Civile Ord. Sez. U Num. 9782 Anno 2023
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: IOFRIDA GIULIA
Data pubblicazione: 12/04/2023
ORDINANZA
sul ricorso 15751-2022 proposto da:
EFG BANK AG, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALFREDO CRACA e GIULIO TOMMASO GOMITONI;
– ricorrente –
contro
FRANCHETTI FORTUNATA, TREVES GUIDO, elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 85, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO TORCHIA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ILARIA PACINI;
– controricorrenti –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 12578/21 del TRIBUNALE di FIRENZE.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2023 dal Consigliere GIULIA IOFRIDA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CARDINO, il quale chiede che venga affermata la giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana.
FATTI DI CAUSA
Guido Treves e Fortunata Franchetti hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Firenze, con citazione del 2022, la società svizzera EFG Bank AG, per sentire accertare e dichiarare la nullità, l’annullamento o l’inefficacia di contratti di apertura, da parte della Fortunata Franchetti, di conti correnti, con condanna della convenuta al pagamento della somma di € 1.477.802,81, o altra somma ritenuta di giustizia. Gli attori (figlio e madre) esponevano che: a) avendo essi scelto, nel 2013, di costituire un Trust (nel quale far confluire somme depositate in conto svizzero dal Treves) di diritto neozelandese denominato «The Fortunata Family Trust», con soggetto disponente la Franchetti (cui venivano conferiti € 2.111.961,81 del figlio Guido), Trustee la Shrm Trustees Limited e beneficiario il Treves, figlio della Franchetti, avevano avuto la necessità di aprire due conti correnti presso la EFG Bank AG (l’uno intestato alla Franchetti personalmente e l’altro intestato al Trust) e i contratti erano stati sottoscritti dalla Franchetti, in Firenze, a casa della stessa, alla presenza di due funzionari della banca svizzera e del legale rappresentante della Deep View Capital SA, società responsabile della gestione del Trust; b) dalla gestione del Trust, chiuso nel 2017, era residuata la somma di € 664.159,00, restituita dalla Franchetti al figlio; c) i rapporti contrattuali in oggetto dovevano ritenersi affetti da nullità assoluta in quanto «conseguenza dell’attività» dei due funzionari della banca svizzera posta in essere in violazione delle norme nazionali che regolano, in Italia, l’attività bancaria e quindi, stante la eccepita nullità, la banca svizzera doveva essere condannata alla ripetizione dell’importo di € 1.477.802,81, dato dalla differenza tra la somma inizialmente depositata dal Treves sul conto corrente intestato alla madre e la somma da quest’ultima restituitagli nel 2017.
Nel giudizio si è costituita tempestivamente la EFG Bank AG, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in favore del giudice svizzero, in forza della Convenzione di Lugano del 2007, e contestando nel merito la fondatezza della domanda; in particolare, la convenuta ha esposto che la Deep View Capital era un gestore esterno, figura esistente nel diritto elvetico, e che essa operava presentando alla Banca i clienti, cui consigliava di appoggiare presso la banca stessa i patrimoni affidati in gestione: nella specie, mentre alcun funzionario della Banca svizzera era venuto in Italia, il gestore esterno Deep View Capital aveva consigliato ai clienti Treves e Franchetti la banca svizzera, affinché la stessa Deep potesse ricevere e prestare il servizio di gestione patrimoniale, ed essa banca svizzera aveva consegnato al gestore esterno la modulistica contrattuale standard per l’apertura dei rapporti bancari, che, firmata dalla Franchetti, le era stata spedita per posta in Svizzera (ed un mese dopo le era pervenuta anche la modulistica firmata relativa al distinto rapporto «Shrm Trustees»).
La convenuta EFG Bank AG, avendo il giudice di merito, all’esito dell’udienza del 26/5/22, ritenuto che «la questione di giurisdizione sollevata dalla convenuta possa essere decisa unitamente al merito», assegnando alle parti i termini di cui all’art.183, comma 6, c.p.c. e rinviando la causa all’udienza del 25/10/22 per «determinazioni istruttorie», ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, notificato il 13/17-6-2022, affidato ad unico motivo, nei confronti di Guido Treves e Fortunata Franchetti (che resistono con controricorso, notificato il 21/7/22).
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’affermazione della giurisdizione italiana, in forza dell’art.15, comma 1, lett.c), della Convenzione di Lugano, ritenendo, in sostanza, recessiva la clausola della condizione generale di contratto di proroga della giurisdizione a favore della corte svizzera, rispetto alle norme relative al consumatore, anche perché vi era stata un’attività da parte del contraente professionista «diretta verso l’Italia», ove era domiciliato il consumatore (la Franchetti).
