Civile Ord. Sez. U Num. 2175 Anno 2023
Data pubblicazione: 24/01/2023
ORDINANZA
sul ricorso 2936-2022 proposto da:
______________, _____________, _______________, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato ______________, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato _________________;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI MALCESINE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ________________;
ITAS MUTUA – ISTITUTO TRENTINO ALTO ADIGE PER ASSICURAZIONI – Società mutua, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ____________________;
– controricorrenti –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 11423/2017 del TRIBUNALE di VERONA.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2022 dal Consigliere _________________;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ___________________, il quale conclude chiedendo che la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, voglia dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario e, conseguentemente, che il Tribunale di Verona è giudice competente alla trattazione della controversia.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Nel 2009 il Comune di Malcesine rilasciò ai signori ________________, _____________ e _______________, odierni ricorrenti, quattro permessi di costruire (gli ultimi tre costituenti varianti successive del primo) aventi ad oggetto la demolizione e ricostruzione, con diversa sagoma e maggior volumetria, di un preesistente fabbricato di loro proprietà.
2. I suddetti permessi di costruire vennero annullati dal medesimo Comune, in autotutela, con provvedimento del 20 ottobre 2015, con il quale venne contestualmente disposta la demolizione delle opere frattanto realizzate.
3. Il provvedimento emesso in autotutela venne impugnato dal procuratore speciale degli odierni ricorrenti, ___________, davanti al giudice amministrativo; il TAR Veneto dichiarò inammissibile il ricorso per carenza di legittimazione attiva di _____________; la sentenza del TAR fu confermata in appello dal Consiglio di Stato, la cui sentenza è passata in giudicato a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione che contro la stessa era stato proposto per motivi attinenti alla giurisdizione.
4. Divenuto inoppugnabile l’annullamento in autotutela dei permessi di costruire, _______________, ___________ e ______________ convennero davanti al Tribunale di Verona il Comune di Malcesine per sentirlo condannare al risarcimento del danno causato dalla lesione del loro affidamento nella legittimità dei permessi di costruire loro rilasciati e successivamente riconosciuti illegittimi e, pertanto, annullati in autotutela; danni indicati nelle spese sopportate per demolire il fabbricato preesistente e per costruire quello oggetto dei permessi di costruire annullati, nonché nelle spese da sopportare per demolire quest’ultimo fabbricato e ricostruire quello originario.
5. Costituendosi davanti al Tribunale di Verona, il Comune di Malcesine ha chiamato in causa il proprio assicuratore, ITAS Mutua, e ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sostenendo l’appartenenza della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lettera f), c.p.a..
6. I ricorrenti hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione, evocando i principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte regolatrice con le ordinanze nn. 6594 e 6595 del 2011.
7. Il Comune di Malcesine e ITAS Mutua hanno depositato controricorso, entrambi chiedendo affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo.
8. La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 12 luglio 2022, in prossimità della quale hanno depositato memoria i ricorrenti e il Comune di Malcesine.
9. La controversia in esame – avente ad oggetto, come accennato nel precedente paragrafo 4 – la domanda di risarcimento dei danni asseritamente causati dall’esecuzione di opere realizzate in base a permessi di costruire annullati in autotutela dal Comune che li aveva rilasciati – è perfettamente sovrapponibile a quella decisa da queste Sezioni Unite con la ordinanza SSUU n. 6594 del 23 marzo 2011, con la quale si affermò la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie aventi ad oggetto il risarcimento dei danni lamentati per la lesione dell’affidamento riposto nella legittimità di una concessione edilizia poi annullata in autotutela.
10. Come è noto, l’ordinanza n. 6594 del 23 marzo 2011 fu decisa da queste Sezioni Unite nella stessa udienza, del 12 ottobre 2010, in cui furono decise anche le ordinanze nn. 6595 e 6596, anch’esse depositate il 23 marzo 2011, con le quali si affermò la giurisdizione del giudice ordinario anche sulle controversie aventi ad oggetto, rispettivamente, il risarcimento dei danni lamentati per la lesione dell’affidamento riposto nella legittimità di una concessione edilizia poi annullata dal giudice amministrativo (ord. n. 6595/11) ed il risarcimento dei danni lamentati dall’aggiudicatario di una gara per la lesione dell’affidamento riposto nella legittimità del provvedimento di aggiudicazione poi annullato dal giudice amministrativo (ord. n. 6596/11).
