Civile Ord. Sez. U Num. 13938 Anno 2024
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: ORILIA LORENZO
Data pubblicazione: 20/05/2024
Oggetto
USI CIVICI
R.G.31329/2018
Cron.
Rep.
Ad. 30/01/2024
CC
ORDINANZA
sul ricorso 31329-2018 proposto da:
ENEL PRODUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso lo studio dell’avvocato UGO PETRONIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ANVERSA DEGLI ABRUZZI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI DI MASSA;
– controricorrente –
nonchè
REGIONE ABRUZZO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4754/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/07/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Presidente di Sezione LORENZO ORILIA.
FATTI DI CAUSA
Il Prefetto dell’Aquila, con decreto del 7.7.1932, espropriò alcuni terreni gravati da usi civici nel territorio del Comune di Anversa degli Abruzzi. Con l’espropriazione, fu autorizzata l’occupazione permanente dei suoli in favore delle Ferrovie dello Stato, ente a cui è succeduta, per effetto di trasferimenti immobiliari, l’Enel Produzione spa. Successivamente, il Comune di Anversa degli Abruzzi effettuò una verifica demaniale del territorio segnalando alla Regione Abruzzo la richiesta di reintegra in via amministrativa delle terre civiche avanzata dall’Enel.
A seguito dell’opposizione formalizzata dall’ENEL venne quindi disposta la convocazione delle parti davanti al Commissario per il Riordino degli Usi Civici nella Regione Abruzzo e in quella sede venne nominato un consulente tecnico di ufficio, il quale concluse la sua relazione ravvisando la natura demaniale delle particelle n. 72, 733, 145, 348, 722, 724, 725 del foglio 9 e n. 813, 814, 815, 816, 817, foglio 14.
Con sentenza n. 18/2016 il Commissario dichiarò il proprio difetto di giurisdizione osservando che il decreto di espropr d e l 1932 aveva legittimamente trasferito i fondi, attualmente occupati dall’Enel, all’allora Ferrovie dello Stato, trasformandoli in beni allodiali o comunque appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato. Argomentò quindi sulla inapplicabilità delle pronunzie della Corte Costituzionale n. 391/1989 e n. 156/1995 e sulla conseguente idoneità dello stesso decreto ad eliminare ogni diritto gravante sui fondi espropriati trasferendoli sull’indennità di esproprio (compresi i diritti di uso civico), in conformità con i principi generali enunciati dall’ art. 52 l. n. 2359/1865 (Espropriazione per Pubblica Utilità) e da alcune leggi richiamate (art. 3 L. n.1834/1938 e art. 9 L. n. 230/1950).
Contro tale pronuncia il Comune di Anversa degli Abruzzi propose reclamo, accolto dalla Corte d’Appello di Roma Sezione Usi Civici con sentenza n. 4754/2018.
Per giungere a tale conclusione, la Corte territoriale, sulla scorta di alcuni precedenti di questa Corte, ha ritenuto che la controversia investe l’accertamento della qualitas soli, precisando che il decreto prefettizio di esproprio del 1932 non aveva comportato la cessazione del vincolo di demanialità civica, non essendo intervenuto nessun provvedimento autorizzativo alla alienazione o al mutamento di destinazione dei fondi: mancava quindi la sdemanializzazione delle aree.
L’ENEL Produzione spa ricorre davanti a questa Corte con due motivi di ricorso contrastati con controricorso dal Comune di Anversa degli Abruzzi.
La Regione Abruzzo è rimasta invece intimata.
Con ordinanza interlocutoria n. 24988 del 2023 il Collegio della seconda sezione civile, su richiesta conforme del Pubblico Ministero, ha rimesso il ricorso alla Prima Presidente per l’assegnazione alle Sezioni unite, vertendosi su questioni di giurisdizione.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Col primo motivo la società ricorrente denunzia plurime violazioni di norme di diritto: violazione degli artt. 12 e 29 della legge n. 1766/1927 in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 cpc; violazione dell’art. 5 della legge n. 2248/1865 allegato E; violazione del principio del riparto di giurisdizione e del principio del giusto processo (artt. 102, 103 e 111 Cost.). Difetto di giurisdizione del Commissario per la liquidazione degli usi civici (art. 360 n. 1 cpc).
