Civile Ord. Sez. U Num. 14236 Anno 2020
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE
Data pubblicazione: 08/07/2020
ORDINANZA
sul ricorso 12339-2019 proposto da:
CIPPITELLI ROBERTO, PALOMBINI SANDRO, BALDONI FRANCESCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DONATELLO 23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VILLA PIZZI, rappresentati e difesi dall’avvocato GERARDO PIZZIRUSSO;
– ricorrenti –
contro
PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PER LA REGIONE MARCHE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 22374 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLE MARCHE.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2020 dal Consigliere GIUSEPPE LOCATELLI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ALESSANDRO CIMMINO, il quale chiede che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, dichiari la giurisdizione del giudice ordinario.
RITENUTO CHE
Con atto di citazione del 25.9.2011 la Procura Regionale conveniva in giudizio presso la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per le Marche, Cippitelli Roberto, Palombini Sandro e Baldoni Francesco, in qualità di amministratori pro-tempore della società Fermo ASITE (Ambiente, Servizi, Impianti Tecnologici, Energia) S.u.r.I.( Società unipersonale a responsabilità limitata) per avere, con la propria condotta e per colpa grave, approvato e stipulato in data 19 luglio 2012, un “atto di transazione” produttivo di effetti pregiudizievoli in danno della società e del Comune di Fermo azionista unico. All’atto della costituzione in giudizio i convenuti Cippitelli Roberto, Palombini Sandro e Baldoni Francesco proponevano ricorso preventivo di giurisdizione a norma dell’art.41 cod.proc.civ., sostenendo il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti con conseguente giurisdizione del G.O., in quanto all’epoca dei fatti la società non poteva qualificarsi “in house” per mancanza dei requisiti del “controllo analogo ” esercitato dall’ente pubblico sulla società e del requisito della “attività prevalente” svolta dalla società in favore dell’ente pubblico azionista totalitario.
La Procura regionale della Corte dei Conti Sezione giurisdizionale per le Marche resiste con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso preventivo e la conferma della giurisdizione della Corte dei Conti.
Deposita memoria con cui contrasta le conclusioni del Procuratore generale.
Il Procuratore Generale deposita conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso per difetto in capo alla società partecipata totalitariamente dall’ente locale del requisito del “controllo analogo”, con conseguente declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario.
CONSIDERATO CHE
In recepimento della giurisprudenza comunitaria (sentenza “Teckal” della Corte di giustizia U.E. del 18 novembre 1999 C-107/98), che ha definito il criterio derogatorio alla regola generale dell’appalto dei servizi pubblici mediante procedura di gara, l’art.113 comma 4 lett.a) e comma 5 lett.c) del d.lgs. 18 agosto 2000 n.267 ha previsto che, in deroga alla regola generale dell’espletamento di gare con procedura di evidenza pubblica, è consentito l’affidamento diretto dell’attività di gestione dei servizi pubblici nei confronti di una società cosiddetta “in house” (“interna”), connotata dalla compresenza delle seguenti condizioni: partecipazione pubblica totalitaria al capitale sociale; esercizio da parte dell’ente sulla società di un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi; esercizio prevalente dell’attività della società in favore dell’ente pubblico che la controlla. L’art.2 comma 1 lett.c) del d.lgs. 19 agosto 2016 n.175 ha ulteriormente definito la nozione di “controllo analogo” a quello esercitato dall’ente pubblico sui propri servizi, stabilendo che esso sussiste quando l’amministrazione “esercita un influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”.
Secondo la giurisprudenza univoca di questa Corte, sussiste la giurisdizione contabile in materia di azione di responsabilità nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipata da enti pubblici solo se vi siano i seguenti requisiti perché sia configurabile una società “in house providing”: a) il capitale sociale deve essere integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto deve vietare la cessione delle partecipazioni a soci privati; b) la società deve esplicare statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; c) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici. Detti requisiti devono sussistere tutti contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie in vigore al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita, non avendo rilievo le mere situazioni di fatto(Sez. U – , Ordinanza n. 22409 del 13/09/2018; Sez. U -, Sentenza n. 16741 del 21/06/2019).
Nel caso in esame il requisito della partecipazione totalitaria dell’ente pubblico è pacifico, non essendo controversa la circostanza che il Comune di Fermo è titolare dell’intero capitale della società Fermo A.S.T.E. srl.
Ricorre il requisito dell’esercizio prevalente della attività a favore dell’ente pubblico azionista unico, quale risulta dall’ espresso dettato statutario secondo cui l’esercizio dei pubblici servizi deve avvenire in favore del Comune di Fermo in misura non inferiore al 65% del totale del fatturato (Statuto approvato nell’anno 2006-pag.4 controricorso).
Quanto al requisito del “controllo analogo” a quelle esercitate sui servizi di diretta gestione, esso deve essere individuato nella circostanza che la gestione della società in house sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, ossia quando vi siano previsioni statutarie che attribuiscono all’ente pubblico facoltà di controllo ulteriori che si pongono al di fuori dei normali diritti e poteri spettanti ai soci in base alle regole del codice civile. (Sez. U, Sentenza n. 5491 del 10/03/2014; Sez. U – , Ordinanza n. 26643 del 22/12/2016). Non appare invece condivisibile una nozione di “controllo analogo” esercitata dall’ente pubblico sulla società in house” tale da declassare la società di capitali a mera articolazione interna dell’ente pubblico, del tutto priva di autonomia e sottoposta all’identico potere gerarchico esercitato dall’Amministrazione sugli uffici dipendenti.
