Civile Ord. Sez. U Num. 22167 Anno 2023
Presidente: RAIMONDI GUIDO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA
Data pubblicazione: 24/07/2023
ORDINANZA
sul ricorso 17154-2022 proposto da:
AMEDEI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELISARIO 6, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO EUFRATE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO DALLA LIBERA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (già EQUITALIA NORD S.P.A.);
– intimata –
avverso la sentenza n. 533/2022 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 12/05/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2023 dal Consigliere ROBERTA CRUCITTI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale GIOVANNI BATTISTA NARDECCHIA, il quale chiede alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione il rigetto del ricorso.
Fatti di causa
Equitalia Nord S.p.A. propose innanzi al Tribunale di Imperia azione volta alla dichiarazione di inefficacia, ex art. 2901 cod. civ. dell’atto di conferimento, in favore della società Stovall Investiment
Limited, di alcuni beni immobili effettuato da Giuseppe Amedei.
Il Tribunale, a contraddittorio integro essendosi costituiti sia Giuseppe Amadei che la Società, accolse la domanda.
La decisione fu appellata innanzi alla Corte di Appello di Genova da Giuseppe Amadei il quale -non essendosi perfezionata la notificazione dell’atto di appello nei confronti della Stovall Investiment Limited, a causa della estinzione e cancellazione dal registro delle imprese verificatesi durante la pendenza del giudizio di primo grado chiedeva e otteneva dalla Corte termine ex art. 331 cod. proc. civ. per procedere all’incombente.
All’udienza, all’uopo fissata, l’appellante rassegnava di non avere potuto provvedere all’incombente.
La Corte di Appello di Genova, con la sentenza impugnata, dichiarava l’appello inammissibile rilevando che, essendo state omesse la notifica e/o la dichiarazione dell’evento interruttivo, il principio di ultrattività del mandato avrebbe consentito di effettuare la notificazione dell’atto di appello al domicilio eletto dalla Società nel primo grado di giudizio.
Avverso la sentenza Giuseppe Amedei ha proposto ricorso per cassazione articolando cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate-riscossione è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio in prossimità della quale il P.G. ha depositato requisitoria, concludendo per il rigetto del ricorso, e il ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1 Con il primo motivo -rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art.360 cod. proc. civ., comma 1 n.1 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art.3 della legge n.218/1995 in relazione al disposto dell’art.5 della legge n.804/1971; violazione dell’art.4 del regolamento UE 1215/2012– il ricorrente, premesso che la Stovall Investements Limited, costituita nell’anno 2007, aveva sempre avuto la sede legale in Inghilterra e non aveva, mai, operato trasferimenti di sede da o verso l’Italia e che quello intervenuto con la Società non era un contratto di vendita immobiliare ma un negozio giuridico complesso (contenuto in un verbale di assemblea della predetta società a mezzo del quale era stato deliberato un aumento di capitale con immediata sottoscrizione e liberazione attraverso un conferimento di beni in natura), eccepisce che non ricorrerebbe alcuno dei presupposti indicati nelle norme in epigrafe per affermare la giurisdizione del Giudice Italiano.
In particolare, secondo la prospettazione difensiva, sussisterebbe il difetto di giurisdizione del Giudice italiano a conoscere della controversia in quanto la stessa esulerebbe dalla competenza speciale prevista dall’art. 7 punto 1 lettera a) del Regolamento UE n. 1215/2012 in quanto la Stovall Investements Limited ha il domicilio in Inghilterra, il diritto di credito fatto valere da Agenzia delle entrate non nasce da un contratto e, infine, l’obbligazione dedotta in giudizio è sorta in Inghilterra.
