Civile Ord. Sez. U Num. 25503 Anno 2022
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO
Data pubblicazione: 30/08/2022
ORDINANZA
sul ricorso 30174-2019 proposto da:
RANDSTAD ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. BERTOLONI 26-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO BRUGNOLETTI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
UMANA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FEDERICO BERTOLDI;
AZIENDA USL VALLE D’AOSTA, IN.VA S.P.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA LUIGI CECI 21, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BORIONI, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO DAL PIAZ;
SYNERGIE ITALIA AGENZIA PER IL LAVORO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERNARDO BUONTALENTI 39/41, presso lo studio del rag. PAOLA FRUSONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ADOLFO MARIO BALESTRERI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5606/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 07/08/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/04/2022 dal Consigliere ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aggiunto LUIGI SALVATO, il quale chiede che la Corte dichiari il ricorso inammissibile.
FATTI DI CAUSA
1.- L’Azienda Usl Valle d’Aosta aveva indetto una procedura di gara per un valore di oltre dodici milioni di euro, da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di individuare una Agenzia per il lavoro, cui affidare per tre anni la somministrazione temporanea di personale a tempo determinato.
2.- La Stazione appaltante aveva previsto negli atti di gara una «soglia di sbarramento» alle offerte tecniche, fissata a 48 punti, onde non sarebbero stati ammessi al prosieguo della gara i concorrenti il cui progetto fosse stato valutato con un punteggio inferiore. Alla procedura avevano partecipato otto concorrenti, tra i quali la Randstad Italia Spa, il raggruppamento formato da Synergie Italia Agenzia per il Lavoro Spa (mandataria) e Umana Spa (mandante) e la Gi Group Spa.
3.- La commissione di gara, valutate le offerte tecniche, aveva ammesso alla fase successiva della valutazione economica delle offerte soltanto il RTI Synergie-Umana e la Gi Group; aveva escluso la Randstad per mancato superamento della «soglia di sbarramento», avendo ottenuto un punteggio inferiore a quello richiesto.
4.- All’esito della graduatoria finale, la Stazione appaltante aveva aggiudicato la gara al RTI Synergie-Umana.
5.- La Randstad impugnava, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta, la propria esclusione per il mancato superamento della «soglia di sbarramento» e, con motivi aggiunti, l’aggiudicazione della gara al RTI Synergie-Umana. Deduceva, al fine di ottenere la riammissione alla gara, l’irragionevolezza dei punteggi tecnici attribuiti alla propria offerta, nonostante l’evidente similarità della stessa con quella del RTI; la inadeguata determinazione dei criteri e sub-criteri di valutazione delle offerte indicati nel disciplinare di gara e il difetto di motivazione circa i voti numerici assegnati alle offerte; la illegittima nomina della commissione di gara, avvenuta dopo l’apertura delle offerte tecniche; la illegittima composizione della commissione con una persona incompatibile; la mancata suddivisione della gara in lotti.
6.- L’Azienda Usl Valle d’Aosta e il RTI Synergie-Umana resistevano ed eccepivano l’inammissibilità dei motivi di ricorso della Randstad: assumevano che quest’ultima fosse priva di legittimazione a proporli, essendo stata comunque esclusa dalla gara. La In.Va Spa, stazione appaltante, non si costituiva nel giudizio.
7.- Il Tribunale amministrativo regionale rigettava le eccezioni relative alla legittimazione della ricorrente (ad avviso del Tribunale, la Randstad legittimamente aveva partecipato alla gara, essendo incontestatamente in possesso dei requisiti di ammissione, e ne era stata esclusa, a causa della valutazione negativa della sua offerta tecnica, dunque era legittimata a contestare l’esito della gara in ogni suo profilo) e, esaminando tutti i motivi di ricorso, li rigettava nel merito.
8.- La Randstad proponeva appello, in via principale, con il quale ribadiva le censure e gli argomenti difensivi svolti in primo grado.