11. Alla base delle suddette tre pronunce vi era, in sostanza, la considerazione che i privati che avevano instaurato i giudizi in cui le medesime erano state emesse non mettevano in discussione l’illegittimità degli atti amministrativi, ampliativi della loro sfera giuridica, annullati in via di autotutela o ope judicis, ma lamentavano la lesione del loro affidamento sulla legittimità degli atti annullati e chiedevano il risarcimento dei danni da loro subiti per aver orientato le proprie scelte negoziali o imprenditoriali confidando, fino all’annullamento di tali atti, nella relativa legittimità.
12. I principi espressi nelle tre menzionate ordinanze del 23 marzo 2011 hanno trovato ampio seguito – con qualche minoritario dissenso (ord. n. 8057/2016, sent. n. 13454/2017) – nella giurisprudenza del secondo decennio del secolo delle Sezioni Unite di questa Corte; si vedano le pronunce nn. 17586/2015, 12799/2017, 15640/2017, 19171/2017, 1654/2018, 4996/2018, 22435/2018, 32365/2018, 4889/2019, 6885/2019 e 12635/2019, nelle quali ricorre l’affermazione che la controversia relativa ai danni subiti dal privato che abbia fatto incolpevole affidamento su di un provvedimento amministrativo ampliativo della propria sfera giuridica, legittimamente annullato, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario perché ha ad oggetto la lesione non già di un interesse legittimo pretensivo, bensì di un diritto soggettivo.
13. Il tema ha formato oggetto di una esplicita rimeditazione nella ordinanza di questa Corte n. 8236/2020. Tale ordinanza concerne una questione parzialmente diversa da quella trattata nelle ordinanze del 2011, ossia quella dell’affidamento ingenerato non da un provvedimento ampliativo della sfera del privato, ma dal comportamento tenuto dall’amministrazione nella conduzione del procedimento amministrativo conclusosi senza l’emanazione del richiesto provvedimento ampliativo. Nelle premesse argomentative dell’ordinanza n. 8236/2020, tuttavia, le Sezioni Unite hanno ritenuto «necessario tornare sulle ragioni che stanno alla base dell’orientamento inaugurato dalle ordinanze nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011» (§ 22).
14. Nell’ordinanza n. 8236/2020, in particolare, si sottolinea che «Il rilievo, pur di per sé certamente condivisibile, che l’interesse legittimo consiste nella pretesa ad un provvedimento favorevole che derivi dall’attività legittima dell’amministrazione non significa, tuttavia, che il danno lamentato dal privato che abbia ottenuto un determinato bene della vita mediante un provvedimento amministrativo illegittimo, successivamente annullato, sia stato causato dall’atto favorevole illegittimo; quest’ultimo, in quanto favorevole, non ha prodotto alcun danno al suo destinatario, ancorché illegittimo. La fattispecie causativa del danno non consiste, pertanto, nella lesione dell’interesse legittimo del destinatario del provvedimento, bensì nella lesione dell’affidamento che costui ha riposto nella legittimità del provvedimento che gli ha attribuito il bene della vita» (§ 26).
15. Ancora, nell’ordinanza n. 8236/2020 si argomenta che: «Non appare dunque persuasivo l’argomento, sostenuto da una parte della dottrina, che – poiché il provvedimento favorevole giustamente annullato è comunque espressione del potere pubblico – la lesione che esso arreca dovrebbe essere ricondotta, almeno nelle materie di giurisdizione esclusiva, alla cognizione del giudice amministrativo; tale argomento, infatti, trascura la considerazione … che la lesione di cui si discute non è causata dal provvedimento favorevole (illegittimo – e, perciò, giustamente annullato – ma non dannoso per il suo destinatario), bensì dalla fattispecie complessa costituita dall’emanazione dell’atto favorevole illegittimo, dall’incolpevole affidamento del beneficiario nella sua legittimità e dal successivo (legittimo) annullamento dell’atto stesso. La lesione, cioè, discende non dalla violazione delle regole di diritto pubblico che disciplinano l’esercizio del potere amministrativo che si estrinseca nel provvedimento, bensì dalla violazione delle regole di correttezza e buona fede, di diritto privato, cui si deve uniformare il comportamento dell’amministrazione; regole la cui violazione non dà vita ad invalidità provvedimentale, ma a responsabilità» (§ 26.1).
16. Infine, nell’ordinanza n. 8236/2020 si illustrano le ragioni che hanno indotto la Corte a ritenere che i principi fissati nelle tre ordinanze nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011, rese con riferimento alla disciplina dettata dal d.lgs, n. 80 del 1998, non avessero perso attualità a causa dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. n. 104 del 2010.