2 Con il secondo motivo di ricorso -rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 360, comma 1, n.1 c. p. c.: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 25 della legge n. 218/1995 in relazione al disposto dell’art.16 della legge n.804/1971; violazione dell’art.24 del regolamento UE 1215/2012– si deduce che poiché l’oggetto della causa è la dichiarazione di inefficacia nei confronti di A.D.E.R. della decisione di una Società, di diritto inglese, trasfusa nel verbale dell’assemblea della predetta società, la giurisdizione appartiene al Giudice inglese, ai sensi dell’art. 16, secondo comma, della legge n. 804 del 21 giugno 1971. Secondo la prospettazione difensiva anche l’atto di conferimento dell’immobile rientrerebbe nella competenza esclusiva del giudice inglese perché si verte in materia societaria e non in materia contrattuale.
3. Con il terzo motivo, articolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. il ricorrente deduce l’error in procedendo commesso dalla Corte di Appello ligure laddove, pur avendo dato atto della sussistenza di un evento interruttivo (l’estinzione e la cancellazione dal registro delle imprese della società), non ne aveva tratto le dovute conseguenze dichiarando il processo interrotto.
4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360, primo comma num. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 330 cod. proc. civ. laddove la Corte di appello ligure aveva ritenuto operante il principio di ultrattività del mandato alle liti (che avrebbe consentito la notificazione dell’atto di gravame ai procuratori in primo grado della Società) mentre tale principio non poteva ritenersi operante, essendo stato l’evento interruttivo dichiarato sia all’udienza del giorno 8 ottobre 2020 che alla successiva del 16 settembre 2021.
5. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5 cod. proc. civ. , l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio costituito dalla mancata produzione in primo grado da parte dell’attore dell’atto di trasferimento a titolo oneroso.
6. I primi due motivi, connessi in quanto vertenti su un eccepito difetto di giurisdizione del Giudice italiano, possono esaminarsi congiuntamente e sono inammissibili.
6.1. Come noto l’ultimo comma del previgente art. 37 del cod. proc. civ. (il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confronti dello straniero è rilevato dal giudice d’ufficio in qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause che hanno per oggetto beni immobili situati all’estero; in ogni altro caso è rilevato egualmente d’ufficio dal giudice se il convenuto è contumace, e può essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana) è stato abrogato dall’art. 73 della legge 31 maggio 1995, n. 218, a decorrere dal primo settembre 1995.
L’art. 11 della predetta legge ha disposto che il difetto di giurisdizione (del giudice italiano nei confronti dello straniero) possa essere rilevato in qualunque stato e grado del processo soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana e cioè che abbia sollevato la eccezione nel primo scritto difensivo. Diversamente, è rilevato ex officio dal giudice, in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se si controverte su azioni reali relative ad immobili siti all’estero ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale.
In materia, la giurisprudenza di queste Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 22035 del 17/10/2014) ha statuito che << il principio sancito dall’art. 11 della legge 31 maggio 1995, n. 218, per il quale il difetto di giurisdizione del giudice italiano è rilevabile d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del processo, fino alla costituzione del convenuto, implica che il convenuto contumace può eccepire il difetto di giurisdizione del giudice adito dall’attore anche nel corso del giudizio, purché ciò faccia nella prima difesa e sempre che sulla questione di giurisdizione non si sia formato il giudicato>>.
Già, in precedenza (cfr. Cass. Sez.Un. n. 1200 del 23/11/2000; id. n. 22818 del 24/10/2006, id. n. 21053 del 1/10/2009; id n. 11559 del 26/05/2011) si era statuito che <<Ai sensi degli articoli 4 e 11 della legge n. 218 del 1995 sussiste la giurisdizione italiana nei confronti del convenuto costituito, il quale abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione medesima>> e, ancora (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 11289 del 23/05/2011), in una controversia avente ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di rappresentanza ed agenzia per la vendita in Germania di beni prodotti da una società italiana, che <<ove il convenuto straniero si costituisca davanti al giudice italiano senza contestarne la giurisdizione, questa si radica in via definitiva ai sensi dell’art. 24 del Regolamento CE n. 44/2001, non trattandosi di nessuno dei rapporti per i quali l’art. 22 del medesimo Regolamento prevede una competenza esclusiva>>.
