Civile Ord. Sez. U Num. 1567 Anno 2023
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: MERCOLINO GUIDO
Data pubblicazione: 19/01/2023
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26383/2020 R.G. proposto da
COMUNE DI SEGRATE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Mauro Renna, con domicilio eletto in Roma, via L. Bellotti Bon, n. 10, presso lo studio dell’Avv. Francesco Vetrò;
– ricorrente –
contro
EUROPA 2000 SR.L., in persona del legale rappresentante p.t. Alessandro Cantoni, rappresentato e difeso dagli Avv. Tiziano Ugoccioni, Joseph F. Brigandì e Raffaella Turini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via G. Avezzana, n. 3;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1687/20, depositata il 7 luglio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 novembre 2022 dal Consigliere Guido Mercolino.
FATTI DI CAUSA
1. L’Europa 2000 S.r.l., proprietaria di un comparto immobiliare sito in Segrate (MI), convenne in giudizio il Comune di Segrate, per sentirlo condannare al risarcimento del danno cagionato dalla lesione dell’affidamento incolpevolmente riposto in ordine alla legittimità della delibera n. 11 del 14 febbraio 2012, con cui il Consiglio comunale aveva approvato il Piano di Governo del Territorio.
Premesso che nell’ambito del Piano i terreni di proprietà dell’attrice, già aventi destinazione agricola, erano stati inclusi nell’ambito di trasformazione denominato TR1, all’interno del quale era prevista la possibilità di realizzare un progetto di completamento del tessuto residenziale urbano già esistente, a condizione che l’interessato provvedesse entro sei mesi alla piantumazione preventiva dell’area, l’attrice riferì che, nonostante l’impugnazione da parte di terzi della delibera di approvazione, essa aveva presentato il progetto di preverdissement, a sua volta approvato dalla Giunta municipale, e la proposta di piano attuativo, per la quale era stata disposta la sottoposizione a valutazione d’impatto ambientale; precisato inoltre che l’impugnazione era stata accolta dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con sentenza del 27 febbraio 2015, n. 576/15, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza del 28 giugno 2016, n. 2921/16, aggiunse di aver proceduto nel frattempo all’esecuzione dell’intervento di preverdissement, previsto quale condizione necessaria ed inderogabile per l’adozione dei piani attuativi, poi divenuti irrealizzabili, a causa dell’annullamento dello strumento urbanistico.
Si costituì il Comune di Segrate, ed eccepì il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario e l’infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto.
1.1. Con sentenza del 7 novembre 2018, il Tribunale di Milano accolse la domanda, condannando il Comune al pagamento della somma di Euro 1.350.000,00, oltre interessi legali.
2. L’impugnazione proposta dal Comune è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Milano, che con sentenza del 7 luglio 2020 ha rigettato anche il gravame incidentale proposto dall’Europa 2000.
Premesso che l’affidamento costituisce una situazione autonoma, tutelata di per sé, e non già in collegamento con l’interesse pubblico, la Corte ha osservato che l’azione risarcitoria fondata sulla sua lesione ha come causa petendi un diritto soggettivo, autonomo e distinto dalla posizione giuridica violata, e spetta pertanto alla giurisdizione del Giudice ordinario. Pur rilevando che il danno lamentato dall’attrice derivava dall’annullamento di un provvedimento in materia urbanistica, ha escluso la riconducibilità della controversia alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, osservando che la stessa non aveva ad oggetto la legittimità del provvedimento annullato, ma il comportamento tenuto dal Comune e la sua idoneità a generare un affidamento in ordine alla legittimità del provvedimento.