9.- Le società Synergie e Umana proponevano appello in via incidentale e criticavano la sentenza del Tribunale amministrativo regionale nella parte in cui aveva ritenuto ammissibili ed esaminato nel merito le censure dirette al travolgimento della gara, in quanto impropriamente proposte da un soggetto non legittimato a proporle, come la Randstad, che era stata esclusa dalla competizione.
10.- Il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza del 7 agosto 2019, rigettava il motivo del ricorso principale con cui la Randstad contestava l’attribuzione alla propria offerta tecnica di un punteggio insufficiente per il superamento della «soglia di sbarramento», all’esito del cosiddetto confronto «a coppie»; in accoglimento dei ricorsi incidentali di Synergie e Umana, riformava parzialmente la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale aveva esaminato nel merito gli altri motivi del ricorso principale che, ad avviso del Consiglio di Stato, non avrebbe dovuto esaminare perché inammissibili, essendo la Randstad priva di legittimazione a proporli perché esclusa dalla gara.
10.1.- Il Consiglio, quindi, non esaminava nel merito gli altri motivi del ricorso principale proposti da Randstad – che contestavano i criteri generali di valutazione delle offerte, la nomina e composizione della commissione di gara e la mancata suddivisione della gara in lotti – diretti a contestare l’esito della gara e a determinarne il travolgimento. Osservava che, essendo stata esclusa, la Randstad era priva di legittimazione perché «portatrice di un interesse di mero fatto, analogo a quello di qualunque altro operatore economico del settore che non ha partecipato alla gara»: in tal senso affermava di aderire alla giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio (sentenze n. 4 del 7 aprile 2011 e n. 9 del 25 febbraio 2014), secondo la quale, nel caso in cui l’Amministrazione abbia escluso dalla gara un concorrente – sia per difetto delle condizioni soggettive di partecipazione alla gara intese in senso ampio, sia per altre cause derivanti da carenze oggettive delle offerte e, dunque, anche per inidoneità dell’offerta tecnica o mancato superamento della soglia di punteggio minimo attribuibile all’offerta medesima –, esso non ha la legittimazione ad impugnare gli atti di gara, a meno che non ottenga una pronuncia di accertamento della illegittimità della propria esclusione.
11.- Avverso questa sentenza la Randstad ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo, la violazione degli articoli 362, comma 1, cod. proc. civ. e 110 cod. proc. amm., per avere il Consiglio di Stato negato ad un soggetto escluso dalla gara – con provvedimento la cui legittimità non era stata definitivamente accertata, essendo contestata nel giudizio – la legittimazione e l’interesse a proporre le censure volte al travolgimento della gara stessa, riguardanti la inadeguatezza dei criteri di valutazione delle offerte e il difetto di motivazione dei punteggi assegnati alle offerte, nonché le modalità di nomina e composizione della commissione di gara, ai fini dell’esclusione dell’aggiudicatario e comunque della ripetizione della gara; con consequenziale violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, codificato in materia nell’articolo 1, par. 1, terzo comma, della Direttiva Cee 21 dicembre 1989, n. 665, e diniego di accesso alla tutela stessa, censurabile con ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, ai sensi dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, come statuito in precedenti specifici delle Sezioni Unite (sentenze 6 febbraio 2015, n. 2242 e 29 dicembre 2017, n. 31226).
12.- Hanno resistito con controricorsi la Synergie, l’Umana, l’Azienda Usl Valle d’Aosta e la In.Va.
13.- Le Sezioni Unite, con ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020, hanno disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, e la sospensione del giudizio.
14.- La Corte di Giustizia si è pronunciata con sentenza del 21 dicembre 2021, C-497/20, e il giudizio di cassazione – dominato dall’impulso d’ufficio – è proseguito senza necessità di istanza di parte.
15.- Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Le Sezioni Unite, con ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020, hanno operato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, formulando ‒ per quanto ancora interessa – i seguenti quesiti.
