Cass. civ. Sez. Unite, Ord., (ud. 20/06/2023) 04-07-2023, n. 18847
COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIVILE
Regolamento di giurisdizione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f. –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27376-2022 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI BATTISTA MARTINI 13, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DI PORTO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati SIMONE CONTI e FRANCESCO NEBOLI;
– ricorrente –
e B.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRATTINA 75, presso lo studio dell’avvocato MICHELA CORIGLIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VIVIAN JULIA DONATH;
– controricorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 51724/2021 del TRIBUNALE di ROMA. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2023 dal Consigliere ORONZO DE MASI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale MAURO VITIELLO, il quale chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il ricorso ed affermi la giurisdizione del Giudice italiano.
Svolgimento del processo
A.A., dottore commercialista e revisore legale, propone ricorso per regolamento di giurisdizione in relazione alla causa pendente avanti al Tribunale di Roma (RGN. 51724/2021), promossa con atto di citazione notificato il 27/8/2021, al suo indirizzo estero di Londra, ad B.B., la quale resiste con controricorso.
Il A.A. ha agito in giudizio “per ottenere il pagamento delle prestazioni professionali fornite (…) in esecuzione di un apposito mandato” a favore della predetta cliente e consistite “nella consulenza patrimoniale, fiscale e societaria”.
Riferisce che “il conferimento dell’incarico professionale (…) è avvenuto a Roma”, nel 2014, e che la B.B. è una imprenditrice, la quale opera “attraverso la società Immobiliare Arena Blu Srl (…) di cui detiene l’intera partecipazione (…) la società B.B. M.D. (..) di cui detiene sempre l’intera partecipazione sociale” e, dunque, con affari e interessi “concentrati in Italia, e, in particolare, a Roma (..) sia nel campo immobiliare sia in quello farmaceutico”, per cui “le prestazioni richieste al Dott. A.A. erano sostanzialmente finalizzate a supportare l’attività imprenditoriale svolta dalla Dott.ssa B.B.”.
Evidenzia che “proprio in virtù del luogo di residenza, del luogo di svolgimento dell’attività imprenditoriale, nonchè della sede delle società della Dott.ssa B.B. (la stessa) ha dunque rivolto la propria attività professionale verso l’Italia e, nello specifico, verso Roma”.
La B.B., sin dal suo primo atto difensivo, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano, sostenendo che “aveva infatti (ed ha tuttora) non soltanto il domicilio sul suolo britannico (ma anche la residenza) precisamente “a (Omissis) (sin dal novembre 2019), come risulta dal relativo certificato AIRE”.
Convenuta in giudizio ha, peraltro, negato la legittimazione processuale del A.A., assumendo di non aver intrattenuto un rapporto contrattuale diretto con il professionista, il quale come legale rappresentante della BBS Finance Srl aveva stipulato un contratto di prestazione di servizi con la Consulting & Legal Services Scarl per rendere, attraverso la società, una serie di attività in suo favore.
Ha, poi, dedotto di non aver “rivestito la qualifica di “professionista”” e negato che il A.A. avesse svolto prestazioni “finalizzate a supportare l’attività imprenditoriale di B.B.”, essendo semmai lei stessa a rivestire “esclusivamente quella di “consumatore””, donde la conseguente applicazione della
tutela privilegiata di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005 e l’attrazione della controversia innanzi al giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore medesimo.
La controricorrente riferisce che l’unico contratto venuto in essere è quello da lei “sottoscritto in data 3 novembre 2014” con la Consulting & Legal Services Scarl , riferibile alla “proposta di gestione (Omissis) “per attività servente e di organizzazione fiscale previdenziale per le competenze delle attività professionali” per la durata di un anno”.
Ribadisce di essere rimasta estranea al contratto che, in pari data, “la Consulting & Legal Services Scarl ha sottoscritto con la BBS Srl , di cui Dottor A.A. era in allora il legale rappresentante, un Contratto di prestazione di servizi affinchè prestasse “anche con l’ausilio dei propri collaboratori – per conto del Cliente (-) le attività come di seguito elencate nei confronti della Dottoressa B.B., nata a (Omissis), codice fiscale (Omissis) (…)”.