Nel merito, precisato che la colpa dell’Amministrazione non è desumibile dalla mera illegittimità del provvedimento annullato, ha rilevato che l’errore commesso dal Comune riguardava l’interpretazione dell’art. 84 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, e consisteva nell’aver escluso dal computo della superficie urbanizzata quella destinata ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico d’interesse comunale o sovracomunale. Ha escluso che l’errore fosse dovuto all’oscurità della norma in questione, osservando che la stessa, ritenuta inequivocabile anche dalla sentenza di annullamento, non aveva costituito oggetto di precedenti giurisprudenziali, non avendo dato luogo a conflitti ermeneutici di particolare complessità. Ha ritenuto irrilevante che il medesimo errore fosse stato commesso dalla Provincia in sede di verificazione della compatibilità del PGT con il PTCP, osservando che le norme sul consumo di suolo non avevano portata vincolante per il PGT, con la conseguenza che il controllo di conformità era demandato ai Comuni, cui spettava la decisione definitiva nel caso in cui la Provincia avesse svolto osservazioni al riguardo. Ha aggiunto che, sebbene la Provincia avesse rilasciato una valutazione di compatibilità condizionata alla predetta verifica, il Comune aveva persistito nel suo errore interpretativo, reputando irrilevante anche l’asserito adeguamento all’indirizzo espresso dalla Provincia con delibera n. 332 del 2006, in quanto non dichiarato illegittimo dal Giudice amministrativo, che lo aveva qualificato come semplice atto d’indirizzo rivolto agli uffici, non avente carattere vincolante né per il Comune, né per la Provincia.
Quanto alla configurabilità di un affidamento incolpevole dell’attrice, la Corte ha dato atto della mancata contestazione da parte dell’Amministrazione del contenuto delle riunioni tecniche svoltesi tra i rappresentanti dell’Europa 2000 ed i funzionari comunali, nel corso delle quali questi ultimi avevano rassicurato i primi in ordine alla legittimità del loro operato e del PGT impugnato ed avevano escluso la necessità di procedere ad ulteriori verifiche o approfondimenti di carattere ambientale; ha aggiunto che con nota dell’11 luglio 2012 era stata ribadita l’importanza della piantumazione preventiva e confermata la volontà del Comune di procedere all’attuazione del PGT, sollecitandosi anche il deposito del progetto di preverdissement, mentre ha considerato ininfluente la circostanza che i funzionari non avessero un potere di pianificazione urbanistica, osservando che tale potere era stato all’epoca già esercitato, e ritenendo comunque operante il principio di immedesimazione organica, in considerazione dell’avvenuta sottoscrizione della predetta nota da parte del responsabile del procedimento e dell’assessore competente, nonché della redazione della stessa su carta intestata del Comune. Ha precisato al riguardo che la lesione di un affidamento tutelabile doveva ritenersi a maggior ragione sussistente in caso di accoglimento dell’orientamento giurisprudenziale che qualifica la relativa responsabilità come responsabilità da contatto sociale qualificato, per la cui insorgenza è sufficiente l’instaurazione di momenti relazionali socialmente o giuridicamente qualificati, dai quali derivano a carico delle parti reciproci obblighi di buona fede, protezione ed informazione. Ha ritenuto infine irrilevante la circostanza che il successo dell’operazione edilizia fosse condizionato all’esito positivo della valutazione d’impatto ambientale, osservando che il provvedimento con cui la Regione ne aveva richiesto l’espletamento era intervenuto quando ormai l’affidamento era già maturato, e ritenendo comunque inverosimile che la predetta procedura si concludesse con il rigetto totale del progetto di edificazione.
La Corte ha poi confermato l’ingiustizia del danno, ritenendo irrilevante, a tal fine, l’eventuale concorso dell’attrice nella produzione di danni a terzi, sia per la compatibilità della qualifica di danneggiato con quella di danneggiante, sia per il carattere meramente ipotetico dei danni prospettati dall’Amministrazione. Ha altresì confermato la configurabilità dell’affidamento come situazione giuridica tutelata dall’ordinamento, e quindi suscettibile di autonoma lesione, osservando che le conseguenze economiche negative dell’annullamento del PGT si atteggiavano come danni-conseguenza ricollegabili direttamente alla lesione dell’affidamento ingenerato dal comportamento del Comune. Ha escluso invece il concorso di colpa dell’attrice, ritenendo irrilevante sia la mancata impugnazione del Documento di Piano, nella parte in cui prevedeva il termine di sei mesi per la realizzazione dell’intervento di preverdissement, sia la mancata proposizione di un’istanza di sospensione della delibera impugnata: premesso infatti che il termine non aveva carattere perentorio, ha ritenuto che la contestazione dello stesso sarebbe risultata inammissibile per difetto d’interesse ad agire, mentre l’istanza di sospensione sarebbe risultata inutile, non potendo essere esaminata prima della scadenza del termine.
