Civile Ord. Sez. U Num. 31311 Anno 2021
Presidente: ACIERNO MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO
Data pubblicazione: 03/11/2021
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
PIETRO CURZIO – Primo Presidente –
GIACOMO TRAVAGLINO – Presidente di Sezione –
MARIA ACIERNO – Presidente di Sezione –
ALBERTO GIUSTI – Consigliere –
CHIARA GRAZIOSI – Consigliere –
GUIDO MERCOLINO – Consigliere –
CATERINA MAROTTA – Consigliere –
MILENA FALASCHI – Consigliere –
ENZO VINCENTI – Consigliere – Rel. –
ORDINANZA
sul ricorso R.g. n. 21573/2020 proposto da:
LINDE MEDICALE S.r.l., in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via delle Quattro Fontane 161, presso lo studio degli avvocati Luca TOFFOLETTI e Giuliano BERRUTI, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e nei confronti di
AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE MARCHE, VITALAIRE ITALIA S.p.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 52/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 03/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/09/2021 dal Consigliere ENZO VINCENTI;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Procuratore Generale Aggiunto LUIGI SALVATO, che ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. – Linde Medicale s.r.l. (di seguito anche “Linde”) – sulla scorta dei seguenti assunti: a) l’infungibilità del servizio di fornitura reso; b) la libera determinazione di ciascun concorrente alla condotta esigibile nell’ambito di procedure di gara; c) l’erronea remuneratività delle gare rimaste deserte; d) l’erronea prospettazione, in termini di illecito concorrenziale, di mera lecita attività di advocacy della società; e) la carente analisi di una serie di dettagli tecnici influenti sul mercato oggetto di indagine – impugnò il provvedimento n. 26316, adottato, all’esito del procedimento I/792, in data 21 dicembre 2016, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito anche “l’Autorità” o AGCM), con il quale era stata irrogata, a suo carico, ai sensi dell’art. 101 TFUE, la sanzione amministrativa di euro 5.909.212, per la costituzione, con altre quattro società (ossia: Medicair s.r.l., Sapio s.r.l., Vitalaire S.p.A., Vivisol s.r.l.), di un’intesa restrittiva della concorrenza, nell’ambito della partecipazione alle procedure di gare indette dall’ASL Milano I, da So.re.sa S.p.A., nonché, nel caso di specie, dall’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche (di seguito, “ASUR”), indette, queste ultime, tra il 2010 e il 2013, dapprima sul modello dell’aggiudicazione ad unico fornitore per lotti distinti, poi, sul tipo della procedura negoziata, per la fornitura di servizi di ossigenoterapia (OTD) e ventiloterapia domiciliare (VTD).
In particolare, con il provvedimento, l’Autorità rilevava la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza (nella forma di “pratica concordata”) tra tali società, sulla scorta dei seguenti rilievi: a) il boicottaggio della procedura di gara ristretta, indetta, nel 2010, secondo il modello del fornitore unico, consumatosi con la mancata formulazione di offerte nei termini della procedura, nonostante ben nove imprese (ossia: Sapio; Vitalaire; Linde; Medicair; Vivisol; Medigas; Gas Tecnici di Foligno e l’RTI Gas Tecnici di Foligno/Domolife; Sico), svolti i relativi propedeutici tavoli tecnici, si fossero già ben qualificate (con manifestazione di formale interesse nel febbraio 2011) e fosse sufficiente l’offerta di una sola di esse ai fini dell’aggiudicazione, in esclusiva, della fornitura; b) il dato della partecipazione delle medesime imprese recedenti (poi aggiudicatarie: Linde; Sapio; Vitalaire), alle medesime condizioni d’asta, alla successiva gara, bandita, sul tipo della procedura negoziata, per reagire, anche con la formulazione di significativi sconti “al ribasso”, alla concorrenza di operatori estranei al cartello (nella specie: RTI formata da Criosalento; Siare; talune cooperative locali); c) l’induzione, nei confronti di ASUR, ad utilizzare il modello dell’accordo quadro ai fini della aggiudicazione del servizio; d) la fornitura dei servizi, a condizioni più vantaggiose, sino all’aggiudicazione, dei contratti in scadenza.