1.2 Col secondo motivo denunzia violazione degli artt. 12 e 29 della legge n. 1766/1927 in relazione dell’art. 12 delle preleggi; violazione dell’art. 52 della legge n. 2359/1865; della legge n. 431/1985, del DPR n. 327/2001 art. 4 e 21 septies della legge n. 241/1990 (come successivamente modificati); ancora, violazione dell’art. 5 della legge n. 2248/1865 allegato E. Violazione del principio del riparto di giurisdizione e del principio del giusto processo (artt. 102, 103 e 111 Cost.). Difetto di giurisdizione del Commissario per la liquidazione degli usi civici (art. 360 n. 1 cpc).
Osserva in particolare la società ricorrente:
- la giurisdizione si determina sulla base della “causa petendi” sostanziale che, nella specie, consiste nella possibilità o nella impossibilità che le terre di uso civico – quelle di cd. Demanio civico e quelle private gravate da usi civici – siano espropriabili per pubblica utilità;
- quindi l’accertamento sulla giurisdizione, pur implicando l’apprezzamento di elementi di merito, non può implicare che la statuizione sulla giurisdizione possa confondersi con la decisione sul merito né che la decisione possa essere determinata secundum eventus litis;
- la Corte d’Appello ha deciso sulla scorta di principio di diritto oramai superato nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha successivamente chiarito che l’espropriazione per pubblica utilità, ex l. n. 2359/1865, art. 52, co. 2, si applica anche ai diritti d’uso civico (cita n. 9986/2007); invero, i terreni di uso civico sono suscettibili d’esecuzione forzata nel pubblico interesse, essendo soggetti ad un regime di alienabilità controllata (cita Corte Cost. n. 391/1989);
- la Corte d’Appello ha erroneamente dichiarato assorbita ogni altra questione e, in particolare, quella concernente l’impossibilità, per il Commissario, di dichiarare la nullità dell’espropriazione (peraltro, solo in epoca successiva la legge -art. 4, D. P.R. n. 327/2001- aveva previsto la non espropriabilità dei beni gravati da uso civico, salvo compatibilità col predetto uso);
- all’epoca l’art. 12, l. n. 1766/1927 escludeva alienabilità e usucapibilità in assenza di autorizzazione al mutamento di destinazione, ma non v’era accenno all’espropriazione per pubblica utilità; per contro la Corte cost. (sent. n. 391/1989) aveva affermato sussistere un regime di alienabilità controllata e quindi di suscettibilità all’espropriazione per pubblica utilità.
In sintesi, secondo la tesi della società ricorrente, la sentenza della Corte d’Appello è nulla per avere dichiarato la giurisdizione commissariale senza tener contro della successiva giurisprudenza; ed è altresì nulla per avere ritenuto che le terre di uso civico non sono espropriabili in assenza di un provvedimento di mutamento della destinazione, senza considerare il diritto vigente nel 1932 (quando i beni non avevano rilevanza ambientale), violando in tal modo i principi di imperatività ed effettività dell’atto amministrativo.
La sentenza avrebbe inoltre erroneamente dichiarato assorbiti gli elementi di fatto e di diritto tesi a dimostrare l’impossibilità per il Commissario di dichiarare la nullità dell’esproprio come atto amministrativo.
2 Le due censure – che ben si prestano ad esame unitario per il comune riferimento alla questione di giurisdizione – sono prive di fondamento.