Ai fini della quantificazione del danno, la Corte ha ritenuto ininfluente l’intrinseca aleatorietà dell’operazione immobiliare, a fronte della condotta colpevolmente lesiva dell’affidamento tenuta dal Comune, escludendo inoltre la necessità di una valutazione equitativa, dal momento che i danni erano stati provati nel loro preciso ammontare, e l’attrice si era limitata a chiedere il risarcimento della perdita patrimoniale subìta in conseguenza delle inutili spese affrontate per la piantumazione. Ha ritenuto altresì irrilevante la condotta tenuta dal Comune successivamente all’annullamento del PGT, osservando che la variante apportata allo stesso non aveva condotto alla stipulazione di convenzioni urbanistiche, le quali avrebbero comportato soltanto in via eventuale il riconoscimento di benefici economici, mentre il riconoscimento di diritti edificatori avrebbe richiesto la cessione della proprietà da parte dell’attrice, la quale non aveva espresso la volontà di essere risarcita per mezzo di tale soluzione alternativa. Ha escluso anche la possibilità di scindere le spese sostenute per la realizzazione dell’intervento di preverdissement da quelle sostenute per la progettazione, anch’esse riconducibili alla lesione colposa dell’affidamento.
La Corte ha ritenuto infine infondate le censure sollevate dall’appellata in ordine al mancato riconoscimento del danno derivante dalle spese sostenute per la manutenzione del preverdissement e dall’indisponibilità della somma investita nell’intervento, osservando che le prime avrebbero potuto essere evitate se l’attrice avesse provveduto tempestivamente alla riduzione in pristino dei luoghi autorizzata dal Comune quasi contestualmente alla conclusione della c.t.u. espletata in primo grado, mentre la qualifica imprenditoriale dell’Europa 2000 avrebbe richiesto una prova puntuale della possibilità d’impiegare diversamente la somma investita, non vertendosi in un’ipotesi di mancata riscossione di crediti di denaro liquidi ed esigibili.
3. Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, illustrati anche con memoria. L’Europa 2000 ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione dell’art. 37 cod. proc. civ. e degli artt. 7, 30 e 133, comma primo, lett. f), cod. proc. amm., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini del riconoscimento della spettanza della controversia alla giurisdizione del Giudice ordinario, ha qualificato l’affidamento come una situazione giuri dica autonoma. Premesso infatti che l’affidamento costituisce soltanto un criterio di valutazione della condotta delle parti, riflettendo l’aspettativa che coloro con i quali si viene in contatto si comportino secondo le regole di correttezza e lealtà reciproca, sostiene che nei rapporti tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione esso inerisce necessariamente a una posizione soggettiva d’interesse legittimo, dal momento che la sua lesione è sempre riconducibile all’esercizio di un potere amministrativo. Aggiunge che, anche a voler qualificare la posizione dell’attrice come diritto soggettivo, la controversia doveva ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, dal momento che l’affidamento di cui era stata dedotta la lesione traeva origine dall’esercizio di un potere in materia urbanistica e edilizia.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1227, 2043 e 2055 cod. civ. e dell’art. 50 cod. pen., osservando che, nel ritenere sussistente l’elemento soggettivo dell’illecito, la sentenza impugnata ha erroneamente escluso l’oscurità della norma applicata, la cui efficacia territorialmente limitata giustificava l’assenza di precedenti giurisprudenziali, e la cui interpretazione da parte della Provincia coincideva con quella fatta propria dal provvedimento annullato. Afferma infatti che nell’atto d’indirizzo adottato con delibera n. 332 del 2006, la Giunta provinciale, cui era demandata la verifica della compatibilità del PGT con il PTCP, era incorsa nel medesimo errore interpretativo accertato dal Giudice amministrativo, la cui rilevazione da parte dell’Ente sovraordinato avrebbe indotto il Comune a non perseverare nella propria linea interpretativa. Aggiunge che in sede giurisdizionale la società attrice non aveva mai contestato l’art. 8 del Documento di Piano, ma solo la delibera di approvazione del progetto di preverdissement, pur essendo consapevole che tale operazione avrebbe potuto perdere qualsiasi utilità in caso di accoglimento del ricorso. Sostiene