2. – L’adito TAR del Lazio accolse il ricorso avverso tale provvedimento con sentenza n. 4484 resa pubblica il 24 aprile 2018.
Il primo giudice, a sostegno della decisione, osservò che: a) le sollecitazioni sul tipo di gara non potevano dirsi, di per sé, caratterizzate da carattere anticoncorrenziale; b) l’ipotesi accusatoria, incentrata “sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti” non era “l’unica plausibile”; c) l’ascritto comportamento anticoncorrenziale non era “neppure esclusivo”, poiché “nella prima gara le imprese qualificate erano nove e nessuna di questa (neppure le quattro diverse da quelle sanzionate) ha presentato offerta”; d) i documenti richiamati dall’Autorità non erano utilizzabili nei confronti della ricorrente.
3. – Con sentenza n. 52 resa pubblica il 3 gennaio 2020, il Consiglio di Stato accoglieva l’appello dell’Autorità e l’originaria sanzione veniva ripristinata.
3.1. – Il giudice di secondo grado osservava, in punto di diritto [richiamando giurisprudenza europea (CGUE: in C-48/69; in C-89/85 + altre; in C-449/11P) e dello stesso Consiglio di Stato (Cons. Stato: n. 4123/2015, n. 740/2017; n. 4733/2017)], che: a) l’intesa restrittiva poteva realizzarsi o tramite “accordo” o in base a “pratica concordata”, quest’ultima da intendersi come “forma di coordinamento e cooperazione consapevole (concertazione) tra imprese posta in essere a danno della concorrenza”, senza necessitare (come l’“accordo”) di una “manifestazione di volontà reciproca tra le parti”, ben potendo il “coordinamento … essere raggiunto attraverso un mero contatto diretto o indiretto fra le imprese”; b) la “pratica concordata” rappresentava non tanto “un’autonoma fattispecie di diritto sostanziale”, quanto, piuttosto, “una fattispecie strumentale operante sul piano probatorio in funzione dell’accertamento di una intesa restrittiva vietata, indicativa dell’esistenza di una concertazione tra imprese concorrenti, le quali, invece, dovrebbero agire autonomamente sul mercato”, essendo, infatti, “vietati i contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato”; c) il “parallelismo dei comportamenti” poteva reputarsi “prova di una concertazione soltanto qualora [“tenuto conto della natura dei prodotti, dell’entità e del numero delle imprese e del volume del mercato”] la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile”, poiché l’art. 101 TFUE non escludeva “il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti; d) ai fini della relativa dimostrazione occorreva una “analisi complessa ed articolata” in base a “tutti gli elementi di prova acquisiti nella loro interezza e nella correlazione reciproca che lega gli uni agli altri”, dovendo la pratica anticoncorrenziale “essere inferita da un certo numero di coincidenze e di indizi, essendo usuale che le attività derivanti da pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgano in modo clandestino”.