17. In particolare, quanto al disposto dell’articolo 7, primo comma, c.p.a., nell’ordinanza n. 8236/2020 si evidenzia come tale disposizione postuli che sia comunque in questione «l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo» o comportamenti «riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere». Nel caso in cui – secondo la prospettazione dell’attore – «il comportamento della pubblica amministrazione abbia leso l’affidamento del privato, perché non conforme ai canoni di correttezza e buona fede, non sussiste alcun collegamento, nemmeno mediato, tra il comportamento dell’amministrazione e l’esercizio del potere. Il comportamento dell’amministrazione rilevante ai fini dell’affidamento del privato, infatti, si pone – e va valutato – su un piano diverso rispetto a quello della scansione degli atti procedimentali che conducono al provvedimento con cui viene esercitato il potere amministrativo. Detto comportamento si colloca in una dimensione relazionale complessiva tra l’amministrazione ed il privato, nel cui ambito un atto provvedimentale di esercizio del potere amministrativo potrebbe mancare del tutto … o, addirittura, essere legittimo» (§ 27.1).
18. Quanto al disposto dell’articolo 30, secondo comma, c.p.a., nell’ordinanza n. 8236/2020 si sottolinea che «anche nelle materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la giurisdizione amministrativa su diritti presuppone che questi ultimi risultino coinvolti nell’esplicazione della funzione pubblica, esercitata mediante provvedimenti o mediante accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento» e si evidenzia che, perché sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, in definitiva, «è necessario, anche nelle materie di giurisdizione esclusiva, che la controversia inerisca ad una situazione di potere dell’amministrazione. È necessario, cioè, che la causa petendi si radichi nelle modalità di esercizio del potere amministrativo. Ciò non accade quando la causa del danno di cui il privato chiede il risarcimento risieda non nel cattivo esercizio del potere amministrativo, bensì … in un comportamento (nel cui ambito l’atto di esercizio del potere amministrativo – provvedimentale o adottato secondo moduli convenzionali – rileva come mero fatto storico) la cui illiceità venga dedotta prescindendo dal modo in cui il potere è stato (o non è stato) esercitato e venga prospettata come violazione di regole comportamentali di buona fede e correttezza alla cui osservanza è tenuto qualunque soggetto, sia esso pubblico o privato» (§ 27.2).
19. La giurisprudenza di queste Sezioni Unite successiva all’ordinanza n. 8236/2020 ha ulteriormente dato seguito alle ordinanze del 23 marzo 2011; in conformità ai principi ivi fissati, infatti, si sono espresse le pronunce nn. 28979/2020, 12428/2021, 14231/2021, 14324/2021, 21768/2021 (a contrariis) e 13595 del 2022.
20. L’orientamento fin qui tratteggiato è stato criticato da parte della dottrina sul rilievo che, quando la lesione consegua al cattivo esercizio di un’attività provvedimentale, cioè al cattivo esercizio dei poteri attribuiti dalla legge all’amministrazione per curare gli interessi cui la stessa è preposta, risulterebbe artificioso distinguere tra responsabilità da comportamento e responsabilità da provvedimento. Si è cioè sostenuto che la lesione dell’affidamento causata da una attività provvedimentale estrinsecatasi in un provvedimento amministrativo poi caducato perché illegittimo sarebbe pur sempre una lesione causata dal cattivo esercizio del potere amministrativo; cosicché la situazione soggettiva lesa da tale cattivo esercizio non potrebbe che essere quella stessa situazione che fronteggia il potere, vale a dire l’interesse legittimo. Si è altresì sostenuto che l’orientamento espresso da queste Sezioni Unite nelle ordinanze del 2011 e nella giurisprudenza che alle stesse ha dato seguito incorrerebbe in un salto logico, perché scinderebbe il comportamento dell’amministrazione dal potere dalla stessa esercitato e, in definitiva, introdurrebbe un criterio di riparto della giurisdizione, fondato sulla natura delle regole violate – di correttezza o di legittimità – incompatibile con l’art. 103 Cost. e con il principio di concentrazione delle tutele.
