Civile Ord. Sez. U Num. 20473 Anno 2023
Presidente: DE CHIARA CARLO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO
Data pubblicazione: 17/07/2023
ORDINANZA
sul ricorso 24540-2022 proposto da:
COMUNE DI MOZZATE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ADRIANO PILIA e MARCO LUIGI DI TOLLE;
– ricorrente –
contro
PAPA COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO 233, presso lo studio dell’avvocato RITA TIBERI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCA INGROSSO;
– controricorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 4206/2021 del TRIBUNALE di COMO.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/05/2023 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale CORRADO MISTRI, il quale chiede che la Corte di cassazione dichiari la giurisdizione del Giudice amministrativo.
Fatti di causa
Dopo la sottoscrizione, nel marzo 2003, del piano di zona per l’edilizia economica e popolare (p.e.e.p.) tra il Comune di Mozzate e la Regione Lombardia, il comune pubblicò un bando per l’assegnazione di 25 lotti di terreno a prezzi concordati.
Uno dei lotti, denominato “Brera”, venne assegnato alla Papa Costruzioni s.r.l. con delibera del 9 giugno 2007.
In data 5-3-2008 venne stipulato tra le parti l’atto di vendita dell’area sita in località “Brera”, lotto 6, al prezzo di 552.910,17, di cui 315.158,79 EUR quale corrispettivo del terreno e il resto per oneri di urbanizzazione.
All’atto di compravendita venne allegata la “convenzione area PEEP di via Brera”.
A fronte di pagamenti da eseguire in dodici rate costanti, come da prospetto allegato al contratto, la società dopo le prime quattro rate rimase inadempiente.
Il comune ha chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento del residuo.
La società ha proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Como, chiedendo accertarsi la nullità del decreto per difetto di legittimazione attiva del comune, per l’insussistenza dei presupposti di legge e per l’altrui inadempimento agli obblighi contrattuali sottoscritti.
Nel corso del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo il tribunale ha rilevato d’ufficio che in base all’articolo 133, lett. a), n. 2, del d.lgs. n. 104 del 2010 (cod. proc. amm.) la giurisdizione sarebbe spettata al giudice amministrativo.
Il comune di Mozzate ha proposto un ricorso per regolamento preventivo, sostenendo che invece la giurisdizione debba essere del giudice ordinario, perché col ricorso per decreto ingiuntivo era stato semplicemente azionato il residuo credito vantato nei riguardi della società in forza del contratto di vendita dell’immobile.
Tale pretesa – si dice – aveva trovato la sua base negoziale nella convenzione, allegata al contratto, stipulata ai sensi dell’art. 35 della l. n. 865/71 per la concessione e regolamentazione del diritto di proprietà dell’area di edilizia economica e popolare; e nella sede di opposizione non erano state poste in discussione né la quantificazione del corrispettivo, né l’individuazione del soggetto debitore, né erano state avanzate contestazioni relative al rapporto di concessione.
Per cui in definitiva in ordine al richiesto corrispettivo non sarebbe giunta in esame alcuna attività dell’ente riconducibile al potere discrezionale.
La società ha replicato con apposita memoria.
Le parti hanno depositato ulteriori memorie.
Ragioni della decisione
I. – Non è in discussione il principio per cui la decisione sulla giurisdizione, secondo l’art. 386 cod. proc. civ., è determinata dall’oggetto della domanda.
Rileva in tal senso il petitum sostanziale, che si identifica sia in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, sia e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (ex aliis Cass. Sez. U n. 20350-18, Cass. Sez. U n. 12378-08; più di recente Cass. Sez. U n. 13702-22, Cass. Sez. U n. 7735-23).
II. – Dalla lettura degli atti – che la Corte in questi casi è chiamata a fare autonomamente – emerge in modo lineare che la pretesa avanzata in via monitoria dal comune ha trovato causa nel rapporto sorto tra le parti per effetto dell’atto del 5-3-2008 con allegata la “convenzione area PEEP di via Brera”.
Il ricorrente assume che il petitum sostanziale attiene al perimetro della fattispecie negoziale, vale a dire all’adempimento delle obbligazioni derivate dall’atto di vendita. Non risulterebbero presenti, di contro, a suo dire, i tratti del potere autoritativo (discrezionale) della pubblica amministrazione, essendo state veicolate in monitorio semplici pretese di carattere patrimoniale.
III. – Sennonché ogni valutazione a tal riguardo è preclusa dall’ordinanza n. 27768 del 2020 di queste Sezioni Unite resa in fattispecie esattamente speculare tra le stesse parti.
Quell’ordinanza ha qualificato il rapporto scaturente dal contratto del 5-3-2008 come direttamente afferente alla convenzione urbanistica rientrante nel paradigma degli “accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo” (art. , lett. a), n. 2), d.lgs. n. 104 del 2010, cd. cod. proc. amm.).