inoltre che, nel conferire rilievo alle assicurazioni fornite dai funzionari comunali in ordine alla legittimità della delibera impugnata e nel ritenere invece ininfluente la sottoposizione del progetto alla valutazione d’impatto ambientale, la Corte territoriale non ha considerato per un verso che la competenza in materia di piani attuativi spetta alla Giunta municipale, e per altro verso che l’attrice aveva perseverato nella realizzazione dell’intervento, nonostante la consapevolezza che la piantumazione sarebbe risultata inutile nel caso in cui la predetta valutazione avesse avuto esito negativo. Rileva infine che, nel riconoscere l’ingiustizia del danno, la sentenza impugnata non ha considerato che il progetto di preverdissement costituiva parte integrante dell’intervento di trasformazione urbanistica dichiarato illegittimo dal Giudice amministrativo, essendo stato realizzato per darvi attuazione.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini dell’esclusione del concorso di colpa dell’attrice, ha ritenuto irrilevante la mancata contestazione in sede giudiziale dell’art. 8 del Documento di Piano, che qualificava la piantumazione come condizione necessaria e inderogabile ai fini dell’approvazione dei piani attuativi. Ribadisce che, nonostante l’impugnazione della delibera di approvazione del PGT, l’Europa 2000 aveva scelto di procedere ugualmente alla realizzazione dell’intervento, nella consapevolezza che tale attività avrebbe potuto essere travolta dall’annullamento del Piano.
4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2056 cod. civ., del d.m. 31 ottobre 2013 e dell’art. 345 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto tardive le doglianze sollevate in ordine alla congruità delle spese sostenute dall’attrice, senza considerare che si trattava di mere difese. Aggiunge che, nel ritenere che tali voci fossero state già valutate dal c.t.u., la Corte territoriale non ha considerato che quest’ultimo non aveva in alcun modo preso in esame le spese di redazione del progetto.
5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., chiedendo, in caso di accoglimento del ricorso, la cassazione della statuizione riguardante le spese processuali.
6. Il primo motivo, con cui il Comune ripropone la questione concernente il difetto di giurisdizione del Giudice adito, è infondato.
Ai fini del rigetto dell’eccezione sollevata dall’Amministrazione comunale, la sentenza impugnata ha infatti richiamato una pronuncia di queste Sezioni Unite che, in tema di risarcimento del danno per lesione dell’affidamento riposto dal privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a causa di una condotta della Pubblica Amministrazione asseritamente difforme dai canoni di correttezza e buona fede, ha riconosciuto la spettanza della controversia alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria, in considerazione della sua attinenza ad una responsabilità di tipo contrattuale, inquadrabile nello schema della responsabilità relazionale o da «contatto sociale qualificato», inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., sia nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, cosicché il privato abbia riposto il proprio affidamento in un mero comportamento dell’amministrazione, sia nel caso in cui il danno derivi dalla emanazione e dal successivo annullamento di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato (cfr. Cass., Sez. Un., 28/04/ 2020, n. 8236; in termini analoghi, più recentemente, Cass., Sez. Un., 29/ 04/2022, n. 13595; 18/01/2022, n. 1391; 25/05/2021, n. 14324; 17/12/ 2020, n. 28979). Pur rilevando che la pretesa risarcitoria trae origine dallo annullamento di un provvedimento afferente alla materia urbanistica, la Corte d’appello ha infatti precisato che la controversia in esame non ha ad oggetto tale provvedimento, ma il comportamento tenuto dal Comune, ritenuto idoneo a generare nell’attrice un affidamento in ordine alla legittimità dell’azione amministrativa, la cui lesione, incidendo su un diritto soggettivo autonomo e distinto dalla posizione soggettiva violata dal provvedimento, consente di escludere la devoluzione della domanda alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
La pronuncia richiamata reca un’ampia disamina delle questioni sollevate dal ricorrente, le cui argomentazioni non aggiungono nulla di nuovo rispetto a quelle prese in considerazione nella relativa motivazione, alla quale risulta pertanto sufficiente riportarsi in questa sede.