21. Le riflessioni dottrinarie sopra sintetizzate hanno trovato ampia eco nella sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 29 novembre 2021, che, in esplicito dissenso con l’ orientamento di questa Corte sopra richiamato, ha affermato che compete al giudice amministrativo la giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni subiti per avere confidato in buona fede nella legittimità di un permesso di costruire poi annullato in sede giurisdizionale, affermando il seguente principio di diritto: «E’ devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione sulle controversie in cui si faccia questione di danni da lesione dell’affidamento sul provvedimento favorevole, posto che in base al richiamato art. 7, comma 1, cod. proc. amm. la giurisdizione generale amministrativa di legittimità include i “comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”; ed inoltre che “nelle particolari materie indicate dalla legge” di giurisdizione esclusiva – quale quella sugli “atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia” di cui all’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm. oggetto del presente giudizio – essa si manifesta “attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela”, anche dei diritti soggettivi, oltre che dell’affidamento sulla legittimità dei provvedimenti emessi dall’amministrazione».
22. Lo sviluppo argomentativo della motivazione (“DIRITTO”) della suddetta sentenza n. 20/2021 – per la parte, che qui interessa, relativa al riparto di giurisdizione – può essere sunteggiato come segue:
22.1. si nega che l’affidamento abbia consistenza di autonomo diritto soggettivo e si afferma che «esso non è infatti una posizione giudica soggettiva autonoma distinta dalle due, sole considerate dalla Costituzione, ma ad esse può alternativamente riferirsi» (§ 5);
22.2. si afferma che, quando l’affidamento abbia ad oggetto la stabilità del rapporto amministrativo, costituito sulla base di un atto di esercizio di un potere pubblico, la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo «perché la “fiducia” su cui riposava la relazione giuridica tra amministrazione e privato, asseritamente lesa, si riferisce non già ad un comportamento privato o materiale – a un “mero comportamento” – ma al potere pubblico, nell’esercizio del quale l’amministrazione è tenuta ad osservare le regole speciali che connotano il suo agire autoritativo e al quale si contrappongono situazioni soggettive del privato aventi la consistenza di interesse legittimo.» (§ 7);
22.3. si sottolinea che «anche quando il comportamento non si sia manifestato in atti amministrativi, nondimeno l’operato dell’amministrazione costituisce comunque espressione dei poteri ad essa attribuiti per il perseguimento delle finalità di carattere pubblico devolute alla sua cura.» (§ 8, in principio);
22.4. si puntualizza che la giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni causati da un provvedimento amministrativo compete al giudice amministrativo «sia che si verta dell’interesse del soggetto leso dal provvedimento amministrativo, e come tale titolato a domandare il risarcimento del danno alternativamente o (come più spesso accade) cumulativamente all’annullamento del provvedimento lesivo, sia che si abbia riguardo all’interesse del soggetto invece beneficiato dal medesimo provvedimento. Anche quest’ultimo, infatti, vanta nei confronti dell’amministrazione un legittimo interesse alla sua conservazione, non solo rispetto all’azione giurisdizionale del ricorrente, ma anche rispetto al potere di autotutela dell’amministrazione stessa.» (§ 8, in fine);
22.5. si giudica scorretto, infine, «interporre nel rapporto amministrativo costituito dal provvedimento un diritto soggettivo, avente ad oggetto l’affidamento alla stabilità del provvedimento medesimo … . Attraverso la stabilità del provvedimento e del rapporto con esso costituito il privato beneficiario conserva l’utilità attribuitagli, che nella misura in cui è correlata ad un pubblico potere è e rimane oggetto di un interesse legittimo (da pretensivo o oppositivo, secondo la terminologia invalsa al riguardo).» (§ 9, in principio);
23. In esito al percorso argomentativo sopra riportato, la sentenza 20/2021 conclude che «non sembra possa sostenersi, in assenza di base testuale, che l’ambito di applicazione dell’art. 7, comma 1, cod. proc. amm. sia circoscritto al solo risarcimento del danno da provvedimento sfavorevole, azionabile dal ricorrente con l’azione di annullamento, mentre nella situazione assolutamente simmetrica alla precedente e del pari inserita nella vicenda relazionale governata dal diritto amministrativo, sussisterebbe la giurisdizione ordinaria per i danni conseguenti all’annullamento del provvedimento favorevole, “degradato” a mero fatto» (§ 9, in fine).
24. A conferma del proprio orientamento il Consiglio di Stato evoca altresì la disposizione di cui all’art. 12, comma 1, lettera 0a), della legge 11 settembre 2020, n. 120, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, che ha introdotto nell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il comma 2-bis, che recita: «I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”. Tale disposizione, secondo l’Adunanza Plenaria, non consentirebbe di circoscrivere la rilevanza dei doveri in esame al diritto comune; al contrario, «la mancata osservanza del dovere di correttezza da parte dell’amministrazione in violazione del principio di affidamento può determinare una lesione della situazione soggettiva del privato che afferisce pur sempre all’esercizio del potere pubblico, si manifesti esso con un provvedimento tipico o con un comportamento pur sempre tenuto nell’esercizio di quel potere, e la cui natura quindi resta “qualificata” dall’inerenza al pubblico potere. Si tratta, quindi, di aspettative correlate ad “interessi legittimi (…) concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo” ai sensi dell’art. 7, comma 1, cod. proc. amm. sopra citato, la cui lesione rimane devoluta al giudice amministrativo» (§ 11).