Osta a tale interpretazione il dato letterale della norma che, qualificando il controllo esercitato come “analogo”, intende propriamente affermare che esso non è uguale ma semplicemente simile a quello esercitato dall’ente pubblico sui propri servizi gestiti direttamente. Inoltre una interpretazione del “controllo analogo” tale per cui la società in house risulti assoggettata ad un potere di direzione gerarchica indistinguibile da quello esercitato dall’ente pubblico sulle proprie articolazioni interne, appare incompatibile con i principi di autonomia patrimoniale e attribuzione della personalità giuridica che il codice civile riconosce alla società di capitali.
Con riguardo alla società Fermo A.S.I.T.E. srl, essa risulta espressamente costituita quale società in house providing, tanto che l’AVCP ( Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici), oggi ANAC, ha riconosciuto la legittimità dell’affidamento diretto, senza procedura di evidenza pubblica, del servizio comunale relativo al ciclo integrato dei rifiuti, proprio perché essa era dotata di uno Statuto che assicurava la sussistenza dei requisiti per la qualifica di società in house. Oltre alla qualificazione espressa della Fermo A.S.I.T.E. quale società in house, lo Statuto contiene singole disposizioni che attribuiscono al socio ente pubblico azionista totalitario, poteri di controllo ulteriori rispetto a quelli riconosciuti dalle norme civilistiche ai soci delle società di capitali. In particolare l’art.15 prevede l’obbligo di trasmissione del bilancio entro il termine di 10 giorni al servizio comunale “Controllo società partecipate” accompagnato da relazione; l’art.19 prevede che le deliberazioni devono essere inviate al servizio comunale “Controllo società partecipate” , e che il Consiglio di Amministrazione ha obbligo di trasmettere alla Giunta Comunale una relazione semestrale contenente una dettagliata illustrazione sull’andamento della gestione, unitamente al bilancio approvato; l’art.22 stabilisce che l’Organo amministrativo deve conformarsi agli indirizzi generali espressi in merito dall’ente proprietario, e introduce la necessità di una preventiva autorizzazione dell’ assemblea dei soci ( cioè dell’ente pubblico socio totalitario) perché l’organo amministrativo possa deliberare validamente in determinate materie.
Le modifiche statutarie introdotte con la delibera del 27.10/2017 sono rafforzative della natura di società in house già esistente alla data (2012) di commissione dell’illecito contestato (in particolare viene innalzata all’80% la percentuale di attività che deve essere svolta in favore dell’ente proprietario; sono rafforzati, ma non introdotti ex novo, i poteri di “controllo analogo” che possono essere esercitati dall’ente locale socio unico).
Per le ragioni esposte deve essere dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti. Nulla sulle spese non dovendosi provvedere per la Procura Regionale vittoriosa.
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti.
Così deciso il 11.2.2020
Presidente
Vincenzo Di Cerbo
Allegati:
SS.UU, 08 luglio 2020, n. 14236, in tema di società in house
Nota della Dott.ssa Valentina Petruzziello
I caratteri indefettibili della societá in house
1. Il principio di diritto
Sussiste la giurisdizione contabile in materia di azione di responsabilità nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipata da enti pubblici, solo se vi siano i seguenti requisiti, affinché sia configurabile una società in house :
a) il capitale sociale deve essere integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi e lo statuto deve vietare la cessione delle partecipazioni a soci privati;
b) la società deve esplicare statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l'eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale;
c) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici.
Detti requisiti devono sussistere tutti contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie in vigore al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita, non avendo rilievo le mere situazioni di fatto.
2. La questione di massima di particolare importanza
La vicenda trae origine da un atto di citazione, con il quale la Procura Regionale conveniva in giudizio gli amministratori di una società, per avere questi, con la propria condotta gravemente colposa, approvato e stipulato un atto di transazione produttivo di effetti pregiudizievoli in danno della società e dell’Ente locale, unico azionista.
I convenuti hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione.
Le Sezioni Unite partono dall’analisi della figura della c.d. società in house e dell'affidamento in house providing.
Tale ultima locuzione è utilizzata per designare quelle ipotesi nelle quali la pubblica amministrazione decide di ricorrere all'autoproduzione di beni, servizi e lavori, anziché rivolgersi al mercato rispettando procedure ad evidenza pubblica.
La regola dell'evidenza pubblica, tuttavia, può essere derogata, in via eccezionale, solo in presenza dei tre requisiti cumulativi di cui al principio di diritto.
Le Sezioni Unite si soffermano, in particolare, sul requisito del c.d. “controllo analogo”, sostenendo che esso debba qualificarsi come un controllo simile a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri servizi gestiti direttamente.
Del resto, una interpretazione del "controllo analogo" tale per cui la società in house risulti assoggettata ad un potere di direzione gerarchica indistinguibile da quello esercitato dall'ente pubblico sulle proprie articolazioni interne, appare incompatibile con i principi di autonomia patrimoniale e di attribuzione della personalità giuridica che il codice civile riconosce alla società di capitali.
3. Conseguenze operative
Il Supremo Collegio ribadisce, infine, che, allorquando la società possa definirsi in house, la giurisdizione appartiene alla Corte dei Conti, e non al giudice ordinario, così confermando un orientamento (ora ancora più) consolidato.