Civile Ord. Sez. U Num. 3099 Anno 2022
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FALASCHI MILENA
Data pubblicazione: 02/02/2022
ORDINANZA
sul ricorso 427-2020 proposto da:
PELLEGRINO ENZA, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO BRUNI;
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA;
– intimata –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di COSENZA, depositata il 02/12/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/07/2021 dal Consigliere MILENA FALASCHI.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Cosenza, con ordinanza del 2 dicembre 2019, pronunciando sulla domanda proposta da Enza Pellegrino nei confronti della Regione Calabria volta alla condanna della convenuta al risarcimento del danno derivante dalla violazione delle regole procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990, per avere in un primo momento accolto la richiesta di accesso ad un finanziamento pubblico rivolto a sostenere il c.d. autoimpiego e/o l’autoimprenditorialità, con inclusione nella graduatoria degli aventi diritto, e successivamente dichiarato l’istante decaduta dal finanziamento, per aver avviato l’attività d’impresa prima ancora di essere stata ammessa al beneficio, in violazione dell’art. 5 del bando, senza provvedere nel termini alla definizione del procedimento decadenziale a seguito dell’opposizione presentata il 29-30.1.2019, respingeva l’eccezione sollevata dalla Regione Calabria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, accogliendo invece l’eccezione d’incompetenza per territorio in favore del Tribunale di Catanzaro.
Nel rigettare la prima eccezione, il Tribunale osservava che la ricorrente aveva agito in giudizio per far valere il diritto al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del comportamento inerte della P.A., senza dedurre l’illegittimo esercizio di un potere autoritativo, bensì allegando la violazione delle regole procedimentali che presiedono allo svolgimento dell’attività amministrativa, per essere sindacabili innanzi al giudice ordinario i “comportamenti materiali” della Pubblica Amministrazione; accoglieva, invece, l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla stessa Regione Calabria, rilevando che in base agli artt. 19 e 20 c.p.c., ossia ai criteri del forum destinatae solutionis e del forum contractus, la competenza era del Tribunale di Catanzaro, in quanto ivi si trovava la sede dell’Ufficio di tesoreria dell’ente debitore ed era avvenuto il “contatto sociale” fonte del preteso danno.
Avverso detta ordinanza Enza Pellegrino propone ricorso per regolamento necessario di competenza innanzi alla Corte di Cassazione, lamentando l’omessa, erronea e falsa applicazione dell’art. 19 c.p.c., relativo al foro generale delle persone giuridiche, con riferimento all’ultimo periodo del primo comma di tale norma, per avere la Regione formulato, ed il Tribunale accolto, un’eccezione di incompetenza territoriale “incompleta”, in quanto incentrata sulla sola circostanza che la Regione Calabria ha sede legale a Catanzaro, senza nulla dedurre in ordine alla presenza o meno in provincia di Cosenza di “un suo stabilimento e di un suo rappresentante autorizzato a stare in giudizio”. L’eccezione incompleta avrebbe dovuto essere considerata come non proposta, in considerazione dell’obbligo di contestare ogni singolo criterio di collegamento, con conseguente radicamento della competenza dell’adito Tribunale di Cosenza e prosecuzione del giudizio innanzi ad esso.
Acquisite le conclusioni scritte del Procuratore Generale, che ha rilevato d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, essendo la questione di giurisdizione pregiudiziale rispetto a quella di competenza, la Sesta Sezione Civile – 3 di questa Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria n. 8480 del 2021, rilevando che sul punto non si era formato alcun giudicato interno, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Attivato il procedimento camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotto, a decorrere dal 30 ottobre 2016, dall’art. 1-bis, comma 1, lett. f), D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 (applicabile al ricorso in oggetto ai sensi dell’art. 1-bis, comma 2, del medesimo D.L. n. 168/2016), la causa è stata riservata in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La questione di giurisdizione sollevata d’ufficio dal Procuratore Generale appare fondata.
In primo luogo, va rilevata l’ammissibilità dell’eccezione, non avendo il giudice di primo grado pronunciato nel merito con statuizione implicita sulla giurisdizione. Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma, infatti, tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo (così Cass., Sez. Un., 29 novembre 2017 n. 28503 e Cass. 25 maggio 2019 n. 13750).
