ricorsi notificati alle Amministrazioni dello Stato.
12. Invero, l’ufficio della Procura Generale presso la Corte dei Conti e quello della Procura Regionale presso le sezioni giurisdizionali regionali della Corte, ancorché collegati, sono processualmente autonomi e, in caso di impugnazione, innanzi a queste Sezioni Unite, della sentenza emessa dalla sezione giurisdizionale centrale di appello, la legittimazione a resistere alla stessa compete, in via esclusiva, al Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti e i termini processuali decorrono, utilmente, dalle notifiche effettuate nei suoi confronti, restando ininfluente quella fatta al Procuratore Regionale (Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 19; Cass.,Sez.Un., 9 novembre 2009, n.23681; Cass.,Sez.Un., 18 ottobre 2018, n. 26256).
13. Inoltre, il ricorso risulta notificato presso l’Avvocatura dello Stato, totalmente estranea alla presente vicenda (Cass., Sez. Un., 2 dicembre 1992, n. 12866; Cass., Sez. Un., 2 marzo 1982, n. 1282).
14. E’ tuttavia attribuibile efficacia sanante all’avvenuta notificazione del controricorso e costituzione del Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti (Cass.,Sez. Un., 4 ottobre 2012, n. 16849, in motivazione).
15. Nondimeno il ricorso è inammissibile.
16. Con la definizione, in rito, e la declaratoria di inammissibilità, il Giudice contabile di appello si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia e, dunque, la parte soccombente non ha l’onere, ne’ l’interesse ad impugnare.
17. Inoltre, il ricorso non solo prospetta l’indimostrato assunto della proposizione dell’istanza agevolata in esito alla decisione di primo grado – esclusa, invero, dal giudice del gravame – ma trascura di considerare che la definizione agevolata postula, pur sempre, valutazioni di merito, affidate al giudice contabile, con esclusione di un ingiustificato automatico effetto premiale (Cass.,Sez.Un., 3 aprile 2014, n. 7847).
18. Invero, il ricorso all’esame, con le sue molteplici censure, esula dall’ambito delle previsioni degli artt. 111 Cost. e 362 cod. proc. civ . e tenta di ampliare l’alveo delle censure deducibili ex art.111, ottavo comma, Cost., richiedendo il sindacato sulla giurisdizione oltre il perimetro tracciato dalla costante giurisprudenza in linea con le indicazioni cogenti di Corte cost. n.6 del 2018 in ordine agli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonche’ ai presupposti e limiti del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost.
19. La norma sulla definizione agevolata, va aggiunto, non costituisce una norma sulla giurisdizione bensì una modalità procedimentale di definizione del giudizio contabile e, quindi, attiene ad una questione interna allo stesso processo (Cass.,Sez.Un., 14 gennaio 2015, n. 476 ed ivi l’affermazione secondo cui la tutela con riguardo agli atti processuali è assicurata nell’ambito del processo ed è all’interno del processo stesso che può essere sollevata la questione di costituzionalità delle norme che, eventualmente, non garantiscano un’adeguata tutela dei diritti della parte).
20. La natura di parte soltanto formale che riveste il Procuratore generale presso la Corte dei conti, in ragione della sua posizione istituzionale – di organo propulsore dell’attività giurisdizionale dinanzi alla Corte dei conti, al quale sono attribuiti poteri esercitati per dovere d’ufficio e nell’interesse pubblico, partecipando al giudizio non come esponente di un’amministrazione, ma quale portatore dell’interesse generale dell’ordinamento giuridico – esclude l’ammissibilità di una pronuncia sulle spese processuali (cfr. tra le tante, Cass., Sez.Un., 2 aprile 2003, n. 5105; Cass., Sez.Un., 8 maggio 2017, n. 11139; Cass., Sez.Un., 30 aprile 2019, n. 11502).
21. Ciò impedisce anche che la parte, pur soccombente, possa essere condannata ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod.proc.civ., al pagamento di una somma equitativamente determinata, come richiesto dal Procuratore generale presso la Corte dei conti (fra tante, Cass.,Sez.Un., 28 febbraio 2020, n. 5589).
22. Detta norma, infatti, presuppone, per la sua applicazione, che vi sia, anzitutto, una pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 cod.proc.civ. e, dunque, una condanna al pagamento delle spese processuali a carico del soccombente.
23. Richiede, inoltre, che la condanna al pagamento di detta somma sia pronunciata a favore della controparte, ossia della parte vincitrice che ha ottenuto, a proprio vantaggio, la condanna ex art. 91 cod.proc.civ.
24. Per le anzidette ragioni, in favore del Procuratore generale non vi è luogo ad una condanna al pagamento delle spese processuali del soccombente, ai sensi dell’art. 91 cod.proc.civ.: è parte solo formale, non è controparte che può beneficiare della condanna al pagamento della somma equitativamente determinata ex art. 96, terzo comma, cod.proc.civ.