6.2 Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata, e di tanto dà espressamente atto lo stesso ricorrente, che la Società di diritto inglese era regolarmente costituita nel corso del giudizio di primo grado conclusosi con sentenza che, pronunciando nel merito, ebbe ad accogliere la domanda di revocazione ordinaria proposta dall’ADER.
Non risulta, nel silenzio sul punto della sentenza impugnata e del ricorrente (che nulla deduce in proposito), che il difetto di giurisdizione sia stato eccepito in primo grado o che lo stesso abbia formato oggetto di specifico motivo di appello. Anzi, dagli atti dei gradi precedenti allegati al ricorso, emerge per tabulas, che il difetto di giurisdizione non venne eccepito da nessuno dei convenuti costituiti nel corso del giudizio di primo grado tra i quali la Società e che tale difetto di giurisdizione non ha costituito motivo dell’appello proposto da Giuseppe Amadei avverso la prima decisione.
6.3 Né paiono sussistere le ipotesi di rilevabilità d’ufficio previste dal citato art. 11. Ai sensi di tale norma, infatti, come visto, il difetto di giurisdizione può essere rilevato in qualunque stato o grado del procedimento dal convenuto costituito che non abbia accettato, ancorché implicitamente la giurisdizione italiana, ovvero dal giudice, se il convenuto sia contumace, ovvero si tratti di azioni reali, aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero; ovvero se la giurisdizione sia esclusa per effetto di una “norma internazionale” e questa Corte (cfr. Cass. n. 4.4.2011 n.7599), con riferimento a questa ultima ipotesi, ha ritenuto che si tratti, nella specie, di limiti posti all’esercizio della potestà giurisdizionale dello Stato italiano da norme di natura consuetudinaria (ad es. l’esclusione dalla giurisdizione civili degli Stati stranieri) o pattizie, come quelle regolanti la immunità dalla giurisdizione italiana delle organizzazioni internazionali, degli agenti diplomatici o consolari , secondo una specifica e circoscritta ratio per cui il rispetto dell’obbligo internazionale assunto dallo Stato di non esercitare la propria giurisdizione non può essere rimesso alla disponibilità delle parti.
6.4 Alla luce dei superiori principi, va, pertanto, ritenuto che, in punto di giurisdizione del Giudice italiano si sia formato il giudicato con conseguente inammissibilità dei primi due motivi di ricorso.
7. Da tale inammissibilità consegue l’inammissibilità anche del quinto motivo con il quale si è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del dedotto difetto di giurisdizione.
8. Il terzo motivo del ricorso, con il quale si lamenta la mancata interruzione del processo da parte della Corte di appello malgrado alla stessa fosse stato rassegnato l’evento interruttivo (estinzione e cancellazione della Società), è ugualmente inammissibile alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale << Le norme che disciplinano l’interruzione del processo sono volte a tutelare la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, sicché l’irregolare prosecuzione del giudizio, derivante dalla loro inosservanza, può essere fatta valere soltanto da quest’ultima, che dall’evento interruttivo può essere pregiudicata, e non anche dalle altre parti, le quali, non risentendo di alcun pregiudizio, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza pronunciata. (cfr. Cass. n. 34867 del 25.11.2022 che ha ritenuto inammissibile il motivo con il quale il ricorrente aveva censurato la mancata interruzione del giudizio di appello a seguito della cancellazione dal registro delle imprese di una delle società appellate e, in senso conforme, Cass. n.18804 del 2/07/2021).
E, nella specie, è pacifico che i procuratori della costituita Stovall Investiments Limited non ebbero mai a dichiarare, nel corso del giudizio di primo grado, l’evento interruttivo (malgrado lo stesso si fosse verificato nel corso di quel grado) mentre rimane irrilevante, ai fini che occupano, la circostanza che l’evento interruttivo fosse stato enunciato, ma ad altri fini (la rinnovazione della notificazione dell’atto di appello), dai difensori di Giuseppe Amadei, stesse persone fisiche che avevano assunto la difesa della Società in primo grado.