In sintesi, queste Sezioni Unite sono pervenute al definitivo superamento del precedente orientamento giurisprudenziale, invocato dalla difesa del ricorrente, che attribuiva al Giudice amministrativo la cognizione dell’azione risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento riposto nella legittimità dell’atto amministrativo poi annullato, ravvisando nell’affidamento un mero riflesso dell’azione amministrativa illegittima, privo di incidenza ai fini della giurisdizione, e ciò in virtù del rilievo secondo cui ciò che viene in discussione in caso di annullamento dell’atto amministrativo è l’agire provvedimentale nel suo complesso, rispetto al quale non sono individuabili posizioni differenti da tutelare, realizzandosi quella situazione d’interferenza tra diritti ed interessi, tra momenti di diritto comune e di esplicazione del potere che si pongono a fondamento costituzionale delle aree conferite alla cognizione del Giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 25/05/2018, n. 13194; 29/05/ 2017, n. 13454; 21/04/2016, n. 8057). In contrario, è stato osservato che a) l’attribuzione al Giudice amministrativo del potere di condannare l’Amministrazione al risarcimento del danno conseguente al modo in cui essa ha esercitato il potere costituisce uno strumento ulteriore, complementare rispetto alla tradizionale tutela demolitoria e volto a rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione, che si traduce nella concentrazione innanzi al Giudice amministrativo sia della fase del controllo di legittimità dell’azione amministrativa che di quella del risarcimento del danno, ma non comporta l’individuazione di una nuova materia attribuita alla giurisdizione amministrativa, b) il fatto che l’interesse legittimo consista nella pretesa ad un provvedimento favorevole derivante dall’attività legittima dell’amministrazione non significa affatto che il danno lamentato dal privato che abbia ottenuto un determinato bene della vita mediante un provvedimento amministrativo illegittimo, successivamente annullato, sia stato causato da quest’ultimo, che, in quanto favorevole, non ha arrecato alcun danno al suo destinatario, c) il danno non scaturisce dalla mera illegittimità del provvedimento amministrativo, ma dalla lesione dell’affidamento riposto dal privato sulla legittimità dello stesso, cioè da una fattispecie complessa, che richiede il concorso, con tale illegittimità, anche di ulteriori circostanze, riflettenti la violazione delle regole di correttezza e buona fede cui deve uniformarsi il comportamento dell’Amministrazione, la cui attitudine a fondare la fiducia incolpevole dev’essere valutata caso per caso, d) la nozione di affidamento rilevante ai fini della responsabilità dell’Amministrazione non coincide con quella emergente dalla disciplina dettata dall’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, non postulando una ponderazione dell’interesse pubblico alla rimozione di un atto illegittimo con quelli privati del beneficiario di tale atto e degli eventuali controinteressati, ma configurandosi come una situazione autonoma, tutelata in sé e non nel suo collegamento con l’interesse pubblico, e cioè come affidamento incolpevole di natura civilistica, che si sostanzia nella fiducia, nella delusione della fiducia e nel danno subito a causa della condotta dettata dalla fiducia mal riposta. Tali conclusioni, in parte già raggiunte in riferimento alla disciplina vigente anteriormente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, sono state ritenute conformi anche a quella introdotta dagli artt. 7, comma primo, e 30, comma secondo, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, essendosi rilevato che e) nel caso in cui il comportamento della Pubblica Amministrazione abbia leso l’affidamento del privato, in quanto non conforme ai canoni di correttezza e buona fede, non sussiste alcun collegamento, nemmeno mediato, tra il comportamento dell’Amministrazione e l’esercizio del potere, dal momento che il comportamento dell’Amministrazione rilevante ai fini dell’affidamento del privato si pone su un piano diverso rispetto da quello della scansione degli atti procedimentali che conducono al provvedimento con cui viene esercitato il potere amministrativo, f) anche nelle materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la giurisdizione amministrativa su diritti presuppone che questi ultimi risultino coinvolti nella esplicazione della funzione pubblica, esercitata mediante provvedimenti o mediante accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento, g) perché sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, è necessario, anche nelle materie di giurisdizione esclusiva, che la causa petendi si radichi nelle modalità di esercizio del potere amministrativo, ciò che non accade quando la causa del danno di cui il privato chiede il risarcimento risieda non già nel cattivo esercizio del potere amministrativo, bensì in un comportamento la cui illiceità venga dedotta prescindendo dal modo in cui il potere è stato esercitato e venga prospettata come violazione di regole comportamentali di buona fede e correttezza alla cui osservanza è tenuto qualunque soggetto, sia esso pubblico o privato.