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente assume che debba essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano adito dai sign.ri Treves e Franchetti, a favore dell’autorità giudiziaria svizzera, ai sensi dell’art.23 (disposizione questa di tenore identico all’art.23 del Regolamento UE n. 44/2001 ed all’art.25 del Regolamento n. 1215/2012) della Convenzione di Lugano del 30/10/2007, applicabile alla fattispecie, in luogo del Reg. UE n. 1215/22, in quanto essa convenuta è domiciliata in Svizzera. Deduce la ricorrente che, nel rapporto bancario «Franchetti» e nel distinto rapporto bancario «Shrm Trustees», nelle condizioni generali sottoscritte dalle parti, è espressamente prevista la giurisdizione esclusiva delle corti svizzere (art.35, in relazione al rapporto bancario «Franchetti», e art.37, sebbene in lingua inglese, nel rapporto bancario «Shrm Trustees») e la proroga della giurisdizione ivi contenuta non opera alcuna deroga in relazione alla disciplina dettata dalla stessa Convenzione in materia di contratti dei consumatori (contenuta nella sezione IV della Convenzione di Lugano in esame), considerata la non ricorrenza, quanto al rapporto bancario «Franchetti» (sottoscritto da un potenziale consumatore), di tutte le ipotesi previste dall’art.15, al fine di regolare l’operatività della disciplina speciale (inclusa la lett.c), in quanto «la Banca non ha “svolto“ le sue attività nello Stato in cui è domiciliato il consumatore, né ha “diretto“ le proprie attività verso tale Stato o verso una pluralità di stati comprendente tale Stato»; al riguardo, si deduce che alcuna succursale in Italia è stata aperta da essa ricorrente società di diritto svizzero, ma da un diverso soggetto giuridico denominato «EFG Bank (Luxembourg) SA», società lussemburghese di diritto lussemburghese, e che, in sede di costituzione in giudizio essa ha recisamente negato di avere operato, anche con propri funzionari, fuori dalla Svizzera.
2. I controricorrenti replicano, rammentando le particolari modalità con le quali è stato concluso il rapporto bancario «Franchetti», sottoscritto da quest’ultima in Italia, al suo domicilio, e poi pervenuto per posta alla banca, avendo la banca svizzera affidato alla Deep View Capital SA la modulistica contrattuale standard per l’apertura di rapporti bancari, cosicché il contratto sottoscritto, in forza di mediazione svolta in violazione dell’art.132 T.U.B. (attività bancaria non autorizzata dalla Banca d’Italia), sarebbe nullo per violazione di norme imperative, con conseguente nullità anche della clausola di electio Fori, mentre l’apertura del conto «Shrm» è derivata da un trasferimento di fondi dal «conto Franchetti», conto nullo ab origine, con conseguente nullità derivata anche di detto rapporto contrattuale. Di conseguenza, ad avviso dei controricorrenti, in applicazione degli artt.15 e 16 della Convenzione di Lugano, la giurisdizione sulla domanda giudiziale in oggetto appartiene al giudice italiano.
3. Deve essere dichiarata sussistente la giurisdizione del giudice italiano.
3.1. Occorre premettere che, in ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono anche il giudice del fatto, sicchè possono e devono esaminare l’atto negoziale la cui valutazione incida sulla determinazione della giurisdizione, tenendo conto, peraltro, che le risultanze fattuali vanno apprezzate, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., per come emergenti dalla domanda giudiziale e dalla sua eventuale precisazione, avuto riguardo alla causa petendi e al petitum sostanziale della stessa, vale a dire l’effettiva consistenza della situazione soggettiva giuridicamente tutelata dedotta in giudizio, identificata con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono rappresentazione, non assumendo rilevanza la successiva attività istruttoria diretta a verificare il fondamento degli elementi dedotti ed allegati (Cass., Sez. Un., n. 156/2020; Cass. Sez.Un. n. 8095/2007).
Inoltre, anche «la giurisdizione nei confronti dello straniero si determina sulla base dell’oggetto della domanda», da individuarsi «con esclusivo riferimento alla domanda stessa, essendo irrilevanti i mezzi di difesa proposti dal convenuto» (così, ad es., Cass., Sez. Un., n. 8095/2007).
3.2. Ora, la questione giurisdizionale controversa attiene essenzialmente al rapporto bancario «Franchetti», essendo incontroverso che l’altro rapporto, indubbiamente collegato al primo, c.d. «Shrm Trustees», non sia stato stipulato da un «consumatore» bensì da una società commerciale nel suo ruolo professionale.