25. Ne’ potrebbe aversi, al pari di quanto stabilito dall’art. 31, comma 4, del d.lgs. n. 174 del 2016 (recante il codice di giustizia contabile), una condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dello Stato, in tal senso valorizzandosi la posizione istituzionale del Procuratore generale innanzi evidenziata.
26 Il parallelismo tra la disposizione del codice di giustizia contabile e l’art. 96, terzo comma, cod.proc.civ. non conduce ad una integrale sovrapposizione delle due norme, come reso evidente, per l’appunto, dal fatto che il legislatore dell’art. 96 citato (introdotto dalla L. n. 69 del 2009) ha inteso modulare l’istituto processuale privilegiando, in modo non irragionevole, la posizione della parte processuale vittoriosa e non l’Erario.
27. In questi termini, del resto, l’art. 96, terzo comma, ha superato il vaglio di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 152 del 2016, i cui principi sono stati ribaditi dalla più recente sentenza n. 139 del 2019), avendo il Giudice delle leggi posto in rilievo che l’obbligazione prevista da detta disposizione (e «che si affianca al regime del risarcimento del danno da lite temeraria») ha una «natura sanzionatoria dell’abuso del processo, commesso dalla parte soccombente, non disgiunta da una funzione indennitaria a favore della parte vittoriosa… Ciò perché l’attribuzione patrimoniale – a differenza di varie altre norme del codice di procedura civile che sanzionano con pene pecuniarie specifiche ipotesi di abuso del processo (…) – è riconosciuta proprio in favore della parte vittoriosa, al di là del danno risarcibile per lite temeraria, e non già – come si sarebbe portati a ritenere – in favore dell’Erario, benché sia anche l’amministrazione della giustizia a subire un pregiudizio come disfunzione e intralcio al suo buon andamento».
28. E’ proprio in siffatta «variante» che l’art. 96, terzo comma, cod.proc.civ., pur nella «matrice comune, volta a contrastare l’abuso del processo» (Corte cost. n. 139 del 2019 cit.), si differenzia dall’art. 31, comma 4, c.g.c. che consente al giudice di pronunciare (anche d’ufficio) la condanna del soccombente al pagamento di somma equitativamente determinata non solo «in favore dell’altra parte», ma anche, «se del caso», in favore «dello Stato».
29. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 13 aprile 2021
Il Presidente
Allegati:
SS.UU, 18 maggio 2021, n. 13489, in tema di responsabilità aggravata
Nota dell'Avv. Alfonso Ciambrone
Ratio e ambito di applicazione della disciplina della responsabilità aggravata in giudizio
1. La giurisprudenza costante
Pur con “matrice comune, volta a contrastare l'abuso del processo”, fra l’art. 31, c. 4, del D.lgs. 174/2016 (recante il Codice di giustizia contabile) e l'art. 96, c. 3, c.p.c. (introdotto dalla L. 69/2009) non vi è integrale sovrapposizione; il legislatore ha inteso modulare l'istituto processuale privilegiando, in modo non irragionevole, la posizione della parte processuale vittoriosa, e non l'Erario.
L'attribuzione patrimoniale di cui all’art. 96, c. 3, c.p.c. - a differenza di varie altre norme del codice di procedura civile che sanzionano con pene pecuniarie specifiche ipotesi di abuso del processo - è riconosciuta in favore della parte vittoriosa in quanto tale, al di là del danno risarcibile per lite temeraria, e non già in favore dell'Erario, “benché sia anche l'amministrazione della giustizia a subire un pregiudizio come disfunzione e intralcio al suo buon andamento” (cfr., Corte Cost. n. 152 del 2016, i cui principi sono stati ribaditi dalla più recente sentenza n. 139 del 2019).
In siffatta “variante”, la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata si differenzia da quella di cui all’art. 31, c. 4, c.g.c., che consente al giudice di pronunciarla (anche d'ufficio) non solo “in favore dell'altra parte” (come unicamente previsto dall’art. 96, c. 3, c.p.c.), ma anche, “se del caso”, in favore “dello Stato”.
2. Conseguenze operative
La parte soccombente non può essere condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata ex art. 96, c. 3, c.p.c. allorquando vi sia una controparte solo “formale” (come nel caso di organo che, per la sua posizione istituzionale, partecipa al giudizio non come esponente di un'amministrazione, ma quale portatore dell'interesse generale dell'ordinamento giuridico; ad esempio, il Procuratore generale presso la Corte dei Conti); in siffatta ipotesi, non può esservi la necessaria, preliminare pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e, comunque, non vi è controparte che possa beneficiare della condanna, in quanto il pagamento non può essere liquidato in favore dell’Erario.