Le tematiche poste dal ricorso sono due, tra loro strettamente collegate: una riguardante i limiti della giurisdizione del Commissario per il Riordino degli Usi Civici e l’altra riguardante l’assoggettabilità ad espropriazione per pubblica utilità dei beni gravati da uso civico di dominio della collettività.
2.1 Sulla prima questione, si rende opportuno partire da una ricognizione del panorama normativo: come già chiarito da questa Corte (v. tra le varie Sez. U, Sentenza n. 9280 del 20/05/2020; Sez. U – , Ordinanza 28802 del 04/10/2022), con la locuzione «usi civici», si indicano i diritti spettanti a una collettività insediata su un territorio e ai suoi componenti (cives), il cui contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque. La materia degli usi civici è stata disciplinata dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766 e dal R.D. 26 febbraio 1928, n. 332 (con il quale è stato approvato il regolamento per la esecuzione della detta legge), nonché dalla legge 10 luglio 1930, n. 1078, recante norme sulla definizione delle controversie in materia di usi civici. Più recentemente, la legge 20 novembre 2017 n. 168 è intervenuta sulla materia, sancendo il riconoscimento degli assetti collettivi fondiari – denominati “domini collettivi” – e dei diritti dei cittadini di uso e di gestione dei beni di collettivo godimento, dei quali ha affidato la gestione agli enti esponenziali delle collettività titolari (ossia alle amministrazioni separate dei beni frazionali e alle associazioni o università agrarie, già individuate dall’art. 11 della l. n. 1766 del 1927) e, in mancanza, ai Comuni sia pure col ricorso ad “amministrazione separata” (art. 2, comma 4). La legge n. 1766/1927, nell’istituire l’ufficio del Commissario per la liquidazione degli usi civici, con funzioni amministrative e giurisdizionali (art. 27), ha individuato – nell’art. 1 – due diverse situazioni giuridiche: da un lato, i diritti di uso e di promiscuo godimento spettanti agli abitanti di un comune o di una frazione su terre di proprietà privata (c.d. “iura in re aliena“), destinati ad essere liquidati ai sensi degli artt. 1-7 della stessa legge e degli artt. 11-15 del RD. n. 332 del 1928; dall’altro, i diritti di uso collettivo sulle terre possedute da comuni, frazioni, università ed altre associazioni agrarie (c.d. “iura in re propria” o proprietà collettive di diritto pubblico), destinati invece ad essere valorizzati e sottoposti alla normativa di tutela dell’ambiente e del paesaggio. Inizialmente, le funzioni attribuite al Commissario erano prevalentemente amministrative, svolte sotto la supervisione del Ministero dell’Economia Nazionale (poi del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, art. 37 L. n. 1766/1927 cit.) e dirette al riordinamento degli usi civici; in tale quadro, l’attività giurisdizionale risultava incidentale, destinata a risolvere, in contraddittorio delle parti e con forza di giudicato, le controversie che si potessero profilare. Trasferite le funzioni amministrative (anche di liquidazione) alle Regioni (art. 1 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 e art. 66 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), il Commissario è rimasto quasi esclusivamente titolare di funzioni giurisdizionali e, quindi, giudice delle controversie circa l’esistenza, la natura e la estensione dei diritti di uso civico (art. 29 L. n. 1766/1927 cit.). È stato altresì chiarito che il Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici, in sede contenziosa, ha natura di organo di giurisdizione speciale, sicché le questioni che insorgano sul riparto di attribuzioni fra detto Commissario ed il giudice ordinario attengono alla giurisdizione (v. SSUU Sentenza n. 9280 del 2020 cit. che a sua volta richiama, ex plurimis, Cass., Sez. Un. n. 6373 del 28/10/1983; Cass., Sez. Un., n. 1174 del 19/04/1968; Sez. Un., n. 2425 del 10/10/1966).