Nel caso di specie, infatti, il Tribunale di Cosenza ha esaminato esclusivamente le eccezioni di difetto di giurisdizione e di incompetenza, entrambe sollevate dalla Regione Calabria, senza assumere alcuna statuizione di merito.
In secondo luogo, è principio pacifico della giurisprudenza di questa Suprema Corte che le questioni di giurisdizione sono pregiudiziali rispetto a quelle di competenza, potendosi derogare a ciò solo in forza di norme o principi della Costituzione o espressivi di interessi o di valori di rilievo costituzionale, come, ad esempio, nei casi di mancanza delle condizioni minime di legalità costituzionale nell’instaurazione del “giusto processo”, oppure della formazione del giudicato, esplicito o implicito, sulla giurisdizione (Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2007 n. 4109; Cass., Sez. Un., 5 gennaio 2016 n. 29 e Cass. 27 febbraio 2020 n. 5298).
Ciò chiarito, il Procuratore Generale nell’esaminare nel merito il ricorso richiama, sempre a tal proposito, il consolidato orientamento di legittimità secondo cui “qualora una sentenza di primo grado, recante l’espressa affermazione della giurisdizione dell’adito giudice ordinario e la successiva declinatoria della sua competenza, sia stata impugnata con regolamento di competenza, da qualificarsi come facoltativo, la Corte di cassazione, non essendosi formato il giudicato sulla giurisdizione, giusta l’art. 43, comma 3, primo periodo, c.p.c., può rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione di quel giudice ai sensi dell’art. 37 c.p.c., attesi i concorrenti principi di pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza, di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di attribuzione costituzionalmente riservata alla Suprema Corte di tutte le predette questioni, nonché del rilievo che la sua statuizione sulla sola questione di competenza risulterebbe “inutiliter data” a seguito di un esito del processo di impugnazione sulla questione di giurisdizione nel senso del difetto di giurisdizione del giudice ordinario” (Cass., Sez. Un., n. 29/2016 cit.).
Si tratta di principio assolutamente da condividere e da ribadire, giacchè il criterio tassonomico da utilizzare nella gradazione dell’esame delle questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito deve tener conto, non soltanto dell’interesse manifestato dalla parte nella scelta preferenziale accordata alle diverse eccezioni formulate (che è espressione del potere dispositivo che informa il processo civile), ma anche delle esigenze connesse all’interesse pubblico ad una valida instaurazione del rapporto processuale tra le parti e tra queste ed il giudice adito, in quanto l’organo giudicante adito risulti effettivamente titolare della “potestas judicandi” ed idoneo a soddisfare alle garanzie richieste dall’art. 25 Cost. La scelta compiuta dalla parte non può, infatti, non essere coordinata con il potere attribuito al giudice di rilevazione “ex officio” delle eccezioni non rilevabili esclusivamente ad istanza di parte (art. 112 c.p.c.), tanto più nel caso in cui la selezione della priorità di trattazione delle questioni operata dalla parte appaia recessiva rispetto a fatti “litis ingressum impedientes” consistenti nella mancanza di requisiti minimi essenziali richiesti per la configurazione di un rapporto processuale (cfr. Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2008 n. 26019 che -nell’ambito delle stesse questioni rilevabili ex officio – ritiene recessiva la verifica della giurisdizione rispetto ai vizi insanabili inerenti la violazione del contraddittorio, ed all’assoluta carenza di “potestas judicandi” determinata dal difetto di “legitimatio ad causam”, dalla decadenza sostanziale e dalla improponibilità dell’azione, dalla violazione del divieto dei “nova”; conforme, Cass., Sez. Un., n. 29/2016 cit. secondo cui l’obbligo di verifica pregiudiziale della giurisdizione, può essere derogato “soltanto in forza di norme o principi della Costituzione o espressivi di interessi o di valori di rilievo costituzionale, come, ad esempio, nei casi di mancanza delle condizioni minime di legalità costituzionale nell’instaurazione del “giusto processo” oppure nella formazione del giudicato, esplicito od implicito, sulla giurisdizione”).
Con riferimento alla peculiare fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte, la individuazione dell’ordine di esame delle questioni pregiudiziali è circoscritta al gruppo delle “questioni di competenza”, nell’ambito del quale si inseriscono le eccezioni di “difetto di giurisdizione”, proposte entrambe dalla Regione Calabria.