25. La ricca trama argomentativa tessuta nella sentenza n. 20/2021 sollecita queste Sezioni Unite ad un supplemento di riflessione che, tuttavia, non induce a mutare l’orientamento fissato nelle menzionate ordinanze del 2011.
26. Va peraltro precisato, in via preliminare, che, in aderenza all’oggetto del presente regolamento preventivo di giurisdizione, le considerazioni che seguono saranno centrate sull’ipotesi della lesione dell’affidamento riposto dal privato nella legittimità di un provvedimento ampliativo della sua sfera giuridica, prima emesso e poi annullato – in autotutela o ope judicis – perché riconosciuto illegittimo. Resterà quindi fuori dal perimetro argomentativo della presente ordinanza il diverso tema – a cui si riferisce il rilevo sopra sintetizzato nel paragrafo 22.3 e che ha formato oggetto della citata ordinanza di questa Corte n. 8236/20 – della lesione dell’affidamento generato da un comportamento procedimentale dell’amministrazione non estrinsecatosi in alcun provvedimento.
27. Il nucleo centrale della posizione espressa dal Consiglio di Stato, con il conforto di ampia parte della dottrina amministrativistica, è quello tratteggiato nei precedenti paragrafi 22.4 e 22.5, ossia l’assunto che il titolare di un interesse legittimo al rilascio di un provvedimento ampliativo della sua sfera giuridica vedrebbe il proprio interesse legittimo ugualmente leso tanto nel caso in cui il bene della vita da lui richiesto sia stato illegittimamente negato, quanto nel caso in cui il bene della vita da lui richiesto sia stato illegittimamente concesso. In entrambe le ipotesi, infatti, l’illegittimità dell’azione dell’amministrazione determinerebbe la lesione dell’interesse legittimo del privato, differenziandosi i due casi solo sul piano del meccanismo causale generativo del danno. Nel primo caso il danno deriverebbe dalla mancata concessione del bene della vita; nel secondo, per contro, il danno deriverebbe dall’inutile svolgimento di un’attività effettuata sul fallace presupposto della legittimità dell’attribuzione del bene della vita; ma anche in questo secondo caso la situazione soggettiva lesa sarebbe comunque l’interesse legittimo.
28. Questo ragionamento, tuttavia, sembra trascurare il rilievo – evidenziato da queste Sezioni Unite già nella ordinanza n. 17586/2015 e poi ribadito nella ordinanza n. 8236/2020 (si vedano gli stralci di quest’ultima riportati nei paragrafi 14 e 15 che precedono) – che il provvedimento ampliativo, ancorché illegittimo, non produce ex se alcun danno al suo destinatario/beneficiario. In relazione agli interessi legittimi pretensivi, infatti, l’interesse del privato all’ampliamento della propria sfera giuridica è soddisfatto quando l’amministrazione, all’esito del procedimento, emani il provvedimento che produce l’effetto positivo, senza che rilevi, dal punto di vista del medesimo privato, se tale emanazione sia legittima o illegittima; al privato – come in dottrina non si è mancato di sottolineare – interessa soltanto poter vedere ampliata la propria sfera giuridica, cioè acquisire un bene della vita. Il danno patito dal beneficiario del provvedimento illegittimo, pertanto, deriva non dal provvedimento ma dalla caducazione del medesimo. La causa del danno, in altri termini, non è il provvedimento illegittimo (come accade quando il bene della vita sia stato illegittimamente negato) bensì il fatto storico della emissione di un provvedimento (di per sé stesso non dannoso per il destinatario) che, successivamente, è stato caducato perché illegittimo (detto diversamente: la “fattispecie complessa” evocata nello stralcio dell’ordinanza n. 8236/2020 trascritto nel paragrafo 15 che precede). Non si tratta, pare al Collegio, di degradare il provvedimento a mero fatto, bensì di individuare, ai fini dell’identificazione della situazione soggettiva lesa, il fatto dannoso, che è diverso a seconda che il provvedimento illegittimo abbia negato o abbia attribuito il bene della vita ambito dal privato.
