Civile Ord. Sez. U Num. 4291 Anno 2023
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: RUBINO LINA
Data pubblicazione: 13/02/2023
ORDINANZA
sul ricorso 22827-2021 proposto da:
TRENITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 20 presso lo STUDIO LEGALE GIANNI & ORIGONI, rappresentata e difesa dagli avvocati PIERO FATTORI, SALVATORE SPAGNUOLO ed ANTONIO LIROSI;
– ricorrente –
contro
AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43 presso lo STUDIO LEGALE CHIOMENTI, rappresentata e difesa dagli avvocati GIAN MICHELE ROBERTI e GUIDO BELLITTI;
– ricorrente successivo –
nonchè contro
FERROVIE DELLO STATO ITALIANE S.P.A., CODACONS – COORDINAMENTO DI ASSOCIAZIONI PER LA TUTELA DELL’AMBIENTE E DEI DIRITTI DI UTENTI E CONSUMATORI, FALLIMENTO ARENA WAYS S.P.A., ARENAWAYS S.P.A., ALTROCONSUMO – ASSOCIAZIONE INDIPENDENTE DI CONSUMATORI, GO CONCEPT S.R.L., GO CONCEPT S.P.A., FALLIMENTO GO CONCEPT S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1101/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 05/02/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2022 dal Consigliere LINA RUBINO.
FATTI DI CAUSA
1.Trenitalia s.p.a. propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, per motivi inerenti alla giurisdizione, nei confronti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, AGCM) nonché nei confronti di Ferrovie dello Stato Italiano s.p.a. (di seguito, FSI) e di RFI-Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., nonché del Codacons-Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, del Fallimento Arenaways, di Arenaways s.p.a., di Altroconsumo-Associazione indipendente di consumatori e di Go Concept s.r.l. (società che ha rilevato l’azienda della fallita società Arenaways), avverso la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n.1101 del 2021 con la quale, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta da AGCM, era confermato l’accoglimento del ricorso di FS s.p.a. avverso le sanzioni comminate da AGCM, mentre erano respinti i due ricorsi di primo grado avverso le sanzioni irrogate dall’Autorità Garante a Trenitalia e RFI.
2.Contro la stessa sentenza propone autonomo ricorso, articolato in tre motivi, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.
3.L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato resiste con controricorso.
4. Gli altri soggetti, regolarmente intimati, non hanno svolto attività difensive in questa sede.
5. Non sono state depositate memorie.
6.La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata delle Sezioni Unite.
7. Questa la vicenda giudiziaria, per quanto ancora di interesse:
-nel 2012 l’AGCM, dietro segnalazione di Arenaways, società aspirante ad immettersi sul mercato del trasporto passeggeri su rotaie, contestava a Ferrovie dello Stato di aver posto in essere – tramite le società da essa controllate Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (gestore della rete ferroviaria nazionale) e Trenitalia s.p.a. – un abuso di posizione dominante, volto a ritardare e poi impedire l’ingresso dell’operatore ferroviario Arenaways nel mercato del trasporto ferroviario passeggeri, in violazione dell’art. 102 TFUE, nonché altri comportamenti ingiustificatamente dilatori che ritardavano e limitavano significativamente l’accesso del nuovo operatore ferroviario alla rete nazionale e quindi la sua entrata nel mercato italiano del servizio di trasporto passeggeri;
– all’esito dell’istruttoria, con provvedimento n. 23770 del 2012, l’Autorità Garante irrogava a FSI e RFI, in solido, una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 100.000, e a FSI e Trenitalia in solido una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 200.000,
diffidando le parti per il futuro dal porre nuovamente in atto comportamenti analoghi;
-le società sanzionate proponevano separati ricorsi al TAR del Lazio, evidenziando che il ritardo nell’accesso al mercato ferroviario di Arenaways fosse dovuto esclusivamente a carenze programmatorie e organizzative della stessa società aspirante all’entrata nel mercato ferroviario, in particolare alla mancanza dell’immediata disponibilità del materiale rotabile;
-il TAR riuniva i giudizi e, con sentenza n. 3398 del 2014, annullava integralmente il provvedimento, rilevando come l’Autorità Garante fosse giunta alle sue conclusioni tramite una istruttoria parallela che l’aveva condotta a valutazioni di merito completamente confliggenti con quelle dell’ URSF (Ufficio di Regolazione dei Servizi Ferroviari), unico soggetto abilitato ad indicare le modalità di svolgimento dei servizi ferroviari, che aveva imposto di limitare le fermate ai capoluoghi di Regione, atteso che lo svolgimento del servizio a carattere regionale avrebbe altrimenti compromesso l’equilibrio economico dei contratti di servizio, ed in ultima analisi a sostituirsi a detto ufficio nell’esercizio di competenze ad esso affidate dalla legge, venendo essa stessa a creare le regole tecniche alla cui stregua apprezzare l’abusività dei comportamenti.