2.- Con il primo quesito si chiedeva di chiarire in che misura, per garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dal diritto dell’Unione, l’organo giurisdizionale supremo nazionale (qual è la Corte di cassazione) debba essere riconosciuto competente ad esercitare un controllo giurisdizionale sulle sentenze pronunciate dall’organo della giustizia amministrativa di ultimo grado. In particolare, si chiedeva se le pertinenti disposizioni dei Trattati (e della direttiva 89/665 sull’obbligo degli Stati membri di prevedere ricorsi efficaci in materia di appalti pubblici) ostassero a una interpretazione degli articoli 111, ottavo comma, della Costituzione, 360, primo comma, n. 1, e 362, primo comma, del codice di procedura civile e 110 del codice del processo amministrativo, che ammettono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per «motivi inerenti alla giurisdizione», quale si evince dalla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 e dalla giurisprudenza nazionale successiva (ex plurimis, SU n. 6460 del 6 marzo 2020, n. 29085 del 2019 e, in fattispecie similare, SU n. 13243 del 16 maggio 2019) che, modificando il precedente orientamento (cfr. SU n. 2242 del 6 febbraio 2015 e n. 31226 del 29 dicembre 2017), ha ritenuto che il rimedio del ricorso per cassazione sotto il profilo del cosiddetto «difetto di potere giurisdizionale» non possa essere utilizzato per impugnare sentenze del Consiglio di Stato che facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della Corte di giustizia, in settori disciplinati dal diritto dell’Unione europea (nella specie, in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici) nei quali gli Stati membri hanno rinunciato ad esercitare i loro poteri sovrani (anche giurisdizionali) in senso incompatibile con tale diritto; con l’effetto di determinare il consolidamento delle violazioni del diritto comunitario che potrebbero essere corrette tramite il predetto rimedio e di pregiudicare l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione e l’effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di rilevanza comunitaria, tenuto conto dei limiti alla «autonomia procedurale» degli Stati membri nella conformazione degli istituti processuali, in presenza delle concorrenti condizioni che siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività della tutela giurisdizionale.
2.1.- Al predetto quesito la Corte di Giustizia ha risposto affermando che «l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro (come l’art. 111, comma 8, Costituzione) che secondo la giurisprudenza nazionale produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro».
3.- Con il terzo quesito pregiudiziale le Sezioni Unite chiedevano alla Corte di Giustizia di stabilire se fosse rispettato il principio di effettività della tutela – e, di conseguenza, il principio dell’autonomia procedurale degli Stati – in un caso, come quello in esame, in cui la Randstad, in qualità di offerente escluso dalla procedura di aggiudicazione di un appalto, ha proposto dinanzi al giudice amministrativo un ricorso di primo grado fondato su motivi intesi a contestare l’aggiudicazione dell’appalto ad altra impresa per plurime ragioni, concernenti anche la irregolarità della procedura, e il Consiglio di Stato ha deciso nel senso che il giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare irricevibili i motivi diretti a contestare la decisione di aggiudicazione, sulla base del rilievo che la Randstad era stata esclusa dalla procedura, sebbene l’esclusione non fosse stata ancora definitivamente accertata da un organo giurisdizionale indipendente.
3.1.- Su quest’ultima questione la Corte di Giustizia si è pronunciata in motivazione, osservando che «la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta da parte del Consiglio di Stato, che ha dichiarato irricevibile la parte del ricorso della Randstad con cui quest’ultima contestava l’aggiudicazione dell’appalto al raggruppamento Synergie-Umana, è incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, di quest’ultima. Di conseguenza, la sentenza del Consiglio di Stato non è neppure conforme all’articolo 47, primo comma, della Carta» (p. 77).