Si tratta di un aspetto essenziale, perché all’ordinanza richiamata consegue un giudicato preclusivo inter partes sul profilo qualificatorio, anche in considerazione dell’efficacia panprocessuale della statuizione.
Non è dunque più rilevante l’obiezione del comune secondo la quale l’azione coinvolgerebbe, nella specie, unicamente le obbligazioni discendenti dal contratto del 5-3-2008.
IV. – A questo riguardo la Corte reputa opportuno svolgere le seguenti considerazioni esplicative.
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è configurata dal legislatore nell’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, quanto alle “controversie in materia di (..) 2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni”.
Con l’espressione “controversie in materia di” la norma allude alle pretese che attengono a (o trovano causa in) accordi integrativi o sostitutivi.
La funzione specificativa o, come anche si dice in grammatica, espansiva della materia – “di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo” – attua il definitivo riconoscimento della cd. amministrazione “per accordi”, che ben vero aveva ricevuto una disciplina di carattere generale già con la legge n. 241/1990 (art. 11) e con la successiva legge n. 15 del 2005.
Occorre difatti puntualizzare che già prima della legge n. 241/1990 era di prassi il ricorso allo strumento dei contratti di diritto pubblico per il perseguimento dei fini sottesi all’azione amministrativa. La caratteristica fondamentale di tale strumento è sempre stata integrata dalla mancanza della parità tra i contraenti, viceversa tipica dei contratti di diritto privato.
Ciò è tanto vero che buona parte della dottrina ha ritenuto (e tuttora ritiene) che codeste tipologie di accordi appartengano al novero dei provvedimenti unilaterali della pubblica amministrazione, ancorché con effetti bilaterali vincolanti sia per il privato che per la pubblica amministrazione stessa.
La particolarità dal punto di vista pratico sarebbe in ciò: che la volontà dell’amministrazione resta in ogni caso, secondo questa tesi, prioritaria in ragione della possibilità di porre nel nulla l’efficacia del contratto in ogni momento, mediante una difforme rivalutazione dell’interesse pubblico.
La tesi opposta – altrettanto rappresentata nel panorama dottrinale – è sempre stata invece caratterizzata nel senso che i contratti di diritto pubblico sono, una volta stipulati, veri e propri negozi, dal momento che non c’è un divieto per le pubbliche amministrazioni di ricorrere agli strumenti negoziali per esercitare il potere pubblicistico.
E quindi, una volta stipulati, ogni aspetto consequenziale deve rimanere attratto dalla disciplina di diritto comune.
V. – L’opposizione tra le due tesi si è perpetuata anche dopo la l. n. 241 del 1990.
La legge n. 241/1990, valorizzando normativamente per la prima volta lo strumento convenzionale per l’imposizione di obblighi agli amministrati mediante acquisizione del loro consenso, ha previsto per l’appunto, da un lato, gli accordi sostitutivi, che hanno la caratteristica di sostituirsi ai provvedimenti amministrativi – e che fino alla legislazione del 2005 potevano concludersi solo nei casi previsti dalla legge – e dall’altro gli accordi integrativi, che hanno come caratteristica quella di definire il contenuto discrezionale di un provvedimento; i quali possono essere stipulati a condizione che ne derivi per entrambe le parti un’utilità maggiore di quella che le stesse avrebbero conseguito dalla mera adozione del provvedimento stesso.
Per siffatte categorie di accordi la tesi prevalente è ancora oggi nel senso della connotazione quali atti di natura pubblicistica, espressione di un potere determinato dal fatto che (i) la volontà della pubblica amministrazione non è posta sullo stesso piano di quella del privato, (ii) i principi in materia di contratti e di obbligazioni si applicano in via residuale in quanto compatibili con la disciplina speciale di tali accordi, (iii) l’adozione è regolata dalle norme sul procedimento amministrativo, (iv) gli accordi sono sottoposti agli stessi controlli del procedimento amministrativo, (v) il potere di recesso è sempre assicurato alla pubblica amministrazione, sebbene con (ovvia) necessità di riconoscimento di un indennizzo all’altro contraente.
VI. – Non è il caso di riprodurre gli argomenti – certamente di non poco rilievo – spesi della concezione opposta per assegnare ai contratti, una volta stipulati, natura privatistica quanto a disciplina e rimedi.
Non è il caso perché la tesi della natura pubblicistica degli accordi in questione (siano essi sostitutivi o integrativi) è parsa in certa qual misura confortata (anche se forse solo in parte) dalla l. n. 15 del 2005 – che ha eliminato dal testo dell’art. 11 della l. n. 241 del 1990 dell’inciso “nei casi previsti dalla legge” e che ha introdotto (al comma 4-bis) la necessità della determinazione preliminare a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.