L’ambito della giurisdizione devoluta al Commissario per la liquidazione degli usi civici si ricava dall’art. 29 della L. n. 1766 del 1927, il quale stabilisce al primo comma: «I commissari procederanno, su istanza degli interessati od anche di ufficio, all’accertamento, alla valutazione ed alla liquidazione dei diritti di cui all’art. 1, allo scioglimento delle promiscuità ed alla rivendica e ripartizione delle terre»; e al secondo comma soggiunge: «I commissari decideranno tutte le controversie circa la esistenza, la natura e la estensione dei diritti suddetti, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualità demaniale del suolo o l’appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonché tutte le questioni a cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni loro affidate». Come è dato rilevare dalla lettura dell’art. 29, il secondo comma attribuisce alla giurisdizione del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici le controversie relative ai diritti di cui al primo comma, il quale – a sua volta – rimanda ai diritti menzionati dall’art. 1 della I. n. 1766 del 1927: si tratta degli «usi civici» e di «qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre». In sostanza, la giurisdizione del Commissario per la liquidazione degli usi civici è limitata alla materia che riguarda gli “usi civici” e i “diritti di uso collettivo delle terre”, esulando ogni altra controversia dalla sua giurisdizione.
Nella giurisprudenza di questa Corte, in linea col citato dettato normativo, si è dunque da tempo affermato che la giurisdizione del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici ha ad oggetto tutte le controversie relative all’accertamento, alla valutazione e alla liquidazione dei diritti di uso civico, allo scioglimento delle promiscuità e alla rivendicazione e ripartizione delle terre, e quindi, in sostanza, ogni controversia circa l’esistenza, la natura e l’estensione dei diritti di uso civico e degli altri diritti di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune o di una frazione, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualità demaniale del suolo o l’appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonché tutte le questioni a cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni affidate ai Commissari stessi (Cass., Sez. Un., n. 7894 del 20/05/2003; analogamente, Cass., Sez. Un., n. 720 del 15/10/1999; Cass., Sez. Un., n. 33012 del 20/12/2018; Cass., Sez. Un., n. 605 del 15/01/2015). E ancora, l’accertamento della qualità di un terreno che si assume di “uso civico”, ossia l’accertamento della c.d. “qualitas soli”, rientra nella giurisdizione del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici soltanto quando la relativa questione sia sollevata dal preteso titolare o dal preteso utente del diritto civico e debba essere risolta con efficacia di giudicato; invece, la controversia tra privati nella quale la demanialità civica di un bene sia stata eccepita al solo scopo di negare l’esistenza del diritto soggettivo di cui la controparte sostenga di essere titolare – eccezione questa che si risolve nella contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato dalla controparte – deve essere decisa dal giudice ordinario, con statuizione sul punto efficace solo incidenter tantum (Cass., Sez. Un., n. 836 del 18/01/2005; Cass., Sez. Un., n. 7429 del 27/03/2009; Cass., Sez. Un., n. 7894 del 20/05/2003; Cass., Sez. Un., n. 3031 del 01/03/2002). Va, dunque, affermato che la giurisdizione del Commissario per la liquidazione degli usi civici presuppone una controversia che abbia ad oggetto l’accertamento di usi civici o di diritti di uso collettivo delle terre ovvero l’accertamento dell’appartenenza di un terreno al “demanio civico” (secondo la definizione di cui all’art. 3 della I. 20/11/2017, n. 168). Deve quindi ribadirsi che le questioni circa l’esistenza, la natura e l’estensione dei diritti di uso civico, nonché quelle relative alla qualità demaniale del suolo, postulano la giurisdizione dei Commissari agli usi civici, prevista dall’art. 29 della legge 16 giugno 1927 n. 1766, solo se attengano a controversie aventi ad oggetto detto accertamento fra i soggetti titolari delle rispettive posizioni soggettive e non, invece, quando debbano essere risolte in via meramente incidentale, come nelle controversie tra privati relative al rilascio di beni (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28654 del 03/12/2008 Rv. 605653 in tema di locazione a terzi del suolo sottoposto al regime di demanialità collettiva; v. altresì Sez. U, Ordinanza n. 20183 del 2019 che richiama a sua volta Sez. U, Ordinanza n. 26816 del 19/12/2009).