Alla società Consulting & Legal Services, sempre secondo la controricorrente, spettava di svolgere “attività servente e di organizzazione per la prestazione di consulenza professionale che il commercialista si era impegnato a svolgere non in proprio ma attraverso la propria società e con la propria struttura”.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, il A.A. “assume la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 1, nonchè alla luce della disciplina del Codice del Consumo, deducendo che la B.B. “ha sì trasferito la propria residenza a Londra, ma ha mantenuto il proprio domicilio a Roma”, atteso che, ai sensi dell’art. 43 c.c., per domicilio deve intendersi il luogo in cui la persona “ha stabilito la sede principale dei suoi affari” e deduce che l’attività imprenditoriale della stessa viene svolta in Italia, precisamente a Roma, “attraverso due società delle quali detiene l’intero capitale sociale”. Deduce, altresì, che ove anche si volesse attribuire alla B.B. la qualifica di “consumatore”, ai sensi dell’art. 66 bis del Codice del Consumo, “la competenza territoriale inderogabile sarebbe comunque “del giudice del luogo di domicilio del consumatore””.
Con il secondo motivo deduce, in via subordinata, la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, ai sensi dalla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, secondo i criteri di cui al Reg. UE n. 1215 del 2012 (c.d. “Bruxelles I bis”), in quanto anche se la B.B. avesse effettivamente trasferito a Londra non solo la residenza ma anche il domicilio, troverebbero applicazione i “criteri speciali” di collegamento previsti dal richiamato Regolamento UE, trovandosi la parte convenuta “nel territorio di uno Stato non vincolato dal medesimo Regolamento (come è il Regno Unito a seguito della Brexit”. Deduce, altresì, che discutendosi di un contratto di prestazione di servizi, il criterio che viene in rilievo è quello previsto dall’art. 7 del Regolamento “Bruxelles I bis”, il quale radica la giurisdizione nel Paese “in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto esser prestati in base al contratto””.
Con il terzo motivo deduce “l’inapplicabilità, in ogni caso, della disciplina del foro esclusivo del consumatore, in quanto la B.B. “non può essere considerata “consumatore” bensì “professionista””, essendo il dedotto contratto “per la gestione patrimoniale, fiscale e societaria” funzionalmente collegato con la gestione di partecipazioni societarie (in Immobiliare Arena Blu Srl e in B.B. M.D. Srl ) e, dunque, destinato a soddisfare non esigenze della vita quotidiana della persona fisica, bensì l’attività imprenditoriale alla B.B. riconducibile.
Il ricorso è ammissibile.
Avuto riguardo all’udienza di trattazione della causa innanzi al giudice monocratico, ex art. 281 sexies c.p.c., va rilevato che la preclusione all’esperibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., per effetto di una decisione nel merito in primo grado, si verifica dal momento in cui la causa viene trattenuta per la sentenza, momento che, segnando il radicamento dei poteri decisori del giudice, osta a che il regolamento medesimo possa assolvere lo scopo di una sollecita definizione della questione di giurisdizione investendone in via preventiva la Suprema Corte (Cass. Sez. Un., n. 8076/2012; n. 25256/2009).
Nella specie, il ricorso ex art. 41 c.p.c., risulta notificato in data 18/11/2022, mentre l’udienza per la discussione ex art. 281 sexies c.p.c., era fissata per il giorno 29/11/2022.
I motivi del regolamento preventivo di giurisdizione sono connessi e possono essere esaminati in modo congiunto.
Deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice italiano da questa Corte, conformemente a quanto osservato dal P.G. nelle rassegnate conclusioni.
Il giudizio del quale si discute è iniziato il 27/8/2021, innanzi al Tribunale Civile di Roma.
Secondo l’esposizione dei fatti contenuta nell’atto di citazione, la vicenda da cui trae origine la controversia riguarda il preteso affidamento, da parte della B.B. al A.A., dell’attività di “consulenza per la gestione patrimoniale e societaria”, come da formale “mandato” conferito al professionista, attività da rendere nell’ambito di un rapporto di prestazione d’opera intellettuale, sensi dell’art. 2230 e segg. c.c., asseritamente iniziato nel novembre 2014 e conclusosi due anni e mezzo dopo, allorquando, a causa dell’inadempienza contrattuale della cliente ed a seguito dell’intervenuto recesso del professionista, è stata giudizialmente domandata la condanna della B.B. al pagamento dei corrispettivi medio tempore maturati.