29. Né sembra risolutiva la considerazione, pure avanzata in dottrina, che l’interesse legittimo pretensivo del privato avrebbe ad oggetto non soltanto la emissione ma anche la conservazione di un provvedimento al medesimo favorevole; cosicché l’annullamento di quest’ultimo lederebbe proprio il suddetto interesse legittimo pretensivo.
30. Tale ultima considerazione – che riecheggia anche nel riferimento della sentenza n. 20/2021 al «legittimo interesse alla sua (del provvedimento, n.d.r.) conservazione, non solo rispetto all’azione giurisdizionale del ricorrente, ma anche rispetto al potere di autotutela dell’amministrazione stessa» (si veda lo stralcio nel paragrafo 8 di tale sentenza, trascritto nel precedente paragrafo 22.4) – sembra non considerare che l’azione risarcitoria per la lesione dell’affidamento (mal) riposto nella legittimità di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del suo destinatario costituisce un posterius – sia cronologico che logico – rispetto all’accertamento della illegittimità di tale provvedimento implicato nella relativa caducazione, ope judicis o in autotutela.
31. Chi agisce, in sostanza, non mette in discussione l’illegittimità del provvedimento a sé favorevole, né deduce di essere titolare di un interesse legittimo al mantenimento del bene della vita acquisito con tale provvedimento (e perduto con la relativa caducazione). Egli non si duole, cioè, della lesione di una situazione soggettiva di interesse legittimo alla conservazione del bene della vita concessogli con il provvedimento illegittimo (e, perciò, successivamente caducato), ma si duole del fatto che l’amministrazione lo ha indotto, con l’emissione di un provvedimento illegittimo, a sostenere spese e a compiere attività che la successiva caducazione del medesimo provvedimento ha reso inutili.
32. Alla luce della considerazione svolta nel paragrafo che precede, il Collegio ritiene, dunque, di dover mantenere fermo il principio che la situazione giuridica la cui lesione costituisce la causa delle pretesa del privato di vedersi risarciti i danni causati dall’annullamento di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica non è l’interesse legittimo alla conservazione del bene della vita acquisito con tale provvedimento, bensì l’affidamento (incolpevole) dal medesimo riposto nella legittimità di tale provvedimento.
33. Nella sentenza n. 20/2021, peraltro, l’Adunanza plenaria svolge – come sopra accennato nel precedente paragrafo 22.1. – una specifica disamina della natura giuridica dell’affidamento e, sulla scorta di tale disamina, afferma che, «quando l’affidamento abbia ad oggetto la stabilità del rapporto amministrativo, costituito sulla base di un atto di esercizio di un potere pubblico, e a fortiori quando questo atto afferisca ad una materia di giurisdizione esclusiva», la giurisdizione sarebbe devoluta al giudice amministrativo perché «la “fiducia” su cui riposava la relazione giuridica tra amministrazione e privato, asseritamente lesa, si riferisce non già ad un comportamento privato o materiale – a un “mero comportamento” – ma al potere pubblico, nell’esercizio del quale l’amministrazione è tenuta ad osservare le regole speciali che connotano il suo agire autoritativo e al quale si contrappongono situazioni soggettive del privato aventi la consistenza di interesse legittimo».
34. Al riguardo questo Collegio osserva che il fatto che nell’esercizio del proprio potere pubblico l’amministrazione sia tenuta ad osservare le regole speciali che connotano il suo agire autoritativo – ed al quale si contrappongono situazioni soggettive del privato aventi la consistenza di interesse legittimo – non esclude che essa sia tenuta ad osservare anche le regole generali di correttezza e buona fede. La tecnica di protezione giuridica dell’interesse all’altrui correttezza e buona fede, d’altra parte, è quella del diritto soggettivo. Del resto, che nell’ambito dell’attività autoritativa dell’amministrazione la situazione attiva a cui corrisponde, dal lato passivo, l’obbligo di correttezza abbia consistenza di diritto soggettivo sembra riconosciuto pure dalla sentenza n. 5 del 2018 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Tale sentenza, pur essendo centrata sull’attività negoziale della pubblica amministrazione, fa espresso riferimento al «diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali» quale situazione soggettiva lesa dalla violazione delle regole di correttezza anche nell’ambito dell’attività autoritativa; vedi § 32: «La giurisprudenza, sia civile che amministrativa, ha, infatti, in più occasioni affermato che anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza (cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2013, n. 633; Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142; Cons. Stato, ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6; Cass. civ., sez. un. 12 maggio 2008, n. 11656; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015, n. 9636; Cass. civ., sez. I, 3 luglio 2014, n. 15250)».