8. L’AGCM proponeva appello ed il Consiglio di Stato, con la sentenza qui impugnata, accoglieva in parte l’impugnazione, escludendo il coinvolgimento della capogruppo FSI nell’illecito, ma confermando l’abuso di posizione dominante in capo a RFI e Trenitalia, nei termini accertati dall’Autorità, e confermando per queste ultime due società l’irrogazione delle sanzioni.
La sentenza impugnata affermava in particolare che, per ritenere la responsabilità della società controllante all’interno dell’abuso di posizione dominante, non era sufficiente allegare il suo ruolo di controllo, ma sarebbe stato necessario fornire una prova, seppure indiretta, di un concreto coordinamento tra le varie imprese del gruppo collocate in posizione dominante e dell’efficiente coinvolgimento della controllante quale promotrice o compartecipe attiva dell’abuso.
Riteneva che nel caso concreto questa prova non fosse stata fornita, tanto più che le altre due società, RFI e Trenitalia, per il loro ruolo di spicco nel mercato ferroviario, pur soggette al controllo totalitario di FSI, erano in grado di concertare autonomamente tra loro intese restrittive all’ingresso di un’impresa ferroviaria nuova nel mercato rilevante, beneficiando al più della benevola inerzia della controllante e delle Regioni interessate.
Rilevava che non è di per se contra legem che un’impresa si collochi in posizione dominante sul mercato, e tuttavia che tale impresa dominante ha il diritto e il dovere di competere sulla base dei propri meriti.
Indicava che, affinché la condotta di un’impresa dominante si traduca in un abuso, sanzionabile ai sensi dell’articolo 102 del TFUE, devono sussistere tre concomitanti presupposti: la posizione dominante, individuale o collettiva, lo sfruttamento abusivo della stessa e l’assenza di giustificazioni obiettive e preminenti sugli effetti distorsivi della concorrenza; aggiungeva che sia FSI che le due società RFI e Trenitalia per definizione occupano una posizione dominante nei rispettivi mercati rilevanti ed escludeva che il ritardo nell’ammissione di Arenaways nel mercato ferroviario fosse dovuta ad inefficienze della impresa aspirante, ritenendolo piuttosto causato dalle informazioni di difficile interpretazione e contraddittorie fornite dal gestore.
Aggiungeva che la condotta di Trenitalia fu a sua volta fonte di induzione in errore del regolatore per un’evidente asimmetria informativa di esso, per avergli rappresentato fatti inerenti ad un preteso squilibrio economico nella esecuzione del contratto di servizio a causa dell’assegnazione di tratte orarie ad Arenaways, esageratamente rappresentato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso Trenitalia.
Con il primo motivo di ricorso, Trenitalia denuncia il difetto assoluto di giurisdizione, nonché l’eccesso di potere giurisdizionale, per aver il Consiglio di Stato esercitato i poteri di cognizione e di decisione sostituendosi all’autorità di regolazione (richiama gli artt. 111 comma 8 Cost., 360, primo comma n. 1 e 2 cod.proc.civ., 7,110, 133, comma 1 lett. I) e 134 del d.lgs. n. 104 del 2010 ed infine denuncia la violazione dell’art. 6 Cedu).