La questione di giurisdizione deve essere risolta in base alla L. 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato).
Dispone l’art. 3 della legge citata che: “1. La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 2. La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l’Italia, anche allorchè il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio”.
Il criterio di giurisdizione previsto dal comma 1 della norma, abbandonato il previgente criterio della cittadinanza italiana del convenuto, attribuisce rilievo al fatto di trovarsi in Italia il domicilio o la residenza o, implicitamente, la sede per le persone giuridiche, o la presenza di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio.
Si è in tal modo privilegiato, ai fini della giurisdizione, il radicamento effettivo in Italia della persona del convenuto, sia esso cittadino o straniero, avuto riguardo ai rapporti giuridici che a lui o a lei fanno capo.
Dell’art. 3, il comma 2 della legge citata contempla alcuni criteri speciali e, in forza del rimando della norma nazionale alla Convenzione di Bruxelles del 1968 e successive modificazioni, in vigore per l’Italia, riguardante le controversie in materia civile e commerciale, cui è seguito il Regolamento Bruxelles I (n. 44 del 2001), sostitutivo della predetta convenzione, e Bruxelles I-bis (n. 1215 del 2012), stabilisce che la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi di cui al comma 1, collegati, appunto, al domicilio o alla residenza in Italia del convenuto, o all’esistenza di un suo rappresentante ex art. 77 c.p.c., anche allorchè il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, ove si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione.
Si è in tal modo data rilevanza, nelle materie considerate alle sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione (competenze speciali in materia di obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali), alle stesse circostanze fattuali, “anche allorchè il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente”, e cioè sia nel caso in cui si applichi, sia nel caso in cui non si applichi la Convenzione di Bruxelles quale fonte internazionale vincolante.
I criteri sopra menzionati sono stati fatti propri dal diritto interno italiano per le materie in cui si applica la Convenzione e valgono nei confronti di tutti i soggetti convenuti, come se fossero stati da esso direttamente previsti, donde anche il potere esclusivo del giudice nazionale di interpretare il diritto interno e di individuare nell’ordinamento processuale la disciplina del caso concreto.
Al presente giudizio, iniziato dopo il 31/12/2020, non è applicabile il Regolamento UE n. 1215 del 2012, ai sensi dell’art. 67 del Brexit Withdrawal Agreement, perchè il Regno Unito non è Paese membro dell’Unione Europea ed alla suddetta data si è concluso il periodo di transizione previsto dall’art. 126 dell’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione Europea e dalla Comunità Europea dell’energia atomica accordo (cosiddetto Brexit Withdrawal Agreement).
Infatti, l’art. 67, comma 1, dell’accordo citato, dispone: “Nel Regno Unito, nonchè negli Stati membri in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, ai procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione e ai procedimenti o alle cause connesse ai sensi degli artt. 29, 30 e 31 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio (73), dell’art. 19 del regolamento (CE) n. 2201/2003 o degli artt. 12 e 13 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio (74), si applicano gli atti o le disposizioni seguenti: a) le disposizioni del regolamento (UE) n. 1215/2012 riguardanti la competenza giurisdizionale….”.
Le Sezioni Unite di questa Corte (n. 31963/2021) hanno avuto modo di precisare, in tema di giurisdizione del giudice italiano, che nei procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione – conclusosi il 31/12/2020 – previsto dall’art. 126 del Brexit Withdrawal Agreement (approvato il 17/10/2019 ed entrato in vigore l’1/2/2020) trova applicazione il Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, ai sensi dell’art. 67 del citato accordo, ancorchè il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord non sia più un Paese membro dell’Unione Europea.
Ebbene, dal venir meno della fonte comunitaria nei rapporti con il Regno Unito e dalla non applicabilità diretta della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, non avendo il Regno Unito aderito a tale convenzione internazionale, consegue che la questione della competenza giurisdizionale debba essere necessariamente risolta sulla base delle norme di diritto processuale civile internazionale del Paese in cui si intende avviare la causa (art. 4 della Convenzione di Bruxelles e art. 6 del Regolamento UE n. 1215 del 2012).
Operano, quindi, i criteri di collegamento all’uopo stabiliti dal diritto interno ed, innanzitutto, quelli di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 1, che per il radicamento della giurisdizione attribuisce rilievo, tra l’altro, alternativamente, al domicilio e alla residenza del convenuto in Italia.