3.1.1.- In tale situazione, ad avviso della Corte di Giustizia, «sebbene spetti al giudice del rinvio verificare se nell’ordinamento giuridico italiano esista, in linea di principio, un siffatto rimedio giurisdizionale nel settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici» (p. 63) «che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione» (p. 62), «una norma nazionale [come l’art. 111, comma 8, della Costituzione] che impedisce che le valutazioni di merito effettuate dal giudice amministrativo di ultimo grado possano ancora essere esaminate dall’organo giurisdizionale supremo, non realizza una ingiustificata limitazione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, del diritto di ricorrere a un giudice imparziale sancito all’articolo 47 della stessa», avendo comunque i singoli «accesso, nel settore interessato, a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge» (p. 69). Pertanto – ad avviso della Corte Europea – «[non potendosi] ritenere a priori che il diritto processuale italiano, di per sé, [abbia] l’effetto di rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, in tale settore del diritto amministrativo, dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione» (p. 63), il principio di effettività della tutela giurisdizionale è garantito dall’ordinamento italiano con modalità rispettose dell’autonomia procedurale degli Stati.
4.- La predetta sentenza della Corte di Giustizia è vincolante per il giudice di rinvio (cfr. Corte di giustizia, 16 giugno 2015, C-62/14, Gauweiler, p. 16), come lo sono tutte le statuizioni della Corte di giustizia, anche fuori del contesto processuale che le hanno provocate, avendo operatività immediata negli ordinamenti interni «al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili cui ineriscono» (cfr. Corte cost. n. 284 del 2007).
5.- La portata del vincolo è modellata – come sempre – dal contenuto della statuizione che, nella specie, ha avuto ad oggetto la questione della compatibilità con le pertinenti norme unionali della interpretazione in senso limitativo delle disposizioni nazionali in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, come emergente dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite successiva alla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 che, dichiarando inammissibile una questione di costituzionalità proposta dalle stesse Sezioni Unite per difetto di rilevanza, aveva ritenuto ingiustificato il controllo cassatorio sulle sentenze del Consiglio di Stato, nei casi di violazione di norme dell’Unione, come interpretate dalla Corte di Giustizia.
6.- Come si è detto, tale più recente interpretazione ‒ superando quella precedente che attribuiva alla nozione di eccesso di potere giurisdizionale la più estesa accezione di radicale stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali, quale causa di denegata giustizia (in tal senso cfr. SU n. 2242 del 6 febbraio 2015 e n. 31226 del 29 dicembre 2017) – è stata fatta propria dalle Sezioni Unite che, con atteggiamento di self restraint, hanno scelto di conformarvisi (cfr. la già citata SU n. 13243 del 2019 in fattispecie similare).
7.- La Corte di Giustizia non si è pronunciata sulla «esatta» o migliore interpretazione delle norme nazionali che prevedono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per i soli «motivi inerenti alla giurisdizione» – che è attribuzione riservata per Costituzione alle Sezioni Unite – ma sulla diversa questione (di rilievo unionale) che le era stata sottoposta, riguardante la compatibilità con il diritto dell’Unione della riferita interpretazione in senso riduttivo degli articoli 111, comma 8, della Costituzione, 360, comma 1, n. 1, e 362, comma 1, c.p.c., fornita dalla giurisprudenza successiva alla sentenza costituzionale del 2018. Il rinvio pregiudiziale muoveva dalla considerazione della peculiarità e originalità del sistema processuale italiano che ammette il ricorso per cassazione avverso le sentenze dell’organo di giustizia amministrativa di ultimo grado nei casi in cui sia denunciato, non solo, il difetto (cd. relativo) di giurisdizione «ratione materiae» (per essere la controversia devoluta ad altro giudice) nel momento in cui il giudice è adìto, ma anche il superamento dei limiti esterni nell’esercizio (o il mancato esercizio) della giurisdizione sugli interessi legittimi e (nelle particolari materie indicate dalla legge) sui diritti soggettivi, che sia tale da inficiare la decisione per ragioni di eccesso e/o difetto assoluto di potere giurisdizionale.