Soprattutto tale tesi ha trovato un’eco pressoché definitiva nella sentenza n. 179 del 2016 della Corte costituzionale.
Questa sentenza, affrontando il tema dell’ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva in materia di accordi per ciò che attiene alle controversie instaurate (come quella qui in esame) dalla stessa pubblica amministrazione, ha affermato che l’applicabilità della giurisdizione esclusiva anche a tali controversie non è in contrasto con gli art. 103 e 113 cost. sostanzialmente per due ragioni:
– perché l’art. 103 cost., laddove prevede la giurisdizione esclusiva “in particolari materie indicate dalla legge”, ne identifica (peraltro secondo costante giurisprudenza) i criteri di legittimazione in funzione delle materie prescelte nelle quali vi sia esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, di un potere pubblico (v. C. cost. n. 204 del 2004 e C. cost. n. 191 del 2006);
– perché il coinvolgimento di situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo, in stretta connessione, è normalmente evidenziata, a proposito delle convenzioni urbanistiche, dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice, atteso il collegamento funzionale delle convenzioni urbanistiche al procedimento di rilascio dei titoli abilitativi edilizi, dei quali esse condizionano l’adozione e integrano il contenuto (v. già Cass. Sez. U n. n. 584-14 e C. st. n. 7057-09).
Donde la conclusione che, “in quanto inserite nell’ambito del procedimento amministrativo, le convenzioni e gli atti d’obbligo stipulati tra pubblica amministrazione e privati costituiscono pur sempre espressione di un potere discrezionale della stessa pubblica amministrazione”, al punto da non avere quindi una “specifica autonomia” (così C. cost. n. 179-16 cit.).
Può quindi considerarsi pacifico il fondamento di tali ipotesi di giurisdizione esclusiva, il quale resta individuato nell’esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, del potere pubblico.
VII. – La richiamata ordinanza n. 27768 del 2020 di questa Corte si pone, seppure implicitamente, nel solco di quanto esposto.
In consonanza con altri precedenti (v. per es. Cass. Sez. U n. 13701-18) quell’ordinanza ha in generale rilevato che, anche dopo le modifiche apportate dalla l. n. 15 del 2005 all’art. 11 l. n. 241 del 1990, spetta al giudice amministrativo la cognizione delle controversie relative “agli accordi integrativi del contenuto di provvedimenti amministrativi in materia concessoria”, poiché, come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 179 del 2016, tali accordi costituiscono pur sempre espressione del potere discrezionale della P.A., anche se esercitato in via indiretta o mediata, e devono essere assoggettati al sindacato del giudice a cui appartiene la cognizione sull’esercizio di tale potere.
Giova dire che la linea di tendenza tesa a identificare nella convenzione un atto di esercizio della potestà pubblica non è stata contraddetta neppure quando si è osservato che è possibile devolvere in arbitrato la pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo – provvedimento identificabile, appunto, nell’omessa sottoscrizione di un nuovo schema di convenzione urbanistica -, ove la condotta della pubblica amministrazione si assuma difforme dai canoni di correttezza e buona fede (v. Cass. Sez. U n. 12428-21).
VIII. – La portata del principio affermato dall’ordinanza n. 27768-20 si estende alla controversia in esame.
Non può affermarsi che la presente causa coinvolga elementi essenziali distintivi tali da indurre, come dice il comune ricorrente, a una soluzione diversa.
Dalla motivazione dell’ordinanza n. 27768 del 2020 si evince che anche allora la stessa convenzione qui rilevante aveva rappresentato, per il tramite del contratto, il titolo dell’azione monitoria (quella volta della società Papa Costruzioni).
Si comprende, cioè, che la pretesa nei confronti del comune di Mozzate aveva trovato base sempre nel rapporto sorto tra le parti con “la convenzione area PEEP di via Brera del 5 marzo 2008″; mentre con atto pubblico successivo (del 22 maggio 2009) era stata sottoscritta – tra il comune di Mozzate, la Mozzate Patrimonio e la Papa Costruzioni s.r.l. – un’altra convenzione “relativa agli interventi di edilizia abitativa convenzionata di cui al comparto Brera”, con cui la società Mozzate Patrimonio si era sostituita al comune quale soggetto proprietario e gestore degli alloggi da edificare e si era impegnata ad acquistare gli stessi e ad accollarsi il mutuo acceso dall’impresa.