Sostiene che il giudice amministrativo si sia sostituito al regolatore nel compiere le sue valutazioni: l’indagine svolta non sarebbe rimasta nei confini della verifica di legittimità del provvedimento impugnato, ma si sarebbe spinta alla valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto.
La decisione finale ha espresso una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione: il Consiglio di Stato, come
già prima l’AGCM, avrebbe integralmente sostituito le proprie valutazioni a quelle dell’URSF, unico soggetto preposto dalla legge a valutare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato ferroviario. La ricorrente sostiene che a seguito di questa invasione della sfera altrui, la sentenza si sia tradotta in una contestazione diretta delle scelte regolatorie effettuate dall’URSF, andando oltre i limiti della verifica di legittimità dell’operato di Trenitalia.
2. Con il secondo motivo, la società ricorrente denuncia il diniego di giustizia da parte del Consiglio di Stato per superamento del limite esterno della giurisdizione, nonché il radicale stravolgimento dell’art. 102 TFUE, l’adozione di una interpretazione in contrasto con la prassi interpretativa della Corte di Giustizia espressa nel caso Astra Zeneca e la violazione del canone dell’effettività della tutela giurisdizionale (la
ricorrente richiama in proposito gli artt. 111, comma 8, Cost, 360, primo comma n. 1 e 362 c.p.c., 7 e 110 d.lgs n. 104 del 2010, nonché la violazione dell’art. 6 CEDU).
2.1. Quanto all’ammissibilità del proprio ricorso, ricorda che in più occasioni la Corte ha interpretato l’art. 111, ottavo comma, Cost. in senso dinamico, ossia non limitato ad una verifica di pura qualificazione della situazione soggettiva dedotta, alla stregua del diritto oggettivo, ma riservandosi anche la possibilità, nell’ambito di tale giudizio, di riformare le sentenze illegittime per violazione del diritto dell’Unione, applicando, nel momento in cui decide, la regola che risulta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e, se si riscontra che la regola applicata dal Consiglio di Stato è diversa, arrivando a cassare la decisione impugnata.
2.2. La ricorrente auspica una rimeditazione del più recente orientamento, restrittivo della Suprema corte, in adeguamento alle indicazioni tracciate da Corte cost. n. 6 del 2018, ed il ritorno ad una maggiore ampiezza del sindacato della Corte sulle sentenze rese dai giudici speciali. Richiama Cass. n. 19598 del 2020, che, previa un’ampia ricognizione dei precedenti, sottoponeva alla Corte di giustizia tre questioni pregiudiziali, tutte connesse al tema se la mancata applicazione del diritto dell’Unione ovvero il mancato esercizio dell’obbligo di rinvio pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato diano luogo ad un’usurpazione della competenza interpretativa esclusiva della Corte di giustizia in materia di diritto dell’Unione e, come tali, costituiscano un eccesso di potere, scrutinabile dalla Cassazione.
2.3. Nel merito, il ricorso indica il diniego di giustizia laddove il Consiglio di Stato ha ritenuto presente un abuso posizione dominante in assenza dei requisiti indicati dalla giurisprudenza, quali la palese ingannevolezza dei dati forniti, obiettivamente e agevolmente riscontrabile da parte dell’autorità di concorrenza.
3. Con il terzo motivo, Trenitalia si duole del diniego di giurisdizione per avere il Consiglio di Stato, nelle sue funzioni di giudice di ultima istanza, omesso di investire la Corte di giustizia dell’Unione Europea della questione pregiudiziale dedotta da Trenitalia nell’atto di appello, affermando di non nutrire dubbi interpretativi che giustificassero tale rinvio, e che Trenitalia è un’impresa ferroviaria priva di qualunque potestà pubblica, men che mai discrezionale, che quindi può commettere atti anticoncorrenziali come ogni altra impresa del mercato ferroviario.