Parte ricorrente assume, al riguardo, che la B.B., cittadina italiana, a prescindere dalle risultanze dell’iscrizione nell’anagrafe dei residenti all’estero (AIRE), pur risiedendo anagraficamente in Gran Bretagna, ha di fatto mantenuto in Italia il suo domicilio, inteso come sede principale di affari ed interessi economici e, segnatamente, a Roma, dove hanno sede le due società, interamente possedute, la Immobiliare Arena Blu Srl e la B.B. M.D. Srl , attraverso le quali gestisce immobili di proprietà, svolge attività di acquisto, vendita, permuta e locazione degli stessi, nonchè produce e commercializza prodotti farmaceutici, parafarmaceutici e medicinali e gestisce marchi e brevetti di specialità medicinali.
Com’è noto, l’identificazione del giudice cui spetta la giurisdizione in ordine ad una controversia caratterizzata da elementi di estraneità all’ordinamento italiano integra questione di carattere processuale, in relazione alla quale la Suprema Corte, chiamata ad operare come giudice anche del fatto, può procedere non solo alla verifica della corretta individuazione ed interpretazione della disciplina applicabile, ma anche alla ricostruzione della vicenda sottoposta al suo esame, nei limiti in cui ciò risulti necessario per l’applicazione della predetta disciplina (Cass. Sez. Un., n. 156/2020; n. 1717/2020; n. 5830/2022).
Per affermare in base allo stato di fatto che sussiste la giurisdizione italiana e non quella del giudice straniero, detto stato di fatto deve emergere dalle risultanze delle prove raccolte, in base alle regole probatorie del processo, e non si può giudicare in base ad una mera ipotesi non accertata (Cass., Sez. Un, n. 103/1954; Cass. n. 2004/1974).
La giurisdizione, inoltre, si determina sulla base della domanda, individuata con riferimento al petitum sostanziale, identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto della causa petendi, vale a dire della effettiva consistenza della situazione soggettiva giuridicamente tutelata dedotta in giudizio, identificata con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono rappresentazione.
Occorre, dunque, guardare al petitum sostanziale, in funzione della causa petendi, rappresentata dalla “intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio”, che il giudice deve accertare “con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione” (da ultimo, Cass. Sez. Un., n. 6001/2021).
Tanto premesso, corre l’obbligo di evidenziare che le deduzioni dell’odierno ricorrente volte a superare il dato oggettivo ricavabile dalle risultanze probatorie documentali, costituito dal certificato di residenza per gli italiani residenti all’estero rilasciato dal Comune di Roma e prodotto dalla B.B., non appaiono corroborate da evenienze conclamanti un luogo di domicilio diverso da quello coincidente con la residenza anagrafica (art. 43 c.c.).
Le circostanze allegate (plurime proprietà immobiliari in Italia, detenzione dell’intero capitale delle società di diritto italiano Immobiliare Arena Blu e B.B. M.D. anche se amministrate da altri, titolarità in capo alla B.B. di marchi e domande di brevetto, con versamento in Italia delle relative imposte) non appaiono dotate di specifica attitudine dimostrativa e risulta incerto l’esito della valutazione di detti elementi anche in termini di prova per presunzioni.
Ne discende, sul piano della prova, la decisività del documento che, pur avendo valore presuntivo certamente non assoluto, indica in Londra il luogo di residenza (anche fiscale) della convenuta, sin dal 6/11/2019, luogo nel quale, peraltro, si è perfezionata la notifica (“presso il Consolato Italiano”) dell’atto introduttivo del giudizio.
In difetto di prova contraria, come di regola avviene per le presunzioni, non v’è, quindi, ragione per escludere la coincidenza del domicilio con il luogo di residenza della parte convenuta.
Vanno, allora, scrutinati i criteri di cui alla L. n. 218 del 1992, art. 3, comma 2 che “estendono” la giurisdizione italiana, nelle materie civili e commerciali considerate alle sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione di Bruxelles, nell’ipotesi – che qui ricorre – del convenuto non domiciliato nel territorio di uno degli Stati aderenti (Cass. Sez. Un. 18299/2021 e n. 7065/2023).
Sotto tale profilo, è ininfluente la mancata appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea, considerato che le norme convenzionali sono destinate a rilevare, nel caso di specie, come diritto interno.