Alla stregua delle predette considerazioni, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in riferimento al caso in esame, la spettanza della controversia alla giurisdizione ordinaria non può essere esclusa in virtù della mera circostanza, fatta valere dall’Amministrazione, che il pregiudizio del quale la società attrice ha chiesto il ristoro sia ricollegabile, nella specie, ad un’attività di trasformazione urbana posta in essere in esecuzione di un progetto urbanistico approvato dalla Giunta municipale e successivamente annullato dal Giudice amministrativo: a sostegno della domanda, l’attrice non ha infatti allegato l’illegittimità dell’atto amministrativo, il cui annullamento si pone come un mero antecedente storico della pretesa da essa avanzata, né la riconducibilità del danno al provvedimento annullato, avente anzi portata ampliativa della sua sfera giuridica, bensì la scorrettezza della condotta asseritamente tenuta dall’Amministrazione comunale, la quale, nonostante l’impugnazione del provvedimento da parte di terzi, ha insistito per l’attuazione dell’intervento programmato e fornito assicurazioni in ordine alla legittimità dello stesso, escludendo la necessità di approfondimenti istruttori e suscitando in tal modo un affidamento incolpevole, la cui lesione costituisce quindi il vero fondamento della pretesa risarcitoria.
7. Sono parimenti infondati il secondo ed il terzo motivo, aventi ad oggetto l’elemento soggettivo dell’illecito, la configurabilità dell’affidamento incolpevole, l’ingiustizia del danno ed il nesso eziologico tra quest’ultimo e la condotta tenuta dall’Amministrazione.
Nell’accertamento della responsabilità del Comune per la lesione dell’affidamento generato nella società attrice in ordine alla legittimità del proprio operato, la sentenza impugnata si è infatti attenuta correttamente all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità dell’illecito, non è sufficiente la mera constatazione dell’illegittimità del provvedimento amministrativo, ma è necessario un quid pluris, rappresentato dalla delusione dell’aspettativa di coerenza e non contraddittorietà riposta dal privato nel comportamento dell’Amministrazione, e fondata sul rispetto dei doveri di correttezza e buona fede sulla stessa gravanti nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa, la cui inosservanza dà luogo, indipendentemente dall’annullamento dell’atto in autotutela o in sede giurisdizionale, ad una responsabilità che non è qualificabile né come extra-contrattuale né come contrattuale in senso proprio, configurandosi piuttosto, come si è detto in precedenza, come una responsabilità di tipo relazionale o da contatto sociale qualificato (cfr. Cass., Sez. Un., 28/04/2020, n. 8236, cit.; Cass., Sez. I, 13/12/2018, n. 32314; 21/11/2011, n. 24438).