Nell’atto di citazione (ritrascritto nel presente ricorso quanto alle allegazioni in fatto), i sign.ri Treves e Franchetti avevano dedotto che il Treves (figlio della seconda), già titolare di un conto corrente presso altra banca svizzera, la UBS, e la madre (Franchetti), essendo stato loro consigliato, da uno studio legale di consulenza, di «disporre e muovere le somme depositate presso i predetti conti esteri mediante la costituzione di un Trust in particolare di diritto neozelandese, nel quale l’odierna attrice avrebbe dovuto convogliare i denari preliminarmente a lei conferiti dal figlio», nel maggio 2013, avevano costituito il predetto Trust «The Fortunata Family Trust», nel quale soggetto disponente (Settlor) era la stessa Franchetti, Trustee era la Shrm Trustees Limited, Protector il Dr. Poggioli, beneficiari finali gli eredi della Franchetti ovvero il figlio Guido Treves: al fine di rendere possibili le operazioni di versamento delle somme di denaro (dal conto del figlio a quello «collegato» personale della Franchetti e da questa, in qualità di soggetto disponente, al Trust), occorrendo l’apertura di due nuovi conti correnti, uno personale ed altro intestato al Trust, nel mese di giugno 2013, si erano recati «personalmente a casa della signora Franchetti in Firenze», il legale rappresentante della Deep View Capital SA, società responsabile della gestione patrimoniale del Trust, a seguito di incarico a questa conferito dal Protector Dr. Poggioli, insieme a «due funzionari della EFG Bank AG» al fine di far sottoscrivere «i contratti di apertura dei predetti conti corrente».
La EFG Bank di Zurigo, costituendosi nel giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze, ha anzitutto negato che la sottoscrizione, nel luglio 2013, del conto corrente intestato allo Shrm Trustees sia stata effettuata dalla Franchetti e che propri funzionari si fossero recati in Italia per fare sottoscrivere contratti alla Franchetti, deducendo che la Deep View è un mero «gestore indipendente o gestore patrimoniale esterno», con cui detta banca svizzera ha rapporti di «consolidata conoscenza e collaborazione», la quale ha presentato alla stessa banca i suddetti clienti, consigliando loro di «appoggiare» presso la stessa i patrimoni affidatile in gestione, in forza di mandato dei clienti: su richiesta del suddetto gestore esterno, la EFG Bank di Zurigo ha quindi consegnato allo stesso «la modulistica contrattuale standard per l’apertura di rapporti bancari presso di sé», restituitale successivamente per posta dopo la sottoscrizione ad opera della Franchetti e dello Shrm Trustees.
3.3. Nella fattispecie in esame, non essendo in contestazione la sottoscrizione, da parte della Franchetti, dell’art. 35 delle condizioni generali di contratto, richiamate nei contratti di conto corrente in oggetto e quindi vincolanti per i contraenti (Cass. Sez.Un. 8895/2017, in riferimento all’art.23 Reg.44/2001, oggi art.25 Reg. 1215/2012/UE, disposizione di tenore analogo all’art.23 della Convenzione di Lugano 30/10/2007, applicabile ai rapporti bancari oggetto di causa), si pone la questione se la clausola attributiva della competenza esclusiva del giudice svizzero sia o meno recessiva di fronte alla qualità di consumatore della Franchetti, la quale ha stipulato il contratto di conto corrente in discussione, ai sensi dell’art.23 della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, recepita dalla Decisione del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa alla conclusione della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni materia civile e commerciale, ratificata nel 2008 ed entrata in vigore il 1/1/2010.
Il comma 5 dell’art.23 (Proroga di competenza) espressamente prevede che «Le clausole attributive di competenza e le clausole simili di atti costitutivi di trust non sono valide se in contrasto con le disposizioni degli articoli 13, 17 e 21 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva attribuita ai giudici ai sensi dell’articolo 22».
L’art.17 stabilisce che le disposizioni della Sezione 4 della Convenzione, «Competenza in materia di contratti conclusi da un consumatore», possono essere derogate solo (c.d. inderogabilità relativa) da una convenzione posteriore al sorgere della controversia o che consenta al consumatore di adire un giudice diverso da quelli indicati nella presente sezione o che, stipulata tra il consumatore e la sua controparte aventi entrambi il domicilio o la residenza abituale nel medesimo Stato vincolato dalla presente convenzione al momento della conclusione del contratto, attribuisca la competenza ai giudici di tale Stato, sempre che la legge di quest’ultimo non vieti siffatte convenzioni.
Il primo comma dell’art.15 della Convenzione distingue, ai fini della disciplina della competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, tra contratti che ricadono comunque nell’ambito di applicazione della convenzione (lett.a), vendita a rate di beni mobili materiali; lett.b), prestiti con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni) e altri contratti con consumatori (lett.c)), per i quali è richiesto che « il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato vincolato dalla presente convenzione in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività».
L’art.16 prevede che «1. L’azione del consumatore avverso la controparte contrattuale può essere proposta o davanti al giudice dello Stato vincolato dalla presente convenzione nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti al giudice del luogo in cui è domiciliato il consumatore…». La disposizione va tuttavia posta in relazione al precedente art. 15.