35. Né a diversa conclusione sembra orientare il novum recato dalla legge n. 120/2020, con l’introduzione del comma 2-bis dell’articolo 1 della legge n. 241/1990. Come queste Sezioni Unite hanno già evidenziato nella sentenza n. 12428/2021, «il procedimento amministrativo costituisce un’interlocuzione fra l’Amministrazione ed il privato retta da norme per l’esercizio della funzione amministrativa. Rispetto a tale agere che si dispiega mediante atti formali e si colloca sul piano del diritto pubblico, deve essere individuato quale sia lo spazio del comportamento in violazione dei canoni di correttezza e buona fede perché lesivo dell’affidamento riposto nell’adozione di un provvedimento amministrativo. Deve in particolare meglio essere definito il campo di applicazione del diritto civile rispetto all’azione regolata dal diritto amministrativo. La buona fede che qui rileva non è quella che l’art. 1 della legge sul procedimento amministrativo menziona, quale forma del rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione unitamente alla collaborazione, e che corrisponde non alla regola di diritto civile, ma a un principio generale dell’ordinamento che ha la funzione, al pari della collaborazione, di modellare l’esercizio del potere fronteggiato dall’interesse legittimo (e di cui è espressione la previsione del “termine ragionevole comunque non superiore a diciotto mesi” nell’art. 21 nonies per l’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo illegittimo, c.d. affidamento legittimo). La correttezza che emerge con la lesione dell’affidamento è quella cui si correla una posizione di diritto soggettivo» (pag. 11, ultimo capoverso, e segg.).
36. Che la protezione offerta all’affidamento dall’ordinamento giuridico abbia la forma del diritto soggettivo sembra trovare conferma, del resto, anche nel rilievo che la legittima aspettativa (“espérance légitime” o “legitimate expectation“) rientra nell’ambito dei beni protetti dal disposto dell’articolo 1 del Protocollo 1 alla CEDU (Protezione della proprietà), secondo l’interpretazione che di tale articolo la giurisprudenza della Corte EDU ha fornito fin dalla sentenza Pine Valley Developments Ltd e altri c. Irlanda del 29 novembre 1991. In tale sentenza, che ha inaugurato un orientamento consolidatosi nei decenni successivi, la Corte di Strasburgo ha affermato che, con il rilascio, da parte dell’autorità competente, dell’autorizzazione ad un progetto di urbanizzazione sulla cui base le società ricorrenti avevano acquistato dei terreni al fine di edificarli, in capo a dette società fosse sorta una “aspettativa legittima”, da considerare alla stregua di una componente dei beni delle società ricorrenti (cfr. § 51: «les requérants avaient pour le moins l’espérance légitime de pouvoir réaliser leur plan d’aménagement; il faut y voir, aux fins de l’article 1 du Protocole no 1 (P1-1), un élément de la propriété en question)«.
37. La giurisprudenza di questa Corte regolatrice va altresì confermata anche in relazione alle controversie risarcitorie che traggano origine dalla caducazione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica del privato adottati in materie soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il Collegio non vede, infatti, ragioni per discostarsi dal rilevo già svolto da queste sezioni Unite nel paragrafo 27.2 della citata ordinanza n. 8236/2020, sopra trascritto nel precedente paragrafo 18.
38. Se infatti è vero, come è stato osservato in dottrina, che un provvedimento amministrativo illegittimamente emesso (e perciò successivamente caducato) costituisce comunque un atto di esercizio del potere amministrativo, è vero anche che nelle controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno da lesione dell’affidamento del privato nella legittimità di un provvedimento caducato perché illegittimo non è in questione l’esercizio del potere amministrativo (cfr. C. cost. 15 luglio 2022 n. 178 – pubblicata dopo la camera di consiglio in cui è stata decisa la presente ordinanza, ma riepilogativa di indirizzi pregressi – ove, nel paragrafo 3.2., si richiama espressamente l’orientamento della stessa Corte costituzionale «secondo cui, affinché sia rispettato il limite costituzionale desumibile dall’art. 103 Cost., è decisivo che si tratti di comportamenti costituenti, comunque, “espressione di un potere amministrativo e non anche [di] quelli meramente materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa” [ex plurimis, sentenza n. 35 del 2010])». Le suddette controversie non hanno ad oggetto le modalità di esercizio del potere amministrativo e non ineriscono a situazioni soggettive che, ancorché aventi consistenza di diritti, siano state tuttavia incise dalla spendita di poteri pubblici; ma riguardano il complessivo modus agendi dell’amministrazione, che si assume contrario a regole comportamentali di buona fede e correttezza e nel cui ambito il provvedimento illegittimo e la sua caducazione (in autotutela o ope judicis) rilevano – lo si è già accennato nel precedente paragrafo 28 – come meri fatti storici.