La Corte d’appello non si è infatti limitata a dare atto dell’errore interpretativo commesso dall’Amministrazione comunale, che ha condotto all’annullamento della delibera di approvazione del PGT e del piano di attuazione, escludendo la riconducibilità dello stesso ad un’asserita oscurità delle Norme Tecniche di Attuazione del PTCP o la possibilità di attribuire rilievo all’analogo orientamento espresso dalla Provincia in sede di verifica della compatibilità del PGT. Essa ha preso in esame anche la condotta tenuta dai funzionari del Comune in occasione dei contatti intrattenuti con la società attrice, evidenziando le assicurazioni dagli stessi fornite in ordine alla validità degli atti compiuti ed alla volontà di darvi esecuzione senza ritardo, nonché la loro insistenza sull’importanza dell’opera di piantumazione preventiva e sulla necessità di procedervi al più presto, ed escludendo la possibilità d’individuare in tale atteggiamento iniziative estranee alle direttive impartite dall’Amministrazione. Ha inoltre verificato la concreta idoneità dei predetti comportamenti ad ingenerare nella controparte un affidamento incolpevole, escludendo in particolare la portata ostativa della sottoposizione del progetto alla valutazione d’impatto ambientale, in quanto disposta in epoca successiva alla maturazione dell’affidamento e ritenuta comunque verosimilmente inidonea a condurre alla cancellazione dell’intero intervento. Ha infine escluso la possibilità d’individuare un concorso di colpa della società attrice, in relazione all’omessa contestazione dell’art. 8 del Documento di Piano del PGT, rilevando che tale disposizione, nel fissare il termine di sei mesi per la realizzazione del preverdissement, non attribuiva allo stesso carattere perentorio, e non risultava pertanto lesiva dell’interesse dell’attrice, la quale non era dunque legittimata ad impugnarla.
Il predetto apprezzamento, configurabile come un giudizio di fatto, non soltanto nella parte riguardante la valutazione della condotta tenuta dalle parti e la sua incidenza nella produzione dell’evento dannoso, ma anche in quella concernente la scusabilità dell’errore interpretativo addebitato alla Amministrazione, non risulta validamente censurato dal Comune, il quale, oltre a far valere esclusivamente il vizio di violazione di legge, si limita sostanzialmente a riproporre le argomentazioni già addotte nel giudizio di appello, senza essere in grado di confutare le contrarie considerazioni svolte nella sentenza impugnata, né d’individuare carenze logiche o incongruenze del ragionamento seguito dalla Corte di merito: in tal modo, il ricorrente dimostra di voler sollecitare una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, nonché la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui le relative anomalie risultano ancora deducibili con il ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/ 2020, n. 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/ 2017, n. 19547).
8. E’ invece inammissibile, per difetto di specificità, il quarto motivo, riguardante l’ammissibilità delle censure sollevate dall’Amministrazione in ordine alla congruità delle spese sostenute dall’attrice.
E’ pur vero, infatti, che le contestazioni e i rilievi critici mossi dalle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 cod. proc. civ., costituiscono mere argomentazioni difensive, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano all’attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del giudice in relazione a tale mezzo istruttorio (cfr. Cass., Sez. Un., 21/02/2022, n. 5624; Cass., Sez. III, 21/08/2018, n. 20829; Cass., Sez. I, 26/07/2016, n. 15418). Nella specie, tuttavia, la sentenza impugnata non si è limitata ad affermare la tardività delle predette censure, in quanto sollevate per la prima volta in appello, a fronte della mancata proposizione di specifiche contestazioni nel corso del giudizio di primo grado, ma ha espressamente aggiunto che le voci alle quali le stesse si riferivano avevano già costituito oggetto di valutazione da parte del c.t.u., in tal modo lasciando chiaramente intendere di voler aderire alla valutazione da quest’ultimo compiuta. Tale duplice rilievo non può ritenersi validamente censurato dal ricorrente, il quale, nell’insistere sulla configurabilità delle proprie critiche come mere difese, nega che il c.t.u. avesse preso in esame le spese di progettazione dell’intervento, ma riconosce che le stesse erano state quantificate nel corso di un accertamento tecnico preventivo, astenendosi tuttavia dal riportare a corredo del motivo sia le valutazioni espresse in quella sede che le contestazioni formulate con l’atto di appello, con la conseguenza che risulta impossibile esprimere qualsiasi apprezzamento in ordine alla portata del motivo di gravame ed all’incidenza del vizio lamentato.
9. Il quinto motivo non contiene infine una vera e propria censura, risolvendosi in una mera richiesta di rinnovazione del regolamento delle spese processuali, per l’ipotesi di accoglimento del ricorso per cassazione, la cui accertata infondatezza conferma invece la correttezza della decisione adottata al riguardo dalla Corte di merito.
10. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma l’8/11/2022
Allegati:
SS.UU, 19 gennaio 2023, n. 1567, in tema di responsabilità della p.a.