Alla stregua di tale complessa disciplina, dunque, la qualità di consumatore non comporta, ai fini dell’individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione sulle relative controversie, l’automatica applicabilità della regola contenuta nell’art. 16 della Convenzione, atteso che l’art. 15 distingue tra contratti con consumatori che ricadono sic e simpliciter nell’ambito di applicazione della convenzione (vendita a rate di beni mobili o prestiti connessi con finanziamenti per tali vendite) e contratti con consumatori per i quali è richiesto che le attività commerciali o professionali della persona con cui il consumatore conclude il contratto si svolgano nello Stato del domicilio del consumatore o siano dirette, «con qualsiasi mezzo», verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, vale a dire che siano offerta alla potenziale clientela di quello Stato (Cass. Sez. Un. n. 6001/2021; cfr. pure: Cass. Sez. Un. n. 6280/2019; Cass. Sez. Un. n. 11532/2009).
Tale criterio prescinde dalla localizzazione dell’attività del consumatore e dal luogo di stipulazione del contratto, che può essere situato in un paese diverso da quello del suo domicilio, e attribuisce rilievo alla sola attività della controparte contrattuale svolta nello Stato del domicilio del consumatore o diretta, anche con mezzi elettronici, verso tale Stato. Il criterio di collegamento in esame, inoltre, sussiste solo se l’attività commerciale o professionale è diretta verso lo Stato del domicilio del consumatore.
Anche per determinare, interpretandoli, l’esatto ambito di applicazione dei primi paragrafi degli artt. 15 e 16 della Convenzione di Lugano del 2007 si può fare affidamento sull’elaborazione delle corrispondenti – in quanto del resto, tra l’altro, di identico tenore testuale – norme del Regolamento (CE) n. 44/01.
A tale riguardo, la Corte di Giustizia ha dichiarato che l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001 è applicabile nell’ipotesi in cui ricorrano tre presupposti, ossia qualora, in primo luogo, una parte contrattuale abbia la qualità di consumatore e agisca in un contesto che può essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in secondo luogo, il contratto tra un simile consumatore e un professionista sia stato effettivamente concluso e, in terzo luogo, un contratto siffatto rientri in una delle categorie di cui al paragrafo 1, lettere da a) a c), di detto articolo 15. Tali presupposti devono essere soddisfatti cumulativamente, di modo che, qualora venga meno uno dei tre, la competenza non può essere determinata secondo le disposizioni in materia di contratti conclusi dai consumatori (v. sentenza Kolassa, C-375/13, EU:C:2015:37, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
Sempre la Corte di Giustizia, in relazione al carattere derogatorio dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001 , ha affermato che tale disposizione deve essere necessariamente oggetto di interpretazione restrittiva (sentenza del 28/1/2015, Kolassa, C-375/13, EU:C:2015:37, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Emerge, inoltre, dalla giurisprudenza della stessa Corte che, sebbene l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 44/2001 miri a tutelare i consumatori, ciò non implica che tale tutela sia assoluta (v. sentenza Mühlleitner, C-190/11, EU:C:2012:542, punto 33) e che, poiché la disciplina particolare istituita dagli articoli 15 e seguenti del regolamento n. 44/2001 è ispirata dalla preoccupazione di proteggere il consumator «in quanto parte contraente considerata economicamente più debole e meno esperta, sul piano giuridico, della sua controparte», il consumatore è tutelato «solo allorché egli è personalmente coinvolto come attore o convenuto in un giudizio» (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 1993, Shearson Lehman Hutton, C-89/91, EU:C:1993:15, punti 18, 23 e 24; v. anche sentenza n. 498 del 25/01/2018, Ma.Sc. c. Facebook Ireland Limited, causa C-498/16, punti 28,19,30 ).
Si è rilevato poi (sentenza 14 maggio 2009, in causa C-180/06, Ilsinger, punti 41 e 48) che il testo dell’art. 15, n. 1, del regolamento n. 44/2001 non coincide integralmente con quello dell’art. 13 comma 1, della Convenzione di Bruxelles, dal momento che l’art. 15 risulta essere stato formulato in termini più generali rispetto al passato, affinché sia assicurata una migliore tutela dei consumatori in considerazione dei nuovi mezzi di comunicazione e dello sviluppo del commercio elettronico: tale testo dev’essere letto nel senso che comprende e sostituisce le precedenti nozioni di «proposta specifica» e di «pubblicità», ricomprendendo, come emerge dall’utilizzazione dei termini «ogni mezzo», una gamma di attività più ampia, al fine di rafforzare la tutela del consumatore (nello specifico, nell’adire il giudice a lui più prossimo), essendone aumentata, anche effetto dello sviluppo delle comunicazioni Internet, la vulnerabilità rispetto alle offerte dei professionisti.
E la stessa Corte di giustizia, nell’interpretazione degli artt. 15 e 16 del reg. 44/2001/CE, che hanno lo stesso contenuto degli artt. 15 e 16 della Convenzione di Lugano, ha precisato (cfr. in particolare Corte giust. 7 dicembre 2010, cause riunite C-585/98 e C-144/09, Pammer, 76) che, ai fini dell’applicazione del criterio di cui alla lett. dell’art. 15, lett. c), del regolamento comunitario, può essere utile accertare se, prima dell’eventuale conclusione del contratto con il consumatore, esistessero indizi che evidenziavano che il commerciante intendeva trattare con consumatori residenti in altri Stati membri, tra i quali quello sul territorio del quale il consumatore stesso è domiciliato).