Ritiene il Collegio che il criterio ordinatore debba essere rinvenuto nell’art. 37 c.p.c. che, tanto in relazione alla eccezione della parte, quanto al rilievo officioso del difetto di giurisdizione, scandisce una sequenza di esame rispondente ad una progressiva riduzione dell’oggetto della verifica processuale evidenziata tra giurisdizione e competenza, per cui la individuazione del “tipo” di Giudice (Giudice di Pace, Tribunale, Corte d’appello), cui presiede il criterio della competenza, è preceduto da quello funzionale, di livello superiore, degli altri criteri individuatori della giurisdizione, in quanto provvede alla distribuzione della “potestas decidendi” tra magistrati appartenenti a diverso ordine giudiziario.
Se sussiste diversa giurisdizione rispetto al giudice adito, non può esservi luogo, quindi, ad alcuna verifica – che risulta pertanto del tutto superflua ed inutile – della distribuzione territoriale della – inesistente – competenza tra i giudici statali appartenenti al medesimo ordine giurisdizionale.
Pertanto, essendo state le eccezioni pregiudiziali di difetto di giurisdizione e per territorio entrambe sollevate dalla parte convenuta nella comparsa di costituzione e risposta ritualmente depositata, l’ordine secondo il quale intendeva che tali eccezioni fossero esaminate, il frazionamento della decisione su dette eccezioni disposto dal Tribunale Ordinario di Cosenza che ha inteso esaminare – ritenendo fondata – la sola eccezione di competenza territoriale, denegando espressamente l’accoglimento dell’altra questione pregiudiziale, che si pone come alternativa ed esclusiva rispetto alla competenza territoriale, non avendo la parte ricorrente, originaria attrice, riassunto il giudizio avanti al c.d. giudice “ad quem” (che non avrebbe in nessun caso potuto riesaminare la eccezione di difetto di giurisdizione), correttamente è stato sollevato regolamento seppure di competenza (e non più correttamente il regolamento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c.) che consente il rilievo officioso della giurisdizione.
Venendo al fondo della questione, nella specie l’attrice ha chiesto al giudice ordinario la condanna della Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno per non aver concluso nel termine previsto dalla legge n. 241 del 1990 il procedimento amministrativo ovvero il procedimento per la sua decadenza dal finanziamento pubblico.
La norma di riferimento in materia è l’art. 2 della legge n. 241 del 1990, che prevede, al comma 2, che “Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni”.
Assume altresì rilievo, nella controversia in esame, l’art. 2 bis della citata legge n. 241, introdotto con l’art. 7 della I. n. 69 del 2009, che, dimostrando una crescente sensibilità verso il c.d. danno da ritardo come fattispecie di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, prevede che “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.
Le citate norme si pongono come logici corollari dei principi costituzionali che presiedono allo svolgimento dell’attività amministrativa, in particolare l’art. 97 Cost., che impone alla P.A. di “organizzare” gli uffici pubblici secondo le disposizioni di legge e in modo da assicurare il “buon andamento” e l’imparzialità” dell’Amministrazione, e l’art. 111 Cost., che prevede come componente del “giusto processo” e, per quello che ci interessa, del giusto procedimento, il principio della ragionevole durata.
Svolta questa premessa, sembra condivisibile la conclusione del Procuratore Generale secondo cui, avendo la Pellegrino chiesto la condanna della Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno per non aver concluso il procedimento amministrativo nel termine di legge, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, lett. a), n. 1 cod. proc. amm., in quanto la controversia verte in materia di “risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo”.
Nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo può operarsi un confronto, per differenza, con le conclusioni cui sono giunte le Sezioni Unite di questa Suprema Corte nell’ordinanza n. 8236 del 2020, che, in una controversia nella quale il privato lamentava non solo la violazione dei termini procedimentali ma il comportamento ondivago tenuto dall’ente pubblico, ossia una condotta contraria ai canoni di correttezza e buona fede che devono presiedere alla fase procedimentale, con conseguente lesione dell’affidamento ingenerato nel privato in ordine all’esito favorevole del procedimento, hanno riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario.