L’avere l’ordinanza richiamata stabilito che “l’oggetto del giudizio si risolve(va) dunque nell’interpretazione di tali due convenzioni e nel conseguente accertamento dei diritti e degli obblighi che dalle stesse sorgono” rifluisce anche nell’odierna fattispecie, perché l’ordinanza ha premesso che l’atto del 5-3-2008 era da qualificare esso stesso come rappresentativo della convenzione urbanistica, così da rientrare nel paradigma degli “accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo” di cui all’art. 133, lett. a), n. 2), del cod. proc. amm.
Si era trattato cioè di uno strumento negoziale attraverso il quale il comune, nell’esercizio della propria potestà di governo del territorio, aveva concretamente attribuito la destinazione a edilizia residenziale pubblica al terreno di cui la società Papa era contestualmente divenuta proprietaria.
IX. – Tale unitaria qualificazione non è più suscettibile di esser messa in discussione come effetto del giudicato esterno.
La conseguenza è che la controversia, sebbene involgente il medesimo rapporto per iniziativa, questa volta, della parte pubblica (v. sempre C. cost. n. 179-16), resta da annoverare nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo.
Sussiste infatti la giurisdizione esclusiva di quel giudice quanto agli accordi integrativi del contenuto di provvedimenti amministrativi di natura concessoria, i quali, costituendo anche essi espressione – dopo le modifiche apportate dalla L. n. 15 del 2005, art. 7 alla L. n. 241 del 1990, art. 11, – di un potere discrezionale della P.A., sono assoggettati al sindacato del giudice a cui appartiene la cognizione sull’esercizio di tale potere (v. anche Cass. Sez. U n. 13701-18 e da ultimo Cass. Sez. U n. 11713-23).
p.q.m.
La Corte, a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo dinanzi al quale rimette le parti anche per le spese del regolamento.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili,
Allegati:
SS.UU, 17 luglio 2023, n. 20473, in tema di riparto di giurisdizione
Nota del Dott. Vito D’Alessio
Giurisdizione amministrativa e accordi integrativi del provvedimento amministrativo
1. I principi di diritto
Ai sensi dell’art. 386 c.p.c. la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda, per tale intendendosi il petitum sostanziale, ossia la concreta pronuncia che si chiede al giudice, in funzione della causa petendi, vale a dire la natura della posizione dedotta in giudizio con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico da cui questi prendono forma.
Ai sensi dell’art. 133, c. 1, lett. a), n. 2, c.p.a., la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riguarda le pretese che attengono o trovano causa in accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo.
Tale fattispecie ricorre quando si discute in merito ai diritti e agli obblighi derivanti da accordi integrativi del contenuto di provvedimenti amministrativi di natura concessoria, in quanto gli atti da interpretare sono espressione di un potere discrezionale della P.A. e quindi sono assoggettati al sindacato del giudice a cui appartiene la cognizione sull’esercizio di tale potere.
2. La fattispecie
Il giudizio trae origine da un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo di condanna al pagamento delle rate residuali dovute per il trasferimento in proprietà di un lotto e per i relativi oneri di urbanizzazione.
L’opposto ha reagito all’avversa eccezione di difetto di giurisdizione affermando che l’oggetto della domanda riguardasse il solo credito vantato in forza del contratto di vendita e non anche l’an o il quantum debeatur.
La Corte di Cassazione dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo ribadendo che il rapporto di credito ha base negoziale nella convenzione urbanistica, che a sua volta deve essere correttamente qualificata come “accordo” ai sensi dell’art. 133 cit. (cfr., SS.UU., n. 27768/2020).
3. Riflessioni conclusive
La Suprema Corte ricostruisce la natura giuridica degli accordi che le Pubbliche Amministrazioni possono stipulare in sostituzione o integrazione di un provvedimento amministrativo.
Prima della L. 241/1990, una prima tesi ha attribuito a tali accordi natura pubblicistica, valorizzando la disparità tra i contraenti e la prioritaria importanza dell’interesse pubblico, che giustifica la possibilità di porre nel nulla l’efficacia dell’accordo in virtù di una rivalutazione di tale interesse.
Una seconda tesi ha ritenuto che tali accordi abbiano la stessa natura dei negozi di diritto privato, con la conseguente applicazione della disciplina di diritto comune.
Dopo l’emanazione della legge c.d. sul procedimento amministrativo, la prima impostazione è divenuta prevalente, anche in ragione della L. 15/2005, che ha introdotto la necessità di una determinazione preliminare della p.a. a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.
La Corte Costituzionale ha confermato la natura pubblicistica degli accordi nel dichiarare la conformità agli artt. 103-113 Cost. della norma che stabilisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie ad essi afferenti, sottolineando che lo stretto legame di situazioni giuridiche di diritto soggettivo e interesse legittimo è confermato, nelle convenzioni urbanistiche, dal collegamento funzionale tra queste e il procedimento di rilascio dei titoli abilitativi edilizi.