3.4.Essendo pacifiche, nella controversia in esame, la sussistenza di due dei tre requisiti richiesti per determinare la competenza secondo le disposizioni in materia di contratti conclusi dai consumatori (vale a dire, la qualità di consumatore della Franchetti e la conclusione effettiva di un contratto tra il consumatore e il professionista) e la non ricorrenza delle ipotesi di cui alla lett.a) e b) dell’art.15 citato, occorre verificare, al fine di radicare la giurisdizione dinanzi al giudice italiano, Paese ove è domiciliata la contraente Franchetti, parte attrice nel giudizio, malgrado la proroga convenzionale della giurisdizione dettata dalle condizioni generali di contratto sopra richiamate, se la EFG Bank AG, ai sensi dell’art.15 lett.c), svolga o abbia svolto la sua attività in Italia ovvero se la sua attività sia stata offerta alla clientela italiana.
Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 80622/2022) ha affermato che «la qualità di consumatore non comporta, ai fini dell’individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione sulle relative controversie, l’automatica applicabilità della regola contenuta nell’art. 16 della Convenzione di Lugano del 2007, atteso che l’articolo 15 distingue tra contratti con consumatori che ricadono sic e simpliciter nell’ambito di applicazione della convenzione (vendita a rate di beni mobili o prestiti connessi con finanziamenti per tali vendite) e contratti con consumatori per i quali è richiesto che il professionista svolga la sua attività nello Stato vincolato in cui è domiciliato il consumatore, oppure che tale attività sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso di esso, vale a dire che sia offerta alla potenziale clientela di quello Stato».
Ora, la nozione di attività «diretta verso» uno dei Paesi aderenti alla Convenzione, ai sensi della lettera del relativo inciso della lett. c) dell’art. 15, paragrafo 1, si può ricavare dall’interpretazione data dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo e, in particolar modo, dalle sentenze 23/12/2015 (Hobohm, in causa C-297/14), 06/09/2012 (Muhlleitner, in causa C-190/11) e 07/12/2010 (Pammer e Hotel Alpenhof GmbH, in cause C-585/08 e C-144/09), le quali hanno fornito le relative coordinate (rispettivamente, ai punti: 32; 44; soprattutto 93). Al riguardo, oltre l’indicazione non tassativa di alcuni elementi in base ai quali riscontrare la direzione dell’attività, la pronuncia del 2015, causa Hobohm, ha affermato (par.40) che «l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 44/2001, nella parte in cui riguarda il contratto concluso nell’ambito di un’attività commerciale o professionale «diretta» da un professionista «verso» lo Stato membro del domicilio del consumatore, in combinato disposto con l’articolo 16, paragrafo 1, del medesimo regolamento, dev’essere interpretato nel senso che può essere applicato a un contratto, stipulato tra un consumatore e un professionista, che non rientra in quanto tale nell’ambito dell’attività commerciale o professionale «diretta» da tale professionista «verso» lo Stato membro del domicilio del consumatore, ma che presenta un collegamento stretto con un contratto precedentemente stipulato dalle medesime parti nel contesto di un’attività siffatta», spettando al giudice nazionale verificare la sussistenza degli elementi costitutivi di tale collegamento, «in particolare l’identità, in diritto o in fatto, delle parti di questi due contratti, l’identità dell’obiettivo economico perseguito tramite i medesimi, vertenti sullo stesso oggetto concreto, e la complementarità del secondo contratto rispetto al primo contratto, in quanto volto a permettere il raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito attraverso quest’ultimo» e ha configurato il presupposto di cui alla norma in esame (e quindi la deroga della giurisdizione, in forza dell’art.15 lett.c) del Reg.44/2001, in favore del giudice dello Stato ove era domiciliato il consumatore) anche in un contratto di mandato, qualificato come «prolungamento diretto» dell’attività principale e ad essa «complementare…, essendo volto a consentire di raggiungere l’obiettivo economico perseguito attraverso quest’ultimo contratto» (nella specie, il convenuto professionista svolgeva un’attività di mediazione immobiliare, in Spagna, pacificamente diretta verso la Germania ma poiché l’obiettivo economico sotteso, vale a dire il godimento da parte della coppia di consumatori tedeschi acquirenti di un immobile ubicato all’interno di un complesso turistico, non si era potuto realizzare a causa del fallimento del promotore immobiliare tedesco, costruttore e venditore dell’appartamento, il mediatore spagnolo aveva proposto ai coniugi tedeschi di assumere l’incarico di difendere i loro interessi relativi al contratto di vendita, attraverso la stipula, in Spagna, di un contratto di mandato tramite il quale si erano concordati i lavori di completamento; la Corte di Giustizia ha affermato che, seppure tra il contratto di mediazione e quello di mandato non vi era una interdipendenza giuridica, era sufficiente, ai fini del radicamento della giurisdizione in favore del foro del consumatore, un legame economico tra il primo e il secondo contratto e «il contratto di mandato, pur non rientrando in quanto tale nel settore dell’attività commerciale o professionale «diretta» dal professionista «verso» lo Stato membro del domicilio del consumatore, è stato nondimeno stipulato nel prolungamento diretto di tale attività ed è complementare al contratto di mediazione, essendo volto a consentire di raggiungere l’obiettivo economico perseguito attraverso quest’ultimo contratto»).