In definitiva, restano escluse dalla giurisdizione commissariale le domande che postulano un già intervenuto definitivo accertamento della qualitas soli (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 20183 del 2019 cit.).
2.2 Sulla seconda questione (relativa all’assoggettabilità ad espropriazione per pubblica utilità dei beni gravati da uso civico di dominio della collettività), queste Sezioni Unite sono di recente intervenute ponendo fine ad incertezze giurisprudenziali ed hanno affermato, in relazione ad un caso di espropriazione di beni demaniali pronunciata nel 1960 sempre dal Prefetto dell’Aquila, il seguente principio: i diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce, essendo, perciò, necessario, per l’attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il citato decreto espropriativo che implichi l’estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull’indennità di espropriazione (cfr. Sez. U – , Sentenza n. 12570 del 10/05/2023).
E’ bene porre subito in evidenza che nella fattispecie (sovrapponibile a quella per cui è causa) decisa con la citata pronuncia delle sezioni unite del 2023 nessuno pose in discussione la giurisdizione commissariale: difatti in quel caso la Corte di appello di Roma – Sezione Specializzata per gli usi civici, con sentenza n. 6/2017, depositata il 4 aprile 2017, si pronunciò sul merito in ordine al reclamo dell’Enel Produzione spa contro la sentenza n. 15/2015 del Commissario per il Riordino degli usi civici nella Regione Abruzzo che, a sua volta, esaminando sempre il merito della vicenda, aveva accolto la domanda del Comune di Alfedena, con la dichiarazione della natura demaniale civica dei fondi in contestazione, la nullità ed inefficacia degli atti pubblici e privati, disposti sugli stessi, ed ordinata la reintegra nel possesso dei fondi in favore della collettività del Comune.
3 Venendo al caso in esame, e sulla scorta della esposta ricostruzione normativa e giurisprudenziale, non vi è dubbio che – contrariamente a quanto si assume in ricorso – il petitum sostanziale investe proprio l’accertamento della qualitas soli: l’indagine tesa a stabilire se sia o meno consentita l’espropriabilità per pubblica utilità dei terreni pubblici gravati da usi civici con la conseguenza della eventuale estinzione della loro natura (questione, come si è visto, ormai definitivamente chiarita da queste Sezioni Unite con la citata sentenza n. 12570 del 10/05/2023) investe proprio la verifica della qualitas soli. La risposta positiva al quesito comporta infatti il venir meno della natura demaniale e l’acquisto della natura giuridica di beni allodiali, mentre a conclusioni diametralmente opposte deve giungersi qualora la risposta al quesito debba essere negativa e rimanga ferma la natura demaniale.
Si rivela pertanto giuridicamente corretta la decisione della Corte d’Appello di Roma laddove, discostandosi dalla pronuncia commissariale, ha ravvisato – nella controversia sulla espropriabilità dei beni assoggettati ad usi civici – una lite sulla qualitas soli dichiarando conseguentemente la giurisdizione commissariale.
In conclusione, il ricorso va respinto, ma il fatto che l’intervento nomofilattico chiarificatore sul tema della all’assoggettabilità ad espropriazione per pubblica utilità dei beni gravati da uso civico sia intervenuto dopo la proposizione del ricorso per cassazione giustifica senz’altro, ad avviso del Collegio, la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione del Commissario per il Riordino degli Usi Civici della Regione Abruzzo; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 30.1.2024.
Allegati:
Ordinanza interlocutoria, 22 agosto 2023, n. 24988, per SS.UU, 20 maggio 2024, n. 13938, in tema di usi civici
SS.UU, 20 maggio 2024, n. 13938, in tema di usi civici
Nota della Dott.ssa Angela De Girolamo
Esproprio di terreni gravati da usi civici e accertamento della qualitas soli
1. Il principio di diritto
I diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce, essendo perciò necessario, per l’attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il citato decreto espropriativo che implichi l’estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull’indennità di espropriazione.