Orbene, la Convenzione, Sezione 2 (Competenze speciali), art. 5, prevede, tra l’altro, che “Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente: 1) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; in materia di contratto individuale di lavoro, il luogo è quello in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività; qualora il lavoratore non svolga abitualmente la propria attività in un solo paese, il datore di lavoro può essere citato dinanzi al giudice del luogo in cui è situato o era situato lo stabilimento presso il quale è stato assunto;”.
L’odierno ricorrente, “dottore commercialista e revisore contabile”, ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale Ordinario di Roma, la B.B., cittadina italiana residente all’estero, per sentire: “I) accertare e dichiarare il diritto del Dott. A.A. a percepire e dalla Dott.ssa B.B. il compenso maturato per lo svolgimento dell’attività professionale di cui all’incarico conferito il 3 novembre 2014, per le ragioni di cui (…). II) per l’effetto, condannare la Dott.ssa B.B. a pagare al Dott. A.A. la somma di Euro 6.227.799,00 o quella maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2001 e oltre accessori di legge. Con vittoria delle spese di lite, oltre accessori di legge” (v. conclusioni rassegnate nell’atto di citazione).
Ed allora, la giurisdizione sulla domanda proposta dal professionista, con studio in “Brescia e Milano”, e con “uffici di “rappresentanza” in Roma e Bruxelles”, spetta, in base all’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1998, richiamata dalla L. n. 218 del 1995, art. 3 al giudice del luogo dove la prestazione è stata eseguita, perchè l’attività intellettuale richiesta per l’esecuzione del contratto di prestazione d’opera, secondo quanto allegato e dedotto dall’attore, venne posta in essere “in prima persona dal Dott. A.A.”, ovvero in un ambito territoriale determinato coincidente con quello ricavabile dalla diversa narrazione della B.B., la quale riferisce l’attività mirante alla cura dei propri interessi patrimoniali in Italia, alla Consulting & Legal Services Scarl e, mediatamente, alla BBS Finance Srl , rientrando il A.A. tra i “collaboratori” ausilianti quest’ultima, autorizzati ad operare nell’interesse della cliente, società entrambe con sede a Roma e pacificamente operanti in Italia, sulla base di incarico conferito anch’esso (a Roma) in Italia.
Del resto, il rapporto contrattuale dedotto in giudizio, secondo la narrativa attorea, aveva tratto origine da due incontri avvenuti a Roma, il secondo dei quali conclusosi, appunto, con la formalizzazione, da parte della B.B., dello “incarico di gestire, sia dal punto di vista fiscale che da quello societario, il proprio patrimonio”, in Italia, e si era estrinsecato in molteplici attività “di natura professionale altamente qualificata”, entrando in crisi a seguito “del contenzioso dalla stessa (B.B.) instaurato nei confronti della sorella Paola per la successione ereditaria del padre”, concludendosi, infine, con la comunicazione di recesso del professionista (v. atto di citazione).
Il criterio appropriato per individuare il giudice avente la giurisdizione sulla domanda, di norma, è da ritenere quello della sede che il professionista ha al momento in cui riceve l’incarico, che è il luogo in cui egli elabora le prestazioni che si rendono di volta in volta necessarie nell’interesse del cliente e, nel caso di specie, il A.A. agisce per il corrispettivo di attività professionale svolta in Italia e da retribuirsi in Italia.
Per radicare la giurisdizione nel Regno Unito, quale Stato nel cui territorio si trova il domicilio del consumatore evocato in giudizio, la B.B. ha pure fatto riferimento, quanto al domicilio a Londra, alla normativa posta a tutela il consumatore, destinata a prevalere su ogni altra, in virtù delle esigenze di protezione, anche di natura processuale, della parte debole del rapporto contrattuale.
L’art. 13 della più volte richiamata Convenzione, Sezione 4 (Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori), prevede che: “In materia di contratti conclusi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in appresso denominata “consumatore”, la competenza è regolata dalla presente sezione, salve le disposizioni dell’art. 4 e dell’art. 5, punto 5.
1) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali;
2) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni;
3) qualora si tratti di un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizio o di beni mobili materiali se: a) la conclusione del contratto è stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se b) il consumatore ha compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto.
Qualora la controparte del consumatore non abbia il proprio domicilio nel territorio di uno Stato contraente, ma possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra filiale in uno Stato contraente, essa è considerata, per le contestazioni relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di tale Stato”.