3.2. – In punto di fatto (e per quanto ancora rileva in questa sede), il Consiglio di Stato osservava che: a) “le imprese coinvolte (erano) state protagoniste di un intenso scambio di corrispondenza” volto a sollecitare, nei confronti di ASUR, nel marzo del 2013, l’adozione, quale modello alternativo alla gara, dell’accordo quadro, che, seppur inidoneo “a costituire la prova della sussistenza di una volontà convergente delle imprese coinvolte, nello specifico caso in esame, vale(va) a rafforzare la conclusione che la pratica assunta dalle imprese (fosse) stata di fatto concertata”, in ragione delle pressioni ricevute da un concorrente a non formulare offerte; b) in ogni caso, “il cuore della contestazione formulata dall’Autorità att(eneva) alla (concertata) mancata formulazione di offerte nel termine previsto dalla procedura ristretta (17 giugno 2013) avviata già nel 2010, per la quale le parti si erano già qualificate, avendo manifestato un formale interesse per la gara entro i termini indicati dal bando”; c) non erano plausibili le cd. spiegazioni lecite alternative alla concertazione, sul rilievo per cui ferma la autonoma determinazione di ciascun operatore alla propria condotta concorrenziale, un siffatto comportamento non (poteva) consistere nell’indicazione, al rialzo, dei prezzi, che, invero, “ben p(oteva) considerarsi un primo indice significativo circa la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale”; d) era irrilevante la circostanza per cui talune imprese partecipanti alla seconda procedura di gara non fossero risultate vincitrici né avessero presentato sconti al ribasso, sul rilievo per cui fosse, invero, dirimente che le medesime, non partecipando alla prima gara, avessero mantenuto i contratti in proroga a prezzi più vantaggiosi; e) era irrilevante altresì il dato per cui, in particolare, quattro imprese (ossia: Gas Tecnici di Foligno; SICO; Medigas; l’RTI formato da Gas Tecnici di Foligno e Domolife), pur avendo manifestato interesse, non avessero partecipato alla seconda procedura, in quanto, come accertato dall’Autorità, una di queste aveva ricevuto pressioni a non partecipare, là dove, da un lato, SICO non risultava coinvolta nello scambio di corrispondenza tra le parti né risultava aver partecipato alla procedura negoziata, dall’altro, Medigas (con le acquisite Domolife e Gas Tecnici di Foligno) non aveva chiesto di essere ammessa alla predetta procedura; f) i servizi prestati non erano affatto insostituibili, per il fatto stesso di essere oggetto di gara per il tramite di “procedura di competizione pubblica”, rappresentandosi, piuttosto, una condizione di infungibilità del servizio “nel singolo caso concreto”, ossia “per il paziente che già (…) utilizza (quel certo macchinario)”.
4. – Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso Linde s.r.l. con ricorso affidato a un motivo, illustrato da memoria.
Ha resistito con controricorso l’Autorità.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, con le quali chiede l’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con ricorso affidato ad un unico motivo, è lamentato, ai sensi degli artt. 362 c.p.c., 111, comma ottavo, Cost., 110 c.p.a., nonché 24 e 113 Cost., in relazione agli artt. 6 CEDU, 47 CDFUE, 1-3 c.p.a., “diniego e/o rifiuto di giurisdizione”, per aver il Consiglio di Stato omesso di esercitare sindacato giurisdizionale pieno, sotto il profilo istruttorio, sul provvedimento sanzionatorio adottato dall’Autorità.
1.1. – La tesi di parte ricorrente si fonda, in punto di ammissibilità del ricorso, sulle seguenti prospettazioni (ampiamente argomentate e qui sintetizzzate), che si iscriverebbero nell’ambito dell’interpretazione “dinamica” o “funzionale” della nozione di giurisdizione delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Cass., S.U., n. 30254/2008 e Cass., S.U., n. 2242/2015): a) la “pratica concordata” costituisce “una fattispecie strumentale operante sul piano probatorio”, che richiede la rigorosa dimostrazione che “le condotte delle imprese siano insuscettibili di una spiegazione alternativa rispetto allo scopo anticoncorrenziale contestato”; b) la giurisdizione del giudice amministrativo insiste, in materia antitrust, su un illecito sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza CEDU; c) non è conforme a giustizia che “l’ordinamento giuridico possa [agli effetti dell’art. 7 del d.lgs. 3/2017] considerare presuntivamente fondato e provato l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno sulla base di una sentenza del Consiglio di Stato [come quella del caso di specie] totalmente sprovvista di qualsivoglia accertamento dei fatti”, là dove la predetta norma deve esser interpretata in conformità “al principio della tutela piena ed effettiva previsti dalla Carta costituzionale e dal diritto dell’Unione europea”.
1.2. – Nel merito, parte ricorrente assume che il Consiglio di Stato – anziché sottoporre l’accertamento della sussistenza della presunta ascritta pratica concordata, nella forma di “parallelismo di comportamenti”, al “rigoroso standard probatorio” richiesto in materia antitrust, in conformità ai principi elaborati dalla giurisprudenza nazionale di legittimità nonché europea -, si sia limitato “apoditticamente” a confermare l’accertamento racchiuso nel provvedimento dell’Autorità, omettendo, pertanto, di sottoporre quest’ultimo a verifica di “veridicità e congruità logica”.
