Civile Sent. Sez. U Num. 7894 Anno 2023
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE
Data pubblicazione: 17/03/2023
SENTENZA
sul ricorso 23917-2022 proposto da:
ANTONUCCI FAUSTO, rappresentato e difeso da sé medesimo;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, TRIBUNALE DI CHIETI, PROCURA DEL TRIBUNALE DI CHIETI, CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrenti –
nonchè contro
CONSIGIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CHIETI, CONSIGLIO DI DISCIPLINA FORENSE DI L’AQUILA, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA;
– intimati –
per revocazione della sentenza n. 7499/2022 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 08/03/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2023 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;
lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale FRANCESCO SALZANO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione vogliano dichiarare inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il Consiglio Distrettuale di Disciplina di L’Aquila condannò l’avv. Fausto Antonucci alla sanzione disciplinare della sospensione di mesi due dall’esercizio della professione forense. Con sentenza del 25/6/2021 il Consiglio Nazionale Forense rigettò il ricorso del sanzionato.
2. Queste Sezioni Unite, con sentenza pubblicata l’8/3/2022, dichiararono inammissibile il ricorso dell’interessato.
Queste le ragioni salienti della decisione, testualmente riprese dalla sentenza richiamata: <<Il ricorso è inammissibile per nullità della notifica dell’impugnazione ai sensi dell’art. 11 legge n. 53 del 1994. Posto che in base alla legge n. 247 del 2012 la proposizione del ricorso avverso le decisioni del Consiglio Distrettuale di Disciplina sospende l’esecuzione del provvedimento (art. 61) e che la sospensione dall’esercizio della professione decorre dal giorno successivo della notifica della sentenza all’incolpato (art. 62), avuto riguardo a quest’ultima notifica avvenuta il giorno 7 luglio 2021 la sospensione di due mesi decorre dall’8 luglio 2021 con cessazione il giorno del mese corrispondente a quello del suo inizio, e cioè l’8 settembre 2021, come del resto enunciato dallo stesso ricorrente nell’epigrafe del ricorso. La notifica del ricorso è stata eseguita, nel rispetto del termine di trenta giorni, in data 6 settembre 2021 dall’avv. Fausto Antonucci a mezzo del servizio postale nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Chieti e con modalità telematica nei confronti del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con attestazione di conformità di quest’ultima notificazione da parte del medesimo avv. Antonucci recante la data del 9 settembre 2021. La notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994 presuppone la qualità di avvocato del soggetto notificante (cui la legge collega la qualifica di pubblico ufficiale – art. 6), qualità di cui l’Antonucci era privo alla data del 6 settembre vigendo la sospensione dall’esercizio della professione (sospensione che sarebbe poi venuta meno il successivo 8 settembre). La mancanza del requisito soggettivo comporta la nullità della notificazione ai sensi dell’art. 11 della legge citata, nullità rilevabile d’ufficio in base al medesimo art. 11.
Non può ritenersi la validità della notifica sulla base del rilievo, come si legge nella relazione di notificazione, che quest’ultima è stata eseguita dall’Antonucci su delega dell’avv. Antonio Manna, cui risulta rilasciata procura speciale per la proposizione del ricorso in considerazione dello stato di sospensione dall’esercizio della professione (cfr. Cass. Sez. U. n. 31579 del 2021 e n. 24180 del 2009). Come si legge in particolare a pag. 8 del ricorso, questo risulta sottoscritto dall’Antonucci solo per le parti personali, che non vengono fatte proprie dal difensore tecnico. La delega in discorso è improduttiva di effetti giuridici data la previsione del requisito soggettivo della qualità di avvocato, qualità necessaria, a pena di nullità, per procedere alla notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994.
La nullità rilevata attinge sia la notifica a mezzo del servizio postale nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Chieti che quella con modalità telematica al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (quest’ultimo non ha contestato la conformità della copia della relata di notifica all’originale, per la quale risulta attestazione di conformità improduttiva di effetti, in quanto fatta dall’avv. Antonucci non costituente il difensore nell’impugnazione per lo stato di sospensione)>>.
3. Avverso la riportata sentenza di legittimità l’avv. Antonucci propone ricorso con <<Richiesta di correzione della Sentenza Ovvero di Revocazione per errore di fatto e falso>>.
4. Fissata pubblica udienza, non essendo pervenuta dalle parti e dal P.G. richiesta di discussione orale, ai sensi dell’art. 23, co. 8bis, d. l. n. 137/2020, convertito nella l. n. 176/2000, si è proceduto in camera di consiglio.
Il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Il ricorrente assume l’erroneità della sentenza di legittimità, in quanto, a suo dire, il ricorso non andava notificato al Consiglio dell’Ordine competente, ma solo depositato nei termini di legge. Ciò sul presupposto che non avrebbe trovato applicazione <<la procedura ordinaria di cui al ricorso per Cassazione ordinario e di deposito ex art. 369 c.p.c., ma unicamente quelli previsti dalla normativa speciale dell’Ordinamento Forense>>. La sentenza di cui si chiede, pertanto, la revocazione era affetta da <<errore in procedendo e motivazionale! (…) e solamente in caso di contestazione della notifica alla Procura Generale, unicamente irregolare, e non alle altre Autorità a cui è stata comunicata l’impugnazione dal ricorrente avvocato sanzionato con la sospensione, ma non necessarie e codifeso dal collega nominato sottoscrittore del ricorso spedito regolarmente a mezzo posta>>. In sintesi, si era in presenza, prosegue il ricorrente, di un <<evidente imbarazzante ERROR IN PROCEDENDO>> nel quale sarebbe incorsa la Corte di legittimità e <<tutta la motivazione della Sentenza che si impugna sta letteralmente a zero>>.