Questa Corte (Cass. Sez. Un. 11532/2009) ha già chiarito che «ai fini dell’individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione nei confronti dello straniero, nelle controversie relative a contratti conclusi con i consumatori, l’art. 15 del Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio, del 22 dicembre 2000 richiede, per l’applicabilità del foro esclusivo previsto dall’art. 16 nelle controversie relative a contratti diversi dalla vendita a rate di beni mobili o da prestiti connessi con finanziamenti per tali vendite, che il contratto sia concluso con un professionista le cui attività commerciali o professionali si svolgano nello Stato membro ove è domiciliato il consumatore o siano dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprendono tale Stato membro» (nella fattispecie, si è escluso la giurisdizione italiana perchè la parte che invocava l’applicazione del foro del consumatore, in relazione all’inadempimento del dovere informativo relativo allo «jus poenitendi» in un contratto di mutuo, non aveva neanche «allegato» che l’impresa bancaria estera dirigesse la propria attività anche verso l’Italia).
Sempre questa Corte a Sezioni Unite ha, di recente (Cass. 6280/2019), ritenuto che «la nozione in parola (la “direzione” dell’attività economica della controparte del consumatore verso lo Stato nel quale quella è da questo convenuta in giudizio) può riferirsi allora anche ai casi in cui consista in attività serventi o strumentali, di sollecitazione al pubblico attraverso agenti o mediatori (beninteso, anche solo prospettati come tali ed impregiudicato l’accertamento dell’effettività di tale presupposto, riservato però – intuitivamente – al merito devoluto al giudice munito di giurisdizione) o perfino attraverso quella di soggetti (come società appartenenti allo stesso gruppo e controllate dalla stessa holding di quella convenuta, con la quale questa abbia perfino coincidenti gli organi gestionali) che, appartenendo allo stesso gruppo imprenditoriale e finanche spendendone una ragione sociale in gran parte comune ad evidente sottolineatura nel pubblico della riferibilità ad un unitario centro di interessi, la promuovano o la esercitino anche in proprio. Tutte tali attività (da un lato, sollecitazione e stipula di contratti attraverso agenti o mediatori; dall’altro lato, induzione di affidamento sull’unitarietà del centro di interessi di riferimento mediante l’operato di società dello stesso gruppo e comunque avvinte da stretti legami) presentano infatti un collegamento adeguatamente stretto – quanto meno nel senso economico e non formalmente giuridico di cui alla sentenza CGUE Hobohm citata e siccome all’altra, nel primo caso, finalizzate ovvero, nel secondo, di evidente sostegno indiretto o promozione quale mezzo di induzione di affidamento nella collegata – con l’attività abituale svolta dal soggetto non consumatore, cui invece si riconduce la stipula del contratto del cui inadempimento o imperfetto adempimento è causa; ed anzi si può dire che tali attività siano lo strumento mediante il quale l’attività economica del professionista si sia diretta appunto, se non altro nella specie, verso un altro degli Stati contraenti della Convenzione e – in particolare – verso l’Italia, donde la giurisdizione dei giudici di questa». Nella specie, si è confermata la giurisdizione del giudice italiano, in applicazione dell’art.15 lett.c) della Convenzione di Lugano, sull’ azione risarcitoria promossa in Italia da consumatore italiano, in relazione all’esecuzione e gestione di contratti di conto corrente, nei confronti di una banca svizzera che era presente in Italia «all’epoca dei fatti dedotti in giudizio» attraverso due società, che svolgevano l’attività di gestione globale del patrimonio per conto di terzi, appartenenti allo stesso gruppo e controllate dalla medesima capogruppo, e attraverso persone «qualificatesi come agenti o promotori» della prima.
3.6. Come già sopra chiarito, la giurisdizione del giudice italiano e quella del giudice straniero vanno determinate non già in base al criterio della cosiddetta prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione giuridica soggettiva che l’istante dà all’interesse di cui domanda la tutela), ma in base al diverso criterio secondo cui, ai fini del relativo riparto, non è sufficiente e decisivo avere riguardo alle deduzioni ed alle richieste formalmente avanzate dalle parti, ma occorre tener conto della vera natura della controversia, da stabilire con riferimento alle concrete posizioni soggettive delle parti in relazione alla disciplina legale della materia, il tutto nell’esame delle prove costituite già acquisite agli atti di causa. È, invero, regola generale del processo, che la questione di cui all’art. 37 c.p.c. va decisa sulla base delle prove costituite già acquisite agli atti ed entrate nel processo, senza che a tal fine possa procedersi all’ammissione di prove costituende (Cass. Sez. Un. 16296/2007).