Nota del Dott. Vito D’Alessio
Giurisdizione e danno da lesione dell’affidamento sulla legittimità di un provvedimento amministrativo
1. Il principio di diritto
In tema di risarcimento del danno da lesione dell’affidamento riposto dal privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a causa di una condotta della p.a. asseritamente difforme dai canoni di correttezza e buona fede, la controversia spetta alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria, in considerazione della sua attinenza ad una responsabilità di tipo contrattuale, inquadrabile nello schema della responsabilità relazionale o da “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c., e ciò sia nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, cosicché il privato abbia riposto il proprio affidamento in un mero comportamento dell’amministrazione, sia nel caso in cui il danno derivi dalla emanazione e dal successivo annullamento di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato.
2. La fattispecie
Una società conveniva in giudizio l’Amministrazione comunale, avanzando domanda di condanna al risarcimento del danno cagionato dalla lesione dell’affidamento incolpevolmente riposto sulla legittimità della delibera con cui il Comune aveva approvato il Piano di Governo del Territorio.
La ricorrente, proprietaria di terreni aventi destinazione agricola, aveva presentato il progetto di preverdissement, portandolo ad esecuzione quale condizione necessaria ed inderogabile per l’adozione dei piani attuativi; al contempo, la delibera di approvazione del PGT veniva impugnata da terzi e annullata con sentenza del TAR Lombardia, poi confermata dal Consiglio di Stato, dal che l’annullamento del provvedimento urbanistico.
Si costituiva il Comune che, eccependo il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, domandava l’accertamento della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, rientrando la controversia nella materia di edilizia e urbanistica.
Le Sezioni Unite affrontano la questione della tutelabilità dell’affidamento, quale situazione giuridica autonoma e quindi suscettibile di distinta lesione, che, nella specie, discende dalla scorrettezza della condotta asseritamente tenuta dall’Amministrazione comunale (e non dall'annullamento del provvedimento amministrativo).
La p.a., nonostante l’impugnazione del provvedimento da parte di terzi, ha insistito per l’attuazione dell’intervento programmato, fornendo rassicurazioni in ordine alla sua legittimità, escludendo quindi la necessità di approfondimenti istruttori e suscitando in tal modo un affidamento incolpevole, la cui lesione costituisce il fondamento della pretesa risarcitoria.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite tornano a pronunciarsi sul tema e, confermando l’orientamento giurisprudenziale consolidato (si vedano SS.UU, 28 aprile 2020, n. 8236, in GiurisprudenzaSuperiore.it, Decise, con nota a cura dell’Avv. Maurizio Fusco; SS.UU, 25 maggio 2021, n. 14324, in GiurisprudenzaSuperiore.it, Decise, con nota a cura dell’Avv. Maurizio Fusco), ricordano che il danno non deriva dall’illegittimità del provvedimento amministrativo (che costituisce un mero antecedente storico), ma dalla lesione dell’affidamento riposto dal privato sulla legittimità dell’atto stesso, cioè da una fattispecie complessa, che richiede il concorso anche di ulteriori circostanze, riflettenti la violazione delle regole di correttezza e buona fede cui deve uniformarsi (anche) il comportamento dell’Amministrazione.
Aggiunge la Cassazione, non vi è alcun collegamento tra la condotta pubblica, lesiva dell’affidamento, e l’esercizio del potere amministrativo, in quanto la prima si pone su un piano diverso rispetto a quello degli atti procedimentali che conducono all’emanazione del provvedimento.
A nulla rileva che la controversia verta in materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, in quanto a tal fine è necessario che i diritti soggettivi siano coinvolti nell’esercizio del potere amministrativo e che la causa petendi della domanda si radichi nelle modalità di esplicazione del potere stesso.
Tale requisito è del tutto assente quando il fondamento del danno denunciato dal privato sia da ravvisarsi in un comportamento amministrativo che prescinde dal modo in cui il potere è stato esercitato.
Viene nuovamente smentita la ricostruzione secondo la quale l’affidamento costituisce un mero riflesso dell’azione amministrativa illegittima, privo di autonomia e di risvolti in punto di giurisdizione.