Questo il nucleo censorio evidenziato dal ricorrente, testualmente estrapolato da una congerie argomentativa aspramente polemica e non sempre pertinente.
5.1. Il ricorso è inammissibile.
L’errore di fatto revocatorio ricorre, come risulta dalla piana descrizione normativa, “quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita”: l’errore cioè deve annidarsi in una oggettiva dispercezione da parte del giudice di legittimità della ricostruzione fattuale siccome operata dalla sentenza d’ appello o rappresentata dai documenti esaminabili (allorquando la Corte di cassazione è eccezionalmente giudice del fatto). E certamente tale non può considerarsi un apprezzamento o una conseguenza giuridica, come nel caso di specie, non potendo il giudice di legittimità essere chiamato a decidere nuovamente la causa in una sorta di anomalo nuovo giudizio, a seguito d’una impropria opposizione.
Nel caso di specie, il ricorrente, all’evidenza, si duole di un preteso errore giuridico, per avere questa Corte giudicato necessaria la notifica del ricorso al Consiglio dell’Ordine, piuttosto che il mero deposito dell’atto e nulla la notificazione al Procuratore generale, per essere stata autenticata la relata di notifica dall’Antonucci, soggetto non legittimato, in quanto ricoprente il solo ruolo di rappresentato (da altro professionista).
Questa Corte reiteratamente ha avuto modo di chiarire che il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione.
È infatti inammissibile il ricorso al rimedio previsto dall’art. 391 bis cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui il dedotto errore riguardi norme giuridiche, atteso che la falsa percezione di queste, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell’ “error iuris”, sia nel caso di obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione) – Sez. 6, n. 29922, 29/12/2011, Rv. 620988; conf., ex multis, Cass. 4584/2020 –.
Fa da corollario il principio incontroverso secondo il quale l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, sicché è inammissibile il ricorso per revocazione che suggerisca l’adozione di una soluzione giuridica diversa da quella adottata (Sez. 6, n. 3494, 12/02/2013, Rv. 625003).
Il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione. Ed è appena il caso di precisare che, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia (Sez. U, n. 8984, 11/04/2018, Rv. 648127; cfr., anche, Sez. U., n. 30994, 27/12/2017; Sez. 6, n. 14937, 15/6/2017).
5.2. E tanto in disparte del rilievo, è appena il caso di soggiungere, che il preteso errore di diritto prospettato dal ricorrente è destituito di giuridico fondamento alla luce del consolidato orientamento di legittimità che afferma necessaria formale notifica del ricorso al competente Consiglio dell’Ordine (cfr., ex multis, S.U. nn. 116/1987, 2464/1986, 678/1985, 2187/1984) e risultando dagli atti, quanto al secondo profilo, che l’Antonucci non era legittimato ad autenticare la relata di notifica al Procuratore generale.
6. All’epilogo consegue la condanna del ricorrente al rimborso delle spese in favore del Ministero della Giustizia, che si liquidano, tenuto conto dell’entità della causa, della sua qualità e delle svolte attività, siccome in dispositivo.
Sul punto va chiarito che, al contrario di quanto affermato dal ricorrente, il quale non investe del ruolo di contraddittore il controricorrente, non è dubbio che aver chiamato in giudizio il già menzionato Ministero, in uno al Tribunale di Chiesti, alla Procura presso il Tribunale medesimo e alla Corte d’appello di L’Aquila, ha imposto la spendita della difesa erariale.
7. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00, oltre al rimborso delle spese prenotare a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2023, nella camera di
Allegati:
SS.UU, 17 marzo 2023, n. 7894, in tema di revocazione
Nota del Dott. Riccardo Maria Tombolesi
Sullo strumento processuale della revocazione nella ipotesi dell’errore di fatto
1. I principi di diritto
L’errore di fatto revocatorio ricorre, come risulta dalla piana descrizione normativa, “quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita”.
L’errore cioè deve annidarsi in una oggettiva dispercezione da parte del Giudice di legittimità della ricostruzione fattuale per come operata dalla sentenza d’appello o rappresentata dai documenti esaminabili (allorquando la Corte di Cassazione è eccezionalmente giudice del fatto).
2. Le motivazioni
Le Sezioni Unite si soffermano sulla portata del combinato disposto degli artt. 395, n. 4, e 391 bis c.p.c..
Il principio della non impugnabilità delle sentenze di cassazione è derogato dagli istituti della revocazione e della correzione degli errori materiali o di calcolo delle pronunce di legittimità; gli unici, oltre all’actio nullitatis (in caso di inesistenza) ed all’opposizione di terzo, che l’ordinamento consente nei confronti delle statuizioni della Suprema Corte.
La sentenza ribadisce l’inammissibilità del ricorso per revocazione basato su un errore di diritto, sostanziale o processuale, o su un errore di giudizio o di valutazione (cfr., SS.UU, 11 aprile 2018, n. 8984 e 27 dicembre 2017, n. 30994).
3. Riflessioni conclusive
L’errore di fatto revocatorio, di cui al n. 4 dell’art. 395 del c.p.c., è l’errore nella percezione delle risultanze documentali, che emerge senza la necessità di alcuna esigenza istruttoria.
Detto errore è idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza di cassazione, ai sensi dell’art 391 bis c.p.c., se consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione; è pertanto inammissibile il ricorso per revocazione che suggerisca una soluzione giuridica diversa da quella adottata (cfr., Cass., 12 febbraio 2013, n. 3494).