In particolare – argomenta la ricorrente – omessa, o comunque travisata, sarebbe stata la valutazione dei seguenti decisivi elementi: a) l’irrilevanza della “asserita indebita influenza operata nei confronti di ASUR per l’adozione del modello dell’accordo quadro”; b) l’irrilevanza altresì della circostanza per cui talune società “non siano risultate tra gli aggiudicatari della seconda procedura (…) e non abbiano presentato un’offerta connotata da significativi ribassi in sede di procedura ristretta per tutti i lotti in questione”; c) l’erronea valutazione della “razionalità economica” della condotta della società, che, in qualità di fornitore tradizione di ASUR, aveva presentato offerte competitive “con significativi sconti, solo ed esclusivamente per i lotti per i quali essa era fornitrice uscente”; d) il coinvolgimento di altre quattro imprese nel “parallelismo di comportamenti” anticoncorrenziali, le quali “parimenti avevano inizialmente manifestato interesse alla procedura, salvo poi non partecipare alla procedura ristretta”; e) il mancato accertamento – “senza istruttoria” – dell’infungibilità del servizio prestato, in favore della struttura sanitaria, da ciascuna società.
1.3. – Con la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., la parte ricorrente ha diffusamente argomentato sulla necessità che venga disposto, in subordine all’accoglimento del ricorso, rinvio pregiudiziale, ex art. 267 TFUE, alla Corte di giustizia dell’Unione europea sul seguente quesito: «Se il principio della tutela giurisdizionale effettiva, gli artt. 101 TFUE, 4, par. 3, TUE, l’art. 19, par. 1, TUE, anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e dell’art. 6 CEDU ostino a una prassi interpretativa concernente gli artt. 111 Cost., comma 8, art. 360, comma 1, n. 1 e art. 362 c.p.c., comma 1, e art. 110 del codice del processo amministrativo – nella parte in cui tali disposizioni ammettono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di stato per “motivi inerenti alla giurisdizione” – quale si evince dalla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 e dalla giurisprudenza nazionale successiva, che ritiene che il rimedio del ricorso per cassazione non possa essere utilizzato per impugnare una sentenza del Consiglio di stato emanata in materia di concorrenza, in un settore cioè disciplinato dal diritto dell’Unione europea, che ometta di verificare i fatti alla base delle sanzioni emanate dall’autorità nazionale della concorrenza in contrasto con i principi già affermati dalla CEDU, determinando il cristallizzarsi nell’ordinamento interno di una violazione irrimediabile di diritto UE».
2. – Il ricorso è inammissibile in tutta la sua articolazione.
2.1. – Alla luce del più recente e ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione – che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento) -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento; sicché, tale vizio non è configurabile per errores in procedendo o in iudicando, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (tra le molte, successivamente alla sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale, cfr.: Cass., S.U., n. 7926/2019, Cass., S.U., n. 8311/2019, Cass., S.U., n. 29082/2019, Cass., S.U., n. 7839/2020, Cass., S.U., n. 19175/2020, Cass., S.U., n. 18259/2021).
A tal riguardo, si è altresì precisato che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma ottavo, Cost., atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione (Cass., S.U., n. 32773/2018; Cass., S.U., 10087/2020; Cass., S.U., n. 19175/2020).
Dunque, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l’art. 111, comma ottavo, Cost., affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, anche per contrasto con il diritto dell’Unione europea, operando i limiti istituzionali e costituzionali del controllo devoluto a questa Corte, “i quali restano invalicabili, quand’anche motivati per implicito, allorché si censuri il concreto esercizio di un potere da parte del giudice amministrativo, non potendo siffatta modalità di esercizio integrare un vizio di eccesso di potere giurisdizionale” (Cass., S.U., n. 12586/2019).