L’art. 14 prevede, poi, che: “L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio, sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato il consumatore.
L’azione dell’altra parte del contratto contro il consumatore può essere proposta solo davanti ai giudici dello Stato nel cui territorio il consumatore ha il proprio domicilio.
Queste disposizioni non pregiudicano il diritto di proporre una domanda riconvenzionale davanti al giudice della domanda principale in conformità della presente sezione.”.
Anche i regolamenti Bruxelles I-bis e Roma I, seppure con formule parzialmente diverse tra loro, prendono in considerazione il consumatore quale persona fisica che concluda contratti internazionali per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività commerciale o professionale con un’altra persona che agisca nell’esercizio della sua attività commerciale o professionale, riprendendo una definizione già contenuta nelle Convenzioni antecedenti i regolamenti, che è stata fatta oggetto nel tempo di un’opera di cesellamento da parte della Corte di Giustizia la quale ne ha definito i termini restringendone progressivamente l’ambito soggettivo di applicazione, al fine di evitare che una protezione troppo estesa della parte debole gravasse poi sugli scambi commerciali intracomunitari.
Il ricorrente deduce che la contraente B.B. ha assunto, nel rapporto de quo, non la veste di “consumatore”, richiesta per applicazione della tutela consumeristica, ma quella di “professionista”. L’attività svolta dal A.A., sempre secondo il ricorrente, non sarebbe del tutto estranea all’attività imprenditoriale della cliente, riguardando la “gestione dell’operatività delle suindicate società (…) assistendo (il A.A.) la Dott.ssa B.B. sia negli investimenti immobiliari da effettuare a Roma per il tramite della società Immobiliare Arena Blu Srl , sia nella gestione dei prodotti, brevetti e knowhow della società B.B. M.D. Srl “.
Va detto che non è affatto agevole verificare, sulla scorta delle risultanze versate in atti, l’effettiva estensione dell’attività oggetto dell’incarico professionale dedotto in giudizio e, del resto, la questione è oggetto di acceso contrasto tra le parti in causa.
Nè appare corretto scindere, nella ricostruzione ed interpretazione del dedotto vincolo contrattuale, i contenuti dell’incarico “di consulenza per la gestione patrimoniale fiscale e societaria”, di cui alla scrittura recante la data del 3 novembre 2014 e la sottoscrizione della B.B., da quelli, invece, del contratto, anch’esso sottoscritto in data 3 novembre 2014, con la Consulting & Legal Services Scarl , riferibile alla “proposta di gestione (Omissis) “per attività servente e di organizzazione fiscale previdenziale per le competenze delle attività professionali” per la durata di un anno”, nonchè da quelli, ancora, del contratto stipulato, in pari data, dalla Consulting & Legal Services Scarl con la BBS Srl , di cui Dottor A.A. era all’epoca legale rappresentante, comunque strumentale alle attività d’interesse della B.B..
In forza di un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, “ai fini dell’assunzione della veste di consumatore l’elemento significativo non è il “non possesso”, da parte della “persona fisica” che ha contratto con un “operatore commerciale”, della qualifica di “imprenditore commerciale” bensì lo scopo (obiettivato o obiettivabile) avuto di mira dall’agente nel momento in cui ha concluso il contratto, con la conseguenza che la stessa persona fisica svolgente attività imprenditoriale o professionale deve considerarsi “consumatore” quando conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività (cfr. Cass., 5/5/2015, n. 8904; Cass., 4/11/2013, n. 24731; Cass., 18/9/2006, n. 20175. Cfr. altresì, con riferimento alla fideiussione, Cass., 15/10/2019, n. 25914)” (Cass. n. 6578/2021).
Non è superfluo ricordare che anche nel diritto unionale la nozione di “consumatore”, ai sensi dell’art. 2, lett. b), della direttiva 93/13, ha un carattere oggettivo (v. sentenza Costea, C0110/14, EU:C:2015:538, punto 21) e deve, quindi, essere valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione, spettando al giudice nazionale, investito di una controversia relativa a un contratto idoneo a rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva, verificare, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie e di tutti gli elementi di prova, se il contraente in questione possa essere qualificato come “consumatore” ai sensi della suddetta direttiva (v., in Ric. 2018 n. 31844 sez. M1 ud. 03-12-2019 -4- tal senso, sentenza Costea, C110/14, EU:C:2015:538, punti 22 e 23).