8.- L’atteggiamento di self restraint delle Sezioni Unite dopo la sentenza della Corte costituzione n. 6 del 2018 ha superato (per quanto concerne la questione posta nel primo quesito, sub 2-2.1) il vaglio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea sollecitato, in questo stesso giudizio, dall’ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020 ed ha ricevuto conferma nella giurisprudenza successiva alla sentenza della Corte di Giustizia del 21 dicembre 2021 (cfr. SU n. 1454 del 18 gennaio 2022).
9.- Non vi è spazio, nel presente giudizio, per valutare l’eccesso di potere giurisdizionale in termini nuovi e diversi da quelli posti a fondamento del rinvio pregiudiziale secondo le direttrici della giurisprudenza di legittimità successiva all’arresto costituzionale del 2018, senza possibilità di riproporre, come vorrebbe la ricorrente (anche nella seconda memoria), una nozione di eccesso di potere come denegata giustizia conseguente al radicale stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali.
10.- Sebbene non esista nel nostro sistema processuale una norma che imponga la regola dello «stare decisis», la conferma dei propri precedenti da parte delle Sezioni Unite costituisce un valore o, comunque, una direttiva di tendenza immanente nell’ordinamento (cfr. SU n. 13620 del 31 luglio 2012) che, nella fattispecie in esame, trova giustificazione ulteriore – per ragioni di coerenza processuale e prevedibilità della giurisdizione – se si considera che nello stesso giudizio sul ricorso Randstad l’opzione interpretativa circa il significato e l’ambito applicativo della categoria nazionale dell’eccesso di potere giurisdizionale è stata già compiuta in termini che, per le ragioni esposte, si reputano vincolanti.
11.- La questione riguardante il secondo quesito pregiudiziale proposto nell’ordinanza interlocutoria (circa la compatibilità con il diritto dell’Unione della giurisprudenza nazionale che intende in senso limitativo il sindacato della Corte di cassazione sulle sentenze del giudice amministrativo che immotivatamente si sottraggano all’obbligo di rinvio pregiudiziale) è assorbita, alla luce della innovativa risposta fornita dalla Corte di Giustizia (p. 83-84), la quale le ha giudicate non rilevanti in ragione del fatto che la Randstad non ha formulato motivi di ricorso per cassazione vertenti sul fatto che il Consiglio di Stato, in violazione dell’art. 267 TFUE, abbia omesso di sottoporre alla stessa Corte Europea una domanda di pronuncia pregiudiziale.
12.- In conclusione, il ricorso è inammissibile, essendo denunciato un eccesso di potere giurisdizionale non configurabile nella specie, vale a dire un diniego di giustizia da parte del giudice amministrativo di ultima istanza, derivante dal radicale stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali, come interpretate in senso incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, che è ipotesi estranea al perimetro del sindacato riservato alle Sezioni Unite per motivi inerenti alla giurisdizione.
13.- Le spese devono essere compensate, in considerazione della particolare complessità e rilevanza delle questioni trattate.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, dPR n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, 5 aprile 2022
Il Presidente
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 18 settembre 2020, n. 19598, per SS.UU, 30 agosto 2022, n. 25503, in tema di ricorso per cassazione
SS.UU, 30 agosto 2022, n. 25503, in tema di ricorso per cassazione
Nota dell'Avv. Alfonso Ciambrone
È ingiustificato il controllo delle Sezioni Unite sulle sentenze del Consiglio di Stato nei casi di violazione di norme dell’Unione Europea, come interpretate dalla Corte di Giustizia
1. Il principio di diritto
E’ compatibile con le pertinenti norme unionali l’interpretazione in senso limitativo delle disposizioni nazionali (cfr., artt. 111, c, 8, Cost; artt. 360, c. 1, n. 1, e 362, c. 1, c.p.c.) in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, come emergente dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite successiva alla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018.