Orbene, nella prospettazione attorea, il soggetto che materialmente aveva indotto l’attrice a rivolgersi alla banca svizzera (la Deep View Capital SA, società responsabile della gestione del Trust, su procura del cliente finale) è stato presentato come «intermediario determinante» o «dipendente» della banca ricorrente e quest’ultima assume, in ricorso, che si tratterebbe di un soggetto dalla stessa ben conosciuto, comunque legato ad essa da rapporto di consolidata conoscenza e pregressa collaborazione professionale, sia pure quale «gestore patrimoniale esterno», che provvede a presentare il proprio cliente (cui è legato da procura o mandato) alla banca, «suggerendogli» di «appoggiare la gestione patrimoniale» affidatagli presso la stessa banca, favorendo la stipula di contratti di conto corrente, tanto da essere affidatario della relativa modulistica standard della banca svizzera, e, nello specifico, la stipula del contratto tra questa e la Franchetti, quest’ultima da qualificarsi effettivamente come consumatrice finale privata per l’evidente o comunque non adeguatamente contestata (fino all’instaurazione del presente giudizio di legittimità) estraneità dei rapporti a sue attività professionali.
Non risulta dimostrata, atteso lo stato del giudizio di merito, l’altra circostanza dedotta dagli attori, in ordine alla presenza, in Firenze, a casa della Franchetti, al momento della sottoscrizione del contratto di apertura di conto corrente, anche di due «funzionari» o «incaricati» della EFG Bank AG pagg. 3 e 6 della citazione), che sarebbero stati ivi accompagnati dal legale rappresentante della Deep View Capital SA, sig. Lauren Paulin (sulla cui circostanza si prospettava in citazione una richiesta di prove testimoniali).
Può quindi ritenersi che emerga un quadro indiziario sufficiente, ai fini che qui interessano di radicamento della giurisdizione, in ordine al fatto che l’attività della banca svizzera fosse anche diretta, sia pure attraverso l’operato di un gestore patrimoniale esterno, verso l’Italia, ove è domiciliata la Franchetti, mentre sarà compito del giudice di merito verificare poi, sulla base dell’istruttoria da svolgere, l’effettiva fondatezza della pretesa attorea di dedotta nullità assoluta del contratto di conto corrente «Franchetti», in quanto sarebbe stato concluso in forza di mediazione svolta effettivamente «in Italia» (non solo «verso» il nostro Paese, ai fini che qui interessano del radicamento della giurisdizione), in violazione dell’art.132 T.U.B. (attività bancaria non autorizzata dalla Banca d’Italia), e di nullità derivata del contratto ««Shrm Trustees».
Non assume, invece, rilievo decisivo quanto formulato nelle conclusioni scritte del P.G., con richiamo alla lett. e) di pag. 3 del ricorso, in ordine al fatto che «nel caso di specie risulta la precedente intestazione di un conto corrente di fortunata Franchetti presso la EFG Bank AG», atteso che tale rapporto pacificamente risulta stipulato solo il 3/6/2013.
Invero, al più dagli atti (sempre il ricorso, pag. 3, lett.e, e l’atto di citazione nel giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze) risulta allegato che il Treves fosse titolare di un conto corrente, presso altra banca svizzera, la UBS AG di Zurigo, dal quale egli, in data 13-14/6/2013, eseguì un bonifico bancario di € 2.111.961,81, «al codice IBAN… collegato al conto corrente» presso la EFG Bank AG aperto dalla madre.
In sostanza, nella prospettazione stessa dell’atto introduttivo del giudizio, non si assumeva l’esistenza di un collegamento tra i due conti correnti, intestati al figlio e alla madre, presso banche svizzere diverse.
Non rileva, del pari, l’altra circostanza (doc. to 8 di parte attrice) inerente alla EFG Bank Luxembourg SA, pur appartenente alla medesima holding della odierna ricorrente (la EFG International SA), che ha aperto – successivamente al giugno 2013, nel 2018, – una succursale in Italia, atteso che non è stato mai prospettato, per quanto emerge dagli atti, né che i contratti, oggetto della causa, rientrassero nelle attività della succursale italiana della EFG Luxembourg SA né che, alla data di stipulazione del rapporto Franchetti, tra la banca svizzera EFG Bank AG e la succursale italiana, controllata in Italia dalla stessa capogruppo della prima (la holding EFG International AG), della banca lussemburghese EFG Bank (Luxembourg) SA vi fosse una «identità di impresa».