Sostiene la ricorrente che il diniego di rinvio pregiudiziale sia stato illegittimo, avendo essa chiesto di far chiarezza sulle caratteristiche della fattispecie di abuso del procedimento amministrativo. Denuncia che in tal modo sarebbe stato pregiudicato il suo diritto a una tutela effettiva secondo i principi del diritto europeo e a conseguire la piena soddisfazione dell’interesse azionato, non essendo idonea a tale scopo la mera previsione di un ristoro monetario di tipo meramente compensativo in caso di errore del giudicante.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’eccesso di potere giurisdizionale per avere il Consiglio di Stato esercitato i poteri di cognizione e di decisione propri della giurisdizione estesa al merito in relazione a una controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva di legittimità del giudice amministrativo, con riferimento in particolare all’accertamento del presunto illecito anticoncorrenziale operato dall’Autorità garante ai fini dell’adozione della misura sanzionatoria.
Sottolinea come la configurabilità dell’eccesso di potere emerga dal raffronto tra il provvedimento della AGCM e la sentenza del Consiglio di Stato. L’Autorità aveva configurato l’abuso di posizione dominante come un’unica e complessa strategia volta ad escludere l’accesso di Arenaways sul mercato di trasporto passeggeri su rotaia, in cui vi sarebbe stata una autonomia delle condotte delle diverse società del gruppo FSI nella commissione dell’illecito ma le due società operative del gruppo avrebbero agito sotto la direzione e il coordinamento di FSI, che sarebbe stata l’ideatrice della strategia collusiva. Tale ricostruzione era confermata dalla scelta di non comminare un’unica sanzione verso tutti i responsabili ma distinte sanzioni, una a RFI, l’altra Trenitalia e di considerare in entrambi i casi FSI come soggetto solidalmente responsabile. Sostiene la ricorrente che dalla sentenza del Consiglio di Stato la struttura stessa del illecito esce del tutto alterata rispetto a quanto accertato dall’AGCM, in quanto il giudice amministrativo avrebbe negato l’influenza determinante di FSI sulle condotte illecite delle imprese controllate, confermando l’annullamento del provvedimento del TAR disposto nei confronti di FSI, ed affermando la responsabilità diretta di Trenitalia e RFI, ritenendo che queste società avessero effettivamente commesso l’illecito concertando autonomamente tra loro un’intesa restrittiva all’ingresso di una impresa ferroviaria nuova nel mercato rilevante.
Osserva la ricorrente che l’eliminazione di FSI come soggetto responsabile, costituendo essa l’unico collegamento tra Trenitalia e RFI, comportava necessariamente una modifica della struttura dell’illecito, diversamente configurato dal Consiglio di Stato come un abuso a due, frutto di una concertazione di cui non vi è traccia negli atti : segnala uno sconfinamento nell’ambito dei poteri di accertamento e di istruttoria propri dell’AGCM, avendo il giudice amministrativo esercitato i poteri propri della giurisdizione estesa al merito. Sostiene inoltre la ricorrente che, esclusa la responsabilità di FSI, il Consiglio di Stato avrebbe dovuto annullare tutto il provvedimento sanzionatorio rimettendo al più gli atti all’Autorità garante per la sua diversa valutazione.
Il ricorso RFI.
5. Preliminarmente, quanto all’ammissibilità del proprio ricorso, RFI evidenzia che la sentenza è viziata per eccesso di potere giurisdizionale in quanto si pone in contrasto con le norme e i principi di diritto sia nel ritenere la natura escludente della condotta di RFI pur riconoscendo che la concorrente Arenaways non fosse altrettanto efficiente, sia perché, pur in presenza di seri e fondati dubbi di compatibilità con la normativa europea, non ha disposto il richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue, così determinando una grave e manifesta violazione delle norme europee.
Richiama anch’essa la recente ordinanza interlocutoria di questa Corte a Sezioni Unite, n. 19598 del 2020, che ha rinviato in via pregiudiziale alla Corte di giustizia la questione relativa ai limiti del sindacato sulle sentenze del giudice amministrativo con specifico riferimento alle ipotesi di violazione o omessa applicazione del diritto Ue e di omissione, da parte del giudice amministrativo di ultima istanza, del rinvio pregiudiziale.