39. In sintesi, l’oggetto del giudizio di risarcimento del danno da lesione dell’affidamento del privato nella legittimità di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica che sia stato annullato, in autotutela o dal giudice amministrativo, non è il modo in cui l’amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento poi annullato, né è il modo in cui l’amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento di annullamento del primo (ove l’annullamento sia avvenuto in autotutela e non in sede giurisdizionale). L’ illegittimità del provvedimento annullato (e la legittimità dell’eventuale provvedimento di annullamento in autotutela) costituiscono, infatti, presupposti della lite, che restano all’esterno del perimetro della regiudicanda. L’oggetto del suddetto giudizio, invece, è il modo in cui l’amministrazione – nonché, va aggiunto, lo stesso privato destinatario del provvedimento – hanno o non hanno osservato le regole di correttezza nei reciproci rapporti. Tali regole, ricorda la stessa sentenza 20/2021 (§ 13), operano su piani distinti rispetto alle regole di legittimità amministrativa, «uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro fonte invece di responsabilità per l’amministrazione. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi, anche per violazione dei connessi obblighi di protezione inerenti al procedimento».
40. L’orientamento espresso con le ordinanze nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011 va dunque confermato. Pertanto, poiché il presente giudizio ha ad oggetto una pretesa risarcitoria fondata sulla deduzione di una lesione dell’affidamento dei ricorrenti nella legittimità di un provvedimento di un’amministrazione municipale, poi annullato in autotutela, il proposto regolamento di giurisdizione va definito con l’affermazione della giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
41. Le spese del presente regolamento saranno regolate in sede di merito.
P.Q.M.
La Corte regola la giurisdizione dichiarando la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Spese al merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni
Allegato:
SS.UU, 24 gennaio 2023, n. 2175, in tema di responsabilità della p.a.
Nota del Dott. Stefano Pugliese
Danno da lesione dell’affidamento e giurisdizione del giudice ordinario
1. Il principio di diritto
La controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno da lesione dell’affidamento del privato nella legittimità di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica, che sia stato successivamente annullato, ricade nella giurisdizione del giudice ordinario.
La situazione giuridica soggettiva lesa non assume la consistenza dell’interesse legittimo alla conservazione del bene della vita acquisito con tale provvedimento, bensì dell’incolpevole affidamento riposto nella legittimità dello stesso.
2. La fattispecie
Alcuni privati hanno convenuto in giudizio l'Ente comunale per sentirlo condannare al risarcimento del danno causato dalla lesione dell’affidamento incolpevole nella legittimità dei permessi a costruire loro rilasciati e successivamente annullati in autotutela, con conseguente obbligo di demolizione dei fabbricati inizialmente assentiti.
I ricorrenti hanno agito, in un primo momento, innanzi al T.A.R. Veneto per l’annullamento del provvedimento in autotutela, per poi adire il giudice ordinario per far valere il diritto al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del comportamento della p.a..
A fronte dell’eccezione di giurisdizione sollevata dal Comune, è stato promosso regolamento di giurisdizione.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite danno atto di un conflitto interpretativo che ha visto contrapporsi la Corte di Cassazione ed il Consiglio di Stato.
Il giudice di legittimità si è più volte espresso nel senso di ritenere che la controversia relativa ai danni subiti dal privato che abbia fatto incolpevole affidamento su di un provvedimento amministrativo ampliativo della propria sfera giuridica, poi legittimamente annullato, rientri nella giurisdizione del giudice ordinario, perché ha ad oggetto la lesione, non già di un interesse legittimo pretensivo, bensì di un diritto soggettivo (cfr., SS.UU, 23 marzo 2011, nn. 6594, 6595 e 6596).
Il Consiglio di Stato, di contro, ha concluso per l’attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo (cfr., Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 20).
Nel confermare il consolidato indirizzo ermeneutico della Cassazione, il Supremo Collegio fonda l’impianto motivazionale della decisione sulla considerazione che, nel caso di pregiudizi derivanti dall’annullamento di un precedente provvedimento ampliativo, non è in discussione il modo in cui la p.a. ha esercitato il proprio potere, bensì il modo in cui essa ha osservato le regole di lealtà e correttezza che presiedono al rapporto con i privati e che ingenerano nei medesimi un legittimo affidamento.