Al riguardo, non risulta quindi rilevante la questione pregiudiziale interpretativa, da rimettere alla Corte di Giustizia, prospettata in memoria dalla ricorrente, in ordine alla conferma dell’interpretazione corretta dell’art.15, comma 1, lett.c) della Convenzione di Lugano del 2007, contraria a quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite nella citata pronuncia n. 6280/2019 (ove, richiamato il precedente n. 11532/2009, sia pure con riguardo all’individuazione del foro del consumatore attraverso la determinazione del suo domicilio, si è ritenuto che «le condizioni da valutarsi ai fini della giurisdizione anche secondo le disposizioni della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007… sono quelle al momento dell’instaurazione della domanda e non quelle al momento della conclusione del contratto per cui è causa»), nel senso che «la verifica circa l’applicabilità della disciplina prevista dalla Sezione 4 della medesima convenzione va compiuta considerando se le attività commerciali o professionali si svolgevano nel o erano dirette verso lo stato membro in cui è domiciliato il consumatore (o una pluralità di Stati che comprende lo Stato membro) alla data in cui il contratto è stato concluso, di modo che una clausola di proroga della giurisdizione validamente stipulata non possa successivamente divenire inefficace per effetto del sopravvenuto mutare delle circostanze».
Giova poi aggiungere che, nella ricostruzione attorea fondante la domanda, l’apertura successiva, nel luglio 2013, del conto «Shrm Trustees», presso la EFG Bank, è stata originata da un trasferimento di fondi dal conto corrente «Franchetti», che si assume viziato da nullità, cosicché il bonifico su di esso effettuato dalla Franchetti non avrebbe potuto essere effettuato, non rilevando, ai fini che qui interessano della giurisdizione, le circostanze del soggetto (non un consumatore ma una società di diritto neozelandese) che ha sottoscritto il contratto di apertura del conto corrente intestato al Trust e del luogo di sottoscrizione. Si tratta quindi di distinto contratto di conto corrente ma che si assume strettamente collegato al primo.
5. Per tutto quanto sopra esposto, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice italiano con riferimento al contratto di conto corrente stipulato da Fortunata Franchetti; le spese del presente giudizio di legittimità vanno rimesse al giudizio di merito.
PQM
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice italiano in riferimento al contratto di conto corrente stipulato da Fortunata Franchetti, rimettendo al Giudice del merito la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2023.
Il Presidente
Allegati:
SS.UU, 12 aprile 2023, n. 9782, in tema di tutela dei consumatori
Nota dell’Avv.ta Alina Di Gesù
Sulla giurisdizione del giudice italiano in materia di contratti con il consumatore
1. Il principio di diritto
Ai sensi degli artt. 15, paragrafo 1, e 16, paragrafo 1, della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 (ratificata dall’UE con decisione del Consiglio del 27 novembre 2008 ed entrata in vigore nei rapporti con la Confederazione elvetica il 1° gennaio 2011), sussiste la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda di nullità contrattuale formulata dal consumatore nei confronti di un istituto di credito di diritto svizzero, che abbia svolto o svolga o abbia diretto o diriga in Italia, anche per il tramite di mandatari o di società strettamente collegate, attività professionali a cui sia riconducibile il contratto per cui è causa.
2. La fattispecie
Il principio è stato affermato con riferimento ad una controversia relativa alla dedotta nullità di un contratto di conto corrente, concluso in Italia in violazione dell’art. 132 del D.Lgs. 385/1993, per svolgimento di attività bancaria non autorizzata dalla Banca d’Italia e collegato ad un rapporto bancario costituito in trust, mediante l’intervento di una società estera, avente il ruolo di gestore patrimoniale, che aveva promosso l’operazione e, comunque, collaborato alla sua conclusione nell’interesse della banca svizzera convenuta.
La Suprema Corte ritiene recessiva la clausola delle condizioni generali di contratto di proroga della giurisdizione a favore della Giudice svizzero, rispetto alle norme relative al consumatore, perché vi era stata un’attività da parte del contraente professionista diretta verso l’Italia, ove era domiciliato il consumatore, così soddisfacendo il presupposto di cui all’art. 15, paragrafo 1, lett. c) della Convenzione di Lugano.
Tale criterio, infatti, attribuisce rilievo alla sola attività di controparte contrattuale svolta nello Stato di domicilio del consumatore o diretta, anche con mezzi elettronici, verso tale Paese.
3. Riflessioni conclusive
L’art. 15 della richiamata Convenzione di Lugano distingue tra contratti con consumatori che ricadono sic e simpliciter nell’ambito di applicazione della Convenzione (vendita a rate di beni mobili o prestiti connessi con finanziamenti per tali vendite) e contratti con consumatori per i quali è richiesto che il professionista svolga la sua attività nello Stato vincolato, in cui è domiciliato il consumatore, oppure che tale attività sia diretta, con qualsiasi mezzo, verso di esso, vale a dire che sia offerta alla potenziale clientela di quello Stato.
Ove si ricada nel secondo caso occorre dare prova di un quadro indiziario sufficiente a fare ritenere che l’attività del professionista sia quanto meno diretta verso l’Italia.
La pronuncia si pone in continuità con numerosi precedenti del Supremo Collegio, tra i quali si segnalano SS.UU, nn. 6001/2021 e 6280/2019.