6. Con il primo motivo di ricorso RFI denuncia “l‘eccesso di potere giurisdizionale per violazione degli articoli 111 comma 8 Cost., 362 primo comma cod. proc. civ., 4 e 7 cod. proc. amm. in relazione all’insussistenza dell’idoneità escludente della condotta contestata“.
Sottolinea che in base agli standard giuridici di valutazione elaborati dalla giurisprudenza europea in materia di abusi escludenti, la fattispecie dell’abuso escludente di natura dilatoria può configurarsi solo in presenza di condotte delle imprese incumbent sostanzialmente assimilabili a un rifiuto di accesso a una risorsa essenziale, nella specie la rete ferroviaria, e può verificarsi qualora vi sia un comportamento dilatato ovvero ostruzionistico che sia quantomeno idoneo a causare una eliminazione di concorrenza effettiva sul mercato.
Sostiene che la Arenaways era del tutto carente sotto i profili di organizzazione aziendale e di programmazione cosicché non poteva essere neppure considerata un vero competitor sul mercato. Sottolinea che la sentenza impugnata ha confermato la sanzione a carico di RFI pur riconoscendo che Arenaways non fosse un operatore altrettanto efficiente, ponendosi in questo modo in aperto contrasto con la giurisprudenza europea.
Nel caso che residui un dubbio in merito alla lettura dei parametri di riferimento, la ricorrente chiede si disponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, sottoponendo alla Corte un quesito volto a verificare se le Autorità regolatrici della concorrenza, nell’applicazione dell’articolo 102 del Trattato, possono valutare una condotta asseritamente dilatoria senza tener conto della circostanza che il soggetto richiedente non dispone dei requisiti e titoli per accedere al mercato secondo la tempistica prefigurata.
7. Con il secondo motivo RFI denuncia il diniego di giurisdizione per avere il Consiglio di Stato, nelle sue funzioni di giudice di ultima istanza, omesso d’investire la Corte di giustizia dell’Unione Europea della predetta questione pregiudiziale.
8. Infine, con il terzo motivo RFI denuncia eccesso di potere giurisdizionale per avere il Consiglio di Stato esercitato i poteri di cognizione e di decisione propri della giurisdizione estesa al merito in relazione ad una controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva di legittimità del giudice amministrativo, avendo ricostruito l’illecito in maniera completamente diversa rispetto a quella ipotizzata dalla Autorità Garante, che aveva ravvisato un interesse diretto ed un comportamento illecito di RFI in relazione alla vicenda, tant’è che la stessa era stata ritenuta solidalmente responsabile con le due imprese operanti sul mercato ferroviario, mentre il Consiglio di Stato escludeva il coinvolgimento di FSI ma riteneva ugualmente responsabili le due società ferroviarie, ricostruendo diversamente anche sul piano dei fatti l’apporto di entrambe nell’illecito anticoncorrenziale.
Anche RFI, analogamente a Trenitalia, ritiene che il Consiglio di Stato si sarebbe dovuto limitare ad annullare il provvedimento rinviando eventualmente gli atti all’Autorità garante.
***
Entrambi i ricorsi sono complessivamente inammissibili. Essi pongono in buona parte analoghe questioni, che verranno esaminate in parallelo.
9. Il terzo motivo di ricorso proposto da Trenitalia e il secondo motivo proposto da RFI denunciano entrambi il diniego di giurisdizione da parte del Consiglio di Stato per non aver sollevato questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia Ue in relazione alla interpretazione dell’art. 102 del Trattato.
9.1. Preliminarmente, sotto il profilo dell’ammissibilità formale dei motivi, è da dire che, come segnalato nelle sue difese dall’AGCM, nessuno dei due ricorrenti indica, neppure per sommi capi, quale quesito pregiudiziale il Consiglio di Stato avrebbe dovuto proporre nè trascrive il quesito prospettatogli dalle parti. Entrambi i motivi dei due diversi ricorsi presentano quindi un profilo di genericità.