Orientamento, questo, che costituisce ormai “diritto vivente”, come tale assunto dalla stessa ordinanza n. 19598 del 18 settembre 2020 con la quale questa Corte ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, alla luce dei principi di effettività ed equivalenza della tutela giurisdizionale interna agli Stati europei, in merito alla compatibilità con il diritto europeo dell’inutilizzabilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato che non abbiano correttamente applicato il diritto dell’Unione europea siccome confliggenti, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione europea, con la giurisprudenza della Corte di giustizia, o che abbiano omesso immotivatamente di effettuare, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il rinvio pregiudiziale, in assenza delle condizioni in cui il mancato rinvio è consentito (enucleate a partire dalla sentenza 6 ottobre 1982, Cilfit, C-238/81).
2.1.1. – Dunque, in siffatto contesto si collocano anche i principi che questa Corte ha più volte enunciato in tema di limiti del sindacato del giudice amministrativo a proposito di provvedimenti sanzionatori adottati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, alla quale spetta il compito, fra gli altri, di accertare e sanzionare le ipotesi di alterazione della libera concorrenza tra imprese, consistenti in intese anticoncorrenziali (art. 2, legge n. 287/1990) e in abusi di posizione dominante (art. 3 della predetta legge), con efficacia vincolante, ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3, nei confronti del giudice civile, chiamato a conoscere dell’azione risarcitoria.
In particolare, come già chiarito da queste Sezioni Unite, nonché dalla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’AGCM comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento; ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità, detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità Garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini (Cass., S.U., n. 1013/2014; Cass., S.U., n. 30974/2017; Cass., S.U., n. 11929/2019; Cass., S.U., n. 8093/2020).
Si tratta, in ogni caso, di un sindacato, certamente non debole, tendente ad un modello comune a livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, in cui è attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare – senza alcuna limitazione – se il potere a tal fine attribuito all’Autorità sia stato correttamente esercitato (Cons. Stato n. 4266/2016; Cons. Stato n. 4616/2015); un sindacato, quindi, di “full jurisdiction”, che, secondo la Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU, 27 novembre 2011, Menarini Diagnostic s.r.l. c. Italia e Corte EDU, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia), implica il potere del giudice di sindacare la fondatezza, l’esattezza e la correttezza delle scelte amministrative (Cons. Stato n. 1596/2015).
2.2. – Nel caso di specie, le doglianze lamentano, per l’appunto, l’assenza di “pienezza” (o “adeguatezza” ed “effettività” di tutela) – sotto il profilo dell’omissione di istruttoria, del mancato accertamento dei fatti di causa, nonché dei relativi elementi prova – del sindacato del giudice amministrativo in ordine all’ascritto illecito anticoncorrenziale, là dove la asserita violazione della normativa nazionale ed europea di riferimento (la quale – ove riferita ai principi applicabili in materia anticoncorrenziale, come sopra rammentati – sarebbe comunque infondata, poiché la sentenza impugnata dà ampiamente e correttamente conto di quali siano le coordinate giuridiche secondo le quali può configurarsi un’intesa restrittiva vietata e di quali siano le modalità di prova dell’intesa stessa: cfr. sintesi al § 3.1. dei “Fatti di causa”, cui si rinvia integralmente) assume rilievo meramente incidentale, poiché in concreto solo genericamente lamentata al fine di radicare – strumentalmente – la esperibilità di ricorso per cassazione avverso sentenza del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 111, comma ottavo, Cost.
E difatti, i motivi di ricorso della ricorrente non afferiscono al preteso stravolgimento di principi e prassi applicabili in materia antitrust (che, del resto, come detto, è insussistente), bensì all’asserita lesione del diritto di accesso ad un giudice avente piena giurisdizione e al tipo di controllo esercitato dal giudice amministrativo sui provvedimenti dell’AGCM – connotati da “discrezionalità amministrativa” -, che si postula come affatto inadeguato in punto di attività istruttoria, nonché di valutazioni fattuali.