9. Il quarto motivo è infondato. Posto che è pacifico che l’evento interruttivo -verificatosi, per come è incontestato, nel corso del giudizio di primo grado- non venne dichiarato nel giudizio di primo grado (ove la Società era costituita) né lo stesso risulta mai essere stato notificato alle altre parti, correttamente la Corte di appello di Genova ha ritenuto applicabile il principio di ultrattività del mandato in ossequio alla consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite che, sin dalla sentenza n.15295 del 4.7.2014, hanno avuto modo di statuire che << La morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante>>.
10. Alla luce delle complessive considerazioni che precedono il ricorso va, quindi, rigettato.
11. Non vi è pronuncia sulle spese per l’assenza di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d. P. R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili, in data 11 luglio 2023.
Il Presidente
(Guido Raimondi)
Allegati:
SS.UU, 24 luglio 2023, n. 22167, in tema di riparto di giurisdizione
Nota della Dott.ssa Angela De Girolamo
Il difetto di giurisdizione del giudice italiano tra eccezione di parte e rilevabilità d’ufficio
1. Il principio di diritto
Il principio sancito dall’art. 11 della L. 218/1995, per il quale il difetto di giurisdizione del giudice italiano è rilevabile d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del processo, fino alla costituzione del convenuto, implica che il convenuto contumace può eccepire il difetto di giurisdizione del giudice adito dall’attore anche nel corso del giudizio, purché lo faccia nella prima difesa e sempre che sulla questione di giurisdizione non si sia formato il giudicato.
2. La motivazione
Come noto, l’ultimo comma del previgente art. 37 del c.p.c. è stato abrogato dall’art. 73 della L. 218/1995, a decorrere dal 1° settembre 1995.
L’art. 11 della predetta legge ha disposto che il difetto di giurisdizione (del giudice italiano nei confronti dello straniero) possa essere rilevato in qualunque stato e grado del processo soltanto dal convenuto costituito che non abbia, espressamente o tacitamente, accettato la giurisdizione italiana, sollevando l’eccezione nel primo scritto difensivo.
Diversamente, precisa la Cassazione, è rilevato ex officio, in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se si controverte su azioni reali relative ad immobili siti all’estero ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale.
Già, in precedenza (cfr., SS.UU, n. 1200 del 23/11/ 2000; n. 22818 del 24/10/2006; n. 21053 del 1/10/2009; n. 11559 del 26/05/2011) si è statuito in conformità; ancora (cfr., SS.UU, n. 11289 del 23/05/2011), in una controversia avente ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di rappresentanza ed agenzia per la vendita in Germania di beni prodotti da una società italiana, è stato stabilito che, ove il convenuto straniero si costituisca davanti al giudice italiano senza contestarne la giurisdizione, questa si radichi in via definitiva ai sensi dell’art. 24 del Regolamento CE n. 44/2001, non trattandosi di nessuno dei rapporti per i quali l’art. 22 del Regolamento stesso prevede una competenza esclusiva.
3. Riflessioni conclusive
La Cassazione si pone in linea di continuità con il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza del 17 ottobre 2014, n. 22035 e, con specifico riferimento all’esclusione della giurisdizione italiana per effetto di una “norma internazionale”, con la pronuncia n. 7599 del 4 aprile 2011, ove è stato chiarito come si tratti di limiti posti all’esercizio della potestà giurisdizionale dello Stato italiano da norme di natura consuetudinaria (ad es., l’esclusione dalla giurisdizione civile degli Stati stranieri) o pattizie (ad es., quelle regolanti la immunità dalla giurisdizione italiana delle organizzazioni internazionali, degli agenti diplomatici o consolari), secondo una specifica e circoscritta ratio per cui il rispetto dell’obbligo internazionale assunto dallo Stato di non esercitare la propria giurisdizione non può essere rimesso alla disponibilità delle parti.