9.2. I ricorsi si collocano nel momento successivo al consolidarsi dell’attuale orientamento di legittimità in merito ai limiti della sindacabilità dei provvedimenti giudiziari resi dai giudici speciali per motivi di giurisdizione, limitato alle ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione e di violazione dei limiti esterni della giurisdizione, e del superamento dal più ampio orientamento precedente, che attribuiva alla nozione di eccesso di potere giurisdizionale la più estesa accezione di radicale stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali, quale causa di denegata giustizia (in tal senso cfr. SU n. 2242 del 6 febbraio 2015 e n. 31226 del 29 dicembre 2017), nel rispetto delle linee tracciate da Corte cost. n. 6 del 2018.
Tuttavia, auspicano una rimeditazione dell’attuale orientamento, con ritorno ad una maggiore ampiezza del sindacato della Corte, richiamando a questo scopo l’ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020, con la quale le Sezioni Unite della Corte, previa un’ampia ricognizione dei precedenti, sottoponevano alla Corte di giustizia tre questioni pregiudiziali, tutte connesse al tema se la mancata applicazione del diritto dell’Unione ovvero il mancato esercizio dell’obbligo di rinvio pregiudiziale proprio da parte del Consiglio di Stato quale giudice amministrativo di ultima istanza diano luogo ad un’usurpazione della competenza interpretativa esclusiva della Corte di giustizia in materia di diritto dell’Unione e, come tali, costituiscano un eccesso di potere, scrutinabile dalla Cassazione. Come osserva la controricorrente, l’ambito concettuale dell’ordinanza n. 19598 del 2020 non coincide totalmente, peraltro, con quello della controversia in esame, perché la predetta ordinanza ipotizza il diniego di giurisdizione soltanto quando il giudice nazionale neghi l’accesso alla tutela, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia che invece quella tutela ammette.
9.3. E’ tuttavia dirimente il fatto che tra la proposizione dei ricorsi e l’attuale decisione è intervenuta la sollecitata decisione della Corte di giustizia, che con sentenza in data 21.12.2021 (in causa C-497/20, Ranstad c. Italia), rispondendo ai quesiti posti dal rinvio pregiudiziale di questa Corte ha affermato – e di tanto dà atto già la sentenza di legittimità n. 25503 del 2022, che definisce il giudizio in cui si inserisce l’ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020- che non osta al diritto dell’Unione, sotto il profilo dell’esistenza di una tutela effettiva ed equivalente rispetto alle posizioni soggettive garantite dal diritto interno, una disposizione normativa nazionale, come quella italiana, che impedisce di contestare la conformità al diritto europeo di una sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte di Cassazione.
L’atteggiamento di self restraint adottato dalle Sezioni Unite dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 ha dunque superato il vaglio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea sollecitato dalla predetta ordinanza interlocutoria, ed ha ricevuto conferma nella giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza della Corte di Giustizia del 21 dicembre 2021.
Non vi è spazio pertanto per valutare l’eccesso di potere giurisdizionale in termini nuovi e diversi da quelli posti fissati dalla giurisprudenza di legittimità successiva all’arresto costituzionale del 2018. Si conferma pertanto che, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare in numerose occasioni (ex multis, Cass., S.U., n. 30769 del 2022, n. 27173 del 2022, n. 4116 del 2022, n. 1454 del 2022, n. 31559 del 2021, n. 32673 del 2021), e come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 6 del 2018, l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici).
10. Il primo e il quarto motivo di Trenitalia, nonché il terzo motivo di RFI sostengono il difetto assoluto di giurisdizione, nonché l’eccesso di potere giurisdizionale, per aver il Consiglio di Stato esercitato i poteri di cognizione e di decisione propri della giurisdizione estesa al merito in relazione ad una controversia devoluta alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, sostituendosi di fatto all’autorità di regolazione.
Essi sono inammissibili.