Sicché, la pretesa violazione o “stravolgimento” delle “norme di riferimento” in materia antitrust, ove riferita, per l’appunto, all’assenza del dovuto sindacato pieno del giudice amministrativo sul provvedimento dell’AGCM, è inconsistente, poiché sottende – risolvendosi in essa – una pura istanza di rivisitazione dell’attività di apprezzamento dei fatti di causa compiuto, all’interno del proprio ambito di competenza di giurisdizione, dal giudice amministrativo, il quale ha effettivamente operato una verifica diretta dei fatti stessi tramite l’esame e la valutazione delle complessive emergenze probatorie, da cui ha desunto esser stata integrata la fattispecie dell’intesa anticoncorrenziale (cfr., in riferimento a ciascun punto oggetto di critica, la sintesi della sentenza impugnata al § 3.2. dei “Fatti di causa”, cui si rinvia integralmente).
Le critiche di parte ricorrente non attengono, quindi, all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento del giudice speciale dai limiti esterni di essa, bensì ai limiti interni della medesima funzione siccome concernenti il modo di esercizio del sindacato di legittimità – esercitabile (nonché, nella specie, esercitato) di per sé in modo “pieno” – del giudice amministrativo in ordine ai provvedimenti adottati dall’AGCM.
Il Consiglio di Stato, dunque, non ha travalicato, i limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma ha esercitato i compiti che gli sono propri nella specifica materia, là dove, anche se (solo in ipotesi) eventualmente commessi, gli errores in iudicando o in procedendo dedotti dalla Linde, quale che ne sia la gravità, rimangono racchiusi entro i limiti interni dell’anzidetta giurisdizione e del relativo concreto esercizio nell’accertamento e qualificazione dei fatti.
2.3. – L’istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, avanzata con la memoria, è inammissibile.
Come messo in luce dalla giurisprudenza di questa Corte (segnatamente, Cass., S.U., n. 24107/2020 e ivi i richiami alla giurisprudenza della CGUE), “(a)ttraverso il rinvio pregiudiziale su questione di interpretazione del diritto UE il giudice nazionale … non si spoglia in alcun modo del proprio potere giurisdizionale, ma … lo esercita pieno iure formulando, ove ritenuto necessario ai fini della decisione, la richiesta incidentale alla Corte UE, in esito alla quale avrà il compito di applicare l’interpretazione fornita da quel giudice; (…) in altri termini l’attivazione del rinvio pregiudiziale su questione interpretativa – art. 267, par.1, lett. a) TFUE- e, specularmente, la mancata attivazione, non presuppongono mai la cessione di potere giurisdizionale o comunque il travalicamento della giurisdizione della Corte di giustizia. La funzione interpretativa (del diritto UE) riservata dall’art.267 TFUE alla Corte di Giustizia e la vincolatività che deriva dalla pronunzia adottata dalla stessa Corte non può dunque confondersi con la funzione giurisdizionale riservata al giudice nazionale anche quando è in discussione una controversia per la quale rileva il diritto UE, al cui interno si inserisce il rinvio pregiudiziale: al giudice nazionale appartiene in via esclusiva il potere sia di interpretare il diritto interno (…) rendendolo conforme al diritto UE, salvo i poteri di disapplicazione ove esercitabili; sia di applicare il diritto UE come interpretato dalla Corte di Giustizia nel caso concreto (…), non spettando tale potere alla Corte di Giustizia (…)”.
Dunque, “deve escludersi che l’attivazione del rinvio implichi la devoluzione al giudice dell’Unione europea del potere di decidere la controversia, proprio perché il quesito pregiudiziale non può mai riguardare l’oggetto della controversia, ma unicamente l’interpretazione del diritto UE”.
2.3.1. – E’, quindi, inammissibile l’istanza della Linde di rinvio pregiudiziale, giacché il Consiglio di Stato, con la sentenza impugnata, non ha affatto messo in discussione l’interpretazione del diritto europeo in materia di antitrust, né l’estensione dei poteri cognitivi (la cd. “full jurisdiction”) che in base alla relativa normativa ad esso competono, secondo gli orientamenti ermeneutici della stessa CGUE (e anche della Corte EDU), non solo ad essi espressamente aderendo, ma facendone concreta applicazione.