Ebbene, l’affidamento incolpevole o secondo buona fede nella corretta condotta dell’ente pubblico, che diventa giuridicamente rilevante solo nel momento in cui tale affidamento viene deluso a danno del privato che ne è titolare e la cui cognizione è stata dalle recenti Sezioni Unite di Cassazione devoluta al giudice ordinario, è cosa ben diversa dall’affidamento legittimo che viene in discorso nel caso che ci occupa. Quest’ultimo vive nel rapporto amministrativo e presuppone l’esercizio di un potere pubblicistico, ragion per cui la tutela di detto affidamento è assicurata in via preventiva dal rispetto delle garanzie procedimentali normativamente previste, tra cui l’osservanza del termine di conclusione del procedimento.
Enza Pellegrino non contesta una lesione dell’affidamento incolpevole, essendole stato comunicato l’avvio del procedimento di decadenza dal finanziamento pubblico per aver avviato l’attività d’impresa prima ancora di essere stata ammessa al beneficio, bensì la lesione del legittimo affidamento alla ragionevole durata del procedimento e alla regolarità dell’azione amministrativa, con specifico riguardo al rispetto del termine di conclusione di esso.
Per le ragioni sopra illustrate va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, sub specie di giurisdizione esclusiva ex art. 133, lett. a), n. 1 cod. proc. amm..
Le spese di questa fase del giudizio vanno interamente compensate fra le parti per essere stata la questione di giurisdizione rilevata d’ufficio.
Il Collegio dà atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (comma inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228) – che non sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo ivi previsto.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo, dinanzi al quale rimette le parti;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.
Dà atto della insussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 25 marzo 2021, n. 8480, per SS.UU, 02 febbraio 2022, n. 3099, in tema di responsabilità della p.a.
SS.UU, 02 febbraio 2022, n. 3099, in tema di responsabilità della p.a.
Nota della Avv.ta Valentina Petruzziello
Sul danno da inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo
1. Il principio di diritto
La controversia avente ad oggetto la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno, per non aver concluso il procedimento amministrativo nel termine di legge, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, c. 1, lett. a), n. 1, c.p.a., in quanto la controversia verte in materia di risarcimento del danno ingiusto, cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo.
2. La questione di massima di particolare importanza
L’individuazione del giudice competente a decidere costituisce il presupposto essenziale per la risoluzione della questione relativa al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento di cui alla L. 241/1990.
Nel caso di specie, il privato ha lamentato che la Regione, nel corso del procedimento di accesso ad un finanziamento pubblico rivolto a sostenere il c.d. autoimpiego e/o l'autoimprenditorialità, avesse dapprima accolto la richiesta, includendolo nella graduatoria degli aventi diritto, e successivamente dichiarato la decadenza dal finanziamento, senza provvedere nei termini alla definizione del procedimento.
Il privato, pertanto, ha agito in giudizio per far valere il diritto al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del comportamento inerte della p.a..
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite operano un confronto con un precedente arresto (cfr., SS.UU., 28 aprile 2020, n. 8236), nel quale è stabilita la giurisdizione ordinaria qualora l’Amministrazione disconosca i doveri di correttezza e buona fede, di matrice civilistica, la cui violazione fonda la responsabilità da lesione dell’affidamento del privato, che prescinde da valutazioni di legittimità o illegittimità di un atto di esercizio del potere amministrativo.
Le riflessioni su cui poggia l’impianto motivazionale della decisione (dichiarativa, questa volta, della giurisdizione del giudice amministrativo), ruotano intorno al concetto di legittimo affidamento.
Quest'ultimo vive nel rapporto amministrativo e presuppone l'esercizio di un potere pubblicistico, ragion per cui la sua tutela è assicurata in via preventiva dal rispetto delle garanzie procedimentali normativamente previste, tra cui l'osservanza del termine di conclusione del procedimento stesso.
Nel caso di specie, il privato non contesta una lesione dell'affidamento incolpevole o secondo buona fede nella corretta condotta dell’ente pubblico in ordine all’esito (favorevole) del procedimento, bensì la lesione del legittimo affidamento alla ragionevole durata del procedimento ed alla regolarità dell'azione amministrativa.
In tal caso, viene in rilievo l'art. 2 bis della L. 241/1990, che, dimostrando una crescente sensibilità verso il c.d. danno da ritardo come fattispecie di responsabilità civile della p.a., obbliga la stessa e i soggetti di cui all'art. 1, c. 1 ter, al risarcimento del danno ingiusto conseguente all’inosservanza, dolosa o colposa, del termine di conclusione del procedimento.