Il Consiglio di Stato, nell’ambito del suo sindacato sulla legittimità dell’atto amministrativo impugnato, era tenuto a ripercorrere le tappe dell’istruttoria, non allo scopo di sovrapporsi alle valutazioni del regolatore, ma al fine di verificare se, come ritenuto da AGCM, il comportamento tenuto dalle due società ferroviarie integrò o meno un abuso, traducendosi nel frapporre ostacoli, fornendo le informazioni a loro esclusiva disposizione allo stesso regolatore in ritardo e con metodo volutamente non corretto, conformemente al principio, già affermato da questa Corte, per cui “Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, pur non estendendosi al merito con conseguente sostituzione di un proprio provvedimento con quello impugnato, comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento dell’atto e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne della legittimità, salvo non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentino un oggettivo margine di opinabilità, nel qual caso il sindacato è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità Garante” (Cass. 5. U. n. 31311 del 2021).
Previo l’esame dei fatti e delle risultanze istruttorie, l’organo di vertice della giustizia amministrativa ha diversamente ricostruito la rilevanza giuridica delle condotte dei soggetti coinvolti, escludendo la compartecipazione all’abuso di posizione dominante da parte di Ferrovie dello Stato. Ciò non ha comportato alcuna sostituzione del giudice amministrativo all’Autorità nella ricostruzione del fatto, in quanto la conclusione cui è pervenuto il Consiglio di Stato sul punto si fonda sulla valutazione, in diritto, della riconducibilità o meno del comportamento dei vari soggetti alla fattispecie dell’abuso di posizione dominante, ed alla affermazione della necessità di individuare, per poter confermare la responsabilità solidale della controllante, al di là della c.d. parental liability, un suo specifico ed efficiente ruolo autonomo per compiere la scelte abusive, da attuarsi per il tramite delle società controllate, ruolo che ha affermato non emergere dai fatti acquisiti al processo.
Deve ritenersi che nella sentenza impugnata siano state diffusamente esposte le ragioni per le quali l’esclusione dalla compartecipazione di FSI all’abuso di posizione dominante non comportava una modificazione degli elementi costitutivi della violazione quale accertata dall’Autorità nei confronti delle altre due imprese, sulla base delle condotte concertative ad esse contestate, che rimanevano inalterate.
In tal modo il Consiglio di Stato ha svolto un’attività interpretativa e di apprezzamento degli elementi di causa che – a prescindere dalla esattezza o meno delle conclusioni cui il Giudice amministrativo è pervenuto – costituisce una prerogativa tipica della funzione giurisdizionale e non può dunque integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost. comma 8 (per un caso analogo già deciso da questa Corte v. Cass. S.U. n. 18080 del 2019). In definitiva, il Consiglio di Stato non si è sostituito alla pubblica amministrazione nella ricostruzione fattuale alla base dell’incolpazione mossa dall’Autorità Garante nei confronti di tutte e tre le società, non avendo modificato gli elementi costitutivi dell’addebito ma avendo semplicemente accertato, sulla base di una adeguata motivazione e sulla scorta delle prerogative della funzione giurisdizionale, che allo stesso restava estranea la società FSI.
11. Sia il secondo motivo di ricorso di Trenitalia che il primo motivo di ricorso di RFI sono poi inammissibili perché entrambi, pur denunciando l’eccesso di potere giurisdizionale ed il superamento del limite esterno della giurisdizione, nonché il radicale stravolgimento dell’art. 102 TFUE conseguente all’adozione di una interpretazione in contrasto con la prassi interpretativa della Corte di Giustizia, tentano direttamente di rimettere in discussione il merito della valutazione, secondo cui le due società, entrambe in posizione dominante nel mercato ferroviario, realizzarono un abuso escludente di tipo dilatorio in danno di Arenaways: i motivi sono volti a contrastare sia la verifica dell’accertamento in fatto compiuta dal Consiglio di Stato, sia la ricostruzione della valutazione in diritto che ne è conseguita, in cui le due società sono state sanzionate perché scientemente hanno frapposto ostacoli dilatori, abusando della loro posizione dominante, all’ingresso della concorrente, che era un nuovo entrante, nel mercato ferroviario, e quindi al più tendono a segnalare un errore in iudicando da parte del Consiglio di Stato, consistente in una errata interpretazione dell’art. 102 del Trattato, sottratta alla sindacabilità da parte della Corte di cassazione.