Ne consegue, dunque, che i quesiti che si intendono porre alla CGUE prescindono dalla funzione che è ad essa Corte rimessa, ossia quella di interprete del diritto dell’Unione, palesandosi invece come istanze che involgono la decisione sull’oggetto della controversia, ossia sul modo in cui il giudice amministrativo di appello ha applicato in concreto quei principi e, quindi, denunciando gli (asseriti) errori dallo stesso giudice commessi nell’esercizio della propria funzione, con ciò, però, ponendosi in un’ottica prospettica che è estranea al perimetro del sindacato riservato a queste Sezioni Unite nell’ambito della verifica dell’eccesso di potere giurisdizionale.
Di qui, peraltro, la carenza di rilevanza della stessa questione pregiudiziale – quale presupposto la cui verifica si impone anche per il rinvio obbligatorio imposto ai giudici di ultima istanza -, poiché nessuna influenza sul presente giudizio, incidentale, ex art. 362 c.p.c. potrebbe avere la decisione interpretativa della Corte di giustizia, che rimarrebbe risposta solo ipotetica, ma senza effetti concreti sulla controversia e, dunque, priva della necessaria incidenza sul thema decidendum.
Né, in siffatto contesto e per le ragioni appena illustrate, assume rilievo la già citata ordinanza n. 19598 del 2020 con la quale – come detto – questa Corte ha chiesto alla CGUE di pronunciarsi, alla luce dei principi di effettività ed equivalenza della tutela giurisdizionale interna agli Stati europei, sulla compatibilità con il diritto europeo dell’inutilizzabilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato che non abbiano correttamente applicato il diritto dell’Unione europea siccome confliggenti, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione europea, con la giurisprudenza della Corte di giustizia, o che abbiano omesso immotivatamente di effettuare, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il rinvio pregiudiziale, in assenza delle condizioni in cui il mancato rinvio è consentito.
Dunque, in ipotesi che, per l’appunto, non ricorrono nel caso di specie.
In altri termini, come evidenziato da questa Corte con la sentenza n. 26920 del 5 ottobre 2021 (deliberata, però, il 13 luglio 2021) in controversia in buona parte analoga a quella in esame (avente ad oggetto sanzioni irrogate da AGCM ad imprese farmaceutiche per concertazione contraria all’art. 101, par. 1, lett. c, TFUE), “il rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo effettuato da S.U. ord. 19598/2020 è privo di pertinenza rispetto al thema decidendum della presente causa nella quale … si censura il Consiglio di stato non per aver denegato la legittimazione alla tutela giurisdizionale delle attuali ricorrenti, bensì per le modalità contenutistiche della giurisdizione che ha per loro esercitato”.
3. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.
Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, in favore dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, in complessivi euro 15.000,00, per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di Cassazione, il 28 settembre 2021.
Il Presidente
(Pietro Curzio)
Allegati:
SS.UU, 03 novembre 2021, n. 31311, in tema di ricorso per cassazione
Nota dell'Avv. Alfonso Ciambrone
Non travalica i limiti esterni della giurisdizione il giudice amministrativo che esercita i compiti che gli sono propri
1. Il principio di diritto
Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento; ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano oggettivi margini di opinabilità, detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, il giudice non può sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità Garante, ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini.
2. Le motivazioni
Le Sezioni Unite, nel dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato che ha ripristinato la sanzione amministrativa pecuniaria comminata dall’AGCM per una “intesa restrittiva della concorrenza”, ribadiscono come, alla luce del più recente e già consolidato orientamento giurisprudenziale (quale ormai “diritto vivente”), l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione ex art. 111, c. 8, Cost., vada riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione - che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento) -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento.
3. Riflessioni conclusive
I motivi di giurisdizione ex art. 111, c. 8, Cost. devono afferire alla violazione o stravolgimento dei principi e della prassi applicabili in materia antitrust, e non ad errores in procedendo o in iudicando, attinenti non ai limiti esterni della giurisdizione, bensì ai limiti interni della stessa, in quanto concernenti il modo di esercizio del sindacato di legittimità del giudice amministrativo in ordine ai provvedimenti adottati dall’AGCM.
Si vedano anche SS.UU, 09 novembre 2021, nn. 32673 e 32687.