2. Il motivo di ricorso, l’ordinanza interlocutoria e la decisione pregiudiziale
E’ stata lamentata, con il ricorso per cassazione, la violazione degli artt. 362, c. 1, c.p.c. e 110 c.p.a., per avere il Consiglio di Stato negato ad un soggetto escluso dalla gara – con provvedimento la cui legittimità non era stata definitivamente accertata, essendo contestata nel giudizio – la legittimazione e l’interesse a proporre censure volte al travolgimento della gara stessa, ai fini dell’esclusione dell’aggiudicatario e comunque della ripetizione della gara; con conseguente violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, codificato in materia nell’art. 1, par. 1, c. 3, della Direttiva 89/665, e diniego di accesso alla tutela stessa.
A fronte di ciò, le Sezioni Unite hanno operato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, formulando i seguenti quesiti:
a) in che misura, per garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dal diritto dell’Unione, l’organo giurisdizionale supremo nazionale deve essere riconosciuto competente ad esercitare un controllo giurisdizionale sulle sentenze pronunciate dall’organo della giustizia amministrativa di ultimo grado ? ;
b) è rispettato il principio di effettività della tutela – e, di conseguenza, il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri – nel caso in cui l’offerente, esclusa dalla gara, abbia contestato l’aggiudicazione ad altra impresa ed il Consiglio di Stato abbia deciso che il giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare irricevibili i motivi diretti a contestare la decisione di aggiudicazione (sulla base dell’esclusione dalla procedura della ricorrente, pur non definitivamente accertata) ?
Al primo quesito la Corte di Giustizia ha risposto affermando che le norme unionali, in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (cfr., artt. 4, par. 3, e 19, par. 1, TUE; art. 1, par. 1 e 3, della Direttiva 89/665), non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro (come l’art. 111, c. 8, Cost.) che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’impossibilità di contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro (il Consiglio di Stato) nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro (la Corte di Cassazione).
Al secondo quesito la Corte di Giustizia, pur riconoscendo che dichiarare irricevibile la contestazione dell’aggiudicazione di un appalto da parte di un’impresa provvisoriamente esclusa è incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’art. 1, par. 1 e 3, della Direttiva 89/665, ha risposto osservando che “una norma nazionale (come l’art. 111, c. 8, Cost.) che impedisce che le valutazioni di merito effettuate dal giudice amministrativo di ultimo grado possano ancora essere esaminate dall’organo giurisdizionale supremo, non realizza una ingiustificata limitazione, ai sensi dell’art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, del diritto di ricorrere a un giudice imparziale sancito all’art. 47 della stessa”, avendo comunque i singoli “accesso, nel settore interessato, a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”.
3. Riflessioni conclusive
Il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per “motivi inerenti alla giurisdizione” continua a non poter essere utilizzato per impugnare pronunce che facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale (come quelle che negano la possibilità per l’impresa provvisoriamente esclusa di contestare l’aggiudicazione ad altra concorrente) confliggenti con sentenze della Corte di Giustizia, in settori disciplinati dal diritto dell’Unione Europea nei quali gli Stati membri hanno rinunciato ad esercitare i loro poteri sovrani (anche giurisdizionali) in senso incompatibile con tale diritto.
In altre termini, non vi è, ad oggi, spazio per valutare l’eccesso di potere giurisdizionale in termini nuovi e diversi dalle direttrici della giurisprudenza di legittimità successiva all’arresto costituzionale del 2018 (cfr., ex plurimis, SS.UU, 06 marzo 2020, n. 6460; 18 gennaio 2022, n. 1454).
Ancora una volta, sebbene non esista nel nostro sistema processuale una norma che imponga la regola dello “stare decisis”, la conferma dei propri precedenti da parte delle Sezioni Unite costituisce un indiscusso valore o, comunque, una direttiva di tendenza immanente nell’ordinamento.