Ciò detto, ad avviso di queste Sezioni Unite, è sufficiente rilevare che sulla scorta delle stesse allegazioni delle parti, le quali collocano, come innanzi ricordato, lo sviluppo dell’intera vicenda negoziale esclusivamente nel territorio nazionale, non ricorrerebbero le ulteriori condizioni di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 13, n. 3, lett. a) e b) ovvero, che la conclusione del contratto sia stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio (il Regno Unito) e che il consumatore abbia compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto.
Va, conseguentemente, dichiarata la giurisdizione del giudice italiano e la causa rimessa davanti al Tribunale Civile di Roma, che provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del giudice italiano e rimette le parti innanzi al Tribunale Civile di Roma che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 20 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2023
Allegati:
SS.UU, 04 luglio 2023, n. 18847, in tema di riparto di giurisdizione
Nota della Dott.ssa Angela De Girolamo
Giurisdizione e mancato pagamento del professionista da parte di società estera
1. Il principio di diritto
La giurisdizione in ordine alla domanda di condanna al pagamento del corrispettivo di un contratto d’opera intellettuale, proposta nei confronti di un cittadino italiano residente all’estero e non avente domicilio in Italia, spetta al giudice italiano (per il richiamo all’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, contenuto nell’art. 3, c. 2 della L. 218 del 1995) se l’obbligazione è sorta o la prestazione è stata eseguita in Italia.
2. La fattispecie
Un dottore commercialista ha lamentato il mancato pagamento di prestazioni professionali rese in Italia; ha invocato la competenza del giudice del luogo in cui era stato conferito l’incarico, nonché del luogo in cui aveva sede legale la società convenuta, ovverosia Roma.
La parte resistente, invece, residente e domiciliata nel Regno Unito, ha sostenuto che la competenza non spettasse al giudice italiano, anche alla luce del D.Lgs. 206/2005, che prevede l’attrazione della controversia innanzi al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza ovvero il domicilio.
3. Riflessioni conclusive
La Cassazione richiama l’art. 3, c. 2, della L. 218/1995, nella parte in cui rinvia alla Sezione II della Convenzione del 1968 e, segnatamente, all’art. 5, in forza del quale la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla Convenzione può essere convenuta in un altro Stato assoggettato alla convenzione stessa “in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita”.
Il criterio di giurisdizione previsto dal c. 1 dell’art. 3 della L. 218/1995 attribuisce rilevanza al fatto che il domicilio ovvero la residenza del convenuto si trovi in Italia (o si trovi nel territorio dello Stato italiano la sede per le persone fisiche o la presenza di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio ex art. 77 c.p.c.).
La norma, al c. 2, stabilisce che la giurisdizione italiana sussiste anche allorchè il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, ove si ricada in una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione concernente la giurisdizione e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, protocollata e firmata a Bruxelles nel 1968 e resa esecutiva con la L. 804/1971.
Successivamente sul punto, sono intervenuti l’art. 68 del Regolamento n. 44/2021 (c.d. Bruxelles I) e l’art. 68 del Regolamento n. 1215/2012 (c.d Bruxelles I-bis), con i quali si precisa che le disposizioni della Convenzione di Bruxelles del 1968 sono sostituite, per i Paesi membri dell’Unione Europea, dal relativo regolamento.
I giudici di legittimità chiariscono che al giudizio avviato in data 31.12.2020 non si applica il Regolamento UE n. 1215/2012, poiché a seguito della c.d. Brexit Withdrawal Agreement, il Regno Unito non è più un Paese membro dell’Unione Europea, essendosi concluso, proprio nel 2020, il periodo di transizione previsto dall’art 126 dell’Accordo sopra richiamato (cfr., SS.UU, n. 31963/2021)
La Corte di Cassazione postula la competenza del giudice italiano, richiamando altresì la disciplina consumeristica: affinché un soggetto possa assumere la qualifica di “consumatore” si deve guardare allo scopo avuto di mira dal medesimo nel momento in cui ha concluso il relativo contratto, con la conseguenza che la stessa persona fisica svolgente attività imprenditoriale ovvero professionale deve considerarsi “consumatore” quando conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio della sua attività professionale.