2. La fattispecie
Con decreto del 07.07.1932 il Prefetto dell’Aquila ha espropriato alcuni terreni nel Comune di Anversa degli Abruzzi, gravati da usi civici.
L’espropriazione autorizzò l’occupazione permanente dei suoli in favore, in un primo momento, delle Ferrovie dello Stato e, poi, di Enel Produzione S.p.A..
Quest’ultima società avanzò una richiesta di reintegra in via amministrativa delle terre civiche; venne disposta la convocazione delle parti innanzi al Commissario per il Riordino degli usi civici della Regione Abruzzo e in quella occasione venne nominato un consulente tecnico, che ravvisò la natura demaniale delle particelle oggetto di controversia.
Ad ogni modo, il Commissario per il Riordino degli usi civici dichiarò il difetto di giurisdizione, asserendo che il decreto di esproprio del 1932 avesse legittimamente trasferito i fondi all’allora Ferrovie dello Stato, trasformandoli in beni allodiali o, comunque, appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato.
Avverso tale decisione propose reclamo il Comune di Anversa degli Abruzzi.
Il reclamo venne accolto dalla Corte d’Appello di Roma, Sezione Usi Civici, sostenendo che la controversia investisse l’accertamento della qualitas soli, precisando, altresì, che, in realtà, il provvedimento di esproprio della Prefettura non avesse determinato la cessazione del vincolo di demanialità civica, non essendo intervenuto nessun provvedimento autorizzativo alla alienazione o al mutamento di destinazione dei fondi: in altri termini, mancava la c.d. sdemanializzazione delle aree.
Enel Produzione S.p.A. ha proposto ricorso in Cassazione.
3. Riflessioni conclusive
Le Sezioni Unite, allineandosi alla loro sentenza del 10 maggio 2023, n. 12570, dichiarano la giurisdizione del Commissario per il Riordino degli usi civici della Regione Abruzzo e precisano che l’indagine tesa a stabilire se sia o meno consentita l’espropriabilità per pubblica utilità dei terreni pubblici gravati da usi civici, con la conseguenza della eventuale estinzione della loro natura, investe la verifica della qualitas soli.
Secondo il Supremo Consesso,“la risposta positiva al quesito comporta il venir meno della natura demaniale e l’acquisto della natura giuridica di beni allodiali, mentre a conclusioni diametralmente opposte deve giungersi qualora la risposta al quesito debba essere negativa e rimanga ferma la natura demaniale”.
In linea con il dettato normativo, la giurisprudenza di legittimità ha affermato in passato che:
- la giurisdizione del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici ha ad oggetto tutte quelle controversie che afferiscono l’esistenza, la natura e l’estensione dei diritti di uso civico e degli altri diritti di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune ovvero di una frazione;
- l’accertamento della qualità di un terreno che si assume di “uso civico” rientra nella giurisdizione del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici soltanto allorquando la questione sia sollevata dal preteso titolare ovvero utente del diritto civile e debba essere risolta con efficacia di giudicato; nel caso in cui o, invece, la controversia sia sorta tra privati e in essa la questione circa la qualitas soli sia sorta solo allo scopo di negare l’esistenza del diritto soggettivo di cui la controparte sostenga di essere titolare, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, con statuizione sul punto solo incidenter tantum.
Sulla base di tali considerazioni, nonché di una ricognizione del panorama normativo in materia di usi civici, le Sezioni Unite dichiarano giuridicamente corretta la decisione della Corte d’Appello di Roma, che ha ravvisato, nella controversia in ordine alla espropriabilità dei beni assoggettati ad usi civici, una lite sulla qualitas soli, postulando la giurisdizione commissariale.