Neppure può essere presa in considerazione l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, proposta da RFI, in ordine alla esatta interpretazione da dare all’art. 102 del Trattato, in quanto in questa controversia non compete alla Corte, che è giudice solo della giurisdizione nei ristretti limiti sopra indicati, procedere ad una interpretazione delle norme del trattato, giacchè non è questa Corte, in questa sede, chiamata direttamente ad applicarle: l’istanza era stata correttamente indirizzata, nel corso del giudizio di merito, al Consiglio di Stato, che ha ritenuto non sussistesse incertezza interpretativa da dipanare.
Conclusivamente, al di là della formale autoqualificazione dei ricorsi prospettata dai ricorrenti come contenenti motivi attinenti alla giurisdizione, le censure articolate si risolvono, tutte, nella denuncia di meri errores in procedendo o in iudicando che sarebbero stati compiuti dal Consiglio di Stato, come tali non sindacabili dalle Sezioni Unite.
Entrambi i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Entrambi i ricorsi per cassazione sono stati proposti in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e le parti ricorrenti risultano soccombenti, pertanto sono gravate dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi.
Pone a carico delle parti ricorrenti le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 5.000,00 ciascuno per compensi oltre spese prenotate a debito, oltre contributo
spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 22 novembre 2022
Allegati:
SS.UU, 13 febbraio 2023, n. 4291, in tema di ricorso per cassazione
Nota del Dott. Stefano Pugliese
Limiti di sindacabilità dei provvedimenti dell’AGCM
1. I principi di diritto
L’eccesso di potere, denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici).
Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), pur non estendendosi al merito (con conseguente sostituzione di un proprio provvedimento a quello impugnato), comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento dell’atto e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne la legittimità, salvo che non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentino un oggettivo margine di opinabilità.
2. La fattispecie
Due società, dopo esser state sanzionate dall’AGCM per abuso di posizione dominante volto a ritardare e poi impedire l’ingresso di un nuovo operatore nel mercato ferroviario, hanno impugnato il provvedimento dell’Autorità.
Il TAR ha annullato la misura sanzionatoria, ma il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso dell’AGCM, ha confermato l’abuso di posizione dominante in capo alle due società coinvolte, che hanno promosso ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle regole che governano la giurisdizione del giudice speciale.
Con le censure mosse i ricorrenti hanno, in particolare, segnalato, da un lato, il difetto assoluto di giurisdizione, per aver il Consiglio di Stato esercitato i poteri di cognizione e di decisione sostituendosi all’Autorità di regolazione, e, dall’altro lato, il diniego di giustizia derivante dal superamento del limite esterno della giurisdizione, per avere il Consiglio di Stato omesso di investire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea di una questione pregiudiziale dedotta da uno dei soggetti sanzionati.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite si pronunciano su due profili di centrale rilievo per la definizione dei confini del potere giurisdizionale del giudice amministrativo.
Quanto al difetto relativo di giurisdizione – nonostante i ricorrenti abbiano sollecitato la Corte a rimeditare il proprio recente orientamento restrittivo, resosi necessario al fine di attuare le indicazioni tracciate dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 2018 – , la Suprema Corte conferma il proprio atteggiamento di self restraint, ormai avallato anche dalla giurisprudenza eurounitaria (cfr., CGUE, C-497/20, Ranstad c. Italia).
Quanto al difetto assoluto di giurisdizione, il Supremo Collegio, allineandosi ad un proprio precedente arresto (cfr., SS.UU, 03 novembre 2021, n. 31311 in GiurisprudenzaSuperiore.it, Decise, con nota dell’Avv. Alfonso Ciambrone), esclude che la diversa valutazione compiuta dal Consiglio di Stato (in merito alla rilevanza giuridica delle condotte dei soggetti coinvolti) configuri una sostituzione del giudice amministrativo all’Autorità nella attività ermeneutica di ricostruzione del fatto.